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TERZA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo volume, settimo della serie III, che prosegue la ricerca impostata ed iniziata dal prof. Enrico Serra, comprende il periodo dal l 0 luglio 1902, giorno successivo a quello dell'accordo Prinetti-Barrère, al2 novembre 1903, giorno della caduta del Ministero presieduto da Zanardelli e del cambio del titolare della Consulta. Nel febbraio 1903 Prinetti è costretto a ritirarsi e poi a dimettersi per motivi di salute e la successione viene affidata al viceammiraglio Morin, ministro della marina.

Purtroppo la documentazione che è stato possibile raccogliere presenta numerose lacune in punti importanti, a causa del carattere quanto mai frammentario in questo periodo delle Carte di Gabinetto; e inoltre a causa della mancanza dell'Archivio Prinetti, per il quale già il prof. Serra aveva fatto ricerche infruttuose, e dell'Archivio Morin. Non si sono trovati gli appunti sulle conversazioni e molte lettere personali, cioè il tipo di documentazione che spesso meglio consente di vedere a fondo nel comportamento dei protagonisti. Nulla per esempio risulta sulla decisione di postdatare provvisoriamente al 10-11 luglio lo scambio di lettere Prinetti-Barrère del 30 giugno, decisione per la quale lo studioso deve ancora far ricorso ai documenti pubblicati nei Documents Diplomatiques Français, 2ème série, tome II, n. 329 e rapporto di Barrère del 1912 annesso al volume stesso. Manca l'appunto sul colloquio avvenuto tra Prinetti e Lamsdorv in occasione del viaggio reale a Pietroburgo, appunto visto a suo tempo da SEMPER, Prinetti e l 'Austria-Ungheria, in "Nuova Antologia", 1909, quinta serie, vol. 141, p. 584. Nulla risulta sui colloqui, avvenuti in occasione del viaggio reale a Parigi, tra Morin e Delcassé, colloqui che il re ritiene di importanza particolare (cfr. n. 786, nota 2). Nulla risulta sugli aspetti politici del viaggio a Roma del re d'Inghilterra e di quello dell'imperatore tedesco, per il quale lo studioso deve ancora ricorrere alla Grosse Politik, Band 18/2, n. 5775. Quasi tutte le lacune segnalate sono già presenti anche nella ricerca di F. TOMMASINI, L 'Italia alla vigilia della guerra, La politica estera di Tommaso Tittoni, vol. I, Zanichelli, Bologna, 1934. È invece scomparso in epoca successiva il fascicolo delle Carte di Gabinetto relativo alle visite del re a Londra e Parigi e a quella a Roma di Edoardo VII. È stato possibile pubblicare alcuni dei documenti di questo fascicolo dalle copie fatte fare a suo tempo dal senatore Salata.

Gli avvenimenti principali del periodo coperto dal volume sono, oltre ai viaggi reali, il negoziato con l'Inghilterra per l'Etiopia, l'accordo austro-russo per la Macedonia, le manifestazioni irredentistiche provocate dall'abolizione dei corsi paralleli italiani all'università di Innsbruck e la rinunzia dello zar alla progettata visita in Italia. Entrambi i due ultimi avvenimenti riguardano in larga misura la politica interna e la documentazione relativa proviene in prevalenza dalle Carte Giolitti. E' invece sufficientemente illuminata dai documenti conservati n eli' Archivio del Ministero degli affari esteri la questione dell'accordo austro-russo, in particolare l'equivoco nel quale cade Prinetti di poter partecipare in qualche modo all'accordo stesso, incaricando

Nigra di chiedere una conferenza a tre con Goluchowski e Lamsdorv. Per fortuna Nigra, fedele fino ali 'ultimo al ruolo di mento re dei suoi ministri, risponde in modo brusco: "Io certamente non assumerò responsabilità d'un passo che considero come falso e provocherebbe un rifiuto" (n. 258). Prinetti accetta l'obiezione ma minimizza il suo dissenso con l'ambasciatore sicchè l'equivoco non è del tutto dissipato. Infatti il sottosegretario Baccelli, che è assai legato a Prinetti e che assume un certo rilievo con la malattia del ministro, continua a ritenere che l'Italia abbia ottenuto dal Governo di Vienna una posizione speciale, rispetto alle altre tre Potenze (Inghilterra, Francia e Germania), nell'essere tenuta al corrente delle iniziative austro-russe in Macedonia (n. 391), sottovalutando il carattere di pura forma, che non sfugge a Nigra, di questa posizione speciale. Del resto lungo tutto il volume sono ricorrenti, ad opera sia di Prinetti che di Morin, i tentativi, sempre respinti da Goluchowski, di rendere operanti i precedenti accordi con l'Austria per i Balcani e di entrare in trattative sulle questioni della Macedonia e dell'Albania.

2. -Il volume si basa principalmente sulla documentazione conservata nei fondi seguenti dell'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri: Archivio segreto di Gabinetto 1869-1914; telegrammi in arrivo e partenza; Serie politica 18911916; Carte Nigra; Carte Pansa; Lettere di Prinetti a Baccelli; Archivi delle ambasciate a Berlino, Londra e Vienna; Archivio del Ministero dell'Africa italiana. - 3. -Alcuni dei documenti pubblicati erano editi, integralmente o in parte, nelle pubblicazioni seguenti :

British Documents on the Origins ofthe War, 1898-1914, vol. I, London, 1927;

F. MARTIN!, Il Diario Eritreo, vol. III, Firenze, 1946;

G. NATALE, Giolitti e gli italiani, Milano, 1949;

Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, Dieci anni al potere, 1901-1909, a cura di G. CAROCCI, Milano, 1962;

S. SONNINO, Carteggio 1891-1913, a cura di B. F. BROWN e P. PASTORELLI, Bari, 1981;

L. MoNZALI, L 'Etiopia nella politica estera italiana, 1896-1915, Parma, 1996.

4. L'impostazione generale del volume e la maggior parte della ricerca sono opera della dott. Emma Moscati. Insieme desideriamo ringraziare la dott. Marina Tomaselli che ha condotto con grande professionalità fruttuose ricerche, in particolare negli archivi esterni al Ministero degli esteri, ha collaborato alla redazione dell'indice sommario e dell'indice dei nomi, ha corretto le bozze di stampa, ha eseguito la revisione finale del volume ed ha tenuto i contatti con il Poligrafico dello Stato; la signora Fiorella Sanguedolce che ha effettuato ricerche bibliografiche con ottimi risultati e ha redatto le appendici; le signore Andreina Marcocci e Daniela Velia che hanno trascritto numerosi documenti di difficile lettura, anche in lingua straniera. Un ringraziamento particolare anche alle dott.sse Maria Laura Piano Mortari e Rita Luisa De Palma che hanno contribuito alla rapida uscita del volume.

GIAMPIERO CAROCCI

Xl

ProvenienzaNumero l

docum. e data

Parigi 2 luglio 1902

2 Shanghai 21uglio

3 Roma 3 luglio

4 Parigi 31uglio

5 Roma 4luglio

6 Roma 41uglio

7 Roma 4luglio

8 Roma 4luglio

9 Londra 4luglio

10 Parigi 4luglio

11 Vienna 4luglio

12 Parigi Sluglio

13 Parigi 5luglio

14 Berlino 61uglio

15 Roma 6luglio


DOCUMENTI
1

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1280. Parigi, 2 luglio 1902, ore 12,30 (per. ore 19,05).

Temps ha da Berlino che ministri degli affari esteri delle Potenze alleate si riuniranno prossimamente a Carlsbad in conferenza, per occuparsi delle difficoltà relative ai trattati di commercio e della convenzione militare conclusa recentemente fra la Russia e la Bulgaria. Altri giornali riportano, come di origine ufficiosa da R'oma, la notizia della imminente visita che S.M. il Re farebbe alle Corti di Russia e di Berlino!.

2

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. RISERVATA S.N. Shanghai, 2 luglio 1902 (per. 1'8 agosto).

Mi permetta di aggiungere qualche parola in particolare, al mio rapporto del 29 giugno I, relativo all'indennità della missione dello Shan-si e di risponderle nello stesso tempo al telegramma del l o corrente2 sullo stesso argomento.

In un precedente mio rapporto, ho già esposto il mio modo di vedere sul provvedimento col quale si riserba all'associazione di Firenze l'amministrazione delle indennità in questione. Non nutro per l'opera dei missionari in Cina una ammirazione senza restrizioni né posso approvare qualcuno dei loro metodi. Con-

2 l Non pubblicato nel vol. VI della serie III. 2 T. 1019, non pubblicato.

3 fesso poi che mi urta quell'evidente mercato che essi hanno fatto della loro adesione al patrio Governo in cambio delle copiose indennità che per opera di questo venivano loro assicurate e mi urtano le loro minacce di ritornare alla antica protezione alla prima contrarietà che credono di soffrire. So benissimo che essi non sono guidati da interessi privati, ma da considerazioni di una indole superiore; però, un po' più di peso potrebbe averlo il sentimento della propria nazionalità. Ma, appunto, tenendo conto di questi loro sentimenti utilitari, apprezzo l'opportunità di tenerli legati colla speranza di continuati vantaggi per l'avvenire e quindi l'utilità dell'intervento dell'associazione, alla cui opera per tante altre considerazioni rendo tutta la dovuta giustizia.

Ma se intanto il malumore dei missionari li conducesse a qualche determinazione inconsulta ed il conflitto, di cui già si ha qualche sentore, divenisse aperto, la cosa sarebbe molto spiacevole, come V.E. ben lo comprende. Vi è qui un equivoco che amerei chiarire. Il barone Romano e il dottor Vitale, che si trovavano a Pechino all'epoca delle trattative coi missionari, mi assicurarono che si parlò sempre di rimetter loro le intere somme che si sarebbero ottenute per essi e che l'associazione non apparì che come tramite fra i missionari e il R. Governo per il relativo regolamento; tanto che nello stabilire le cifre delle indennità nominativamente chieste per alcuni di essi (indennità che suppongo rappresentassero l' honnéte courtage per la loro opera nel condurre i loro confratelli, alcuni dei quali ancora restii, alla protezione italiana) fu pattuito che una parte di esse, di cui si fissò anche l'ammontare, sarebbe devoluta all'associazione. E per compensare l'opera prestata da questa le sarebbero poi stati appunto attribuiti dal R. Governo i noti 150 mila taels. Se i missionari sono sempre rimasti in codesta credenza, non vi è luogo a sorpresa se ora gridano.

Ciò malgrado, le cose si potrebbero aggiustare facilmente se soltanto venisse loro detto dalla propria autorità che essa consente nel metodo di regolamento adottato. Non dico che ciò garberebbe loro molto, ma colla disciplina che li governa ogni querimonia pubblica sarebbe evitata. E la cosa è tanto semplice che non so davvero perché non venga fatta.

Io sono persuasissimo, non occorre il dirlo, di quanto asserisce il prof. Schiaparelli; mi disse pure di esserlo monsignor Agapito cui ho fatto conoscere le intenzioni dell'associazione e l'ultimo telegramma di V.E. in proposito. Ma mi sono benissimo avveduto che tutto ciò che potremo dire sia io che l'associazione avrà pei missionari un ben scarso valore se non verrà confermato dalla loro autorità, e ciò mi sembra abbastanza naturale.

Varrà più una sola parola da Roma che tutti i nostri argomenti. Voglia l'E.V. vedere se per mezzo della associazione si potesse ottenere che venisse detta.

Mi perdoni la lunghezza di questa lettera, ma la quistione è importante trattandosi di non riperdere un terreno non facilmente guadagnato. Appena il nuovo vescovo mi avrà scritto da Tai-yuen-fu, mi farò premura di fame conoscere a V.E. le impressioni3 .

l l Per la risposta cfr. n. 3.

2 3 Cfr. n. 23. Per la risposta di Prinetti cfr. n. 72.

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO PERSONALE 10271. Roma, 3 luglio 1902, ore 16,30.

Non ha fondamento la notizia del Temps che i ministri degli affari esteri dei tre Stati alleati debbano incontrarsi a Carlsbad per occuparsi dei trattati di commercio. Come l'agenzia Wolff ha annunziato, il trattato di Triplice Alleanza è stato rinnovato. La firma ebbe luogo a Berlino il 28 giugno scorso2. Rilevo con piacere che anche per effetto delle dichiarazioni fatte, l'opinione pubblica in Francia ha accolto l'annuncio con grande serenità di giudizio. Sua Maestà aveva divisato, già da tempo, di visitare quest'anno le Corti di Berlino e di Pietroburgo. L'imperatore di Germania avendo in luglio altri impegni, e la visita a Pietroburgo non potendo rinviarsi all'agosto per le condizioni dell'imperatrice, Sua Maestà ha stabilito di recarsi a Pietroburgo in questa prima metà di luglio, e di recarsi a Berlino nella seconda metà di agosto.

4

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1297. Parigi, 3 luglio 1902, ore 23 (per. ore 6,50 del 4).

Sur l'interrogation du député Chastenet, le ministre des affaires étrangères, après avoir tracé l'histoire de l'amélioration des relations franco-italiennes, a, d'après !es joumaux du soir, fait à la Chambre la déclaration qui suit: «Nu1 ne sera surpris d'apprendre que lorsque fut annoncé à la tribune de plusieurs Par1ements le renouvellement prochain de la Triple Alliance nous nous sommes préoccupés de la mesure dans laquelle cet acte diplomatique pouvait ètre en harmonie avec !es rapports d'amitié et d'intérèt si opportunement renoués entre la France et l'Italie. Notre préoccupation était naturelle; je me hàte de dire que elle n'a pas été de longue durée, le Gouvemment du roi ayant pris soin lui mème d'éclaircir et de préciser la situation. Et !es déclarations qu'il nous a ainsi faites, nous ont permis d'acquérir la certitude que la po1itique de l'Italie par suite de ses alliances, n'est dirigée ni directement, ni indirectement contre la France; qu'elle ne saurait en aucun cas comporter une menace pour nous, pas plus sous une forme diplomatique, que par des protocoles ou stipulations militaires intemationales, et qu' en aucun

3 l Risponde al n. I. 2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 609, allegato.

cas et sous aucune forme l'Italie ne peut devenir ni l'instrument ni l'auxiliaire d'une agression contre notre Pays. Ces déclarations ne peuvent laisser aucun doute dans votre esprit sur le caractère résolument pacifique et amicai de la politique i tali enne à n otre égard, n i sur le sentiment de sécurité don t doivent s 'inspirer désormais les relations des deux Nations. Elles nous donnent enfin la ferme confiance don t la Chambre sera sans doute heureuse de recevoir l'expression que rien ne s'oppose au développement d'une amitié qui a eu déjà des conséquences fécondes». (Applaudissements prolongés)I.

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1037 BIS. Roma, 4 luglio 1902, ore 18,20.

Desidero che V.E. manifesti a lord Lansdowne il nostro compiacimento per le amichevoli dichiarazioni di jeri di lord Cranbomei, le quali sono nuova conferma delle nostre precedenti concordi affermazioni2.

6

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1038. Roma, 4 luglio 1902, ore 18,35.

Le dichiarazioni di jeri del signor Delcassél, concepite in termini marcatamente amichevoli per l'Italia, sono sostanzialmente la conferma di quanto ebbi io stesso ad affermare in vista dell'allora prossimo rinnovamento della Triplice Alleanza2. Desidero che V.E. ne manifesti a codesto ministro degli esteri il nostro animo grato ed il nostro compiacimento3.

2 Pansa fece a Lansdowne la comunicazione prescritta e riferì in proposito con R. 808/346 del 7 luglio di cui si pubblica il passo seguente: "Sua Signoria si mostrò molto grato della mia comunicazione; disse che era lieto di rilevare come i rapporti anglo-italiani siano cordiali e scevri da ogni nube, il che era stato particolarmente gradito al Governo britannico di poter affermare in Parlamento".

2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 504.

3 Tomielli eseguì le istruzioni ricevute il 5 luglio. Cfr. la nota di Delcassé ed. in DDF, 2ème sé

rie, tome II, cit., n. 324.

4 l La dichiarazione di Delcassé è ed. in Documents Diplomatiques Français (1871-1914), 2ème série (1901-1911), tome II (ler janvier-31 décembre 1902), Paris, Imprimerie Nationale, 1931, p. 386, nota. Cfr. per le impressioni di Prinetti il n. 6.

5 l Cfr. n. 9.

6 l Cfr. n. 4.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. SEGRETO S.N. Roma, 4 luglio 1902.

Il corriere di Gabinetto mi ha recato, come V.E. mi annunciava con rapporto del 28 giugnoI, l'esemplare, destinato alla cancelleria italiana, del trattato di alleanza e del protocollo costì firmati in quello stesso giorno, dai plenipotenziarii d'Italia, di Germania e di Austria-Ungheria.

A mia volta, affido allo stesso corriere di Gabinetto i due atti di ratifica di

S.M. il Re, destinati ad essere scambiati coi corrispondenti atti di S.M. l'Imperatore d'Austria-Ungheria e di S.M. l'Imperatore di Germania.

Desidero che, nel procedere allo scambio, V.E. ne colga l'occasione per ringraziare S.E. il cancelliere per le gentili parole che, per mezzo di lei, tosto che fu proceduto alla firma del trattato, volle farmi pervenire. V.E. vorrà assicurare il cancelliere della perfetta reciprocità di sentimenti da parte mia, essendo io ben lieto di aver potuto con lui collaborare alla stipulazione di atto altamente propizio alla causa della pace ed agli interessi dei nostri Paesi.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 4 luglio 1902.

Ho ricevuto regolarmente le di lei lettere 20 e 29 giugno!, e approfitto del corriere che parte oggi per risponderle.

La ringrazio delle minute considerazioni che ella mi esprime riguardo al contenuto dei rapporti dei consoli di Durazzo e Scutari, e credo anch'io poco verosimili le notizie che sono in essi contenute. Pure ella deve considerare che questi rapporti che io le ho mandato sono gli ultimi di una lunga serie, nella quale quei signori battono sempre per così dire lo stesso chiodo. Per lungo tempo non ho creduto dover nemmeno prestar loro attenzione, ma da ultimo, e dinnanzi ad una esposizione così circostanziata di fatti, pensai che, pur non prestando ad essi che una fede molto limitata e non avendo ragione di dubitare della sincerità delle intese fatte coll'Austria, era però doveroso per me di informarne lei e di metterei insieme ad appurare, se possibile, la verità.

Io comprendo perfettamente come ella non possa di simile faccenda intrattenere in alcun modo il conte Goluchowski, né altri membri del Governo austro-ungarico; più che altro mandai i rapporti a lei, onde avere il di lei avviso e conoscere le di lei impressioni. Ma io pure non so come fare a controllare, come ella mi consiglia, le asserzioni di quei consoli; di essi uno, quello di Durazzo, è certo uno dei migliori e più seri fra i nostri giovani funzionarii. Forse il mezzo che potrei seguire, è di mutare entrambi questi consoli, che sono prossimi a promozione e quindi hanno diritto a residenze maggiori e sostituirli con due dei migliori consoli, e poi aspettare se anch'essi arrivano alle stesse conclusioni. Ma mandare una specie di ispezione non saprei come fare tanto più che ciò sveglierebbe anche i sospetti delle autorità ottomane; eppoi assai probabilmente anche i funzionari che manderei come ispettori sarebbero a loro volta suggestionati.

Riguardo all'argomento che forma oggetto principale della di lei lettera del 29 giugno, duolmi assai, ma, dopo aver anche conferito in proposito col presidente del Consiglio, non posso accogliere il di lei suggerimento. Per quanto la cosa possa essere penosa (e lo è anche per noi, non solamente per il Governo e per l'imperatore d'Austria) pure è impossibile che il re renda alcuna visita all'imperatore, finché egli non si decide a venire a Roma; creda, non vi è uomo di Stato in Italia che potrebbe consigliare al re un diverso contt<gno.

D'altronde, prima che partisse da Roma, il barone Pasetti venne a salutarmi ed io molto francamente lo informai del viaggio del re a Pietroburgo e a Berlino; gli dissi che avevo tenuto ad informarnelo io stesso, prima che lo apprendesse dai giornali, e che per quanto mi fosse penoso, pure dovevo molto francamente dirgli che un incontro con l'imperatore nelle condizioni presenti non era possibile; che in ciò non doveva scorgere nulla di meno che rispettoso e deferente verso il suo sovrano, ma solo la conseguenza di un precedente che non dipendeva da noi ma da lui il modificare.

Io comprendo ed apprezzo le di lei considerazioni, ma creda, caro conte, qualunque espediente peggiorerebbe anziché migliorare la situazione. Se un giorno l 'imperatore d'Austria si deciderà a venire a Roma, egli vi riceverà certo da tutti la più cordiale accoglienza, e cesseranno in un minuto tutte le freddezze fra i due Paesi o almeno fra le opinioni pubbliche di essi; ma fino a quel giorno è meglio continuare nello stato attuale; che dopo tutto ha consentito e consentirà ancora di conservare tra i due Governi ottime relazioni politiche.

Questa questione della visita è di quelle, che si inaspriscono inutilmente ad essere discusse; mentre ne è impossibile o per lo meno non si vuoi renderne possibile la soluzione. E l'unica soluzione possibile sarebbe che l'imperatore d'Austria seguisse l'esempio dei due imperatori di Germania e di Russia, e superasse la ripugnanza a venire a Roma. Fino a quel giorno nell'interesse delle buone relazioni tra i due Governi è meglio non parlarne, per impedire che una questione, la quale è rimasta finora nel campo del sentimento e dei riguardi personali, passi in quello della politica.

Del resto il barone Pasetti stesso mi parve, nella conversazione avuta con me, rendersi lui pure conto delle circostanze, e rassegnarsi alla ineluttabile necessità; e ho veduto che anche la Neue Freie Presse, perfino, pubblica in proposito considerazioni molto ragionevoli.

Sono lieto di apprendere che le condizioni di salute migliorate della contessa Goluchowski le permetteranno di accompagnare suo marito a Vittel ed io la prego di esprimere al conte le mie vive felicitazioni, nonché gli augurii miei perché quella cura finisca di dissipare le ultime tracce della lunga malattia.

La ringrazio delle due cartoline che ella ha avuto la bontà di mandarmi, e che ho dato a mia moglie, che pure ne la ringrazia2.

7 l Cfr. serie III, vol. VI, n. 609.

8 l Per la lettera del 20 giugno cfr. serie III, vol. VI, n. 584. Per la lettera del 29 giugno cfr. SEMPER, Prinetti e l'Austria-Ungheria, in "Nuova Antologia", 1909, quinta serie, vol. 141, p. 583.

9

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 790/335. Londra, 4 luglio 1902 (per. il 9).

Ieri alla Camera dei Comuni discutendosi il bilancio degli esteri, vari oratori fra cui sir Charles Dilke e lord Charles Beresford, attaccarono con una certa vivacità la politica estera del Gabinetto. Fra le questioni che attirarono maggiori critiche, debbo menzionare per quel che ci riguarda più da vicino, lo stato delle relazioni anglo-italiane, essendosi rimproverato al Governo di non aver saputo mantenere con il nostro Paese il tradizionale accordo così utile ai reciproci interessi e che era garanzia dello status quo nel Mediterraneo. Si è biasimata l'amministrazione attuale di aver contrariato «l'antica alleata», specialmente con la convenzione anglo-francese del 1899, per lo hinterland tripolino e che si disse aver prodotto la recente intesa franco-italiana.

A queste critiche rispose il sotto segretario di Stato per gli affari esteri affermando che non vi era mai stato proprio trattato o accordo con l'Italia, ma che più di qualsiasi trattato hanno avuto importanza per le relazioni anglo-italiane la comunanza degli interessi e la reciproca simpatia; né questi legami sono stati in verun modo rallentati. Se pure sono sorte questioni che potevano alterare tale situazione esse sono state risolute con reciproca soddisfazione; tale fu quella della lingua italiana in Malta. In quanto riguarda Tripoli, lord Cranborne disse che: «il Governo (britannico) ha avuto recentemente occasione di dare al Governo italiano assicurazioni tali da togliere qualunque malinteso fra le due Nazioni. È inutile aggiungere che il Governo non ha mire su Tripoli ed è stato in grado di dichiarare al Governo italiano che nell'accordo con la Francia del 1899 non vi è nulla che riguardi in alcun modo il presente o l'avvenire della Tripolitania. Il Governo è desideroso di mantenere lo status quo; la sua azione riguardo la Tripolitania è regolata da impegni derivanti da trattati; esso intende di mantenere tali impegni, ma in questa, come in tutte le altre questioni regolate da trattati, è disposto a favorire quanto più possa l 'Italia e gli interessi italiani».

Tale linguaggio che, per così dire, completa quello che rilevo aver tenuto il signor Delcassé ieri stesso alla Camera dei deputati a Parigi, è sostanzialmente in armonia con le dichiarazioni circa Tripoli a noi rilasciate nello scorso aprile da lord Lansdownel.

I sentimenti dai vari oratori manifestati per il nostro Paese, sono stati generalmente bene accolti e rilevati dalla stampa. Il Times approvandone il senso, osserva che le affermazioni del sotto segretario di Stato per gli affari esteri avrebbero potuto essere più esaurienti.

Unisco il brano del giornale, che riporta l'intera discussione, nonché l'articolo di commento fattovi dal giornale stesso2.

8 2 Nigra accusò ricevuta di questa lettera con T. riservato 1476/22 del 7 agosto, non pubblicato.

10

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 2056/880. Parigi, 4 luglio 1902 (per. il 9).

Il 29 dello scorso giugno, ebbi l'onore di segnalare a V.E. i termini nei quali l'agenzia Havas avea ricevuto da Berlino l'annunzio della sottoscrizione avvenuta colà il dì innanzi dell'istromento di proroga della Triplice Alleanza!. La comunicazione telegrafica finiva con queste parole: «La Triplice a été renouvelée sans changements dans la forme».

Ringrazio V.E. di avermi, col suo telegramma di ieri2, confermato la parte sostanziale di tale notizia. Ella rileva con piacere che, anche per effetto della fatta dichiarazione, la pubblica opinione in Francia ha accolto quell'annunzio con grande serenità di giudizio. Ciò risulta infatti dal linguaggio dei principali giornali di questo Paese i quali sembrano inclinati ormai ad annettere assai maggior valore alle manifestazioni frequentemente ripetutesi negli ultimi tempi delle simpatie popolari italiane verso la Francia che alle note più o meno ufficiose comparse, con significativa insistenza, nella stampa austriaca e tedesca e divulgate dalle agenzie telegrafiche di Berlino e di Vienna.

In questi ultimi giorni non mi trovai in grado, nella ignoranza in cui io era della esattezza delle informazioni propagate dalla stampa periodica, di indagare io stesso il pensiero di persone aventi autorità speciale nelle questioni della politica estera. Ho però visitato av:;mt'ieri il signor Delcassé al quale, quando mi chiese se vi fossero novità, mi dovetti limitare a rispondere restringendomi ad esporgli affari di secondaria importanza ed a domandargli a mia volta se le interpellanze, annunziate dal deputato Denys Cochin, si svolgerebbero prossimamente. Questo mi

2 Sulle reazioni italiane al dibattito avvenuto al Parlamento inglese riferiva Rodd con rapporto

del 9 luglio ed. in British Documents on the Origins ofthe War 1898-1914, vol. I, London, 1927, pp.

292-294.

IO l Cfr. serie III, vol. III, n. 612.

2 Cfr. n. 3.

lO

nistro degli affari esteri pareva dubbioso se queste interpellanze troverebbero posto nello svolgimento dell'ordine del giorno d'oggi e si astenne dal più piccolo accenno alla possibilità che una interrogazione potesse essergli rivolta in relazione con la notizia del rinnovamento della Triplice Alleanza.

Fu tuttavia nella tornata d'ieri che, interrogato dal deputato Guglielmo Chastenet, il signor Delcassé ha fatto davanti alla Camera la dichiarazione importante che si trova alla pagina 2084 del resoconto stenografico allegato al Journal Officiel delli 4 luglio. E siccome eccezionalmente il testo di questa dichiarazione era già pubblicato nei giornali politici d 'ieri sera, così è lecito il dedurne che delle parole testuali pronunziate dal ministro, il suo Gabinetto era stato in grado di dare immediata comunicazione ai medesimi. Forse egli si sarà indotto a combinare l'interrogazione d'ieri appunto in vista della convenienza di evitare che il soggetto di essa venisse riunito alla interpellanza Denys Cochin la quale dovrebbe svolgersi principalmente sovra la questione del protettorato dei cristiani d'Oriente. Il signor Chastenet che fin qui non si segnalò fra coloro che nel Parlamento si dimostrano particolarmente solleciti degli interessi internazionali, appartiene alla frazione moderata della Camera. Egli è appunto una di quelle figure parlamentari alle quali facilmente si attribuisce di essersi preventivamente concordato con i ministri almeno per i limiti entro i quali le interrogazioni debbono essere contenute. Egli chiese al signor Delcassé se potesse dire «si le renouvellement de la Triple Alliance a eu une influence sur les rapports franco-italiens et dans quelle mesure ces rapports en peuvent ètre modifiés». Da un banco del centro destro gli fu gridato che si domandava al ministro una profezia; e questi invece fornì alla Camera una dichiarazione di cui sarebbe superfluo il fare qui un riassunto poiché ogni parola apparisce studiata e calcolata. Ne trasmisi ieri sera la parte che mi parve più essenziale con un telegramma che V.E. avrà ricevuto3 e le avrà eventualmente permesso di rettificare ciò che non fosse stato correttamente riassunto nei dispacci delle agenzie. Mi fermerò soltanto a considerare che se il signor Delcassé ha stimato, come io credo, indispensabile di parlare come egli ha fatto, deve esservi stato indotto da nessuna altra considerazione che da quella suggeritagli dalla persuasione che, nell'ambiente parlamentare che le divulgazioni e pubblicazioni provenienti da Berlino e da Vienna andavano formando, avrebbero corso qualche pericolo gli attuali buoni rapporti itala-francesi se egli avesse conservato il silenzio. Si disegna ognor più il concetto che questi rapporti sono uno degli elementi della politica presente della Francia. È visibile, invero, né manca di una certa originalità, il fatto che, all'indomani del rinnovamento della Triplice Alleanza, alla campagna condotta dalla stampa austro-ungherese e tedesca contro le relazioni di amicizia intima stabilitesi fra la Francia e l'Italia, si contrappone di qui una non meno vigorosa campagna in difesa delle relazioni stesse. La qual cosa sia che si voglia considerare come prova, sia che si voglia tenere in conto di semplice indizio, tende a dimostrate che nel proseguimento della sua politica il signor Delcassé non si lascia sviare dagli scopi ultimi che egli deve essersi prefissi4.

IO 3 Cfr. n. 4. 4 Cfr. n. 37.

9 1 In realtà già l'Il marzo. Cfr. serie III, vol. VI, n. 234.

11

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 947/483. Vienna, 4 luglio 1902 (per. il 7).

La notizia della prossima visita di S.M. il Re, nostro augusto sovrano, alle Corti di Russia e di Germania, senza alcun accenno alla Corte imperiale e reale d'Austria-Ungheria, produce nella stampa di Vienna una considerevole impressione. S.M. l'Imperatore Francesco Giuseppe era già stato informato a suo tempo di questo progetto dall'ambasciata austro-ungarica presso il Quirinale; e di quanto mi disse in proposito il conte Goluchowski ebbi cura di ragguagliare l'E.V. nella mia corrispondenza particolare, alla quale mi riferisco.

Qui mi limito a riassumere le considerazioni espresse dai giornali più sparsi di Vienna.

Il Wiener Tagblatt dopo aver notato che le visite di S.M. il Re alle Corti di Pietroburgo e Berlino, dopo il rinnovamento dell'alleanza, non possono destare sospetti presso gli altri Governi, perché evidentemente prive di scopi politici, felicita gli uomini di Stato austro-ungarici per avere malgrado tutti gli ostacoli rinnovata l'alleanza e deplora che il sovrano d'Italia non possa visitare la capitale dell'Impero austro-ugarico, dove sarebbe stato accolto con entusiasmo e ciò per motivi che fortunatamente non hanno avuto la forza di turbare i rapporti politici esistenti fra i due Stati.

La Wiener Morgen Zeitung riconosce che le condizioni attuali non permettono al re d'Italia di visitare l'imperatore Francesco Giuseppe e che quindi le due parti hanno dovuto sottomettersi ad una situazione di cose inevitabile ma dalla quale non deriva alcuna conseguenza politica.

La Reichswehr, giornale militare del quale sono però noti i sentimenti ostili alla politica estera dell'Austria-Ungheria, dice che la differenza d'età fra i due monarchi avrebbe potuto far mettere da banda una questione di pura etichetta e indurre il sovrano d'Italia a recarsi a Vienna e che per la restituzione della visita si sarebbe potuto escogitare un espediente facendola in un'altra città d'Italia che non fosse Roma, ma che le simpatie del nuovo re e del suo Governo sono rivolte alla Francia e alla Russia. L'alleanza, soggiunge il giornale, che non ha più importanza politica e militare, non sarebbe stata rinnovata se l 'Italia non trovasse in essa il suo utile economico e commerciale, e mentre l'alleanza dell'Austria-Ungheria con la Germania è fondata su solide basi, quella coll'Italia si sostiene solo sugli articoli del trattato, oltre i quali, come ne è il caso per la visita del sovrano, l'Italia non si spinge.

L'Extrablatt opina anche che sarebbe possibile ed opportuno di trovare modo di evitare le difficoltà e le suscettibilità che impediscono un'intervista tra i due sovrani, scegliendo per essa delle città che non siano le capitali dei due Stati.

Il Fremdenblatt, organo del Ministero i. e r. degli affari esteri, si è astenuto dal commentare la notizia dei prossimi viaggi all'estero del nostro augusto sovrano.

La Neue Freie Presse dice che la popolazione di Vienna avrebbe senza dubbio accolto con grande simpatia il sovrano d'Italia, spiega le ragioni che ne impediscono la visita, che non debbono cercarsi in motivi politici concernenti l'integrità dello Stato italiano, e conchiude constatando che i principali interessi dei due Paesi sono identici e che i rapporti d'amicizia tra essi esistenti continueranno malgrado che il re d'Italia non possa, deplorevolmente, essere l'ospite della Corte imperiale a Vienna.

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L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 2063/884. Parigi, 5 luglio 1902 (per. il 9).

Era per me cosa evidente, leggendo la dichiarazione fatta davanti alla Camera francese da questo ministro degli affari esteri nella tornata delli 3 correntel, che egli si era creduto autorizzato a servirsi di quella che, sotto la condizione del segreto, io gli avea fatta il 4 giugno ultimo in adempimento delle istruzioni impartitemi da V.E.2

Non avvisato che dalla osservanza di tale condizione questo signor ministro degli affari esteri fosse stato dispensato, io avrei, seguendo un impulso naturale, dovuto porgergli, senza alcun indugio, formale lagnanza poiché il carattere segreto della precitata mia comunicazione era stato ripetutamente ed in ogni miglior forma dichiarato. Conoscendo però la correttezza del signor Delcassé, mi astenni dal ciò fare e ben feci poiché seppi da lui oggi che egli per mezzo di S.E. Barrère avea ottenuto il preventivo assenso della E.V. sovra i precisi termini nei quali la dichiarazione fu presentata alla Camera francese. Non avrei voluto, mi disse il signor Delcassé, espormi al pericolo di una contestazione sui termini, ed ho fatto sottomettere dall'ambasciatore di Francia a Roma al r. ministro degli affari esteri il testo preciso di ciò che mi proponeva di dire alla Camera3. Ricevetti in tempo, così proseguì il signor Delcassé, la risposta del signor Barrère, per poter dare corso alla interrogazione nella tornata di giovedì 3 corrente, ciò che mi parve preferibile per non confondere questa spiegazione, manifestamente aspettata dalla Camera, con le interpellanze alle quali sono riservate le sedute del venerdì.

Era appena mestieri che, dopo la informazione che il signor Delcassé mi avea fornito sovra ciò che avea preceduto la sua dichiarazione parlamentare, io gli

12 I Cfr. nn. 4 e 10.

2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 518.

3 Cfr. DDF, 2ème série, tome II, cit., n. 307.

dicessi di essere stato incaricato per telegramma d'ieri sera4, di manifestargli l'animo grato ed il compiacimento nostro per le cose da lui esposte nella tornata del 3 luglio della Camera francese dei deputati. Tuttavia io gli dissi, in obbedienza degli ordini ricevuti, ciò che il precitato telegramma conteneva ed egli me ne ha vivamente ringraziato5.

13

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 2070/887. Parigi, 5 luglio 1902 (per. il 9).

Or fa un mese, scrivendo io delle condizioni dello spirito pubblico in Francia in ordine alle relazioni di questo Paese con la Germania, ho manifestato l'idea che sebbene nessun risveglio di sentimenti bellicosi nella Nazione francese potesse essere fin qui notato, tuttavia importava tener conto di certi sintomi i quali non permettevano di eliminare in modo assoluto dalle previsioni dell'avvenire un ritorno dello stato di tensione nelle relazioni della Francia con la Germania. È questo un soggetto che, a parer mio, interessa nel più alto grado gli Stati alleati dell'Impero tedesco e sebbene l'osservazione in siffatta materia riesca sommamente difficile e il prevedere in essa possa esporre ad errori ed abbagli gravi, tuttavia non avrei la tranquilla coscienza del compimento di tutto il dover mio, se non segnalassi al R. Governo, man mano che si producono, quei fatti che possono essere considerati come sintomi di ciò che chiamerei volentieri lo stato d'animo di questa Nazione.

Or uno di questi fatti si è certamente prodotto recentemente quando il deputato Jaurès parlando alla Camera sovra il programma del nuovo Ministero, ha stimato di poter introdurre nel suo discorso il concetto del simultaneo disarmo e della acquiescenza alla condizione di cose contro la quale nessuno è pronto a far prevalere con l'azione le mute proteste. La tornata delli 12 giugno offrì uno spettacolo che, sotto varii rispetti, merita di non essere dimenticato. Nessuno contesta all'an. Jaurès l'ingegno e la sincerità delle convinzioni. Egli esordì parlando in nome del partito socialista evoluzionario; ma quando, nello svolgimento del programma suo, venne a combattere, nella formula gambettiana «il faut y penser toujours et n'en parler jamais», una politica che egli qualificò di reticenza, di ipocrisia e di equivoco, scatenò contro di lui i tumulti dell'assemblea, si attirò i rim

14 brotti del presidente, di quello stesso signor Leone Bourgeois che al congresso dell' Aja promosse il voto che «la conférence estime que la limitation d es charges militaires qui pèsent actuellement sur le monde est grandement désirable pour l'accroissement du bien-ètre matériel et moral de l'humanité».

Il signor Jaurès in questa parte del suo discorso-programma, fu manifestamente abbandonato dallo stesso suo partito. Ciò si è veduto anche nei commenti della stampa dal medesimo inspirata. Lontano dal Parlamento durante l 'ultima sessione, vi sarebbe egli rientrato con idee che erano più generalmente accettate quattro anni or sono dalle frazioni socialiste? Si sarebbe indotti a credere che egli si fosse illuso assai sul sentimento oggi anche da quest'ultime professato. La dimostrazione che in questo Paese esiste il sentimento che il signor Bourgeois chiamò profondo e sacro che deve rimanere intangibile ai commenti dello straniero non avrebbe potuto essere più chiara.

Epperò ne scrivo al R. Governo perché di essa gioverà tener conto l.

12 4 Cfr. n. 6. 5 Per la risposta cfr. n. 36. Nulla è stato trovato in ASMAE sull'intervista a Tomielli pubblicata nell'Echo de Paris del 13 luglio per la quale cfr. DDF, 2ème série, tome II, cit., nn. 332 e 349.

14

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO S.N. Berlino, 6 luglio 1902, ore 11,22 (per. ore 13,05).

Per mia norma, per potere rispondere domande incessanti rivoltemi dai nostri consoli, nonché da autorità del Paese, sarei grato a V.E. indicarmi, potendolo, itinerario su territorio germanico prossimo viaggio reale a Pietroburgo. Imperatore che mi incaricò grazioso, affettuoso messaggio per Sua Maestà, ha espresso desiderio conoscere data arrivo nostro augusto sovrano. S.M. Imperiale ha fissato 30 agosto solennità che a lui sta più a cuore, cioé rivista corpo guardia, rivista, che a cagione dislocamento truppe non può aver luogo prima, e che imperatore stesso desidera non avvenga nei giorni seguenti, per ovvii riguardi internazionali. A guadagnar tempo, ho creduto bene mettermi in diretta comunicazione col primo aiutante di campo generale di Sua Maestà, proponendo data arrivo 27; partenza 31. Le due date da me proposte, mentre conciliano con le disposizioni militari già date dall'imperatore, non presentano alcun inconveniente dal punto di vista internazionale, visto che anniversario Sedan ricorre 2 settembre, giorno in cui S.M. il Re sarà già in Italia l.

14 l Per la risposta cfr. n. 15.

13 l Cfr. n. 38.

15

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO S. N. Roma, 6 luglio 1902, ore 20, 15.

Le date da lei indica temi l per la visita di Sua Maestà a Berlino mi sembrano di piena convenienza. Naturalmente però la decisione spetta a Sua Maestà e V.E. ben fece mettendosi a tal riguardo in diretta comunicazione col primo aiutante di campo generale di Sua Maestà. Come le telegrafai stamane2 mi riservo di comunicarle appena sia definitivo il previsto itinerario del tragitto attraverso la Germania. Però fin d'ora converrà avvertire i consoli a lei rivoltisi che, il viaggio compiendosi nel più stretto incognito, non è il caso che essi se ne preoccupino, e quanto alle autorità locali tutto deve ridursi ai consueti provvedimenti di pubblica sicurezza3.

16

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. RISERVATO 32572/452. Roma, 7 luglio 1902.

Segno ricevuta a V.E. e la ringrazio del rapporto n. 404 del l o correnteI col quale ella mi ha ragguagliato circa il discorso pronunziato dal generale von Loe a Bonn.

Ho letto attentamente il passaggio di questo discorso che ella ha voluto segnalarmi in modo speciale2. Il generale von Loe, per quanto colle sue frasi abbia cercato di dare al suo operato l'apparenza d'uno scrupolo di correttezza, ammette di aver effettivamente chiesto al cardinale Rampolla un preventivo gradimento per

2 T. l 052, trasmesso in realtà alle ore 17, non pubblicato.

3 In ASMAE non sono stati trovati documenti significativi sul viaggio del re in Germania.

2 Il passo era il seguente: «Allorquando, al termine della mia missione, manifestai lealmente al cardinale Rampolla la mia intenzione, pur salvaguardando le convenienze verso il Vaticano, di adempiere anche i miei doveri verso S.M. il Re d'Italia. l'alleato fedele c incrollabile del mio sovrano, c verso la reale tàmiglia, Sua Eminenza con una prudenza molto naturale c coi debiti riguardi verso la dignità del Vaticano, mostrò di riconoscere i miei doveri in un modo tanto pieno di tatto che, al mio ritorno a Roma dal sud dell'Italia, potei fare omaggio di devozione alla Rea! Corte con la coscienza di non avere urtate le suscettibilità del Vaticano, presso il quale io non ero più accreditato. Anche di ciò, come è ben naturale, ho dato relazione al mio sovrano».

16 la visita che si proponeva di fare al nostro augusto sovrano. Ottenutolo egli avrebbe immaginato, se pure non gli fu imposto dal Vaticano, di recarsi, come di sua iniziativa, nel mezzogiorno d'Italia, per poi di là prendere le mosse per rendere omaggio alla Maestà Sua, e ciò allo scopo di non correre il rischio di dispiacere -neppure nella forma della visita -al Vaticano.

Il generale von Loe fece allora, a mio avviso, un passo da cui avrebbe dovuto astenersi ed ora ha detto cose che avrebbe fatto meglio di tacere.

A noi non conviene certamente di rilevare tutto ciò costì, ma della mia opinione circa il modo di procedere del generale von Loe ho creduto opportuno di informarla per sua opportuna personale notizia.

15 l Cfr. n. 14.

16 l Non pubblicato.

17

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Berlino, 8 luglio 1902, ore 22.

Scambiate oggi ratifiche Trattato Triplice Alleanza. Corriere di Gabinetto, che parte questa sera, reca copia destinata Italia, racchiusa in piego diretto alla persona del ministro.

18

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1411/85. Addis Alem, 8 luglio 1902 (per. ore 10,35 del 27)1.

Ho ricevuto telegrammi 212 25 giugno3. Già il mio telegramma 28 giugno 834 preveniva V.E. visita abuna Matheos Pietroburgo. Ora è troppo tardi di agire nel senso voluto da V.E.: né era prima possibile prevedere e prevenire. Rassicuro intanto V.E. che non tralascio sorveglianza né lavoro smontare intrighi russi, cosa finora sempre fatta e che farò fino a che piacerà a V.E. ordinarmelo.

2 Cfr. serie lll, vol. VI, n. s~n.

3 T. 976, non pubblicato nel vol. VI della serie III.

4 T. 13R5, trasmesso da Asmara il 20 luglio, non pubblicato nel vol. VI della serie l! l.

18 l Il telegramma fu trasmesso da Asmara il 27 luglio, ore 9.15.

19

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1324/61. Berlino, 9 luglio 1902, ore 9,301.

Rispondo suo telegramma di questa notte2. Del telegramma Ponzio Vaglia come degli altri dell'E.V. relativi viaggio Sua Maestà detti immediata comunicazione a conte Richthofen il quale, dopo averne presa conoscenza, mi disse che Wedel era stato, per ordine imperatore, incaricato di offrire S.M. il Re compagnia d'onore a Posen. Evidentemente imperatore desidera che suo alleato, malgrado incognito, non esca dal territorio germanico senza avere avuto qualche onore. Tale gentile proposta sembrami però anzi tutto subordinata convenienze di S.M. il Re il quale è perfettamente libero accettarla o declinarla)

20

IL MINISTRO DELLA REAL CASA, PONZIO VAGLIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1329. Racconigi, 9 luglio 1902, ore 22 (per. ore 22,55).

Nello stato attuale delle cose S.M. il Re non può fare altrimenti di aderire al desiderio dell'imperatore!. Voglia pertanto la E.V. dichiarare conte Wedel che

S.M. il Re vedrà volentieri compagnia onore stazione Posen.

21

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. Kufstein, 11 luglio 1902, ore 15,40.

La prego voler porgere i miei vivi ringraziamenti a S.M. Imperatore per le cortesie usate al passaggio treno nei suoi Stati e le confermo la mia costante amicizia.

2 Non pubblicato. 3 Questo telegramma fu comunicato a Ponzio Vaglia da Malvano con T. 1075 dello stesso 9 luglio. Per la risposta di Ponzio Vaglia cfr. n. 20. 20 l Cfr. n. 19.

19 l Nei registri dei telegrammi di questo periodo non è riportata l'ora di arrivo. Quando essa è indicata nel presente volume è tratta da copie dei telegrammi conservate nella Serie politica o in ASMA!.

22

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1002/510. Vienna, 13 luglio 1902 (per. il 18).

La visita di S.M. il Re a Pietroburgo continua ad alimentare la stampa quotidiana un po' da per tutto, ma, com'era da aspettarsi, specialmente in Austria. Il linguaggio dei giornali viennesi, ove si eccettuino gli organi estremi, esprimendo il rammarico per l'esclusione d'una visita del re in Austria, riconoscono però almeno in parte le ragioni di tale esclusione, ed i loro commenti non eccedono in generale una certa misura, né meritano speciale attenzione. Tuttavia in qualcuno di questi fogli appare una certa preoccupazione circa l'effetto che può essere prodotto dal viaggio in Russia nell'opinione pubblica europea rispetto ad una supposta futura modificazione nelle tendenze internazionali del!' Italia, che si vogliono prevedere come nocive agli interessi austroungarici.

Tra questi giornali debbo segnalare all'E.V. la Wiener Algemeine Zeitung, e segnatamente l'articolo comparso nel numero di jeri. In questo articolo è detto in sostanza: «che il passaggio del re d'Italia a traverso il territorio d'un alleato, che egli non può visitare, per recarsi presso un sovrano al quale non lo lega alcun patto di alleanza, costituisce un fatto notevole e che sarebbe leggerezza il pensare che questa intimità di rapporti tra la Russia e l 'Italia che data dal giorno nel quale si strinsero vincoli di parentela fra le Corti di Roma e di Cettigne, non possa, fosse anche in tempo lontano, divenire pericolosa per gli interessi dell'Austria-Ungheria; che attualmente, stante l'alleanza coll'Italia e l'intesa con la Russia, non vi è niente da temere; ma che la nuova costellazione politica non è da perdere di vista, perché essa potrebbe acquistare importanza e avere gravi conseguenze in quelle regioni balcaniche sulle quali finora l 'Italia non ha spiegato alcuna pretesa».

Non ho bisogno di dire a V.E. che questo articolo non esprime a nessun grado l'opinione di questo Governo, il quale non ha nessun motivo di dubitare e non dubita del leale adempimento per parte del Governo italiano dei suoi obblighi contrattuali e dell'amicizia del! 'Italia verso il grande Impero vicino. Posso aggiungere che la Wiener Allgemeine Zeitung non esprime in questa occasione che l'opinione del suo direttore, che è il dottor Szeps, giovane israelita polacco, che talora combatte anche il Governo austriaco. L'amministrazione del giornale è pure israelita. La Wiener Allgemeine Zeitung è un organo conservatore. Ha una certa diffusione, ma è privo d'ogni importanza politica.

23

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1374/60. Pechino, 18 luglio 1902, ore 8,10 (per. ore 12).

Il vescovo di Shan-si trattenutosi a Pechino appositamente per vedermi è venuto a dichiararmi constargli non avere la missione ricevuto mai alcuna autorizzazione di richiedere la protezione italiana e sue istruzioni vietargli di ricorrervi. Malgrado miei argomenti e spiegazioni sulla situazione esistente, declinò ricevere passaporto da me. Contrariamente impressione ricevuta a Shangai, mi pare ora avverso nuovo stato di cose, ciò che attribuisco sua dimora presso monsignor Favier. Io gli esposi conseguenze suo atteggiamento, tra le quali possibile sospensione regolamento indennità. Prego telegrafarmi se l'E.V. ritiene opportuno io gli rinnovi esplicita dichiarazione'. Ripeterò al Governo cinese diffida non rilasciare passaporti per quella missione, se non chiesti dalla r. legazione.

24

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DE;GLI ESTERI, PRINETTI

T. 1459/87. Addis Alem, 18 luglio 1902 (per. ore 21,45 del 3 agosto).

Sebbene non ancora pervenutomi avviso ricevimento mio telegramma n. 7116 maggio2 circa protocollo da me sottoscritto per Cunama, vivo nel dubbio che opera mia non abbia interpretato pienamente desiderio di V.E. Stampa francese, valendosi affermazione ottimista nostri giornali, esagera e sfigura risultati ottenuti da Governo specialmente circa valore politico della concessione mineraria oltre Mareb; può ciò scuotere fiducia che Menelik mi accorda e mi fa prevedere energica sua richiesta per obbligarci smentire di aver egli dato concessione suddetta al Governo, e ciò perché obbligato malumori interni esterni per la simpatia che ci dimostra e per non essere tenuto fare eguale concessione ad altri Governi. Mi affretto perciò chiedere a V.E. quale condotta dovrò tenere con Menelik in tale evenienza. E' anche mio dovere far presente a V.E. che stampa nostra, creando esagerate illusioni, speranze in Paese, lo predispone ai soliti funesti scoraggiamenti per ogni inevitabile, per quanto trascurabile incidente in Africa e, senza volerlo, minaccia e distrugge quella fiducia che, chi è qua, deve sapersi guadagnare da Menelik per raggiungere risultati pratici ed utili con opera lenta e continua senza mai compromettere Governo e PaeseJ.

2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 477.

3 Per la risposta di Pri11etti cfr. 11. 60.

23 l Per la risposta cfi·. 11. 56.

24 1 li telegramma fu trasmesso da Massaua il 3 agosto, ore 3,03.

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L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1193/430. Berlino, 18 luglio 1902 (per. il 22).

Ora che il viaggio di S.M. il Re ha avuto termine, non è superfluo che io segnali alla E.V. che la stampa tedesca in generale, contrariamente a quanto è stato telegrafato da qualche nostro corrispondente male informato o male intenzionato, ha serbato di fronte all'importante avvenimento politico un atteggiamento correttissimo.

I giornali, le apprezziazioni dei quali vanno prese sul serio come quelle che più o meno direttamente possono riflettere il pensiero del Governo, si sono limitati a riferire le notizie venute da Pietroburgo senza aggiungere commenti e soprattutto senza entrare in divagazioni fantastiche sul significato del viaggio del nostro sovrano, e sulle conseguenze che esso potrà produrre per quanto concerne le relazioni con le Potenze Alleate.

Il motivo di questo atteggiamento soddisfacente è ben semplice: la stampa ha obbedito alla parola d'ordine ricevuta dal Governo, il quale sa benissimo di poter oggi come in passato contare sulla sua alleata di oltre Alpe, circa la lealtà e costanza di propositi della quale nessun dubbio è sorto, né poteva sorgere nell'animo di questo sovrano e dei suoi consiglieri.

Le osservazioni pertanto telegrafate da alcuni corrispondenti italiani a proposito della impressione meno che favorevole qui prodotta dali 'incontro di Pietroburga non sono giustificate almeno che i corrispondenti medesimi ritengano si debba annettere una importanza qualsiasi alle elucubrazioni di giornali come la Vossische Zeitung, il Berliner Tageblatt od altri simili i quali in politica interna e più ancora in politica estera sono le mille miglia lontani dall'esser i depositari del pensiero del Governo.

Mi parve bene, signor ministro, di sottometterle queste brevi osservazioni unicamente in omaggio alla verità ...

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L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 867/374. Londra, /9 luglio 1902 (pe1: il 23).

Il bilancio degli affari esteri ha dato luogo a una animata discussione nei due rami del Parlamento britannico. Nella seduta di martedì, nella Camera dei Comuni, critiche vivaci furono rivolte al Governo da diversi deputati sul servizio diplomatico e consolare, riferendosi le prime specialmente all'azione politica di alcuni ambasciatori e ministri e le seconde alla allegata inefficacia dell'opera dei consoli in materia commerciale.

Mentre mi riservo di riferire con altro rapporto su quest'ultima parte, trasmetto frattanto qui unito il testo dei discorsi pronunciati a proposito del servizio diplomatico (vedi allegato 1)1, i quali sono tanto più interessanti per noi, in quanto che essi presero soprattutto di mira l'ambasciatore britannico in Roma al quale si rimproverò di aver contribuito ad alienare quei sentimenti di intima amicizia, che avevano sempre contrassegnato le relazioni dell'Italia con l'Inghilterra.

Autore principale di codeste accuse fu Mr. Gibson Bowles, membro <<Unionista», ma solito a molestare il Governo del proprio partito con frequenti discorsi su tutte le questioni e in ispecie in materia di politica estera. Le sue osservazioni in questa circostanza furono più che altro un attacco personale contro lord Currie, del quale egli asserì avere il Governo italiano domandato il richiamo da Roma. L'asserzione essendo stata smentita dal sotto segretario di Stato lord Cranborne, questi insistette a dimostrare la felice soluzione data a tutte le questioni sorte con l'Italia, verso la quale l'Inghilterra aveva ora relazioni più cordiali che con qualsiasi altro Stato d'Europa. Mr. Bowles finì col ritirare la mozione da lui presentata di ridurre di L. l 000 gli assegni di quell'ambasciatore.

Codesta questione personale fu, del resto, rimessa al suo punto di importanza in un discorso di sir Edward Grey, uno dei capi più ascoltati del partito liberale, il quale osservò come le relazioni fra i Governi risultassero infine più che dalla maggiore o minore popolarità dei loro rappresentanti, dal contegno e dagli atti politici dei Governi stessi. La fiducia della Nazione italiana nell'antica amicizia dell 'Inghilterra, specialmente per la posizione nel Mediterraneo, aveva evidentemente subito una certa quale scossa per effetto dell'accordo anglo-francese del 1899. Egli non riteneva che le apprensioni dell'Italia fossero giustificate dalla sostanza di quel! 'accordo, ma il Foreign Office aveva in quella congiuntura negletto le cautele che il tatto e la previdenza consigliavano e che, adoperati, avrebbero potuto prevenire quelle apprensioni. Vi era adesso motivo, conchiuse l'oratore, non già di dolersi ma di congratularsi per i nuovi accordi stabilitisi su quelle questioni tra l'Italia e la Francia e ciò che importava era che il Governo inglese facesse ciò ben chiaramente sentire a entrambe le parti.

In senso analogo ma in termini ancora più significanti furono le dichiarazioni fatte sui rapporti anglo-italiani nella seduta di ieri della Camera dei lordi. La questione vi fu sollevata dal capo del partito liberale, lord Spencer, il quale disse considerare che il Governo britannico non esiterebbe a riguardare con soddisfazione la recente intesa per gli affari del Mediterraneo tra la Francia e l 'Italia, «il Paese del mondo al quale le nostre simpatie sono più strettamente attirate». Della risposta del marchese di Lansdowne ho comunicato ieri per telegrafo il sunto a

V.E.2 e qui unito ella ne troverà il testo completo (ali. II). Il linguaggio del ministro, come ella lo rileverà, ha riprodotto con forza e chiarezza le cose che egli

26 l Gli allegati non si pubblicano. 2 T. 1373 del 18 luglio, non pubblicato.

ebbe più volte a espormi nelle nostre conversazioni, da me, a suo tempo, riferite a V.E. «lo compendierò -conchiuse lord Lansdowne -lo stato delle cose riguardo all'Italia col dire: non esservi altra Potenza con la quale noi più desideriamo di stare in rapporti cordiali ed amichevoli e non esservi, per quanto a me risulta, altra Potenza con la quale noi effettivamente stiamo in più cordiali e amichevoli rapporti che con l 'Italia nel momento attuale»3.

27

L' INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1221/440. Berlino, 21 luglio 1902 (per. il 24).

Nella Gazzetta del Popolo di Torino del 18 corrente sotto l'intestazione a grossi caratteri «Un altro ambasciatore austro-ungarico che fugge l'incontro del re Vittorio» è pubblicato un telegramma da Vienna in cui si annunzia la partenza in lungo congedo di questo ambasciatore austro-ungarico. Per semplice omaggio alla verità mi occorre rappresentare all'E.V. che in questo momento tutti gli ambasciatori qui accreditati all'infuori di quello di Francia che parte il 25 corrente e quello di Spagna che partirà più tardi, trovansi fuori di Berlino e non mi risulta che tutti debbano esser di ritorno qui all'epoca della venuta di S.M. il Re.

Per contro mi risulta, per averlo sentito dire dal mio capo, che S.E. il signor Szogyény Marich il quale ha dovuto recarsi in congedo in Ungheria per ragioni di famiglia ha l'intenzione di trovarsi qui, salvo circostanze imprevedute, alla fine di agosto, allo scopo appunto di non esser assente dal suo posto al momento della visita del nostro augusto sovrano.

28

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 92. Addis Alem, 22 luglio 1902 (per. il l° settembre).

Ho ricevuto il dispaccio n. 67 in data 16 giugno corrente annol e confermo a

V. E. che non ho mai tralasciato espedienti e lavoro per condurre a termine la questione di Gerusalemme.

28 I Non pubblicato nel vol. VI della serie III.

Come già ebbi l'onore di far noto a VE. le difficoltà che qui si dovevano superare per ridurre Menelik ad accettare esplicitamente ed ufficialmente il nostro protettorato sui suoi sudditi in Palestina, così credo sia anche opportuno farle conoscere il programma, che da tempo mi ero prestabilito, per riuscirvi.

Esso era: l) Creare in Gerusalemme, per Taitù e Menelik, interessi di rilievo tali da far comprendere l'assoluta necessità di avere colà chi potesse validamente tutelarli. 2) Accaparrarci ingerenze e protezioni di fatto su gli etiopi in Palestina per escludere materialmente e notoriamente tutte quelle desiderate e tentate dagli altri interessati. 3) Attendere, sollevando una questione grave e complicata, che l 'indolenza e la diffidenza abissina rimanesse scossa in Menelik e Taitù per deciderli a chiedermi aiuto e consiglio, e quindi valermi di ciò per far loro riconoscere la necessità e la opportunità di una sollecita e definitiva accettazione della mia proposta per la tutela dei loro interessi e dei loro sudditi in Gerusalemme. Questo programma, come ho detto dianzi, prestabilito da tempo e seguito da me con tutta la calma e la pazienza necessaria, oggi è pressoché intieramente svolto, ed attendo da un giorno all'altro l'atto risolutivo di Menelik per potere avere la soddisfazione di notificare all'E.V. la completa e felice riuscita del mio lavoro. Occorre, malauguratamente, ricordare Uccialli per darsi ragione delle difficoltà che si dovevano superare per ridurre Menelik a dichiarare ufficialmente ad un altro sovrano di accettare e volere la nostra protezione in Palestina. E VE. che ben conosce qual 'era la nostra situazione politica dopo Uccialli ed i confini angusti ed irrazionali nei quali quel trattato aveva rinchiuso la nostra Eritrea, potrà facilmente valutare come e quanto sono oggi mutate le nostre condizioni in Africa e le nostre relazioni con Menelik tanto che questi implicitamente ha anche dato in parte esecuzione a quel discusso articolo 17 creduto un tempo vero portento di avvedutezza diplomatica. Ma se tutto questo all'animo di VE. può soddisfare vedendo tanto felicemente portato a termine il nuovo programma politico del Governo del re, alla mente di VE. deve necessariamente affacciarsi la domanda del come e del perché questo è avvenuto. Ed io sono pronto a dichiararle che solo la fiducia non circoscritta in limiti determinati (che allora è nulla), ha reso possibile un lavoro continuo disinteressato ed efficace a chi doveva e deve qui tutelare gl'interessi ed il prestigio della patria, prevedere ed agire tanto lontano dal Governo del re e quando, per corrispondere con esso, occorrono mesi di paziente attesa. Io confido ancora di poter vedere dissipati, dalla verità e dall'onestà del mio incessante e paziente lavoro, tanti equivoci sorti per ragioni a me ancora ignote per poter con la serenità necessaria continuare a servire il mio re, ed ottemperare agli ordini del Governo. Intanto ho fondata speranza di poter a giorni inviare all'E.V l'accettazione formale di Menelik per la protezione dei suoi sudditi in Palestina. Questo nuovo atto di confidenza e di fiducia in noi del sovrano di Etiopia indiscutibilmente ha valore politico di rilievo, però mi lusingo che la nostra stampa non voglia, per inconsiderata glorificazione di esso, descriverlo e valutario in maniera da crearci imbarazzi con Menelik, che indubbiamente e senza indugio ci ricondurrebbero ad Uccialli.

26 3 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 35.

29

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GERMANIA A ROMA

N. VERBALE. Roma, 23 luglio 1902.

Le Gouvernement du roi accepte, d'après le texte que le Gouvernement d'Allemagne vient de nous soumettre, la note' que les ministres de Belgique, à Rome et à Berne, actuellement chargés, respectivement, de la gérance des intérèts suisses et des intérèts italiens, auraient à adresser, simultanément, au Ministère royal des affaires étrangères, à Rome, et au Conseil fédéral, à Berne, en vue de la reprise mutuelle d'une représentation diplomatique normale. Seulement, comme précaution utile, pour parer aux commentaires erronés et aux polémiques qui pourraient se produire dans la presse des deux Pays, nous pensons qu'il convient d'arrèter, dès maintenant, les termes d'un communiqué identique qui devrait ètre simultanément publié, à Rome et à Berne, le jour mème où les deux notes seraient remises. Nous proposons, pour ce communiqué, la formule ci-jointe. Si elle est acceptée par le Conseil fédéral, nous procéderons à notre publication et à la remise de notre note le jour qui nous sera indiqué à cet effet, par le Conseil fédéral.

Le Gouvernement du roi est reconnaissant au Gouvernement impérial d'Allemagne de son intervention amicale. Nous prenons note, avec satisfaction, de ce que le ministre d'Allemagne à Berne a mandé au Gouvernement imperial: à savoir, qu'ayant fait part au président de la Confédération de la préoccupation manifestée par M. Prinetti au comte de Wedel au sujet de la situation délicate dans Jaquelle le ministre d'Italie à Berne pourrait se trouver si des articles contenant l'apologie ou l'incitation au crime allaient reparaìtre il avait reçu, de la bouche du président Zemp, l'assurance que le Conseil fédéral ne manquerait pas d'appliquer, en pareil cas, les lois pénales en vigueur. On peut, clone, compter que des incidents fàcheux ne se reproduiront pas à l'avenir.

ALLEGATO

Mercé i buoni uffici del Governo germanico, i Governi d'Italia e di Svizzera, per rimettere le loro rispettive rappresentanze diplomatiche in condizioni normali, hanno risoluto, richiamando simultaneamente i loro rispettivi ministri, commendatore Silvestrelli e signor Carlin, di affidare provvisoriamente le rispettive legazioni ai primi segretari, cav. De Martino e signor du Martheray, in qualità di incaricati d'affari, fino alla nomina ormai imminente dei nuovi titolari.

29 l Non pubblicata.

30

IL CONSOLE A ZARA, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 1003/104. Zara, 23 luglio 1902 (per. il 26).

Come lo scorso anno, anche quest'anno, i deputati radicali croati, nel combattere le scuole autonome italiane istituite in Dalmazia dalla «Lega Nazionale», non hanno mancato ieri di attaccare altresì la «Dante Alighieri» chiamandola inspiratrice principale della «Lega Nazionale» e focolare d'irredentismo.

Come al solito, si distinse per maggiore veemenza il noto deputato croato Bianchini, il quale dopo aver citato alcuni brani del discorso pronunziato dali'onorevole Bovio in Napoli per i funerali del deputato lmbriani, conchiuse invitando il Governo a sciogliere la «Lega Nazionale» essendo, secondo lui, troppo palesi i sentimenti irredenti italiani cui s'inspira.

Al Bianchini rispose però con molta calma, ed attentamente ascoltato, il deputato autonomo-italiano dottor Krekich i.r. consigliere di finanza, il quale confutò tutte le asserzioni del Bianchini dimostrando essere gli attacchi del partito croato contro la «Lega Nazionale» del tutto partigiani, visto, che la stessa, debitamente riconosciuta dallo Stato, non ha che il solo ed unico scopo di diffondere e mantenere la lingua italiana fra i cittadini dell'Impero, che in Dalmazia, !stria e Trentina hanno come lingua materna l'avito idioma italiano, e che il preteso legame asserito dall'on. Bianchini fra la «Dante Alighieri» e la «Lega Nazionale» era affatto inesistente e tendenzioso.

31

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1241/447. Berlino, 25 luglio 1902 (per. il 29).

Le relazioni fra la Germania e l'Inghilterra accennano a prendere miglior piega. I varii rapporti del r. ambasciatore hanno messo V.E. in grado di rendersi un conto esatto dello stato di quelle relazioni negli ultimi tempi. Fra i due Governi, esse furono, anche nei momenti più difficili, sempre corrette, e sono venute, in seguito, man mano migliorandosi.

Di tale favorevole risultato, il merito principale, per quanto concerne la Germania, devesi attribuire all'imperatore. Durante il corso della guerra anglo-boera, Sua Maestà ha saputo far trionfare la sua politica personale, favorevole alla Gran Bretagna, e ciò malgrado la corrente ostilissima prevalente nella quasi totalità dei suoi sudditi, senza eccezione di partito, a cominciar dagli stessi circoli di Corte.

Il Governo britannico, rendendo, dal canto suo, piena giustizia alla buona volontà del sovrano e del conte di Biilow, ha, opportunamente, ignorato gli attacchi violenti e continui della stampa e nelle varie complicazioni sorte in questi anni, ha dato sempre prova di esser animato di sentimenti concilianti. A quest'opera pacifica ha validamente cooperato, con tatto finissimo, l'eminente diplomatico che qui rappresenta il re Edoardo.

L'atteggiamento dell'imperatore e del suo Governo, non hanno, convien riconoscerlo, trovato seguito nel popolo tedesco: le incessanti declamazioni proboere, le ripetute calunnie contro l'esercito inglese, le malevole insinuazioni comparse quotidianamente nella stampa germanica durante tre anni di seguito, non potevano d'altra parte esser ignorate in Inghilterra e dovevano inevitabilmente esercitare nefasta influenza sull'opinione pubblica inglese.

Il popolo britannico, che sulle prime non si era reso esattamente conto della animosità germanica, ha avuto agio di essere ampiamente illuminato a tal riguardo, grazie, soprattutto, all'opera indefessa spiegata a tale scopo malefico dal Times. Il direttore della sezione politica estera -antico corrispondente a suo tempo esp~lso da Berlino e l'attuale corrispondente, signor Saunders, si sono assunta, e lo hanno pubblicamente dichiarato, la triste missione di dimostrare chiaramente al popolo inglese che esso aveva nella Germania, un nemico implacabile.

Data l'importanza del Times e la sua influenza sull'opinione pubblica inglese, l'atteggiamento risolutamente ostile del signor Saunders, persona per giunta assai per bene, molto intelligente e di larga coltura, non poteva naturalmente passar qui inosservato, ed ha sollevato non poco risentimento da parte di questo Governo, il quale vedeva paralizzato tutto il suo lavoro di conciliazione. Si è pensato persino, un momento, ad espellere l'incomodo corrispondente, ma si è riconosciuto che una tale misura violenta sarebbe stata un rimedio peggiore del male e vi si è rinunziato.

Il barone Richthofen però non volle, tempo fa, privarsi del piacere di parlar chiaro al signor Saunders, e di fargli intendere quanto incresciose riescivano qui le corrispondenze da lui inviate, le quali a lungo andare erano di natura a compromettere seriamente le buone relazioni tra i due Paesi. Questa ramanzina è rimasta senza effetto: il Saunders continua imperterrito per la sua strada: solo quando vuole scrivere cose troppo dure per la Germania, si limita a farle pubblicare dal suo collega di Vienna, cosa qui perfettamente risaputa.

Continuando così le cose, non è chi non veda, come i sentimenti antigermanici che si vanno gradatamente disegnando ed accentuando in Inghilterra dovranno fatalmente, in un avvenire più o meno lontano, trasformarsi in aperta ostilità, cosa eminentemente pericolosa, in un Paese dove l'opinione pubblica tanto peso esercita sull'azione del Governo.

Onde è che le persone assennate di Germania cominciano ad avvedersi di aver fatto finora falsa strada, ed a riconoscere l 'utilità di curare il male dalle radici, e di secondare le intenzioni concilianti del Governo, esercitando una salutare pressione sulla stampa tedesca, per indurla a mutar rotta e rinunziar al sistema tanto pernicioso sinora seguito, a base di insinuazioni, di diffidenza, di rimproveri, di accuse contro tutto ciò che si fa o si dice di là del Canale. In tale ordine di idee si sono avute, in questi ultimi giorni alcune manifestazioni degne di nota.

In primo luogo, da alcuni uomini eminenti fra i quali citerò il Mommsen, è stato diramato un appello a coloro che, tanto in Germania quanto in Inghilterra, deplorano profondamente, nell'interesse dello sviluppo progressivo dell'umanità, il raffreddamento verificatosi da qualche anno tra le due Nazioni, e li si invita ad apportarvi rimedio, mediante opportuni provvedimenti da concretare. Questo appello è comparso, è vero, in un giornale di nessuna importanza The German Times ma è stato riprodotto da buona parte della stampa; V.E. troverà qui unito il testo che io ho letto nella Kolnische Zeitung 1•

Assai più rilevante del! 'appello in discorso, è una lettera che il conte Berchem, ex sotto segretario di Stato per gli affari esteri, imperante il principe di Bismarck, ha diretto al professor Lotz di Monaco, a proposito di un articolo da quest'ultimo pubblicato ultimamente nella Miinchener Neuste Nachrichten e che sarà certamente stato segnalato ali 'E. V. sulla politica del Metter male (non trovo altra espressione italiana che riproduca esattamente la locuzione tedesca scharf macherei).

Sull'importante documento comparso ugualmente nel giornale Miinchener Neuste Nachrichten la competente legazione del re a Monaco avrà di sicuro attirata l'attenzione di V.E. Mi astengo pertanto dal trasmetterne il testo e dall'entrare in una particolareggiata disamina delle considerazioni svolte dal conte Berchem.

Mi importa soltanto fare rilevare che la lettera in discorso è stata riprodotta nella prima colonna dell'ufficiosa Nord Deutsche Allgemeine Zeitung. Ciò indica, che se l'ex sotto segretario di Stato non è stato in questa circostanza un vero e proprio portavoce della Cancelleria imperiale, le idee da lui espresse collimano perfettamente con quelle prevalenti alla Wilhelmstrasse.

Del resto il signor di Muhlberg, nel segnalare, martedì scorso, al mio collega britannico, l'avvenuta pubblicazione gli dichiarava di aver scritto al conte Berchem per felicitarlo della nobile iniziativa presa, aggiungendo che se la stampa germanica si decidesse a seguire i consigli e gli ammaestramenti di lui renderebbe un servigio positivo al Governo ed al Paese.

Non sono mancati, come era naturale, i commenti degli altri giornali.

Salvo rare eccezioni, tra le quali additerò un articolo .dell'impenitente Reichsbot che se la prende col Governo cui rimprovera, in tesi generale, la sua politica troppo remissiva verso l'estero, si può affermare che l'impressione generalmente prodotta in Germania dalla lettera Berchem è stata buona.

Fra i commenti varii che ho letto sull'argomento, più degno di nota parmi quello pubblicato dalla Kreuz Zeitung nella consueta rivista ebdomadaria della politica estera. Ne trasmetto qui unito il testo'·

V. E. rileverà che l'organo dei conservatori prussiani, di quel partito appunto che si è in passato distinto per la violenza dei suoi sentimenti antiinglesi, comincia a mutar registro, e prendendo argomento dal discorso conciliante pronunziato di recente a Fulham dal novello primo ministro britannico, si applica a dimostrare che, in fin dei conti, non esistono serie cause di divergenza fra le due più grandi Nazioni protestanti del mondo, le quali hanno invece ogni buona ragione di vive

31 I Non si pubblica.

28 re nei termini più cordiali. L'articolo della Kreuz Zeitung contiene anche un accenno al rinnovamento della Triplice Alleanza ed ai molteplici e reali servigi che, nel decorso ventennio, quel patto internazionale rinforzato da una sincera intesa con l 'Inghilterra, ha reso alla pace europea.

Se la maggioranza della stampa germanica seguirà o no i consigli che il Governo con tutti i mezzi di cui dispone, si studia di dare, sembra prematuro di affermare. In ogni caso un passo significante si è già fatto verso la buona via. Nell'interesse generale, giova sperare che gli sforzi simultanei da parte di eminenti personalità tedesche, ricevano in Inghilterra l'accoglienza che meritano, e valgano a mitigare, se non a distruggere del tutto nel popolo inglese, gli incresciosi ricordi delle passate ostilità.

32

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1242/448. Berlino, 25 luglio 1902 (per il 29).

Neli'odierno numero della Gazzetta di Colonia, sotto la rubrica Der Dreibund, è comparso un breve articolo che mi par degno di essere segnalato aii'E.V., come quello che tradisce apertamente la sua origine ufficiosa.

Ho pertanto l'onore di trasmetterne qui unito il testo, e mi permetto di attirare in modo speciale l'attenzione della E.V. sul passaggio seguente che trascrivo qui appresso in traduzione letterale:

«Non ignoriamo che da una parte che sta fuori della Triplice Alleanza si sono fatti sforzi per introdurre cambiamenti nel trattato. Questi sforzi però sono andati completamente falliti, ed il Trattato della Triplice ha oggi il medesimo testo, il medesimo significato politico che aveva il giorno in cui fu conchiuso, cioè, le Potenze della Triplice sono tenute a prestarsi reciproca assistenza con tutte le forze militari, al verificarsi di certe date possibilità. Tanto poco questo trattato venne considerato quale una trappola, durante i venti anni decorsi, altrettanto poco esso lo è ora, malgrado i perseveranti tentativi che attualmente si fanno per spogliarlo del suo significato. Siccome esso era, così rimane, dopo al pari di prima. Se e quali convenzioni militari esistano oggi, noi non sappiamo. Accanto al significato politico del trattato il quale, come è stato già detto, implica in certi dati casi il pieno appoggio militare reciproco, le convenzioni militari non hanno altro significato se non quello di misure tecniche militari. Che tali misure, in considerazione delle mutevoli esigenze militari vengano nel corso degli anni cambiate e in parte anche abbandonate, dipende da una serie di ragioni militari, e non ha influenza di sorta sulla portata del trattato e sulle conseguenze militari che potrebbero, in certi dati momenti, dal medesimo scaturire. Ciò che era e che rimane la cosa essenziale è che le Potenze della Triplice Alleanza sono obbligate ad appoggiarsi reciprocamente.

Il come, si vedrà bene in un'epoca di cui noi non speriamo né in oggi antivediamo l'inizio».

33

L'INCARICATO D'AFFARI A COSTANTINOPOLI, CARLOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 688/264. Therapia, 25 luglio 1902 (per. il 31).

Facendo seguito al mio rapporto del 21 corrente, n. 6 77/2581, col quale riferivo all'E.V. la comunicazione fatta alla Sublime Porta dall'ambasciata di Russia circa gli inconvenienti del soverchio concentramento di truppe in Macedonia, ho l'onore d'informarla che pochi giorni appresso anche l 'ambasciata d'Austria-Ungheria richiamò l'attenzione del Governo imperiale su questo argomento.

Mi consta inoltre che le ambasciate di Russia e d'Austria-Ungheria hanno di comune accordo consigliato il sultano di adottare d 'urgenza speciali provvedimenti d'ordine giudiziario ed amministrativo atti a migliorare la situazione nei vilayet di Salonicco, di Monastir, di Janina e di Cossovo. Non si tratterebbe già di vere e proprie riforme ma bensì di semplici correttivi dell'attuale regime particolarmente diretti a mitigare le asprezze fiscali, a rendere più effettiva la parità di trattamento dei musulmani e dei cristiani da parte dei giudici e dei collettori d'imposte, a moderare l'invadenza della polizia, alla quale i tribunali stessi non sanno sottrarsi e ad accordare maggiori poteri ai valì perché possano più prontamente provvedere ai bisogni immediati senza ricorrere volta per volta al Palazzo, ove ormai si è concentrata la somma di tutti gli affari, per tenue e futile ne sia la loro portata.

In seguito a questi suggerimenti pare che il sultano abbia incaricato il gran vizir, il ministro degli affari esteri ed il ministro dell'interno di studiare e proporre misure nel senso sovraindicato, riservandosi l'esame e l'approvazione dei loro progetti.

Su queste pratiche delle ambasciate di Russia e d'Austria-Ungheria venne fino ad ora mantenuto il silenzio, tanto che i miei colleghi ne ignoravano l'esistenza, ma avendovi accennato in via di discorso in una conversazione col barone di Calice, ho potuto attenerne la conferma senza che mi sia riuscito però di aver più precisi e dettagliati ragguagli di quelli esposti più sopra.

Riservandomi di comunicare le ulteriori informazioni che mi sarà dato di raccogliere in proposito, stimo frattanto opportuno di attirare l'attenzione dell'E.V. più che sull'importanza intrinseca delle pratiche austro-russe, del cui risultato v'ha luogo a dubitare, sulla preoccupazione che le ha inspirate e che sembra giustificata dalle notizie provenienti da quei vilayet e specialmente da quello di Monastir, le quali dipingono la situazione del paese non certo come allarmante per ora, ma come anormale e peggiore di quella che si è soliti di riscontrare in questa stagione.

33 l Non pubblicato.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1154. Roma, 26 luglio 19021.

La stampa italiana, francese ed austriaca insiste sopra pretesa iniziativa della Russia per promuovere accordi tra varie Potenze onde combattere i trust e sovra pretesa iniziativa comune della Russia e dell'Austria-Ungheria per promuovere dal sultano riforme in Macedonia. Quando fui a Pietroburgo né Witte, né Lamsdorff mi fecero alcun accenno a questo argomento, ritengo quindi si tratti delle solite fandonie giornalistiche. In ogni modo prego VE. appurare se vi sia in essa qualche fondamento di vero e te1egrafarmelo2.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 36000/314. Roma, 26 luglio 1902.

Segno ricevuta all'E.V del rapporto n. 374 in data 19 1ug1iol, circa la discussione del bilancio degli affari esteri alle Camere dei Comuni e dei Lords.

Mi compiaccio delle dichiarazioni amichevoli pronunciate da lord Lansdowne ail'indirizzo dell'Italia. Riguardo però alla quistione tripolina, giusta il testo del discorso che ho fra mani, debbo notare che codesto signor ministro fu meno categorico di quello che sono le assicurazioni forniteci per iscritto. Ciò tanto più che lo stesso lord Lansdowne, come VE. ben sa, aveva consigliato di rispondere con un semplice sì alla interpellanza mossaci dal deputato De Martino2.

36

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 36003/862. Roma, 26 luglio 1902.

Circa le dichiarazioni fatte addì 3 luglio alla Camera francese da codesto ministro degli affari esteri, le quali formano oggetto del rapporto n. 884 del 5 cor

2 Per la risposta di Morra cfr. n. 44.

2 Sui precedenti cfr. serie III, vol. VI, n. 334.

rentel, mi riferisco al mio dispaccio n. 865 di ieri2.

Pigliando cognizione, come scrissi all'E. V., delle dichiarazioni che il signor Delcassé intendeva fare alla tribuna ed approvandole in precedenza, implicitamente lo autorizzai a pronunciarle. A tal riguardo ed a maggior chiarimento di V.E. aggiungerò che ciò feci, poiché già avevo avuto occasione di avvertire gli ambasciatori di Germania e di Austria-Ungheria delle dichiarazioni da me fatte, col mezzo di V.E., a codesto signor ministro3 e di riportare dai medesimi completa approvazione.

34 l Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

35 l Cfr. n. 26.

37

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 36007/865. Roma, 26 luglio 1902.

Ho letto con singolare interesse quanto V.E. mi riferì in data 4 luglio n. 8801, circa l'accoglienza fatta dalla opinione pubblica in Francia all'annuncio della Triplice Alleanza rinnovata, e circa le dichiarazioni del signor Delcassé in risposta alla interrogazione del deputato signor Chastenet.

Le dichiarazioni del ministro degli affari esteri della Repubblica, delle quali ebbi comunicazione dal signor Barrère alcuni giorni prima che venissero pronunciate, furono accolte con viva soddisfazione in Italia, e non sollevarono recriminazioni in Germania e nel!' Austria-Ungheria. Esse valgono altresì a suggellare una condizione di cose alla quale da lungo tempo io intendevo arrivare, a conciliare, cioè, apertamente la coesistenza dei buoni rapporti fra l'Italia e la Francia con la rinnovazione della Triplice Alleanza completamente pacifica e difensiva.

Dalle parole del signor Delcassé non possiamo trarre pertanto che argomento di sincero compiacimento.

38

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 36008/866. Roma, 26 luglio 1902.

Ho letto con particolare attenzione il rapporto dell'E.V., in data 5 corrente, sulle condizioni dello spirito pubblico costà in ordine alle relazioni

della Francia con la Germania'.

Ravvisando giuste le osservazioni che la E.V. mi ha esposte nella menzionata comunicazione, la prego altresì di continuare a verificare i sintomi dello stato d'animo di codesta Nazione i quali ella giudichi meritevoli di essermi segnalati.

In argomento poi alle relazioni franco-germaniche ritengo però che sin quando durerà la Duplice Alleanza, la rivincita rimarrà nella politica francese allo stato di sentimento platonico, almeno per lungo tempo salvo avvenimenti impreveduti ed errori imprevedibili della Germania.

36 l Cfr. n. 12. 2 Sic, ma allude evidentemente al n. 37. Tale dispaccio era stato redatto il 22 luglio e il presente documento il 23 luglio. Entrambi furono poi spediti con data 26 luglio. 3 Cfr. serie III, vol. VI, n. 504. 37 l Cfr. n. IO.

39

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1410/12. Tripoli, 27 luglio 1902, ore 7,50 (per. ore 10,35).

Squadra italiana ha scambiato al suo arrivo saluto regolamentare colla città. Venerdì ammiraglio, da me accompagnato, fece visita ufficiale al governatore generale ed al comandante in capo delle truppe che gli usarono ogni riguardo facendogli trovare schierato drappello d'onore con musica. Sabato autorità locali restituirono visita bordo «Sicilia» e furono salutate con diciannove colpi di cannone. Ufficialità, equipaggio liberamente circolano città, nessun incidente finora. Impressione prodotta arrivo squadra fu varia: autorità locali dapprima fortemente agitate andarono in seguito rinfrancandosi non appena poterono constatare contegno pacifico rr. navi. Visita amichevole ammiraglio tolse in ultimo ogni dubbio cosicché governatore generale credette doverlo ringraziare per l'onore fatto al Paese visitandolo. La popolazione indigena ed i capi arabi a noi devoti grandemente impressionati potenza nostre navi da guerra finora ad essi sconosciuta sono convinti che da noi si preludi ad avvenimento politico. Temo però nostra inazione sarà cagione che gli interessi italiani in Tripolitania scapiteranno dopo la partenza squadra. È da prevedersi infatti una recrudescenza di mal volere verso noi da parte della autorità ottomana che cercherà alienarci simpatia e fiducia degli arabi dimostrando Italia devota amica Turchia. Occorre pure non perdere di vista che la Francia va ogni giorno più procacciandosi influenza commerciale nell'hinterland tripolino, e che ove la sua azione continui indisturbata questa provincia sarà per noi semplice espressione geografica. Am

38 I Cfr. n. 13.

33 miraglio Palumbo condivide mie apprensioni e nel rapporto che dirigerà domani a Roma insiste per una sollecita azione conforme nostro interesse!.

40

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1412/13. Tripoli, 27 luglio 1902, ore 15,20 (per. ore 17,50).

Mi viene riferito essersi governatore generale espresso nel Consiglio provinciale amministrativo, del quale fanno parte notabilità arabe, nel senso che il R. Governo per cancellare cattiva impressione prodotta sulla Sublime Porta dalle pubblicazioni annessionistiche dei giornali politici della penisola, e per togliere ogni malinteso, ha inviato sua squadra per rendere doveroso omaggio ai diritti del sultano. Questa manovra del governatore generale diretta a dare all'invio squadra, che realmente ha missione pacifica, un significato di speciale dimostrazione filoturca, temo abbia a trovare largo credito nel Paese, neutralizzando quei tenui effetti che dalla visita delle nostre navi da guerra ci erano concessi ragionevolmente sperare. Mi hanno riferito pure avere governatore generale proibito musulmani VIsitare navi da guerra, disponendo apposito servizio di polizia.

41

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1413/14. Tripoli, 27 luglio 1902, ore 16.

Governatore generale ha partecipato oggi all'ammiraglio Palumbo avere avuto ordini telegrafici da Costantinopoli di dare, in nome di S.M. l'Imperatore,

34 ricevimento in onore della squadra italiana, chiedendo contemporaneamente ad ammiraglio se egli acconsentiva fosse fissata la festa per la sera di martedì. L'ammiraglio Palumbo declinò l'invito per essere martedì anniversario morte compianto re Umberto, dichiarandosi dolente esigenze servizio gli impedissero prolungare soggiorno squadra oltre la mattina di mercoledì. Domani sera do un ricevimento in consolato per la squadra con invito esteso pure al governatore generale maresciallo comandante navale ottomano.

39 l Si pubblicano qui due passi della relazione fatta da Palumbo sul viaggio (R. 583 P.R., datato Tripoli, 27 luglio 1902 e diretto al Ministero della marina): «Sinora agli arabi di Tripoli era fatto obbligo soltanto di tenere a disposizione del Governo una legione armata c montata, per la quale provvedevano essi stessi le armi e le cavalcature, restando così esenti dal reclutamento. Ora che il privilegio sta per finire, gli arabi metterebbero con entusiasmo le loro forze a disposizione di un conquistatore che garantisse loro il privilegio suddetto, che non troncasse loro ogni via di progresso, rispettasse e garantisse soprattutto le loro credenze e il libero esercizio dei loro riti. Attualmente l'entusiasmo è tutto per gli italiani; ma il nostro indugio e la nostra incertezza potrebbero gettare gli arabi in braccio di un'altra Nazione limitrofa, la quale pare mantenga segreti emissari in Tripolitania per distogliere le preferenze dall'Italia e richiamare l'attenzione sul grado di benessere e di civiltà raggiunto in Egitto e in Tunisia, dove si fa notare che la religione e il culto di Maometto sono rispettati ... Se le intenzioni del Governo ... sono di occupare la Tripolitania, lo si faccia prestissimo, o non vi sarà più utilità di farlo. Se si vuole evitare la brusca investita della piazza con un'azione militare, sarebbe convenientissimo attenersi per ora al protettorato, attenendolo per via diplomatica, purché senza indugio ulteriore; assumendo l'amministrazione dello Stato, la occupazione graduale militare e l'amministrazione della giustizia, magari in nome del sultano, del quale, per soddisfare il partito tànatico religioso, potrebbe riconoscersi l'alta sovranità». (Da Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'esercito). Per la risposta di Prinetti cfr. n. 42.

42

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

T. 1156. Roma, 27 luglio 1902, ore 22,30.

Sono lieto buona condotta delle autorità ottomane verso nostra squadra1• Non divido preoccupazioni della S.V. Sarà sempre facile conservare simpatia e fiducia degli arabi dal momento che essi avranno ammirato la potenza nostre navi col far loro comprendere che Italia può prendere Tripoli quando vuole; quanto al malvolere delle autorità ottomane verso di noi non credo si manifesterà dopo partita squadra, del resto non sarei disposto a tollerarlo; appunto anzi per correggere loro attitudine poco benevola, mandai squadra. Infine, dal momento che azione francese è mantenuta fuori confini della Tripolitania, questa conserverà sempre suo valore attuale. Del resto occupazione Tripolitania in questo momento non è sul tappeto, né il rapporto dell'ammiraglio Palumbo, che la

S.V. annuncia, può farci mutare l'indirizzo generale della nostra politica2.

43

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1416115. Tripoli, 28 luglio 1902, ore 11,15 (per. ore 13,10).

Pervenuto telegramma di V.E. n. 11561. Suo contenuto ispirerà mia attitudine. Ho creduto opportuno dame comunicazione ammiraglio per sua norma, me

42 t Cfr. n. 39. 2 Per la risposta di Medana cfr. n. 43. 43 l Cfr. n. 42.

35 no ultimo inciso. Ho informato ammiraglio situazione difficile fatta in Tripolitania ai nazionali a cagione diffidenza, malvolere autorità locali e degli ostacoli che esse creano, o per ispirazione propria, o per istruzioni Sublime Porta allo sviluppo nostri interessi, rendendo indirettamente illusorio diritto di acquistare proprietà, ostacolando propaganda nostre scuole nell'elemento musulmano, soggiungevo come in ogni occorrenza azione delle autorità locali esplicantesi qui a mezzo velati ostacoli, avesse assunto Bengasi carattere vera e propria vessazione; informi caso Florio. S.E. Palumbo, nel manifestarmi sua intenzione di fare, in occasione visita congedo al governatore generale, amichevoli, ma ferme rimostranze in proposito, riservavasi a Bengasi di vedere quale speciale attitudine assumere verso quel mutessarif. Ritengo propositi ammiraglio, rispondenti vedute di V.E. opportuni come monito fatto autorità di avere a correggere loro attitudine verso di noi.

44

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1418115. Pietroburgo, 28 luglio 1902, ore 18,20.

Da quanto risultami dalla ambasciata austro-ungarica non fuvvi ultimamente con la Russia nessuna nuova intesa circa riforme Macedonia I.

45

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1421/16. Tripoli, 28 luglio 1902, ore 19,40.

I capi arabi delle tribù quaraglie, nostri amici, mi hanno fatto chiedere un colloquio per conoscere i sentimenti del R. Governo in risposta memoriale da essi presentato. Ritenendo opportuno di rassicurarli, feci segretamente convocare in locale privato, pregando ammiraglio assistere colloquio. Questo ebbe luogo con partecipazione cinque capi rappresentanti tribù menzionate nel memoriale, e unifor

44 I Risponde al n. 34.

36 mando mio linguaggio alle istruzioni verbali avute da V.E., ho fatto seguente dichiarazione verbale: «Italia ringrazia capi arabi sentimenti devozione espressi nel loro memoriale che fu assai gradito. Italia confida nelle offerte da essi fatte in nome delle loro tribù e tenà, a suo tempo, conto dei desideri da essi espressi. Come prova appunto dell'interesse e della simpatia che l'Italia prende alle tribù amiche ed al Paese, ha inviato una piccola parte della sua squadra come misura della sua potenza e della fiducia che le tribù devono avere nell'Italia. Il futuro essere in mani di Dio, né é concesso agli uomini precorrere gli eventi, dovere però i capi arabi essere persuasi che nessuna Nazione all'infuori Italia, occuperà Tripolitania; quando tempo sarà maturo Italia, che ha dato prove in Africa rispetto religione costumanze musulmani, si uniformerà anche in Tripolitania a quei sentimenti». Arabi furono commossi pienamente soddisfatti mia dichiarazione, rinnovando solennemente in presenza ammiraglio assicurazione loro immutabile fedeltà verso Italia. Aggiunsero che loro condizioni diventavano sempre più tristi per la guena spietata loro mossa dal governatore generale, cosicché pregavano che l'intervento nostro fosse sollecito, anzi immediato, offrendosi coadiuvare azione navi da guerra. Raccomandai loro calma, pazienza e nell'interesse soprattutto delle tribù, di non dare pretesto autorità locali per intervenire; conclusi che ad esse spettava vivere fiduciose in noi.

46

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA

T. 1163. Roma, 28 luglio 1902, ore 20.

Rispondo, d'accordo col mio collega della marina ai telegrammi nn. 13, 14, 151 della S.V. Ripeto che io prevedo assai diversa e migliore di quanto prevede la

S.V. la impressione che la visita della squadra lascerà nelle autorità, nella popolazione e nella colonia italiana di Tripoli. Non approvo quindi l'attitudine della S.V. in questa circostanza. L'invito giustamente declinato per il giorno anniversario della morte del re poteva benissimo essere accolto pel giorno successivo, e non reputo opportuno approfittare dell'occasione di questa visita della squadra per fare alle autorità turche le rimostranze cui V.S. accenna. Queste questioni sono trattate a Costantinopoli, a me basta che la squadra abbia visitato in forma ufficiale tutti i porti della Tripolitania e che le autorità turche abbiano dovuto essere larghe con essa di cordialità e di cmiesia2.

46 l Cfr. nn. 40, 41 e 43. 2 Per la risposta cfr. n. 50.

47

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI

D. 36206/391. Roma, 28 luglio 1902.

Segno ricevuta alla S.V. e la ringrazio del suo rapporto n. 440 in data del 21 luglio corrente l relativo ali 'articolo pubblicato dalla Gazzetta del popolo di Torino sotto il titolo «Un altro ambasciatore austro-ungarico che fugge l 'incontro di re Vittorio».

Ho preso conoscenza delle indicazioni da lei fornitemi a questo riguardo. So anche io che il signor Szogyény si è allontanato da Berlino in regolare congedo approssimativamente alla stessa epoca in cui egli suole recarsi ogni anno nei suoi possedimenti in Ungheria. Ciò non toglie però che sia vivamente desiderabile che egli si trovi costà nei giorni della visita del nostro augusto sovrano. E' necessario infatti tener conto anche delle esigenze della pubblica opinione, sulla quale certo farebbe cattiva impressione, se il signor Szogyény seguisse l'esempio del suo collega di Pietroburgo.

Il signor Szogyény del resto si recherà anche quest'anno di nuovo in Germania per assistere al pranzo che S.M. l'Imperatore Guglielmo suoi dare il 18 agosto in onore di S. M. l'Imperatore Francesco Giuseppe. Non dubito quindi che egli rimarrà al suo posto nei giorni in cui S.M. il Re farà la sua visita a codesta Corte.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI

D. 36207/392. Roma, 28 luglio 1902.

Segno ricevuta alla S.V. del rapporto n. 430 in data del 18 luglio correntel sul viaggio recentemente compiuto in Russia da S.M. il Re.

Il linguaggio corretto di codesta stampa, specialmente della più autorevole, non mi era sfuggito ed io me ne sono vivamente compiaciuto. Quali che siano, del resto, le elucubrazioni di alcuno di codesti giornali sul viaggio di S.M. il Re, è certo che il viaggio stesso non è tal fatto che abbia a produrre modificazioni nell'indirizzo generale della politica italiana.

48 l Cfr. n. 25.

47 l Cfr. n. 27.

49

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 103. Addis Abeba, 28 luglio 1902 (per il 4 settembre).

Quando, nel settembre dell'anno scorso, lasciai l'Etiopia e venni costì, autorizzato da V.E. e sollecitato da S.E. Martini, onde dar verbalmente conto della mia azione politica dal 1897 fino allora, e prendere col Governo accordi ed istruzioni circa la miglior linea di condotta politica da seguire con Menelik nella nuova condizione di cose creata dalla stipulazione del trattato che regolava definitivamente la frontiera fra l 'Eritrea e l 'Etiopia, e che, dandoci una nuova garanzia di pace, avviava la nostra politica verso più sereni orizzonti, le nostre relazioni con l'Etiopia erano migliori di quanto lo furono mai prima della guerra, ed ogni sospetto e diffidenza sulle nostre intenzioni, dissipati nell'animo di Menelik.

Alcune importanti questioni però rimanevano da risolversi, e benché il negus avesse riconosciuti i nostri diritti oltre la frontiera determinata, e proclamata la cordialità dei nostri rapporti, pure, le condizioni politiche interne dei paesi con noi confinanti del Tigré non erano tali da escludere la possibilità che gli incidenti fino allora lamentati su quella frontiera ancora si dovessero ripetere.

Qualche contestazione causata dalla incerta determinazione di alcuni punti della frontiera, poteva dare appiglio a tali incidenti. D'accordo con Menelik rimandammo la soluzione delle questioni pendenti al mio ritorno da Roma, quando pienamente edotto delle intenzioni del Governo, ne avrei avuto istruzioni in proposito. Tali questioni principalmente si riferivano:

l) Alla contestazione sorta per la frontiera fra Agamé ed Oculé-Cusai, in quel tratto che secondo il trattato del 1900 essa dovrebbe seguire il corso del Muna.

2) Alla contestazione sorta tra me ed il rappresentante inglese per la frontiera fra il Sudan e l'Etiopia, in quel tratto che secondo Harrington avrebbe dovuto seguire la linea Todluc-Maiteb.

3) Alla definitiva soluzione della questione riguardante il possesso di Lugh e la frontiera fra Benadir ed Etiopia. Oltre a tali questioni, altri problemi che gravemente ci interessano e pei quali già avevo iniziato un attivo e paziente lavoro con Menelik, rimanevavo sospesi, ossia: l) La protezione dei sudditi etiopici in Terra Santa. 2) Monopoli commerciali in Etiopia. 3) Ferrovia di Gibuti. 4) Pacificazione del Tigré. 5) Compimento della iniziata linea telegrafica tra Eritrea e Scioa. Il tenente Colli al quale lasciai la reggenza della legazione, era perfettamente al corrente della situazione e dei miei progetti: compito suo era di mantenere lo

statu quo nei nostri rapporti con Menelik, osservare la condotta dei rappresentanti esteri, e, senza lasciar dimenticare a Menelik le questioni pendenti, non prendere su di esse alcuna decisione, aspettando il mio arrivo. A lode del predetto distinto ufficiale non posso tralasciare di rilevare come questi abbia pienamente ed intelligentemente interpretata ed eseguita la consegna ricevuta, e mal corrisponderei al suo efficace e diligente aiuto, se non lo segnalassi all'E.V. Egli prontamente messosi al corrente della situazione e datosi ragione delle condizioni nostre in Etiopia ha potuto con tatto e tìne accorgimento mantenere inalterate le nostre relazioni di cordiale amicizia con l'imperatore e coi capi più importanti dell'Impero etiopico.

A Roma conferii con VE. ed ampiamente discussi con S.E. Martini sulle questioni suddette: ripartii per lo Scioa con direttive di massima verbali, ma senza nessun programma concreto sul da farsi; con la lusinga però, che, lasciando il Governo lo svolgimento della nostra azione politica alla mia iniziativa, ne sarei come per il passato confortato dalla sua fiducia ed approvazione. Degli avvenimenti di qualche importanza occorsi durante la mia assenza dallo Scioa, riferì direttamente il Colli a cotesto Governo, e nulla ho da aggiungere.

Al mio arrivo in Addis Abeba nel! 'aprile del corrente anno trovai la situazione immutata: nessun mutamento e avvenimento interno di qualche importanza era occorso: i nostri rapporti con Menelik ottimi, ed egli accolse con vera soddisfazione le lettere di Sua Maestà e del Governo, c con esse mi riuscì senza creare malumori di consegnargli la ratifica ministeriale del trattato del 1900. Le condizioni politiche ed economiche del Paese erano generalmente buone, e la tranquillità quasi ovunque: solo nel Tigré il malcontento, le lotte interne, e le ribellioni ali 'imperatore ed ai suoi capi, più accanite e numerose: l 'imperatore anche oggi non nasconde la sua preoccupazione e la sua impotenza a ridurre ali' obbedienza i tigrini: il Tigré è l'unica delle provincie del suo Impero che non solo non gli rende nulla, ma gli costa denaro, ed egli stesso sente che forse quello è il tarlo roditore della sua potenza.

Delle condizioni attuali del Tigré e degli avvenimenti che giornalmente vi si svolgono, VE. sarà più particolarmente edotta dal Governo dell'Eritrea.

L'incidente dell'Agamé e l'occupazione nostra di Adigrat nell'ottobre dell'anno scorso non lasciò nell'animo di Menelik alcun sospetto sulle nostre intenzioni, e l'arresto di degiac Agos ne è la prova.

La ricorrenza casuale della festa di S. Giorgio coll'inizio del digiuno di Pasqua, e la presenza in Addis Abeba dei più grandi capi di Etiopia coi loro soldati convenuti per discutere sulle più importanti questioni interne dell'Impero, aveva dato a Menelik l'occasione di celebrare con pompa tale solennità. Egli stesso dichiarò che intendeva con essa di onorare i morti e ringraziare il cielo della vittoria, ma nulla poteva esservi per noi di ostile ed offensivo: per non urtare la nostra suscettibilità nessun rappresentante estero e nessun europeo era stato invitato. I ministri di Francia e di Inghilterra avevano precedentemente dichiarato al reggente della nostra legazione che qualora fossero stati invitati, non avrebbero aderito ali 'invito.

Ras Tesamma e ras Uolde Ghiorghis che alla mia partenza avevo lasciato in Addis Abeba, al mio arrivo già avevano fatto ritorno nelle loro provincie: ras Makonnen invece, che avevo visto in Harar al mio passaggio, si trovava presso il negus.

I rappresentanti di Francia e d'Inghilterra mi avevano di poco preceduto. Il colonnello Harrington ancora nulla aveva fatto, attendendo, come da accordi presi a Roma, il mio ritorno. Il signor Lagarde continuava e continua tuttora la sua politica ostile all'Inghilterra ed a noi, con successo proporzionato ai mezzi che adopera: egli già si era affrettato di riferire al negus che le decorazioni etiopiche, che questi per mezzo mio aveva inviate ai nostri sovrani e ministri, erano state rifiutate.

Nell'enigmatica azione russa nulla di apparentemente mutato: era stato annunziato ed ancora oggi si attende l'arrivo del nuovo rappresentante. Alle questioni di Leontieff l'incaricato di affari di Russia rimane apparentemente estraneo, ma invece è palese l 'interessamento del Governo russo in quella faccenda, e le sue aspirazioni sulle provincie equatoriali.

Il signor Ilg ancora godeva presso l'imperatore e presso l'imperatrice la stessa fiducia ed influenza di prima, benché un fatto nuovo e di grande importanza fosse successo, nel quale egli era personalmente implicato.

A V.E. è noto come fin dal 1894, l'imperatore avesse accordato ai signori Ilg e Chefneux una concessione per la costruzione di una linea ferroviaria da Gibuti ali 'Harar ed allo Scioa: delle modificazioni apportate nel 1896 a tale concessione, mi pregio inviare copia a V.E. La stampa francese in questi ultimi anni molto si occupò della ferrovia di Gibuti e delle peripezie corse dalla società formata dai signori Ilg e Chefneux per la costruzione della linea, che, per deficienza di mezzi finanziari, minacciò lo scorso anno di cadere nelle mani di capitalisti inglesi, opportunamente spinti dal loro Governo, che si rendeva perfettamente conto del grave danno che la ferrovia di Gibuti avrebbe recato al commercio del Somaliland inglese. Fu allora che il Governo francese decise di intervenire: dell'intervento del Governo francese e della convenzione passata tra esso e la società V.E. è perfettamente edotta: con tale convenzione il Governo sovvenzionava la società, ma prendeva garanzie materiali tali che non solo lo rendevano padrone della ferrovia, ma creavano precedenti che avrebbero in avvenire gravemente compromessa l'integrità dell'Etiopia. Quando la notizia ufficiale dell'intervento del Governo francese e dell'approvazione già data dalla Camera alla convenzione colla società, giunse in Etiopia, Lagarde e Harrington già erano arrivati. Né l'imperatore, né llg erano stati in precedenza avvertiti né da Lagarde né da Chefneux de !l'intervento del Governo francese nella ferrovia: la notizia giunse a loro a fatti compiuti. Il signor llg, oltre ad essere personalmente leso nei suoi interessi, subito comprese quanto era grave la responsabilità che per tale atto cadeva su di lui, vero e col Chefneux solo concessionario della ferrovia di fronte all'imperatore: questi si diede immediatamente conto del pericolo che lo minacciava per l'intervento del Governo francese in tale concessione.

Quando io giunsi in Addis Abeba, Lagarde ancora non aveva presentato la decisione già presa dal Governo francese alla necessaria approvazione di Menelik.

Era mio dovere far presente all'imperatore quali gravi conseguenze sarebbero a lui derivate dall'accettazione di tale convenzione: poiché questa, oltre a stabilire in Etiopia una maggiore e reale influenza francese, pregiudicava per l'avvenire questioni e diritti territoriali che a noi pure interessano. L'Inghilterra ancor più direttamente e gravemente di noi ne sarebbe danneggiata. D'accordo quindi con Harrington, ed avendo llg per alleato, mi diedi accortamente a combattere il progetto francese, valendomi specialmente della fiducia personale accordatami dall'imperatrice che, più di ogni altro è vigile guardiana dell'integrità dell'Impero.

L'imperatore dopo aver ripetutamente richiesto al Lagarde di presentargli ufficialmente i termini della convenzione passata tra il Governo e la società, incaricò in forma fiduciosa e segreta me, Harrington ed Ilg, di concretare la risposta da dare al Governo di Francia. In tale risposta, consegnata al Lagarde, l'imperatore rifiuta di riconoscere la convenzione, dichiarando che soli concessionari della ferrovia sono i signori Ilg e Chefneux, che non riconosce ad altri alcun diritto, ed essi soli sono davanti a lui responsabili del mantenimento dei patti nella concessione stabiliti. Oltre a questo Menelik prometteva ad Harrington ed a me che non avrebbe presa alcuna decisione diversa senza aver prima chiesto il nostro consiglio.

In seguito al rifiuto di Menelik, Lagarde, che già si disponeva a partire per la Francia, rimase allo Scioa. Ilg ebbe autorizzazione di partire e l'incarico di riconfermare alla società il rifiuto di Menelik.

Finora qui non giunse alcuna notizia circa la condotta che il Governo francese intende tenere di fronte al rifiuto del negus: intanto da Gibuti mi informano che il primo versamento in denari, che il Governo avrebbe dovuto fare alla società per la continuazione del lavoro, non è stato fatto, ed in seguito a ciò i lavori furono sospesi.

Mentre si svolgevano i fatti che succintamente ho riferito a VE., unitamente ad Harrington fu discussa e risolta felicemente la convenzione per la frontiera fra il Sudan e l'Etiopia, e per la modificazione della frontiera fra l'Etiopia e l'Eritrea, come riferii ampiamente a VE. nel mio rapporto n. 82, in data 6 luglio 1 .

Harrington, subito dopo la firma della convenzione per il Sudan, partiva con ras Makonnen per Londra: a me era riuscito di persuadere Menelik, senza urtarne la suscettibilità, dell'inopportunità che ras Makonnen attraversasse l'Italia, e impedire che l'imperatore lo incaricasse o autorizzasse a visitare ufficialmente la Francia: non so se ras Makonnen accetterà l'invito che eventualmente potrà essergli fatto dal Governo francese; ad ogni modo la sua visita in Francia non potrà avere alcun carattere ufficiale poiché di ciò egli non fu incaricato né a voce né per lettera, da Menelik. Dell'importanza della visita di ras Makonnen in Inghilterra è ovvio io insista presso VE.: per la posizione che egli occupa, per l'influenza personale che egli esercita, per l 'ambizione che lo anima, egli è certo chiamato a giuocare una parte importantissima nei futuri avvenimenti d'Etiopia: è quindi logico supporre che il Governo inglese approfitterà della sua presenza in Londra per abbozzare e fors'anche stabilire, un programma per l'avvenire: non è possibile che noi possiamo rimanere estranei alla preparazione di esso, poiché fatalmente dovremo anche nostro malgrado rimanere travolti dalla sua effettuazione.

Dietro richiesta del ras, mi sono permesso telegrafare a VE. di raccomandarlo al nostro ambasciatore in Londra al quale egli, mi disse desiderava ricorrere per consiglio. Esaurite in tal modo le questioni che maggiormente urgeva condurre a termine, cominciai un attivo ma necessariamente lento lavoro per le altre.

Quando nel 1900 venne discussa in Addis Abeba tra Menelik e me la nuova frontiera tra l 'Eritrea e l 'Etiopia, dopo fissate le basi che stabilivano il rispettivo possesso delle provincie confinanti, secondo le istruzioni avute dal Governo, fu da me presentata all'approvazione di Menelik la linea di frontiera Mareb-Belesa-Muna. Tanto io quanto il negus nello stabilire ed accettare il Muna quale confine tra lo Scimezana e l'Agamé eravamo in piena buona fede convinti che tale appunto fosse il naturale confine tra quelle provincie, e ciò confermato dalle cognizioni che si avevano di quel territorio e dalle carte fornitemi dal Governo.

Firmato il trattato, giustamente il Governo dell'Eritrea pretese di prendere possesso del territorio a nord del Muna, occupato da gente di Agamé, e che per ragioni strategiche aveva speciale importanza. S.E. Martini mi incaricò di presentare al negus tale richiesta: ad essa subito si opposero gli agamiti dichiarando che tale territorio fino al torrente Endeli a loro appartiene, e che da noi stessi era stato nel passato riconosciuto quale territorio di Agamé.

Ad inasprire la questione sorsero gli incidenti relativi agli Omartù ed il malanimo di degiac Agos verso di noi. Giustamente ancora S.E. Martini, allarmato dai fatti successi lo scorso anno, che lo costrinsero alla occupazione di Adigrat, e dalla condotta tenuta dal nuovo capo di Agamé, pressoché consimile a quella di degiac Agos, mi sollecitò per risolvere al più presto tale questione, e mi inviò un rapporto relativo agli Omartù, compilato dal r. commissario dell'Oculé Cusai.

Essendo assolutamente impolitico ed impossibile pretendere ed ottenere da Menelik una immediata ed a noi favorevole soluzione relativamente a quel tratto di frontiera, e d'altra parte urgendo prendere per gli Omartù qualche provvedimento che valesse a scongiurare ulteriori incidenti, basandomi sul rapporto sopracitato inviatomi da S.E. Martini, d'accordo con Menelik stabilimmo:

l) Che la questione relativa agli Omartù, riferentesi specialmente a diritti di pascolo, fosse al più presto risolta dal residente dello Scimezana unitamente al capo di Agamé, mediante reciproche concessioni basate su diritti anteriori.

2) Per la questione del confine fra Agamé e Scimezana, saranno inviati sul posto delegati di entrambi i Governi; essi dovranno presentare le loro conclusioni ed in base a queste verrà da Menelik e da me risolta la vertenza.

L'imperatore intanto rinnovò a degiac Desta l'ordine di attendere le decisioni che da lui gli saranno comunicate. Contro il buon diritto delle genti di Agamé sta l 'interesse della difesa dell'Eritrea, ed io mi lusingo di ottenere da Menelik una soluzione che, troncando la questione a nostro favore, soddisfi pienamente i desideri del governatore dell'Eritrea.

Della questione di Lugh riferii a V.E. con rapporto n ... in data 26 giugno2; per essa non solo dovremo lottare contro il buon diritto di Menelik, ma pur anche contro le insaziabili aspirazioni inglesi; per ora nulla ho da aggiungere alla mia relazione.

Per la questione relativa alla protezione dei sudditi etiopici in Terra Santa, ho riferito a V.E. con rapporto n. 92, in data 22 luglio3.

49 2 Il numero manca. Il rapporto non è pubblicato nel vol. VI della serie III. 3 Cfr. n. 28.

B

Quando venni in Italia intrattenni VE. sullo sviluppo commerciale di Abissinia, e specialmente sui monopoli. Essi sono diretta conseguenza delle misere risorse commerciali del paese, e più ancora delle condizioni sociali di esso e delle attitudini personali dell'imperatore che fanno sì, che egli è il solo e vero commerciante in Etiopia. Già allora dissi che la concessione dei monopoli era inevitabile, e che sola difesa nostra era di accaparrarcene qualcuno. Ora forse è già tardi; essi ad uno ad uno cadono nelle mani di negozianti indiani che per ragioni di precedenza in Etiopia, per attitudini personali, per maggior conoscenza del paese, sono più adatti a questo genere di affari. Del resto tale questione non deve soverchiamente preoccuparci; poiché necessariamente l'imperatore dovrà presto comprendere che troppo grave è il danno che egli reca al suo paese di fronte al vantaggio immediato che egli personalmente ne ricava. La durata di tali monopoli è breve, e per ora nessun danno materiale a noi ne viene, poiché un solo commerciante italiano si trova in Etiopia, ed il Tigré per la sua posizione, non ne risente alcun danno. I monopoli già accordati da Menelik sono sulle pelli, sul sale, sul caffè; il più importante di tutti, e che minaccia di cadere nelle mani di negozianti indiani, è quello dell'abugiadit (cotonate): esso non fu ancora concesso, ma difficilmente Menelik saprà resistere alle lucrose offerte ricevute, e così anche questo genere su cui si basa si può dire il movimento commerciale in Etiopia, cadrà nelle mani di un solo, con svantaggio enorme degli altri negozianti grandi e piccoli, indigeni ed europei.

Delle condizioni interne del Tigré ho sommariamente accennato più sopra: esse sono tali che necessariamente un provvedimento energico e definitivo s'impone; finora nessuno dei sistemi esperimentati da Menelik è valso non solo a pacificarlo, ma neanche a dargli una parvenza di ordine e di governo. Il governo di ras Makonnen, se è servito a creare intorno a lui una certa aureola di popolarità anche in quella provincia, non è certo riuscito ad infondere nei tigrini il rispetto all'autorità di Menelik, e domare il loro istinto di ribellione.

Ras Olié assiste indifferente allo svolgersi degli avvenimenti: l'imperatore non sa decidersi a sostituirlo con un altro capo più energico e risoluto, e teme che nelle attuali condizioni tale provvedimento provocherebbe una rivolta completa. La nostra condotta di fronte al Tigré ci è chiaramente dettata dagli avvenimenti passati: nessun affidamento possiamo fare su vane proteste di amicizia tigrina, inconsulto sarebbe ogni atto di solidarietà con essi contro l'imperatore. Forti dei diritti riconosciuti da Menelik, alieni da ogni intrigo, dobbiamo attendere, vigilanti, prossimi avvenimenti, che forse si risolveranno con nostro vantaggio.

Con mio telegramma n. 76 in data 3 giugno4 informai VE. e S.E. Martini che l'antico entusiasmo del negus per vedere al più presto condotta a termine la linea telegrafica fra l'Eritrea e l'Abissinia, era scemato. Causa di tale raffreddamento erano le abili insinuazioni del Lagarde, sempre intento a scongiurare i pericoli che minacciano l'Impero etiopico, il malcontento dei capi tigrini per il lavoro a loro imposto dal negus, ed il sospetto infiltrato nell'animo di Menelik che la linea telegrafica servisse esclusivamente a noi per servizio di informazioni; tale sospetto era avvalorato dalla imprudente condotta del telegrafista di Macallé. I provvedimenti presi da S.E. Martini dissiparono malumori e sospetti nel negus, ed ora

ho fiducia che appena giunto il materiale inviato per la via Dancali, i lavori saranno sollecitamente condotti a termine dal signor tenente Bardi che si trova in Addis Abeba fin dal giugno ultimo scorso.

Approfittando della presenza del tenente Bardi, nella convinzione, non solo di fare cosa sommamente grata a Menelik, ma di stabilire un precedente che in avvenire potrebbe portare reali vantaggi morali ed economici al nostro paese, iniziai lo studio di una strada carreggiabile tra Addis Abeba ed Adis-Alem. L'imperatore mi pregò di procurargli a sue spese operai italiani per l'esecuzione di tale lavoro; e di ciò riferii a V. E. ed al governatore dell'Eritrea. S.E. Martini mi fu largo di parole lusinghiere per il fatto insperato che egli considera di suprema importanza, come vero inizio dell'evoluzione di queste regioni verso una civiltà più progredita, e giustificazione dell'opera che l'Italia vi compie e degli intenti che vi si propone. Egli tosto dispose perché il furiere maggiore Castagna partisse per lo Scioa ed in questi giorni ne attendo l'arrivo.

Circa il viaggio di abuna Mathios in Egitto ed a Gemsalemme già fin dal l o gennaio 1902 aveva riferito il Colli nel suo rapporto Informazioni n . ..S. Egli allora informava il Governo che, pur non risultandogli che tale viaggio potesse avere carattere politico, certamente ad esso non erano estranei gli intrighi dei mssi; la notizia dell'andata di abuna Matheos a Pietroburgo e le istmzioni di V.E.6 mi giunsero troppo tardi perché potessi in alcun modo adoperarmi per impedirla. Posso però asserire a V.E. che nessun ordine egli ricevette dall'imperatore in proposito né a voce né per lettera. A questi non fu possibile rifiutare la sua autorizzazione che l'abuna Mathios chiese per mezzo delle autorità inglesi del Cairo, né sa quale scopo possa avere la visita dell'abuna in Russia. Forse abuna Mathios spera sottrarsi, coll'appoggio del Sinodo msso, dal patriarca cofto d'Egitto, ma le mene dei mssi certamente non riesciranno a far riconoscere all'imperatore ed al clero di Abissinia alcuna dipendenza dalla chiesa mssa. L'imperatrice veglia: ed or sono pochi giorni intrattenendosi confidenzialmente con me sulle cose di Gemsalemme, in risposta ad alcune domande che le rivolsi circa il viaggio di abuna Matheos a Pietroburgo, riferendosi allo tzar capo della chiesa mssa, mi rispose: quel padre è troppo lontano, noi non abbiamo bisogno di lui.

49 l Non pubblicato.

49 4 Recte 6 giugno. Cfr. serie III, vol. VI, n. 524.

50

IL CONSOLE GENERALE A TRIPOLI, MEDANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1430118. Tripoli, 30 luglio 1902, ore 7,05 (per. ore 9).

Ricevuto telegramma del 28 luglio, n. 11631. Duolmi aver avuto disapprovazione di V.E. Se nelle mie comunicazioni telegrafiche ho potuto errare circa preci

6 Cfr. n. 18, note 2 e 3. 50 I Cfr. n. 46.

45 se vedute di VE., però la mia attitudine verso le autorità locali fu sempre corretta, né l'avrei mutata senza istruzioni tassative di VE. Ieri l'ammiraglio fece visita di congedo al governatore generale, indi al maresciallo. Nessuno accennò alla condizione delle cose in Tripolitania. Ammiraglio ringraziò per la amichevole accoglienza ricevuta, reiterandosi dolente di non aver potuto accettare invito per ragione addotta. Valì, nel dichiararsi pur spiacente non aver potuto festeggiare ammiraglio, chiedeva se egli fosse rimasto contento del suo soggiorno, avendo avuto istruzione soddisfare suoi desideri. Ammiraglio traeva argomento per dire come unicamente fosse rimasto spiacente per l'inibizione fatta musulmani visitare rr. navi, e, concludendo, chiedeva governatore generale voler facilitare ammissione musulmani nostre scuole. Valì, mentre prometteva si sarebbe concertato con me su questo argomento, assicurava ammiraglio musulmani aver ricevuto veruna inibizione per visitare rr. navi. Colloquio improntato massima deferenza, cortesia.

49 5 Il numero manca. Il rapporto non è pubblicato nel vol. VI della serie III.

51

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATO 36553/447. Roma, 30 luglio 1902.

Segno ricevuta all'E.V. e particolarmente la ringrazio del rapporto n. 535, in data 22 luglio corrente! relativo all'attuale congedo del signor Szèigyenyi, ambasciatore d'Austria-Ungheria a Berlino.

Sono stato lieto di imparare che, secondo la dichiarazione fattale dal conte Goluchowski, l'ambasciatore di Sua Maestà I. e R. presso la Corte germanica farà ritorno al suo posto già prima che il nostro augusto sovrano giunga a Berlino. Io non ho dato per conto mio importanza alla assenza del barone von Aerenthal da Pietroburgo nei giorni della visita di S.M. il Re alla Corte russa: ma non si può negare che la cosa ha sollevato fra la stampa italiana e l'austriaca una di quelle polemiche che è opportuno evitare nell'interesse di entrambi i Paesi, e il barone di Aerenthal poteva pertanto prevederlo2.

Nel renderla informata di questo mio modo di vedere, per sua opportun·a informazione...

52

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 942/399. Londra, 31 luglio 1902 (per. il 7 agosto).

Ho ricevuto il dispaccio che VE. mi ha fatto l 'onore di indirizzarmi, in data

46 del. 26 luglio, n. 314', relativamente alle recenti dichiarazioni fatte alla Camera dei lords dal marchese di Lansdowne, sui rapporti del! 'Inghilterra coll'Italia e in ispecie sulle eventualità concernenti la Tripolìtania.

In esso l'E.V, pur esprimendo il suo compiacimento per l'amichevole linguaggio tenuto da questo ministro a nostro riguardo, rileva che esso fu, quanto alla questione tripolina, meno categorico di quello che lo fossero le assicurazione forniteci per iscritto, tanto più che lo stesso lord Lansdowne avea consigliato di rispondere con una semplice affermazione ali 'interpellanza annunciata lo scorso aprile sul medesimo argomento nella nostra Camera dei deputati.

Non avendomi VE. incaricato di tener di ciò parola al marchese di Lansdowne, ho creduto dovermi astenere dal parlargliene. Mi limito pertanto a sottoporle una considerazione che mi è suggerita dal raffronto tra i termini della dichiarazione inglese dell' 11 marzo u.s.2 e quelli adoperati dal ministro nel suo discorso.

Se non erro, l'osservazione di VE. deve riferirsi all'allusione circa la condotta dei due Governi nel caso di futuri eventi tali da alterare l'attuale status quo nel Mediterraneo, mentre non può sussistere dubbio quanto alla parte relativa alla comune intenzione di mantenere possibilmente quello status quo in conformità degli esistenti trattati. La frase della dichiarazione dell'Il marzo alludeva a quell' eventualità dicendo che: «Se, in un qualunque momento, si verificasse un'alterazione dello status quo, sarebbe suo scopo (del Governo inglese) che, compatibilmente cogli obblighi derivanti dal diritto europeo, tale alterazione avvenga in conformità degli interessi italiani». La frase corrispondente del discorso dice: «che qualora lo status quo venisse alterato, l'Inghilterra confida di trovarsi ad agire in cooperazione con l'Italia». Vi è luogo a ritenere che nell'intenzione del marchese di Lansdowne, le due sentenze si corrispondano in sostanza e l'interpretazione, che fu qui genericamente data alle sue parole, fu invero conforme a quel significato.

Quanto al non avere il discorso riprodotto i termini precisi della dichiarazione di lord Currie, credo poter ricordare, come risulta dal mio telegramma del!' 8 apriJe3, che anche allora, a proposito della interrogazione De Martino, il marchese Lansdowne avea suggerito di rispondere alludendo, solo genericamente ad un avvenuto scambio amichevole di idee, dal quale erano risultate assicurazioni per noi tranquillizzanti circa la Tripolitania.

Un'altra circostanza, infine, mi sembra spiegare quella certa differenza di forma da V. E. rilevata, ed è che i termini della interrogazione De Martino (chiedente se avessimo o no ottenuto dali' Inghilterra qualche assicurazione rispetto a T ripoli) si prestavano ad una semplice risposta affermativa. L'interrogazione di lord Spencer nella Camera dei lords era invece formulata come segue: «se il ministro fosse in grado di fare una dichiarazione intorno ai rapporti dell'Inghilterra coli 'Italia nel Mediterraneo»; e nello svolgerla, il nobile lord, alludendo ali 'annunciata intesa della Francia coll'Italia, chiedeva particolarmente al ministro di dissipare le preoccupazioni destate dalle conseguenze di tale intesa, la quale non doveva per nulla pregiudicare gli intimi e tradizionali rapporti che la Gran Bretagna ha grandemen

2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 234, allegato.

3 Cfr. serie III, vol. VI, n. 334.

te a cuore di mantenere coll'Italia. L'interrogazione, presentata in questi termini, invitava il ministro a rispondere, come egli fece, con l'insistere più che altro sul lato generale della questione delle amichevoli relazioni con l 'Italia4.

51 l Non pubblicato. 2 Con rapporto riservato del l o agosto, che non fu poi spedito, Nigra giustificava l'assenza di Aerenthal, dovuta al suo matrimonio, la cui data era stata fissata da tempo.

52 l Cfr. n. 35.

53

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A LIMA, PIRRONE

T. 1190. Roma, 2 agosto 1902, ore 18, 15.

Faccio passare per Pacifico due nostri incrociatori avviati Cina appunto onde trovinsi nei porti pemviani se e quando R. Governo crederà opportuno valersenei. Ciò per informazione di lei. Intanto ella potrà limitarsi dire essere a sua notizia che nostre navi toccheranno prossimamente codesti paraggi.

54

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A LIMA, PIRRONE

T. 1192. Roma, 2 agosto 1902, ore 18,35.

Se accertata responsabilità autorità militare nel fatto di Mollendol ella deve chiedere riparazione da parte di codesto Governo riservando ragioni per congrua indennità pecuniaria.

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 37179/90. Roma, 2 agosto 1902.

Mi pregio trasmettere, qui unita, a V.E. copia di un rapporto del r. ambasciatore a Parigi, in data 23 corrente! relativo alla recente visita di ras Makonnen a Parigi ed alle accoglienze che vi ebbe.

istruzioni sul linguaggio da tenere in seguito alla notizia da Buenos Aires dell'invio di una corazzata

per appoggiare l'azione della legazione in una vertenza col Governo peruviano per la tutela di privati.

no era stato ucciso dalle truppe nel corso di una dimostrazione cui egli era estraneo.

Come ella rileverà la visita di ras Makonnen ha avuto carattere ufficiale, e deve esser stata promossa dal signor Lagarde per facilitare un accomodamento tra Francia e Etiopia per la questione della ferrovia. E' notevole a questo proposito la circostanza che ras Makonnen da Parigi si è recato a Zurigo a conferire con l'ingegnere Ilg.

Riunisco insieme i due fatti: la visita ufficiale di ras Makonnen a Parigi, e la missione del'abuna Mateos a Pietroburgo per fermarvi l'attenzione della S.V in relazione alle notizie precedentemente comunicatemi da codesta legazione2.

52 4 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 64.

53 l Risponde al T. 1454/16 pervenuto alle 7 del 2 agosto con il quale Pirrone aveva richiesto

54 l Con T. 1453/15 pervenuto il 2 agosto Pirrone comunicava che a Mollendo un cittadino italia

55 l R. riservato 2283/976, non pubblicato.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 1194/43. Roma, 3 agosto 1902, ore 18,55.

Mi riferisco suo telegramma n. 601. Verso 20 corrente VS. riceverà lettera nove luglio che associazione Firenze per mezzo di lei dirige a monsignor Fiorentini. Voglia leggerla e rimettendola far comprendere chiaramente destinatario che buone disposizioni manifestate da associazione muterebbero se missione cercasse sottrarsi nostra protezione. Prego poi VS. indicarmi somma che a suo parere associazione potrebbe assegnare, come indennità definitiva e riservando modalità pagamento, alla missione dello Shan-si per soddisfarne le pretese.

57

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 4 agosto 1902.

Non le ho fatta, e non faccio né a lei né a nessun altro ambasciatore, alcuna comunicazione intorno al viaggio del nostro augusto sovrano a Pietroburgo, perché, come ella avrà facilmente compreso, malgrado tutte le fantasie giornalistiche, il viaggio non fu e non poteva essere che un viaggio di cortesia. Certamente fu per noi argomento di legittima e grande soddisfazione la cordialità intima, che si

56 I Cfr. n. 23.

49 è constatata fra i due sovrani, e l'accoglienza veramente affettuosa manifestata verso il re d'Italia e per conseguenza verso il nostro Paese; e considero questi elementi come utilissimi per l'avvenire della politica italiana; ma non è il caso nemmeno di accennare a intese politiche o commerciali che in questa occasione si siano conchiuse. Se ciò fosse avvenuto, non avrei mancato d'avvertirne i Governi alleati. Certamente di questioni commerciali e politiche si è discorso a Peterhoff tra il conte Lamsdorff e me, ma il discorso non fu e non poteva essere altro che una semplice conversazione. Quanto alle questioni commerciali, non è impossibile che da questa conversazione scaturisca in seguito qualche allargamento delle relazioni economiche fra i due Paesi; ma sarebbe oggi prematura ogni affermazione in proposito. Quanto alla politica, mi è stato aggradevole udire dal conte Lamsdorff manifestare propositi in generale sinceramente pacifici ed equanimi e, soprattutto riguardo alla penisola balcanica, ho udito con piacere da lui esprimere intenzioni, completamente conformi all'accordo austro-russo del 1897, non solo, ma benanco alle tendenze generali ed agli obiettivi della politica italiana in quella regione; politica cioè favorevole al mantenimento dello statu quo innanzi tutto, eppoi inspirata in ogni modo al più sincero disinteresse da qualunque aspirazione di diretto dominio I .

Se un giorno avrò occasione di vedere il conte Goluchowski, non mancherò di dirgli quanto può avere in ciò qualche interesse per lui; ma, ripeto, non mi parve proprio che nulla meritasse l'onore di formare l'oggetto ad una comunicaZione.

A questo proposito, per quanto probabilmente gliene avrà già parlato il barone Pasetti, se ha avuto occasione di vederlo, mi preme informarla, che il barone Pasetti nell'ultima visita che mi fece, prima di prendere il suo congedo, a proposito anche della visita di Sua Maestà a Pietroburgo e Berlino, mi espresse il desiderio, che si realizzasse quest'anno il mio incontro col conte Goluchowski, che non poté aver luogo lo scorso anno a causa della famosa gonfiatura di San Gerolamo2. Al barone Pasetti dissi che, non solo io non avevo alcuna difficoltà, ma ne sarei stato ben lieto, e nei due mesi di settembre ed ottobre ero prontissimo a recarmi ad incontrare il conte Goluchowski in quel momento e luogo che a lui fosse tornato pià gradito; e ciò confermo a lei pel caso che il conte Goluchowski o il barone Pasetti a lei ne parlassero3.

Se le notizie comparse su alcuni giornali, e che mi furono confermate anche da fonte solitamente bene informata, sono esaee, parrebbe che il principe Aladro Kastriota, che si atteggia a pretendente albanese, abbia realmente compiuta, or è una quindicina di giorni, la sua gita a Vienna e che ivi siasi incontrato col famoso Sarafoff, l'antico presidente del Comitato macedone di Sofia, allo scopo di

2 Su questa questione cfr. i documenti pubblicati nel vol. V della lii serie.

3 Cfr. n. 63.

50 combinare una azione comune in Macedonia e in Albania. Si aggiunge anche da alcuni che questo principe Kastriota sarebbe stato ricevuto dal conte Goluchowski col quale avrebbe avuto occasione di entrare in rapporti personali quando era a Bukarest.

A dir vero mi sorprenderebbe, che proprio a Vienna sotto le ali del Governo austriaco avvengano colloquii intesi a simili preparativi, e che, sia pure in omaggio ad antiche relazioni personali, il conte Goluchowski abbia consentito ad un simile ricevimento. Comunque a me interesserebbe essere fissato con precisione intomo alla esattezza o meno di queste notizie, anche per trame norma alla mia condotta nel caso, già preannunciatomi, di una non lontana venuta del principe Aladro a Roma, e per conseguenza sarò a lei gratissimo se potrà procurarsi queste informazioni e mandarmele4.

Richiamo ora la di lei particolare attenzione sui dispacci del marchese Carlotti5 che le perverranno stampati col presente corriere. Da essi appare che le notizie, diffuse ripetutamente nei giornali di mezza Europa, intorno ad una azione collettiva dell'Austria e della Russia per ottenere dalla Porta riforme in Macedonia e in Albania, per quanto molto esagerate dalla solita fantasia giornalistica, hanno pure un fondamento di vero, e che, per quanto modesta, questa azione comune dell'Austria e della Russia esiste.

A me sembra che in base alle stipulazioni contenute nel trattato della Triplice Alleanza, allo scambio di idee che ne precedettero il recente rinnovamento, nonché alle intese speciali esistenti tra l'Austria Ungheria e l 'Italia riguardo all'Albania, sarebbe equo che di questa azione intrapresa dall'Austria-Ungheria l'Italia fosse informata, ed anzi che essa fosse messa in grado di prendervi parte. Ritengo altresì che la nostra partecipazione, mentre sarebbe un elemento di più, e non trascurabile in questo momento, per indurre la Turchia ad acconsentire alle istanze, che ad essa si fanno, sarebbe anche un elemento conciliativo, che certo rafforzerebbe anziché indebolire la intesa dell'Austria-Ungheria colla Russia in questa comune linea di condotta.

È certamente lungi da me il proposito di qualunque attitudine inframmettente; ma se, come ritengo, ella condividerà il mio modo di vedere, affido al di lei tatto ed alla di lei esperiet1za il trovare il modo opportuno per ottenere quanto è giusto, senza esporci ad una risposta che potesse aver forma di rifiuto.

Si tratta evidentemente di cosa che ha una non lieve importanza per la politica italiana. Come ella certo comprende facilmente, si tratta di stabilire un precedente che per quanto piccolo, non potrebbe essere rinnegato in seguito e il momento mi sembra non dovrebbe essere cattivo per arrivarvi.

Le sarò quindi gratissimo se, ricevendo questa mia, vorrà adoperarsi in proposito, (salvo il caso che ella fosse di diverso avviso, nel qual caso la prego tele

5 Si pubblica quello del 25 luglio. Cfr. n. 33.

51 grafarmi con telegramma riservato le di lei diverse considerazioni) e mandarmene poi notizia telegrafica.

Sono stato lieto apprendere dal di lei rapporto6, che l'ambasciatore austro-ungarico a Berlino vi si troverà in occasione della visita del re. Per quanto non avesse ai miei occhi, alcun significato politico o di scortesia l'assenza del barone di Aerenthal da Pietroburgo, è pur sempre meglio evitare anche quelle apparenze, che possono prestarsi per parte di giornalisti non sempre di buona fede, a polemiche disgustose.

E così sono anche lieto che siano terminate e, speriamo, definitivamente le polemiche di questi ultimi tempi nella stampa austro-ungarica specialmente intomo alle famose convenzioni militari tra gli alleati. Sono lieto di essere riuscito in questa occasione a trattenere quasi completamente la stampa italiana dall'ingolfarsi in queste polemiche, ma certo fu rimarchevole che questa volta anche giornali serii come la Neue Freie Presse e il Pester Lloyd si unirono ai giornali minori, dei quali eravamo ormai abituati alla attitudine ingiustamente astiosa verso l 'Italia.

* Il tempo calmerà tutto questo, ed, a poco a poco, tutti si persuaderanno, come la politica italiana non presti il fianco a nessuna censura sotto l'aspetto della più perfetta correttezza e lealtà verso gli alleati, pure essendo riuscita a stabilire cordiali rapporti anche con la Francia e con la Russia; e che questa politica, se giova agli interessi italiani, giova anche notevolmente a quella causa della pace, che è pure un supremo interesse per tutti. E mi riuscì assai gradito un articolo magistrale del Fremdenblatt che or sono pochi giorni lealmente lo riconosceva7*.

PS. Riguardo alla azione austro russa a Costantinopoli, della quale più sopra le parlo, potrebbe anche darsi che si tratti solamente di una iniziativa dei due ambasciatori austro-ungarico e russo accreditati presso la Sublime Porta, come altre volte si è già verificato per piccole questioni, ma non vedrei anche in questo caso inconveniente che ad essi si associasse in consimili casi anche l'ambasciatore italiano.

55 2 Per la risposta cfr. n. l04.

57 l Sul colloquio con Lamsdorv Prinetti aveva scritto un promemoria citato da SEMPER, Prinetti e l'Austria-Ungheria, cit., p. 584, secondo il quale "Prinetti aderì alla proposta spontanea del conte Lamsdorff per un eventuale scambio di vedute con l 'Italia qualora possibili incidenti avessero a sorgere nei Balcani".

57 4 Con T. riservato 1476/22 del 7 agosto Nigra comunicò: «Conte Liitzow mi confermò che conte Goluchowski non ha accordato udienza ad Aladro, ma conte Liitzow, che è stato di lui collega in diplomazia, l 'ha veduto e mi disse, confidenzialmente, che non lo crede un pretendente serio né pericoloso».

58

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 1203. Roma, 5 agosto 1902, ore 18, 15.

Monsignor Fiorentini disse al dottor Di Giovanni che Governo francese promise dare esso 3.750.000 taels alla missione Shan-si, se questa ridomandi protet

57 6 Cfr. n. 51, nota l. 7 Il passo fra asterischi è ed. in SEMPER, Prinetti e l 'Austria-Ungheria, cit., pp. 582-583.

52 torato francese. Schiaparelli assicura, simile soluzione sarebbe disapprovata dal generale francescani, la cui azione viene svolgendosi secondo proposte associazione. Devonsi soltanto evitare brusche risoluzioni I.

59

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, DE MARTINO

D. RISERVATO 37738. Roma, 5 agosto 1902.

Mi son pervenuti i rapporti nn. 436 e 440 delli 31 luglio e l 0 agosto l in un con varj articoli di giornali elvetici, circa la ripresa delle relazioni fra l 'Italia e la Svizzera.

Colla presente poi mando a V.S. copia della nota verbale2 con la quale ho preso atto delle comunicazioni fattemi dal Governo imperiale, ed ho consentito alla ripresa delle relazioni con la Svizzera.

Da questo documento VS. vedrà come il presidente della Confederazione siasi impegnato ad applicare le leggi penali svizzere nel caso che eventualmente apparissero in avvenire articoli contenenti l'apologia del regicidio; è precisamente quello che egli aveva negato al cavalier Berti nel luglio 190 l, in risposta alla sola domanda che in argomento abbia formulato l'Italia. Di questa dichiarazione del signor Zemp è quindi naturale che il R. Governo sia soddisfatto, anche a prescindere da altri impegni che egli possa aver assunto.

E poiché il signor de Btilow ebbe la cortesia di fornirle spiegazioni, siccome ella riferisce, sulla interpretazione data dalla stampa svizzera al richiamo del signor Carlin, V.S. può dirgli ringraziandolo assai pel suo gentile interessamento che non ci preoccupano le chiose di codesta stampa sia che essa compiacciasi menar vanto, in termini generici, di vittoria nella soluzione formale della vertenza, sia che osservi il dottor Carlin essere stato richiamato per virtù di consuetudine in casi analoghi, sia infine che ravvisi nel trasferimento di questo diplomatico una promozione di carriera o di residenza.

Piuttosto non così potremmo rimanere indifferenti laddove troppo a lungo continuasse la asserzione esplicita e consona di parecchi fogli svizzeri e dell'officioso Bund non essersi nemmeno esaminata la quistione sostanziale che dié origine al conflitto, ed all'italia non esser stato dato alcun affidamento per l'avvenire.

2 Cfr. n. 29.

Vi sono anzi alcuni giornali svizzeri che hanno la audacia di affermare avere l'italia dichiarato esplicitamente di abbandonare le rimostranze che aveva fatte a proposito della impunità per le pubblicazioni del Risveglio.

Nel progetto di comunicato uguale per la stampa svizzera ed italiana che io proposi nel promemoria sopracitato e che venne dal Consiglio federale accolto io avevo appunto escluso ogni accenno a simili quistioni per un sentimento di riguardo che è facile a comprendersi, e così pure di fronte alla polemica fatta dai giornali svizzeri, volli che i giornali amici del Ministero si limitassero fin ora a ben limitate e molto riguardose difese. Onde è che non sarebbe male se si presentasse occasione opportuna a V.S., ringraziando il signor de Blilow come sopra ho scritto, e qualora egli mostrasse ancora di interessarsi a tutto ciò che potrebbe diminuire il buon risultato del suo intervento, di richiamare in via di amichevole conversazione la attenzione di lui sui mentovati articoli, notando che ove continuassero essi potrebbero costringerci ad uscire dal riserbo che ci siamo imposti finora e a ristabilire la esattezza dei fatti. Sarebbe insomma veramente desiderabile che in tutto ciò ogni rumore finisse e che nulla più sopravvenisse a dar nuovo alimento ad una polemica che oggi accenna a finire.

58 l Cfr. n. 69.

59 l Non pubblicati.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 12071. Roma, 6 agosto 1902, ore 19.

Ricevuti telegrammi 86, 87, 88 2 • Non fu accusato ricevimento telegramma

n. 7 P, in attesa annunciato suo rapporto non ancora giunto, e testo convenzione 15 maggio scorso4, ora solamente rimessoci da ambasciata inglese. Mi compiaccio risultato ottenuto. Ci mettiamo d'accordo con Governo britannico per ratifiche. Per concessione oltre Mareb, se sarà necessario, rassicuri Menelik che R. Governo la considera una impresa privata come quella ottenuta dagli inglesi, e che non ha fatto né farà comunicazioni alla stampa, alle cui esagerazioni non bisogna por mente. Prego inviarmi nuovo testo concessione fatta da Menelik a nome V.S. In conto pendenze finanziarie, versato un milione Bancaria milanese, e un milione Crédit Lyonnais. Senza conti ultimo trimestre 901 -902 non è possibile accertare rimanenza a credito Menelik. È necessario ad ogni modo ella ci invii subito elenco completo tratte da V.S. emesse per conto Menelik.

60 I Il telegramma fu trasmesso via Massaua.

2 Cfr. n. 24. Gli altri telegrammi non sono pubblicati.

3 Cfr. serie III, vol. VI, n. 477.

4 Cfr. Libro Verde 101, Documenti presentati dal ministro degli affari esteri (Prinetti), seduta del l O dicembre 1902, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1902, pp. l O -11.

61

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. URGENTE 785/189. Cairo, 6 agosto 1902 (per. il 12).

I due inviati del mahdi senussi, Hemeida ben Khalifa ed Obei Dallà menzionati nel mio rapporto di ieri n. 780/187' hanno fatto ricerca al loro ·giungere in Cairo del nostro impiegato Mohamed bey Elui pel quale dicevano

avere uno speciale incarico del mahdi loro capo.

Essi gli hanno detto che il mahdi senussi lo conosceva e lo sapeva ami

co del suo seguace Mohamed el Vasani e che li aveva incaricati d'invitarlo a

scrivergli circa le intenzioni dell'Italia per la Tripolitania e l 'attitudine che

questa Potenza, occupando la Tripolitania, avrebbe presa verso i mussulmani,

la loro religione, verso il senussi ed i suoi seguaci.

Siccome l'Hemeida ben Khalifa e l'Obei Dallà non ripartiranno per Koro

(Borku) che verso la fine d'agosto, ho incaricato Mohamed Alì di dir loro

che non darà la risposta che quando partiranno, ma di dire intanto ciò che

press'a poco la risposta conterrà: e cioè che, come ben lo mostra il fatto del

la recente visita della squadra italiana a Tripoli, l 'Italia altro non desidera che

evitare che le attuali condizioni di quelle regioni si mutino in di lei danno

con un'occupazione francese ed inglese e stimolare il Governo di Costantino

poli a migliorare l 'amministrazione di quel Paese: ma che qualora gli avveni

menti politici rendessero necessaria l'occupazione della Tripolitania da parte

dell'Italia il mahdi senussi poteva esser certo che l'Italia avrebbe portato il

massimo rispetto alla religione mussulmana al senussi ed ai suoi seguaci, la

sciando la più estesa libertà di culto, di altro non preoccupandosi che d'au

mentare, con una saggia amministrazione, la ricchezza del Paese ed il benes

sere dei suoi abitanti.

L'Hemeida ben Khalifa ed Obei Dallà sono rimasti soddisfatti di queste

risposte ed insistono perché Mohamed bey Alì le metta in iscritto con una

lettera da indirizzare a Sidi Ahmed el Rifi, segretario politico del senussi.

Non parmi sia da trascurare quest'occasione di mettersi in rapporto diretto

col senussi e, se il tempo mi fosse mancato, non avrei esitato per le istruzio

ni da V.E. inviate al marchese Salvago Raggi, ad autorizzare Mohamed Alì a

scrivere la lettera chiestagli dagli inviati senussiani. Ma poiché il tempo mate

riale di sottoporre la cosa all'E.V., prima della partenza dell'Hemeida, non mi

manca, ne riferisco in questo mio rapporto, con preghiera di farmi sapere se

le dichiarazioni più sopra esposte incontrano l'approvazione dell'E.V.2

61 I Non pubblicato. 2 Per il seguito della questione cfr. n. 98.

62

IL COMANDANTE IN CAPO DELLA FORZA NAVALE DEL MEDITERRANEO, PALUMBO, AL MINISTRO DELLA MARINA, MORINI

R. 5400. Bengasi, 6 agosto 1902.

Debbo ancora additare all'attenzione dell'E.V. l'opera dei missionari, che nel numero limitato di 7 padri e 2 frati laici, tutti italiani e per la maggior parte già militari del r. esercito, fanno immensa propaganda in pro' del! 'Italia in mezzo a queste popolazioni. E sebbene essi si trovino sotto il protettorato francese, ogni loro atto mira a tener alto il nome d'Italia e ad insinuarne il rispetto tra i nativi del luogo già male impressionati a suo riguardo per l'esempio poco lodevole che danno i nostri emigranti in gran parte assai miseri e non sempre di esemplare condotta.

Le popolazioni di queste coste ritengono che uniche e sole Potenze ricche e forti siano Francia e Inghilterra. Tale credenza trae in gran parte origine dalla occupazione della Tunisia e dell'Egitto, e dalle informazioni che da là pervengono sul grado di progresso e di civiltà e sul grande benessere che in breve tempo vi si è già raggiunto. Il lavoro dei missionari tende a dimostrare a queste popolazioni come l'Italia sia una Nazione che pari in potenza e civiltà alle due ora enunciate, può in breve tempo condurle allo stesso grado di civiltà e di benessere già raggiunto in Tunisia e in Egitto.

Essi si dedicano ad imprese la cui soluzione sembrerebbe impossibile e che pur tuttavia raggiungono a forza di stenti di lavoro e di sacrifici, avvalendosi ora delle attitudini professionali che ciascuno di essi aveva prima di ascriversi alla missione, ora del lavoro economico o addirittura gratuito che riescono spesso ad ottenere dai devoti, e finalmente ancora dell'obolo e della cooperazione pecuniaria dei cattolici benestanti. A Tripoli hanno fondato il loro convento accanto alla chiesa cattolica, i cui lavori architettonici furono in maggior parte diretti da uno dei padri un veneto. Ad Oms hanno iniziato la costruzione di un nuovo tempio cattolico, e a Tripoli quella di un orfanatrofio, in uno dei più bei siti dei dintorni della città; e tale edificio dovrà tra breve inaugurarsi. A Bengasi posseggono oltre alla chiesa, un magnifico ed esteso appezzamento di terreno, ridotto ad orto, nei pressi della località chiamata Berka.

I mezzi pecuniari di cui dispongono sono in fondo assai limitati.

Il Governo francese li sovviene con lire 20000 annue: ma essendo trapelata a Parigi l'opera in pro' dell'Italia da essi iniziata, sembra che il Governo della Repubblica intenda ora diminuire considerevolmente tale sussidio. Dal nostro Gover

no essi percepivano finora annualmente lire l 0.000 prelevate dai fondi segreti del Ministero degli esteri e pagate trimestralmente al padre Giuseppe Barrafranca, prefetto apostolico in Tripoli. Ma questi pagamenti subiscono oggi notevoli ritardi e corre voce che la somma stanziata sarà diminuita e forse anche del tutto soppressa.

Un simile provvedimento arrecherebbe enorme danno alla nostra influenza ed inutilizzerebbe tutto il lavoro finora compiuto dai missionari in nostro vantaggio. Sarebbe invece assai conveniente, lasciando intatta integralmente la somma di lire 10.000, corrispondere ai padri ancora qualche sussidio, oppure portare il sussidio stesso a lire 15.000 la qual cosa permetterebbe di fondare qualche scuola italiana alla quale più facilmente che a quella laica, interverrebbero i figli degli indigeni per la grande arte che posseggono questi missionari di cattivarsi le loro simpatie m paese.

Il mutessarif di Bengasi è in ottimi rapporti con essi e volle personalmente accompagnarmi quando, dopo avermi egli ricevuto assai amichevolmente col mio Stato Maggiore nella sua villa di campagna a Berka, mi recai a visitare l'orto dei frati, a cui ho più sopra accennato.

In conclusione reputo mio dovere di segnalare al R. Governo l'opera utilissima di questi padri in pro' della nostra causa; opera che sotto ogni rapporto sarebbe dannosissimo il trascurare e che merita invece di essere appoggiata con ogni mezzo come quella che ridonda interamente a vantaggio del nostro credito e del nostro Paese.

62 l Da Ufficio storico della marina militare.

63

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO PERSONALE .../231. Vienna, 9 agosto 1902.

Goluchowski tornerà a Vienna tra il 10 ed il 12 settembre. Se V.E. crede che un incontro con lui2 possa aver luogo a quella data, io tenterò di prepararlo per Zurigo o altra località lungo il percorso da Parigi a Vienna. Io credo che un tale incontro sarebbe utilissimo, anzi necessario specialmente per lo scambio d'idee sugli affari balcanici. Prego V.E. di farmi sapere le sue precise intenzioni e segnatamente se la data ed il luogo, cioè Zurigo, le convengono, come sono quasi certo che converrebbero a Goluchowski3. Ho intrattenuto confidenzialmente Lutzow nel

2 Cfr. n. 57.

3 Per la risposta cfr. n. 70.

57 senso preciso di quanto V.E. mi scrisse4 sulla visita del re in Russia, beninteso senza dare al mio colloquio il carattere di una comunicazione. Ltitzow riferì all'imperatore le mie parole cioè quelle di V.E. e mi informò oggi che l'imperatore ne aveva avuto ottima impressione.

63 l Il telegramma non è stato registrato in arrivo.

64

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 38425/338. Roma, 10 agosto 1902.

Ho letto con particolare interesse il rapporto di V.E., in data 31 luglio scorso

n. 3991, sulle dichiarazioni del marchese di Lansdowne riguardo alla Tripolitania.

Mentre approvo l'E.V. per essersi opportunamente astenuta dal partecipare a lord Lansdowne le osservazioni da me accennate nel dispaccio del 26 luglio2, debbo pur tuttavia confessare come io ravvisi nelle parole del ministro di S.M. Britannica una soverchia preoccupazione di non dire cosa che possa dispiacere alla Sublime Porta o lasciar supporre eventualità per l'avvenire.

Onde è che la impressione che riportai dal discorso perdura non pienamente gradita, soprattutto, in confronto allo atteggiamento assai più esplicitamente amichevole della Francia. Ciò s'intende solo per norma di linguaggio di V.E.

65

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRTNETTI

R. 108. Addis Alem, 10 agosto 1902 (per. il 19 settembre).

Mi pregio accusare ricevuta del dispaccio n. 79, riservato, in data 8 luglio corrente anno' .

Quanto scrive il nostro r. ambasciatore in Parigi relativamente a notizie riferentesi alla ferrovia Gibuti-Harar e raccolte dal New York Herald e quanto segnala con l'articolo del Novoe Wremia l'ambasciata di Pietroburgo è quasi tutto vero, però sarebbe desiderabile potere avere anche notizie direttamente dall'ambasciata di Parigi per conoscere quali sono gl'intendimenti e le determinazioni prese dal Governo della Repubblica.

2 Cfr. n. 35.

Io, nel rapporto -informazioni politiche -inviato a V.E. il 3 agosto corrente, n. l 03 di protocollo2 ho avuto l'onore di esporle quanto qui ho fatto relativamente alla questione di cui è oggetto la presente e da esso avrà rilevato il vero stato presente delle cose in Etiopia.

A me però occorre subordinatamente chiedere all'E.V. che cosa intendiamo fare e quali debbono essere i nostri obbiettivi, giacché senza precise direttive di cotesto Governo finirei o per restare in una dannosa inerzia o per assumermi delle gravi responsabilità, che mi sarebbero in seguito addebitate, qualora non riuscissero conformi ai desideri di V.E.

Ciò che fino ad oggi mi era possibile fare, credo di averlo con sufficienti buoni effetti ottenuto. Mio scopo è stato quello di mantenere lo statu quo facendo rifiutare a Menelik qualsiasi innovazione; ma se, per togliere alla Francia troppa indiretta ingerenza sugli affari di Harar, abbandoniamo questi completamente alle potenti ed efficaci risorse dell'Inghilterra, saranno ugualmente protetti i nostri interessi? Io questo devo ignorarlo perché finora nessuna istruzione mi è stata data circa i limiti e la specie dei nostri comuni interessi con l 'Inghilterra e circa i termini ed il genere dei nostri interessi per I'Harar.

Intanto, siccome sia da parte del Governo di Francia come da quella del Governo britannico ferve un lavoro continuo ed attivo, che, necessariamente, fra poco dovrà in qualche maniera positiva esplicarsi, sarebbe urgente per me conoscere bene e presto le direttive del lavoro, che VE. vuole sia qui compiuto.

In attesa di esse, procurerò, per quanto mi è possibile, mantenere l'imperatore fermo nelle determinazioni fino a tutt'oggi prese3.

63 4 Cfr. n. 57.

64 l Cfr. n. 52.

65 l D. 32904/79, non pubblicato.

66

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1489/67. Londra, 11 agosto 1902, ore 9,51 (per. ore 13,45).

Allo scopo di sollecitare operazioni contro il Mullah, autorità militari Inghilterra contemplano progetto di diversione dalla costa, facendo sbarcare alcune centinaia di uomini ad Illig nel nostro protettorato. Mentre questo progetto rimane subordinato alle circostanze e ad un nostro ulteriore assenso, marchese di Lansdowne mi prega chiedere se il R. Governo avrebbe obiezioni a che una nave da guerra inglese si recasse, frattanto, visitare costa presso Illig, unicamente per esaminare se quella eventuale operazione sarebbe ivi conveniente e, con riserva, ben inteso, di farne poi oggetto di una speciale domanda, in caso affermativo!.

3 Per la risposta cfr. n. 120.

66 I Per la risposta cfr. n. 79.

65 2 Cfr. n. 49, in realtà del 28 luglio.

67

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, CARLETTI

D. 38643/125. Roma, 11 agosto 1902.

Il 2 ottobre giungerà a Giaffa sul piroscafo «Indipendente» della Navigazione generale, sotto bandiera italiana, un pellegrinaggio avviato alla Terra Santa e presieduto da Sua Eminenza il cardinale Ferrari arcivescovo di Milano.

A conferma solenne ed evidente del nostro diritto di protezione religiosa dei connazionali in Oriente, la S.V. vorrà pertanto recarsi in forma ufficiale a ricevere il pellegrinaggio, tributando al cardinale gli onori dovuti alla alta sua dignità riconosciuta pari a quella di principe del sangue. Ella vorrà porsi a disposizione di Sua Eminenza per quanto possa occorrerle nel suo soggiorno costì, ed impartire gli ordini occorrenti agli ufficiali consolari a disposizione di codesto r. consolato generale per il ricevimento nel percorso I.

68

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 992/421. Londra, 13 agosto 1902 (per. il 17).

Oggi nel ricevimento diplomatico settimanale il marchese di Lansdowne mi ha detto che giusta dispacci del colonnello Swayne in data 4 e 5 corrente, giunti al Foreign Office l' 11, le operazioni militari contro il Mad-Mullah proseguono con successo, che molti dei suoi seguaci furono uccisi e presa gran quantità di bestiame e cammelli. Ma il nemico possiede fucili di cui sa fare perfetto uso i quali, con munizioni, sarebbero importati a Bandar Cassem; risulterebbe inoltre accertata la connivenza del sultano dei migiurtini nel commercio di armi e l'assistenza che esso presta al Mullah.

Sua Signoria quindi mi ha incaricato di portare ciò a cognizione del Governo del re e di pregarlo affinché, giusto il parere del colonnello Swayne, un'attiva sorveglianza sia da noi esercitata sulla costa del protettorato italiano nel paese dei migiurtini e che se ciò non basta i sambuchi vengano bruciati. Il cavaliere Sola sarebbe informato di ciò e d'intesa con le autorità britanniche.

Ho risposto che mi sarei dato premura di esporre a V.E. tali fatti e di esprimere i desideri del Governo inglese come col presente rapporto ho l'onore di fare; ho solo osservato che il traffico d'armi avrà, forse, potuto compiersi tutto al più ed in via assai limitata, per lo addietro; infatti dovevo ritenere, in base alle

67 I Cfr. n. 114.

informazioni che ha l'ambasciata, che una r. nave, il «Governolo» è presentemente in crociera sul litorale migiurtino per lo scopo appunto di vietare il contrabbando da guerra. A ciò lord Lansdowne ha replicato che sapeva come il nostro bastimento da guerra avesse dovuto ritardare la sua missione, a causa, se non rammentava male, di malattie a bordo. Egli poi mi ha rimesso, a titolo confidenziale, un memorandum che contiene con maggiori dettagli quanto mi ha detto. Ho l'onore di inviare, qui accluso, copia di tale documento'.

PS. In questo momento mi giunge il dispaccio 11 andante (n. 340)2 che si riferisce in parte a quanto fu detto nella conversazione di cui è oggetto questo rapporto, ne comunico subito il contenuto a lord Lansdowne. Ad ogni buon fine avverto che non ho trovato annesso a detto dispaccio la copia della lettera del capitano Cordeaux3.

69

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 565/120. Pechino, 13 agosto 1902 (per. il 26 settembre).

Ho ricevuto il telegramma di V.E. del 5 corrente' relativo al colloquio avuto da monsignor Agapito Fiorentini col dottor Di Giovanni dal quale risulta che il Governo francese avrebbe offerto alla missione dello Shan-si 3.750.000 taels purché essa ritorni sotto la sua protezione.

Monsignor Agapito non fece di ciò cenno alcuno con me. Mi spiego ora meglio la sua quasi completa indifferenza, che io attribuivo a considerazioni di un altro ordine, per la questione della indennità. Non so se debba credere che una siffatta offerta venga proprio da persona che possa impegnare il Governo della Repubblica o non sia piuttosto, come panni più probabile, il maneggio di qualche zelante fautore della protezione francese. Ma se la missione avesse fiducia nella immediata esecuzione di quelle promesse certamente il nostro svantaggio sarebbe grande.

Non so fino a qual punto una nuova sottomissione da parte della missione alla Francia potrebbe invalidare gli accordi corsi fra i due Governi. Se l'amichevole intesa stabilitasi su di codesta questione perdurasse e si potesse sorpassare questo momento difficile evitando un subitaneo distacco della missione, non dubito che in seguito, se l'associazione le darà, come ne ha preso l'impegno, continuati sussidi di una certa entità, si verrà ad uno stato di cose soddisfacente duraturo.

2 D. 38517/340, non pubblicato.

3 Per la risposta cfr. n. 79.

Non devesi però dimenticare il peso che ha per quei sacerdoti la preoccupazione dei voleri del Vaticano e non ripeterò mai abbastanza a questo proposito che per quanto possano essere a noi favorevoli le intenzioni del generale dei francescani e di Propaganda esse non avranno pei missionari alcun valore, se non saranno loro confermate dalla bocca di qualche loro autorità.

Intanto, allo stato del dissidio ogni brusca decisione essendo da evitarsi come Io osserva l'E.V, porrò ogni cura, nelle relazioni che mi occorre avere colla missione, ad evitare attriti e mi varrò di tutti i mezzi che mi saranno consentiti dalle circostanze per ricondurla a noi.

68 l Non si pubblica.

69 l Cfr. n. 58.

70

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Varallo Sesia, 14 agosto 1902.

Rispondo con qualche ritardo a VE. I essendomi trasportato qui colla famiglia fino al momento di andare a Berlino. Incontro col conte Goluchowski potrebbe benissimo aver luogo a Zurigo verso il l O o 12 settembre, come VE. suggerisce. Al mio ritorno da Berlino passerò alcuni (giorni) a Roma, poi probabilmente farò con mia moglie un'escursione in Svizzera, durante la quale mi recherei a Zurigo incontro a Goluchowski al suo passaggio. Così forse anche desterà minor rumore questo incontro del quale è meglio fino allora serbare il segreto per non aggiungere nuovi elementi alle inesauribili chiacchiere dei giornali. Prego VE. mandarmi a suo tempo esatte informazioni per fissare mio itinerario e gradirò anche sapere per mia norma se la contessa Goluchowski accompagnerà o no suo marito. Intanto mi interesserebbe assai avere, se possibile, da VE., evasione a quanto le scrissi nella mia lettera2 riguardo all'azione a Costantinopoli di cui vedo che i giornali continuano a parlare più o meno dovunque3.

71

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A VARALLO SESIA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Vienna, 15 agosto 1902.

Ringraziando la del telegramma di jeri I prego VE. di telegrafarmi se mi auto

2 Cfr. n. 57.

3 Per la risposta cfr. n. 71.

7I l Cfr. n. 70.

rizza a fissare il suo convegno con Goluchowski a Zurigo tra il l O e 12 settembre2. Importa che Goluchowski sia avvertito in tempo perché possa prendere le sue disposizioni per scegliere la via di Zurigo anziché quella dell'Orient Express. La contessa Goluchowski rimarrà in Francia per tutto l'autunno. Ben inteso il progetto d'incontro deve rimanere segreto. Quanto alla seconda parte del suo telegramma non posso risponderle subito, poiché a Vienna non c'è il ministro né l'imperatore. Credo che la cosa potrà regolarsi secondo il di lei desiderio nello scambio d'idee che avrà luogo su questo argomento tra lei e Goluchowski.

70 l Cfr. n. 63.

72

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, 1 AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

D. 39386/117. Roma, 15 agosto 1902.

Segno ricevuta alla S.V. della sua lettera riservata del 2 luglio scorso2 relativa alla attribuzione delle indennità chinesi alla missione dello Shan-si ed alla protezione che l 'Italia può esercitare sulla missione medesima. Tengo a farle innanzi tutto rilevare che le allegazioni del marchese Salvago Raggi circa il primo dei due punti della sua lettera non concordano con quanto ella mi riferisce averle detto il barone Romano ed il barone Vitale. Il marchese Salvago sostiene infatti che la richiesta di indennità venne inoltrata dal delegato della associazione di Firenze e che alla associazione stessa, l'indennità venne concessa per quanto fosse ben inteso che di tale indennità dovesse essere erogata a favore della missione dello Shansi la parte corrispondente ai danni che questa aveva patito. Già in altra occasione le ho fatto presente come non abbia a lodarmi della prudenza e del riserbo del barone Romano in tale questione, specie nei suoi rapporti con taluno dei missionari dello Shan-si. Vedo ora dalla sua lettera che il barone Romano continua in apprezzamenti ed affermazioni da cui dovrebbe bene astenersi. Ella vorrà quindi dirgli che io, una volta per tutte, attendo da lui che smetta di parlare inutilmente di cosa già definitivamente decisa in altro senso da quello che egli sembra sostenere.

Per quanto concerne la protezione italiana sulla missione è certo ed evidente che intervento di Propaganda in senso a noi favorevole, sarebbe di natura da sciogliere senz'altro la questione: è altrettanto certo ed evidente però che Propaganda non inviterà mai apertamente la missione a tenersi sotto la protezione italiana. Allo stato delle cose, l'unico mezzo per mantenere obbligati verso di noi quei missionari è quello di essere parchi ed oculati nello sborsare loro le indennità. Finché essi avranno denari da sperare da noi è logicamente prevedibile che non si sottrarranno alla protezione nostra.

Del resto tanto le cose che il profesor Schiaparelli mi ha comunicato in questi ultimi giorni sulla questione quanto anche le recenti notizie telegrafiche di lei mi fanno ritenere non lontano un accordo fra la missione dello Shan-si e l'associazione di Firenze.

71 2 Per la risposta cfr. n. 77. 72 I Questo ed altri documenti degli stessi giorni recano la firma di Prinetti che però non era a Roma ma a Varallo Sesia. 2 Cfr. n. 2.

73

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, DE MARTINO

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Varallo Sesia, 18 agosto 1902, ore 10,20.

Ho ricevuto qui, trasmessimi da Roma, suoi rapporti 12 e 14 corrente! riguardo conversazioni da lei avute con Bulow. La storia che Biilow fa dei negoziati non è molto lontana dal vero, ma incompleta; altrimenti suoi apprezzamenti, che anche così appaiono molto azzardati, diventano impossibili. Ella, quindi, ha fatto bene a riservare il modo di vedere suo e del R. Governo. Ma vista ora l'attitudine di Bulow, è inutile che V.S. parli nuovamente con lui di questo argomento; come pure V.S. deve astenersi assolutamente dal parlarne, anche in via confidenziale, con membri del Consiglio federale, o con funzionari svizzeri, o con chicchessia, per quanto suoi amici. Del resto non è mia intenzione creare difficoltà ad alcuno, e lo dimostra il testo, che io stesso proposi, del comunicato uguale, che fu fatto contemporaneamente nei due Paesi2. Se la stampa svizzera non avesse subito, in modo provocante, parlato della sconfitta diplomatica e della umiliante rinuncia dell'Italia ad ogni sua domanda, nessuna polemica sarebbe sorta. Spero che la polemica giornalistica sia ora al suo termine in Italia, e anche in Svizzera; ed io, nei limiti del possibile, continuerò, come ho fatto finora, a mantenermi nel più assoluto riserbo; ma se da parte della Svizzera mi si creeranno difficoltà, dovrò e saprò difendermi3.

74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, POLACCO

T. 1258. Roma, 18 agosto 1902, ore 12,20.

L'ambasciatore di Turchia mi ha manifestato preoccupazione della Sublime Porta per agitazione bulgaro-macedone, accennando a richiamo dei riservisti, alla

2 Cfr. n. 29, allegato.

3 Per la risposta cfr. n. 75.

64 convocazione dei comitati macedoni in Sofia ed alle manovre susseguenti alla commemorazione di Schipka, ed ha concluso chiedendo al R. Governo, come fu pure chiesto alle altre Potenze, di porgere al Governo principesco opportuni ammonimenti. Gli ho risposto non sembrarmi spettare all'Italia prendere iniziativa, ma che il rappresentante di Sua Maestà in Sofia ha già istruzioni generali e precise di unirsi ai suoi colleghi per quei passi che, nel senso desiderato dalla Porta, crederanno fare presso il Governo principesco.

73 l R. 1559/474 del 12 agosto e R. 1564/477 del 14 agosto, non pubblicati.

75

L'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A VARALLO SESIA

T. S.N. Berna, 18 agosto 1902, ore 17,40.

Ricevuto telegramma di VE. stamanel. Non mancherò uniformarmi istruzioni. Del resto non ebbi occasione discorrere noto argomento; ma jersera vidi Btilow, giunto da Interlaken, dopo avermi dato appuntamento per telefono. Egli aveva avuto comunicazione da Berlino che l'aveva rassicurato, circa sua evidente preoccupazione, che la sua propria responsabilità fosse implicata in un nuovo conflitto. Notai subito cambiamento sue vedute: dissemi che la nota dichiarazione presidente della Confederazione può costituire impegno morale; aggiunse che di ciò si sarebbe discorso all'arrivo di VE. a Berlino; che in eventuale divergenza, Germania, naturalmente, prenderebbe parte per l'Italia, amica e alleata; che però è sempre d'avviso che la dichiarazione presidente Confederazione non dovrebbe pubblicarsi per le note ragioni e perché non si avrebbe qui scrupolo smentire ...2 concluso: ritenere che se polemica continua, Governo imperiale pubblicherà comunicato, ma dopo passaggio S.M. il Re.

76

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERNA, DE MARTINO

T. RISERVATO PERSONALE S.N. Varallo Sesia, 19 agosto 1902, ore 0,35.

Sono lieto suo telegramma di oggi! nel quale ravviso probabile, anche buon effetto conversazioni avute a Roma, con incaricato di affari di Germania. Ritengo

2 Gruppo mancante. probabilmente "accordo".

65 ora che tutto si combinerà a Berlino completamente, essendo, come già le telegrafai2, mio proposito non creare difficoltà a nessuno, se non sarò da imprudenti dichiarazioni Consiglio federale costretto a difendermi. Intanto raccomando a Bema evitare discorsi in argomento.

75 l Cfr. n. 73.

76 l Cfr. n. 75.

77

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Varallo Sesia, 19 agosto 1902, ore 23.

In risposta al telegramma di VE. del I 5 corrente' autorizzala fissare mio convegno con il conte Goluchowski a Zurigo dal l O settembre in avanti da rimanere beninteso segreto fino ad allora. Procurerò intendermi con il conte Goluchowski seguendo i consigli di V.E. riguardo al mio desiderio di associare l'Italia all'azione austro-russa che si dice essere in corso a Costantinopoli per riforme Macedonia e Albania, dolente che per non destare polemiche non posso pregare

V.E. di assistermi come vivamente desidererei. Se V.E. in questo frattempo avrà modo di informarmi intorno alla esistenza reale di quell'azione ed ai suoi limiti e alla sua natura le ne sarò gratissimo.

78

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Varallo Sesia, 20 agosto 1902.

Ricevo lettera di V.E. del 18 corrente'. Nell'ultimo periodo ella formola precisamente quale sarebbe mio obbiettivo. Nulla di più che l'invito all'Italia di associarsi, se crede, ogni qualvolta l'Austria-Ungheria o sola o con altra Potenza stimi dovere dare consigli od esercitare un'azione diplomatica rispetto ai Balcani. Forse la mia lettera del 4 corrente2 non riuscì così chiara come avrei voluto. Ma

l'articolo di SEMPER, Prinetti e l'Austria-Ungheria, cit., p. 585. 2 Cfr. n. 57.

tale era mia intenzione e su questa base cercherò intendermi con Goluchowski, come ritengo ancora poter facilmente accordarmi con Lamsdorff. Abituare l'opinione pubblica del mondo politico a vedere l'Italia associata all'Austria-Ungheria ed alla Russia ogniqualvolta vi è una azione diplomatica da spiegare a proposito dei Balcani mi parrebbe sanzione di quanto i trattati già stabiliscono, che cioè l'Italia ha pur diritto a far sentire la sua voce nelle eventuali questioni balcaniche.

76 2 Cfr. n. 73. 77 l Cfr. n. 71. 78 1 Data la mancanza dell'Archivio Prinetti, questa lettera non è stata trovata. Cfr. in proposito

79

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

T. 1285. Roma, 22 agosto 1902, ore 20, 15.

Ho esaminato le domande delle autorità militari inglesi' circa sbarco ad Illig, blocco costa migiurtina, sequestro incendio sambuchi. Esse sono tutte molto gravi e la prima specialmente mi inspira molti dubbii: in ogni modo parmi poi che nella attuale situazione e per la esperienza del passato, siano inutili i provvedimenti isolati, e convenga studiare un programma organico di azione; tanto più che le nostre informazioni non concordano con quelle del colonnello Swayne circa alla provenienza delle armi del Mullah, e all'andamento della sua spedizione, mentre ci mettono in vivi timori per la colonia del Benadir, di cui tanto ci sta a cuore la tranquillità, che prima d'ora il Mullah non aveva mai minacciata. E per conseguenza propongo di tenere una conferenza alla Consulta nel prossimo settembre con Rennell Rodd o chi altro volesse designare il Governo britannico e alla quale potrebbero utilmente intervenire il cavalier Pansa, giacché travasi in Italia in congedo, e un rappresentante del mio collega della marina, per studiare la situazione e decidere cosa convenga fare. Prego la S. V. di comunicare quanto precede al marchese di Lansdowne, facendogli intendere che per questa nostra proposta egli non deve dubitare in alcun modo, sia divenuto meno vivo il desiderio del R. Governo di cooperare col Governo britannico a por fine alla agitazione del Mullah nel modo più efficace, purché compatibile con la nostra situazione in Somalia. A complemento di mie precedenti informazioni, le riferisco che missione punitiva «Governolo» è compiuta. Non è risultata confermata colpabilità Bandar Cassem e Bandar Ziade. Candala, che è lo scalo di Bandar Kor, sentendosi colpevole, tenne atteggiamento ostile, e fu efficacemente bombardata. Migiurtini si lagnano fortemente danni che affermano loro cagionati in averi e persone da spedizione inglese2.

2 Carignani rispose con R. l 075/459 del 5 settembre del quale si pubblica solo il passo seguente: «Il segretario di Stato crede sia prematuro di tenere una conferenza sino a quando non si abbiano più esatte notizie sulla presente situazione e sui possibili movimenti della colonna Swayne; tosto che tali notizie saranno pervenute mi promette una nuova comunicazione».

79 l Cfr. nn. 66 e 68.

80

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A VARALLO SESIA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Vienna, 22 agosto 1902.

Conte Liitzov è venuto ad infonnarmi che il principe imperiale di Germania ha annunziato il suo arrivo a Vienna per il 9 settembre per rendersi agli esercizi navali austro-ungarici ne li'Adriatico, e che per conseguenza Goluchowski dovrà trovarsi a Vienna l'8. Goluchowski desidera far sapere a VE. che egli è spiacentissimo di questo contrattempo che rende impossibile per ora il progettato incontro, ma che egli avrà il più grande piacere di cogliere più tardi un'altra favorevole occasione d'abboccarsi con VE.

81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A LIMA, PIRRONE

T. 1293. Roma, 23 agosto 1902, ore 19.

L'incrociatore «Umbria» sta per giungere a Callao e poche settimane dopo giungerà l'incrociatore «Calabria». Quando entrambe le navi saranno presenti la

S.V rinnoverà in termini stringenti, ma non eccessivi, le sue domande per affari Figallo e Mollendo, telegrafandomi l'atteggiamento e le eventuali risposte di codesto Governo. Prego segnarmi ricevuta e dichiararsi inteso delle presenti istruzioni 1.

82

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Varallo Sesia, 23 agosto 1902.

Certamente Zurigo era località molto opportuna per l 'incontro l. In ogni modo se il conte Goluchowski vorrà riprendere più tardi le pratiche per combinare quest'incontro, da parte mia farò tutto il possibile onde arrivare a realizzarlo. Intanto

82 l Risponde al n. 80.

prego V.E. vivamente volere occuparsi, appena Goluchowski tornerà a Vi~nna, di combinare possibilmente quanto mi interessa riguardo all'azione a Costantinopoli nei termini precisi contenuti nella lettera di lei del 18 corrente, e cioè: che ogniqualvolta l'Austria-Ungheria, o sola o con altra Potenza, stima dover dare consigli

o esercitare un'azione diplomatica nei Balcani, ne dia avviso al Governo italiano affinché questo, se lo crede a proposito, agisca nello stesso senso da parte sua. Naturalmente il R. Governo da parte sua farebbe altrettanto avvisando la sua alleata nel caso in cui esso prendesse l'iniziativa.

81 l Per il seguito della questione cfr. n. 126.

83

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A VARALLO SESIA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Vienna, 25 agosto 1902.

Ricevuto telegramma del 231. Al ritorno del conte Goluchowski gli comunicherò la proposizione di V.E. nei termini da lei indicati, e la appoggerò il meglio che potrò.

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Varallo Sesia, 25 agosto 1902.

E' un vero contrattempo che l'incontro con Goluchowski non abbia potuto aver luogo a Zurigol perché non sarà molto facile organizzarlo dopo, sia per il tempo, sia soprattutto per la località.

In ogni modo spero che il modo come io risposi al barone Pasetti quando mi parlò di questo incontro in principio del mese scorso, e la buona volontà colla quale accolsi la proposta di realizzarlo a Zurigo varrà a persuadere il conte Goluchowski non essere in me minore che in lui il desiderio di uno scambio di vedute.

Ho visto in questi ultimi tempi far capolino sulla stampa austriaca articoli inspirati ad una certa diffidenza e animosità verso l'Italia2. Non mi occupo della Reichswehr, essa fa il suo mestiere di seminare il male e non vale la pena di eu

2 Cfr. nn. Il e 57.

rarsene; non mi occupo nemmeno della Neue Freie Presse, che pure è più importante ma che non ha in politica estera una linea di condotta costante; ma mi sorprende il Pester Lloyd, che è in voce di avere contatti ufficiali e che è diretto da Falk, uomo che di politica estera dovrebbe intendersene. In un recente articolo esso si duole della influenza crescente d eli 'Italia nel nord dell'Albania, e a questo proposito ricorda ali 'Italia ciò che avvenne per Tunisi, dove il tentativo di sviluppare una influenza italiana provocò l'occupazione francese.

È davvero strano questo articolo. L'Italia cercando espandere sua influenza in Albania, non esorbita dalle intese esistenti fra i due Stati. Come Goluchowski stesso disse a lei, è bene inteso che nessuno di noi due ci deve andare e ciascuno può svolgere liberamente la sua influenza; e sotto questo aspetto del resto ciò che fa l 'Italia e i risultati che vuole ottenere ed ottiene sono ben poca cosa.

Che se poi sul serio il Pester Lloyd crede che vi sia in Italia chi pensa, anche in un remoto avvenire, ad aspirazioni recondite sull'Albania, s'inganna. Per quanto nel nostro Paese abbondino i cervelli balzani non vedo vi sia tra gli uomini di Stato italiani uno solo che nemmeno da lontano abbia simili traveggole. Del resto il Paese intero lo chiamerebbe pazzo addirittura.

Infine quanto alla minaccia di una occupazione austriaca in Albania, il Pester Lloyd dovrebbe aver compreso dalle dichiarazioni di Goluchowski e mie che fra i due Paesi esistono intese che escludono in modo preciso occupazioni d eli 'uno e dell'altro.

Però questi articoli dimostrano esistere tra i due Paesi delle diffidenze che sarà molto opportuno dissipare.

Ed anche a questo gioverà assai, se si potrà combinare, che l'Italia possa apparire concorde coli'Austria e colla Russia nella azione diplomatica che man mano le eventualità, che si presentano, suggeriscono di spiegare a Costantinopoli. Quindi io mi lusingo che ella potrà persuadere Goluchowski di questa opportunità, la quale del resto deriva chiaramente dalle stipulazioni della Triplice riguardo ai Balcani in genere e dalle intese tra Italia e Austria-Ungheria riguardo alla Albania in ispecie.

A questo proposito ho ricevuto, e ne la ringrazio, il di lei telegramma odierno3. Naturalmente io rimetto la cosa completamente alla di lei sagacia proverbiale, onde evitare che possa essere da Goluchowski risposto con un rifiuto formale, il quale creerebbe una situazione alquanto delicata, trattandosi in fondo di cosa che in base alle intese esistenti non dovrebbe essere rifiutata come principio. Ma io mi lusingo che il conte Goluchowski apprezzerà egli pure l'effetto utile che, a dissipare ogni diffidenza fra i due Paesi, produrrebbe nel pubblico il veder l'Italia associarsi ai passi che gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia faranno mano mano presso la Sublime Porta per le questioni balcaniche.

A questo proposito, in confidenza, la avverto che il conte Lamsdorff sin da quando lo vidi a Peterhoff, non solo mi si mostrò favorevolissimo ma me ne fece spontaneamente egli stesso proposta formale, che egli confermò ultimamente parlando col conte Morra. Ma io desidero entrare in questa azione non solo per invi

70 t o della Russia, ma anche, anzi prima di tutto per invito dell'Austria alleata ed amica. Ciò naturalmente le scrivo per di lei norma e in confidenza, per ora, essendo mia intenzione informarne Goluchowski io stesso quando ci vedremo.

Ora non mi resta se non desiderare che presto si intendano le due parti della Monarchia sulle questioni doganali, onde si possa cominciare a intavolare qualche chiacchiera per le trattative commerciali, che vorrei vedere almeno avviate verso una intesa, e allora si potrà intravedere il termine di questo periodo alquanto agitato di politica italiana.

Parto domattina per Berlino, dove spero che tutto andrà bene ...

83 l Cfr. n. 82.

84 l Cfr. n. 80.

84 3 Cfr. n. 83.

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IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1574/23. Janina, 26 agosto 1902, ore 16,05.

Essendo da cinque giorni aperto ufficio postale, oggi valì con nota ufficiale, mi avverte non può essere permessa apertura senza iradé imperiale che, se dentro 24 ore, non chiudo ufficio, polizia ha avuto ordini procedere chiusura. Intanto agenti polizia girano città avvisando negozianti solo ufficio postale austriaco riconosciuto, che, se andassero ufficio postale italiano, sarebbero stati imprigionati. In seguito ordini polizia, mentre giorni precedenti nostro ufficio pieno di negozianti, oggi deserto. Evidentemente valì spiega sempre più accanimento personale contro noi. Mi propongo rispondere valì che, come governatore, lo riterrò responsabile personalmente qualsiasi violenza, sia contro nostro ufficio, sia contro negozianti. Prego darmi istruzioni 1•

86

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 406781107. Roma, 26 agosto 1902.

Il suo telegramma del 30 luglio scorso, n. 90', mi reca la più recisa assicurazione di Menelik che l'abuna Matteo non ha avuto dal negus né lettere da rimettere, né missione da compiere.

86 l T. 1524/90, non pubblicato.

D'altra parte, nel rapporto della r. ambasciata in Pietroburgo del 5 corrente2, comunicatole con mio dispaccio del 18 corrente, n. l 00, e nei rapporti qui uniti del 9 e 14 corrente della r. ambasciata a Costantinopoli3 è riferito con sicurezza che l'abuna consegnò lettere del negus allo tzar e al sultano.

Noi non attribuiamo, a dir vero, grande importanza a tutto ciò, anche perché le categoriche dichiarazioni di Menelik lasciano credere che si tratti di un'azione personale del prelato abissino.

Desideriamo, però, esser chiariti della verità delle cose e soprattutto della esistenza o meno di queste lettere del negus e del loro contenuto, poiché non vogliamo che, in conseguenza dell'azione dall'abuna svolta a Costantinopoli, e di cui è cenno nei rapporti del marchese Carlotti, il r. consolato a Gerusalemme che ora, per formale richiesta di Menelik, assiste e protegge efficacemente quelle comunità etiopiche, si possa trovare ad avere difficoltà ed incidenti presso le autorità locali.

Ella ha ormai precise e chiare istruzioni da questo ministero circa quello che noi desideriamo ottenere da Menelik per regolare la posizione del r. consolato di fronte alle autorità locali per quanto riguarda gli interessi religiosi abissini in Gerusalemme.

Ora conviene che ella comunichi a Menelik, secondo le ne ha espresso il desiderio, le notizie che abbiamo ricevuto dai nostri agenti ali' estero sul soggiorno dell 'abuna Matteo a Pietroburgo e a Costantinopoli, per mettere bene in chiaro le cose.

Gradirò avere da lei precise dichiarazioni al riguardo4.

85 l Per la risposta cfr. n. 87.

87

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE

T. 1306. Roma, 27 agosto 1902, ore 12,30.

Approvo risposta che ella si propone di fare al v alì l. Prego tenere informato diligentemente tanto il ministero quanto il r. ambasciatore al quale telegrafo dal canto mio acciocché inviti Sublime Porta di telegrafare al valì preciso ordine astenersi da ogni violenza.

3 R. 730/279 del 9 agosto e R. 745/286 del 14 agosto, non pubblicati.

4 Si pubblicano qui due passi del R. 117 di Ciccodicola del 5 settembre: «. .. parmi debbasi escludere qualunque carattere politico ed ufficiale a tal viaggio, o per lo meno ammettere che a ciò sia assolutamente estranea la volontà dell'imperatore ... Anche ammesso, ciò che in realtà non è, che abuna Mathios abbia portato allo tzar una lettera del negus, io sono convinto che sia egualmente da escludersi da parte di Menelik ogni intenzione di aprire negoziati a Pietroburgo affinché la chiesa abissina si fondi colla chiesa russa; di ciò ne fa prova la condotta politica seguita fin ora dall'imperatore colla Russia, e la protezione dci sudditi etiopici in Terra Santa testé a noi accordata: a ciò si opporrebbe la forte volontà dell'imperatrice ed il numeroso clero abissino».

86 2 R. 363/168, non pubblicato.

87 1 Cfr. n. 85.

88

IL CONSOLE GENERALE A JANINA, MILLELIRE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1576/24. Janina, 27 agosto 1902, ore 20 (per. ore 6 del 28).

In questo momento valì ha fatto circondare consolato di Sua Maestà con piantoni di polizia, i quali fermano persone per domandare se portano lettere al consolato d'Italia e le respingono in caso affermativo. Ho veduto coi miei propri occhi piantoni che circondano consolato di Sua Maestà. Impressione, panico grandissimi popolazione; nessuno osa più avvicinarsi consolato Sua Maestà.

89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1311. Roma, 28 agosto 1902, ore 11.

Riproduco seguente telegramma del r. console in Janina: «In questo momento ecc. (vedi telegramma n. 1576 da Janina)»I. Ho risposto al console2 raccomandandogli tener diligentemente informata anche V.E. ed evitare intanto, per quanto da noi dipende, ogni pretesto ad incidenti. Però è evidente che se la Sublime Porta non manda al valì immediati e perentorì ordini ne potranno nascere spiacevoli complicazioni nel momento appunto in cui avviene a Costantinopoli uno scambio di alte cortesie3.

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1315. Roma, 29 agosto 1902, ore 11.

Ciò che preme è che il valì di Janina riceva ordini immediati e tali per cui si faccia senza indugio cessare uno stato di cose assolutamente intollerabile. Intanto,

2 T. 1312 dello stesso 28 agosto, non pubblicato.

3 Allude al viaggio in Turchia della squadra navale italiana comandata dall'ammiraglio Palumbo.

73 però, nel discorrere dell'argomento con codesti ministri, V.E. potrà rammentare che l 'istituzione del nostro ufficio postale a Janina è stata motivata dalla constatata violazione del segreto e che, come ho già più volte dichiarato a questo ambasciatore di Turchia, noi non opporremmo difficoltà quante volte fossero contemporaneamente chiusi tutti gli uffici postali esteri nell'Impero.

89 1 Cfr. n. 88.

91

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1582/55. Therapia, 29 agosto 1902, ore 13.

Ho richiamato ieri seria attenzione ministro degli affari esteri sopra incidente ufficio postale Janina, chiedendo che fossero inviati al valì ordini categorici astenersi da ogni atto violenza e di non intralciare regolare funzionamento ufficio, dichiarando che, esistendo a Janina stessa un altro ufficio postale estero, Governo del re non ammetteva che gli fosse contestato diritto a valersi di questo precedente. Tewfik pascià mi ha risposto che gli antichi uffici postali esteri sono semplicemente tollerati e che per aprirne dei nuovi, occorreva autorizzazione. S.E. si riservò di farmi conoscere decisione della Sublime Porta. In seguito telegramma dell'E.V. di ieri n. 13111, indirizzo a Tewfik pascià una comunicazione scritta nella quale insisto per lo invio immediato ordine al valì di recedere dallo ingiustificato suo contegno.

92

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1585/57. Therapia, 30 agosto 1902, ore l.

In seguito informazioni telegrafiche giuntemi da Janina e che V.E. già possiede a quest'ora, ho inviato, di urgenza, cav. Cangià presso ministro degli affari esteri a dichiarargli: l) che ero penosamente impressionato del fatto che, malgrado comunicazione personalmente fattagli ieri e quella scritta indirizzatagli stamane, non mi aveva ancora fatto conoscere ordini dati dalla Sublime Porta; 2) che valì persisteva mantenere misure che ravvisavo ingiustificate e incompatibili coi

riguardi dovuti ad un Governo amico e che, come gli avevo scritto, era tale da provocare gravi complicazioni alla vigilia di un atto di alte cortesie dell'Italia verso il sultano; 3) che, di fronte a tale situazione ed al silenzio della Sublime Porta, non mi rimaneva che di riferire al R. Governo per quei provvedimenti che stimasse di adottare; 4) ma che prima di ciò fare, ritenevo opportuno di invitarlo ancora una volta a voler fare cessare, senza alcun ritardo, uno stato di cose per noi intollerabile. Queste comunicazioni ebbero per risultato di indurre il ministro degli affari esteri a farmi dichiarare da Cangià che egli assume impegno di provocare ordini immediati per la revoca delle misure di polizia adottate dal valì, pur riservando, tuttavia, questione di principio l.

91 l Cfr. n. 89.

93

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1330. Roma, 31 agosto 1902, ore 17,15.

Con telegramma delle 11 di stamane, diretto al ministero ed all'ambasciata! il console Millelire fa conoscere che il blocco intorno al consolato perdura in tutta la sua brutalità. È evidente che i promessi ordini o furono ritardati o non sono osservati. Desidero che V.E. richiami ancora una volta la seria attenzione della Porta sopra questa intollerabile e pericolosa situazione2.

94

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1593/60. Therapia, 31 agosto 1902, ore 23,30.

Ho ricevuto il telegramma d'oggi! dell'E.V. circa l'incidente di Janina. Mi è venuto contemporaneamente il telegramma di Millelire datato oggi, ore 11 mattina, col quale mi informava che la situazione era identica e che misure di polizia contro il consolato di Sua Maestà perduravano in tutto il loro rigore. Ho incaricato Cangià recarsi di urgenza presso il ministro degli affari esteri a comunicargli in mio nome i fatti riferiti negli ultimi telegrammi di Millelire, e fargli rilevare co

2 Per la risposta di Malaspina cfr. n. 94.

me, malgrado formali assicurazioni da lui datemi, ancora ieri persistesse e si aggravasse a Janina uno stato di cose che noi non potevamo tollerare ed a dichiarargli che io rendevo ormai responsabile Sublime Porta delle conseguenze degli atti di violenza del valì. Cangià dopo aver visto il ministro degli affari esteri ed il gran vizir mi ha riferito che quest'ultimo ha scritto e spedito in tempo, sua presenza, ordini categorici ad Osman pascià di far cessare immediatamente ogni misura di polizia contro il consolato di Sua Maestà, reiterando per tal modo ordini analoghi già dati ieri dal ministro dell'interno2.

92 l Il contenuto di questo telegramma fu comunicato a Millelire con T. 1322, pari data.

93 l T. 1592, non pubblicato.

94 l Cfr. n. 93.

95

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1600/61. Costantinopoli, 1° settembre 1902, ore 19,40.

Millelire telegrafa che oggi misure polizia sono state completamente abolite, ma che perdura inibizione sudditi ottomani usare nostro ufficio postale'. Gli ho risposto: «Ottenuto ciò che più urgeva per ora, cioè, revoca misure polizia, voglia, se interpellato nuovamente dal valì, rispondere che la questione di massima è riservata all'esame dei due Governi». Circa ulteriore trattazione della vertenza, credo convenga attendere partenza ammiraglio, che qui giunge domani2.

96

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1610/62. Therapia, 2 settembre 1902, ore 23.

Ammiraglio Palumbo giunto oggi alle 4 con l'«Agordat». S. M. il Sultano, desiderando testimoniare alta sua soddisfazione per questa visita e per incarico affidatogli da S.M. il Re, volle riceverlo immediatamente udienza solenne con inusitato onore. Nel corso della udienza, S.M. Imperiale espresse ripetutamente proprio compiacimento per questa prova di amicizia datagli da S.M. il Re e dal R. Governo. S.M. Imperiale conferì all'ammiraglio gran cordone Osmanie in brillanti, onorificenze agli ufficiali della missione ai comandanti ed ai comandati in se

76 conda della squadra, nonché medaglie del merito jn oro ed in argento a tutti gli altri ufficiali. Doni di S.M. il Re saranno presentati alla prossima udienza'.

94 2 Queste assicurazioni furono comunicate al consolato generale a Janina con T. 1333 del l o settembre. 95 I Analogo telegramma Millelire inviò al Ministero degli esteri (T. 1596 del 1° settembre). 2 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 97.

97

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1351. Roma, 3 settembre 1902, ore 18.

Approvo la sua risposta a Millelire 1 ed il suo proposito di trattare la questione di massima dopo la partenza dell'ammiraglio.

98

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 875/213. Cairo, 4 settembre 1902 (per l' 11).

Ho l'onore di accusare ricevuta a V. E. dei suoi dispacci n. 166 e 170 del 19 e 24 agosto scorso' e di far seguito ai miei rapporti 191 e 202 del 12 e del 22 dello stesso mese2.

I due inviati del senussi, Hemeida ben Khalifa ed Obei Dallà, sono da pochi giorni ripartiti per Koro, e Mohamed Alì bey ha loro consegnato per Sidi Ahmed el Rifi una lettera di cui qui accludo la letterale traduzione.

Essi ebbero, prima della loro partenza, dai loro correligionari di Bengasi la conferma della morte dello scek senussi: e seppero pure che Sidi Mohamed el Aabed aveva dichiarato di non voler abbandonare la vita di solitudine e d'ascetismo alla quale s'era da lungo tempo dedicato, e che la successione del defunto senussi era passata al figlio secondogenito di Sidi Mohamed Scerif, lo scek Ahmed Scerif. Il nuovo senussi non si dipartirà, secondo quanto dicono Hemeida ben Khalifa ed Obei Dallà, dall'attitudine pacifica costantemente tenuta dal suo predecessore.

Hemeida ben Khalifa ed Obei Dallà hanno comprato da certo Zaccaria, commerciante in via Muski (Cairo), 250 fucili a bacchetta, marca F.F. 1866, a fr. 13, il fucile: ed hanno lasciato incarico di provvedere altri l 000 fucili pei quali hanno promesso di inviare, in cambio, dell'avorio.

bo ed agli ufficiali squadra italiana ebbe carattere eccezionale cortesia, che fu da tutti rilevata».

98 I In un appunto conservato nello stesso fascicolo si legge: «Mancano due dispacci al Cairo 19 e 24 agosto 1902».

2 Non pubblicati.

ALLEGATO

MOHAMED ALI' ELUI BEY A SIDI AHMED EL RIFI, A KORO

L. Cairo, 30 agosto 1902.

In nome di Dio clemente e misericordioso e che abbia in gloria il signore dei profeti, il nostro signore Maometto e tutti gli altri profeti. Il ringraziamento è dovuto per Dio. All'illustrissimo, virtuosissimo e grande sapiente, mio signore, l'eloquentissimo Sidi el Hag Ahmed el Riti.

Dopo aver baciate le vostre generose mani e aver domandato le vostre benedizioni, io ho una grande credenza della setta senussia, e ciò dal momento che incontrai l'onorato Sidi Mohamed el Taib el Vasani che è stato il mediatore nella conoscenza tra la S.V. e me.

Siccome ora ho inteso dai signori Obei Dallà ed Hemeida ben Khalifa che VS. vuoi sapere la mia opinione dell'intenzione dell'Italia verso Tripoli di Barberia ed anche il suo atteggiamento verso l'lslam in caso che occupasse quel Paese, siccome io leggo sempre i giornali italiani e conosco molti virtuosi e notabili italiani in questo Paese, posso dire ed assicurare la S.V. che il mio parere è che l'Italia vuoi solamente impedire a qualsiasi Potenza (per esempio la Francia o l'Inghilterra) di occupare la Tripolitania perché ciò danneggerebbe i suoi interessi: essa invece vuoi convincere la Sublime Porta a migliorare lo stato di quel Paese. Ed infatti avrete forse inteso che l'Italia ha mandato una flotta a visitare tutti i porti della Tripolitania senza sbarcare però nessun soldato: -è solamente una semplice visita -e che l'ammiraglio è partito per Costantinopoli per portare doni al sultano.

lo sono più che convinto che, se le circostanze politiche rendono necessaria alla Italia l'occupazione della Tripolitania, essa tàrà, come fa attualmente in Eritrea (e ciò come ha osservato Sidi Mohamed el Taib el Vasani): porterà cioè il massimo rispetto alla religione mussulmana al Sidi senussi, alla sua setta ed ai suoi seguaci: lascerà a tutti grande libertà di culto e non si preoccuperà che del miglioramento dello stato di quel Paese e di renderne felici gli abitanti.

lo sono stato molto afflitto ed ho appreso con sommo dispiacere la notizia della morte di Sidi el Imam, virtuoso, Sidi Mohamed el Madi senussi. Che Iddio lo benedica e gli dia il più alto posto nel paradiso. Quindi domando che Dio sia lodato; che conservi la persona di Sidi Ahmed Scerif e che lo faccia buon successore dell'onorato defunto.

96 l Con T. 1626/63 del 5 settembre Malaspina comunicò: «Accoglienza fatta ammiraglio Palum

97 l Cfr. n. 95.

99

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 2272/1148. Parigi, 5 settembre 1902 (per. 1'8).

Il giorno stesso dell'arrivo a Potsdam di S. M. il Re, Nostro Augusto Sovrano, il signor Delcassé, venuto per poco tempo a Parigi, mi ricevette per la presentazione dell'addetto militare dell'ambasciata di recente arrivato. Appena fummo entrati nel Gabinetto del ministro, questi si rallegrò meco che la fermata a Goeschenen si fosse compiuta nelle migliori condizioni e che le relazioni nostre con la Svizzera fossero così ripristinate nelle condizioni della antica amicizia. Poi soggiunse: ora S. M. il Re sarà giunto a Berlino; ed il discorso finì con un generico augurio che tutto avesse a procedere ugualmente bene durante tutto il viaggio. Quando il colonnello Chapperon si ritirò ed io rimasi solo col ministro, questi diede un altro indirizzo alla conversazione e del viaggio non fu più questione. Dippoi non ho più riveduto il signor Delcassé che si è assentato di nuovo da Parigi.

La pubblicazione del testo dei brindisi scambiati fra le LL. MM. il Re e l'Imperatore fu accompagnata nell'agenzia Havas da una nota così concepita: <<Une information émanant de l'entourage du roi d'Italie prétend que la rédaction du toast prononcé par Victor Emmanuel fut très laborieuse. Le texte primitif, communiqué par M. Prinetti au comte de Biilow, fut considéré comme une réponse trop réservée aux paroles chaleureuses de l'empereur; il fallut soumettre au roi plusieurs projets avant d'arriver à établir le texte définitif, que de nombreux journaux allemands ne trouvent cependant pas assez enthousiaste».

D'onde l'agenzia telegrafica abbia avuto questa nota non mi risulta. La segnalo però perché essa ha non poco contribuito a dare la generale intonazione con la quale la maggioranza della stampa periodica francese ha dippoi partecipato ai commenti fatti sui due brindisi in tutti i Paesi l .

Quando il rumore di questi commenti sarà spento, mi pare che le cose resteranno qui, con non apprezzabile differenza, ciò che erano prima nella sfera delle relazioni ufficiali.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI

L. PERSONALE. Roma, 7 settembre 1902.

Sono arrivato qui il 4 corrente e domani, dopo aver tutto aggiornato, ripartirò per Salsomaggiore. Malvano parte domani pel suo congedo; intanto rimangono qui mio cugino e Mattioli (io non conduco con me che il solo Zucchetti); essi si accorderanno poi fra loro per andar uno di essi in congedo, quando ella torna a Roma, eppoi al 20, secondo l'intesa, tornerà Berti. Del resto vi è in questi giorni pochissimo da fare; pare che finalmente un periodo di calma sia arrivato, e io credo che quando ci sia a Roma uno dei funzionari di fiducia, per qualunque improvvisa evenienza, possiamo tanto io quanto lei mettere in esecuzione i nostri rispettivi programmi.

99 I Per la risposta cfr. n. l08.

Io farò nella terza decade del mese una nuova gita a Roma, di tre o quattro giorni, eppoi conto tornare qui stabilmente verso il IO o 12 ottobre. Intanto tutti i capi servizio sono qui avendo terminato il loro congedo, e gli affari correnti dovrebbero quindi camminare senza difficoltà da soli.

Ho ricevuto le sue lettere 2 e 3 corrente.

Quanto al congresso della Dante Alighieri, che quest'anno si tiene a Siena, e che in fondo dovrebbe trovarsi quindi in un ambiente molto calmo, io non vedrei difficoltà acché ella vi intervenisse; anzi in fondo credo che sarebbe buona cosa; naturalmente ella ne trarrebbe argomento ad intendersi bene col senatore Villari e cogli altri manipolatori del congresso intorno agli argomenti da trattare in esso ed al loro svolgimento. Anche Zanardelli, cui ne parlai, è dello stesso avviso.

Qui acclusa le restituisco la lettera d'invito a lei diretta.

Come le ho telegrafato, a Berlino tutto camminò nel modo più soddisfacente, e ne ho riportato la migliore impressione; del resto l'atteggiamento della stampa di tutti i Paesi, specialmente della inglese, la più indicata per avere in questa occasione un giudizio obiettivo, dimostra quale posizione abbia raggiunto l'Italia; e come il massimo che si può desiderare è di riuscire a mantenervelai.

Quanto ai trattati di commercio, non ho avuto da parlarne lungamente a Berlino. Il cancelliere dell'Impero mi ha ripetuto che non riteneva vi fossero difficoltà serie alla conclusione del nuovo trattato fra Italia e Germania, perché il Governo tedesco è ben deciso a non accettare alcuna modificazione alla tariffa da lui proposta al Reichstag e mi ha lasciato l'impressione che la Germania non denuncerà il trattato, se non quando si potrà negoziare il nuovo. Quanto poi a entrare nel dettaglio di un ·negoziato più concreto manca la base, perché la tariffa è ben lungi dall'esser votata.

Quanto poi alla questione di Tripoli (intromissione dell'imperatore presso il sultano) il momento del complesso dei [ ... ]2 non mi parve opportuno per parlarne; beninteso poi che la Germania non ha alcuna obiezione da fare alla politica nostra nel Mediterraneo.

L'incidente di Janina, come ella vedrà dai giornali, è finito; ed intanto per quanto il Governo ottomano si sia riservato di discutere poi la questione di principio, l'aver egli consentito a ordinare al valì di desistere dalle sue violenze costituisce una acquiescenza allo stato di fatto. Quanto ad Osman pensai ancor io al primo momento che convenisse chiederne formalmente il richiamo, ma poi notizie nuove sopravvenute da Millelire facendo ritenere che oramai la sua dominazione abbia i giorni contati, ho soprasseduto.

La visita a Costantinopoli è andata molto bene, come avrà visto dai giornali. In Svizzera le cose si svolsero in modo piuttosto freddino; naturalmente io dissi e feci dire il contrario, ma in segreto lo dico a lei. E da qui temo sempre qualche nuovo pasticcio; però a Berlino ho messo a buon conto i piedi avanti, ed ho preso in proposito le mie precauzioni.

100 I Non si è trovata documentazione circa le conversazioni avvenute a Berlino a proposito degli accordi militari con la Germania. Cfr. comunque Die Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 18711914, Band 18/2, Berlin, 1924, nn. 5825-5827; l'accenno in M. MAZZETTI, L'esercito italiano nella Triplice Alleanza, Napoli, ESI, 1974, pp. 197-198 e il doc. ed. ibid, pp. 520-522.

2 Parola illeggibile.

Il re, come ella ben dice, ha destato dovunque la più simpatica impressione pei suoi modi, pel suo intelletto, pella sua coltura.

Barilari le scriverà per un piccolo movimento consolare che avremmo preparato per mettere a posto alcuni viceconsoli che si trovavano in soprannumero in base alla nuova pianta, e destinarli a sedi non ancora coperte, in modo da ridurre ancora il numero delle sedi vacanti.

101

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1369. Roma, 8 settembre 1902, ore 9,30.

Dai telegrammi che V.E. mi ha mandato in questi giorni I vedo che visita ammiraglio procedette nel modo più soddisfacente e che l'accoglienza fu veramente grandiosa. Me ne compiaccio cordialmente con V.E.

102

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 42730/521. Roma, 8 settembre 1902.

Segno ricevuta a V.E. e la ringrazio del rapporto n. 612 in data del 30 agosto

u.s.I col quale ella mi ha reso conto del linguaggio tenuto dalla stampa austriaca in occasione del viaggio di S.M. il Re a Berlino.

L'attitudine di simpatia osservata da codesta stampa non mi era sfuggita. Io ne sono stato lieto e ne ho tratto la fiducia che il linguaggio adoperato testé da codesti fogli abbia a segnar la fine di incresciose polemiche da essi intrattenute coi giornali nostri: polemiche, che non dovrebbero verificarsi quando, come accade, i due Governi mantengono il miglior accordo nei loro reciproci rapporti.

l O l l Cfr. n. 96 e nota l allo stesso.

102 l Di tale rapporto, che reca il n. 1179/612, si pubblicano i seguenti passi: «Con grande compiacenza mi pregio di segnalare all'E.V. il linguaggio quasi unanime della stampa austriaca circa la visita di S.M. il Re d'Italia a Berlino ... Debbo però notare una corrispondenza mandata da Berlino al Tagblatt nella quale pure affermando che l'accoglienza avuta da S.M. il Re a Berlino ha dimostrato di nuovo che la Triplice Alleanza non è soltanto una lega di Monarchie, ma di popoli, osserva però che la situazione, dopo il riavvicinamento dell'Italia alla Francia ed alla Russia, si è notevolmente modificata. Il corrispondente si crede da ciò autorizzato a dire che la situazione dell'Italia rispetto ai suoi alleati può essere esposta ad eventuali fluttuazioni. Ma, ripeto, in generale, l" attitudine della stampa austriaca fu favorevole per l'Italia».

103

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 43085/121. Roma, 10 settembre 1902.

Ho letto con interesse il suo rapporto sulla situazione politica in Etiopia del 28 luglio scorso, n. 1031.

Le varie questioni sulle quali ella mi intrattiene hanno formato e formano tuttora oggetto di scambio di corrispondenza tra questo ministero e codesta legazione.

Su di una, però, voglio subito qui fermare l'attenzione di lei, avendo essa carattere molto delicato: sulla questione della ferrovia Gibuti-Harar.

Ella mi informa dell'ultima comunicazione da Menelik fatta al riguardo al Governo francese, dopo aver richiesto di consiglio la S.V., il suo collega d'Inghilterra e il signor Ilg.

Io mi preoccupo che il suo atteggiamento possa esser rappresentato al signor Lagarde come ostile alla Francia, mentre a noi conviene che codesta legazione, profittando della fiducia che ella ha saputo guadagnarsi nell'animo del negus, mantenga un'attitudine la quale non la impegni contro questa piuttosto che contro quella Potenza.

Raccomando, pertanto, alla S.V. di volere, nella questione della ferrovia, tenere un'attitudine molto riservata, lasciando agire l'Inghilterra, la quale, dopo tutto, è la maggiore interessata. Ciò non muterà la situazione delle cose riguardo alla sostanza, né turberà le relazioni che ella deve sempre mantenere cordiali col suo collega d'Inghilterra, ma la metterà in condizione da non dare occasione a lamenti sulla nostra attitudine, che sarebbero fondati da parte della Francia.

104

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 120. Addis Abeba, 12 settembre 1902 (per. il 18 ottobre).

Ho l'onore di accusare ricevuta del dispaccio n. 37179 di V.E., in data 2 agosto 1 , e dell'unito rapporto del nostro ambasciatore a Parigi sulle accoglienze fatte dal Governo francese a ras Makonnen.

Nuovamente posso confermare a V.E. che quando il ras partì per l'Europa per rappresentare l'imperatore di Etiopia alle feste di Londra, non fu da esso incaricato di alcuna missione ufficiale per il Governo francese. Tale progetto era bensì stato ventilato e discusso dal negus, ma in seguito alle mie insistenze l'imperatore vi aveva

104 l Cfr. n. 55.

completamente rinunciato, e mi consta anzi che, avendo egli già disposto perché fossero consegnati a ras Makonnen due denti di elefante da portare in dono a nome suo al presidente della Repubblica, ritirò tale ordine, ed il ras partì per l'Europa senza alcun dono e senza alcuna lettera per il Governo francese.

Egli ebbe solo l'autorizzazione eventuale di visitare la Francia per conto proprio.

L'opinione pubblica in Francia non nascose il suo disappunto nell'apprendere la missione affidata dal negus al ras presso il re d'Inghilterra, ed il suo malumore nel vederlo traversare incognito la Francia scortato dal colonnello Harrington.

La malattia del re d'Inghilterra, che prolungò il soggiorno del ras in Europa, facilitò il suo viaggio a Parigi; tale viaggio fu evidentemente voluto e preparato non tanto dal Governo francese quanto dal gruppo coloniale, e dalle persone direttamente e maggiormente interessate nella ferrovia di Gibuti.

I ricevimenti ufficiali che il ras ebbe dal Governo francese altro non furono che un'ostentata manifestazione di amicizia, in opposizione alla cortese ma fredda accoglienza ufficiale ricevuta dal ras in Inghilterra, e per quanto gli organi ministeriali, e la consorteria coloniale francese con a capo il signor Etienne, abbiano voluto dare alla visita del ras una speciale importanza politica e ufficiale, tali ricevimenti effettivamente non furono fatti ad un inviato dell'imperatore, ma a ras Makonnen, ed in conclusione sta il fatto che il Governo francese volle ufficialmente ricevere ras Makonnen che visitava la Francia senza alcuna forma e missione ufficiale; e la risposta stessa che il ras fece al brindisi rivoltogli dal signor Etienne ne è prova.

Parmi ovvio intrattenere oltre V.E. sui motivi e sulle considerazioni che indussero il Governo francese a fare tali accoglienze al ras; non credo che ad esse debbasi dare soverchia importanza, né possono avere importanti conseguenze; la personalità di ras Makonnen, la sua condotta politica, le sue ambizioni e le sue aspirazioni, sono note, né certo su si esse può in alcun modo influire per l'avvenire il viaggio e le accoglienze ricevute a Parigi.

La questione stessa della ferrovia di Gibuti non risentirà alcuna modificazione all'infuori forse che in Francia, dalla visita del ras a Parigi, benché gli individui interessati e lo stesso Governo francese molte se ne ripromettano. L'ambasciatore d'Inghilterra a Parigi, scrisse in proposito a questa agenzia diplomatica d'Inghilterra di non doversi attribuire alla visita del ras alcuna particolare importanza, e che la condotta di lui fu assolutamente corretta.

103 l Cfr. n. 49.

105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. RISERVATO 43537/124. Roma, 13 settembre 1902.

Mi sono giunti i suoi rapporti del 22 luglio scorso n. 921 e 28 luglio scorso

n. 972, dai quali rilevo che la S.V. ha ricevuto i miei dispacci del 28 maggio scorso, n. 56, e 16 giugno scorso, n. 673, coi quali io le comunicavo la memoria del r. console generale in Gerusalemme sulla questione del monastero di Der El Sultan perché ella la sottoponesse all'imperatore nella forma più opportuna.

Il negus secondo ella scrive si rimette per tale questione all'azione del Governo del re e del r. console in Gerusalemme, e ci fa pervenire per suo mezzo una lettera con la quale egli in via ufficiale notifica al sultano la sua esplicita volontà di far proteggere dall'Italia i suoi sudditi in Palestina.

Io mi compiaccio vivamente di questo buon risultato che ella ha saputo abilmente ottenere.

Seguendo il suo suggerimento, comunico al r. console in Gerusalemme perché sia fatta leggere a quei monaci la missiva dell'imperatore. La rimetterò, poi, ufficialmente alla r. ambasciata in Costantinopoli perché sia consegnata al sultano.

Nel suo rapporto del 22 luglio scorso, ella accenna alla necessità che le sia accordata fiducia non circoscritta in limiti determinati perché la sua azione sia efficace e proficua.

Io non esito a confermarle che ella ha la piena fiducia del Governo del re per lo svolgimento della sua azione politica e diplomatica in Etiopia; ma è inteso che quanto alla spesa lo svolgimento di questa sua azione debba aver luogo negli stretti limiti degli stanziamenti di bilancio che fossero anche col di lei concorso stabiliti, non essendo come ella sa, a me consentito di oltrepassarli, e non avendo io modo di giustificare innanzi alla Corte dei Conti e al Parlamento spese che non fossero state preventivamente stanziate in bilancio e debitamente autorizzate.

VS. non deve scorgere in ciò alcuna diminuzione della mia fiducia politica, ma solo la esplicazione di una ineluttabile necessità per l'andamento ordinario dell'amministrazione.

Qualsiasi equivoco sarà chiarito e tutto procederà regolarmente, quando ella, nella parte amministrativa contabile della sua gestione, procederà secondo le chiare, precise norme ed istruzioni che le sono state impartite.

l 05 l Cfr. n. 28.

106

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. PERSONALE. Vienna, 14 settembre 1902.

Jeri ho potuto intrattenermi col conte Goluchowski, che fece ritorno a Vienna nella sera di mercoledì scorso. Memore del di lei desiderio, feci cadere la conversazione sui passi fatti nel passato agosto a Costantinopoli dagli ambasciatori di Russia e di Austria-Unghe

l05 2 Non pubblicato. 3 Non pubblicati nel vol. VI della serie III.

ria per impegnare la Porta a prendere le misure opportune onde impedire il turbamento della tranquillità sul territorio balcanico ottomano. Premetto subito che la conversazione ebbe un carattere puramente accademico, e ben conoscendo il modo di vedere del Governo austro-ungarico, mi astenni con cura dal formulare una proposta, o qualunque apparenza di proposta, che avesse esposto il Governo del re ad un rifiuto. Mi limitai dunque a dire che i Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria essendo vincolati dall'alleanza non solo, ma anche dall'obbligo reciproco di scambiare le loro idee sulle principali questioni che li interessano, segnatamente nell'Oriente europeo, ed avendo d'altronde l'Italia, per la vicinanza, un grande interesse per il mantenimento della pace nei Balcani, poteva sembrar conveniente che ai passi fatti o da farsi a Costantinopoli in quel senso fosse associato il Governo italiano. Sviluppai questo concetto con gli argomenti che ella conosce e che anzi suggeriva nella sua lettera del 25 agosto scorso', e che perciò è superfluo di qui ripetere. Riproduco il senso della risposta del conte Goluchowski, senza osservare l'ordine dell'esposizione, poiché la conversazione ebbe luogo, come si dice,

à batons rompus.

Anzitutto il conte Goluchowski mi disse che i consigli dati a Costantinopoli dagli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia nello scorso agosto non costituivano un'azione comune diplomatica dei due Governi, nel senso che suol darsi a questa parola. Si tratta invece di consigli che l'ambasciatore austro-ungarico è autorizzato a dare alla Turchia in seguito alle sue istruzioni generali, senza bisogno di chiedere per ogni caso nuove istruzioni.

Prima di darli egli ha l'istruzione d'informarne il suo collega di Russia, in conformità delle intelligenze prese nel 1897. Consigli di tal natura possono esser dati da ciascuna delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, e quindi anche dall'Italia, dalla Francia, dall'Inghilterra. L'intelligenza speciale (che ha per iscopo il disinteresse reciproco territoriale, ed il mantenimento dello statu quo nei Balcani) tra l'Austria-Ungheria e la Russia, intelligenza, del resto, puramente verbale, come è noto, è giustificata, per l'Austria-Ungheria, da un interesse gravissimo ed immediato di frontiera e per la Russia dalle ragioni storiche ed etnografiche che la condussero da secoli all'emancipazione progressiva degli slavi ortodossi d'Oriente, o per meglio dire della maggior parte di essi. Il conte Goluchowski non vuol entrare in discussione circa i diritti dell'Italia, e riconosce volentieri che anche essa, al pari della Francia e dell'Inghilterra, abbia a far sentire la sua voce a Costantinopoli, e lo può fare quando lo creda utile. Ma non crede conveniente che si proceda ad un'intelligenza speciale di tre Potenze, la quale avrebbe per risultato di suscitare le diffidenze delle Potenze escluse, e scinderebbe in due gruppi le grandi Potenze negli affari d'Oriente. L'intelligenza, per dir così, negativa, dell'Austria-Ungheria e della Russia, del 1897, non inquieta nessuno, fu accettata,

o per meglio dire riconosciuta da tutti, come un'assicurazione pacifica. L'accessione ad essa di un'altra Potenza ne modificherebbe la natura, o almeno lo si crederebbe. Il conte Goluchowski ripeté a più riprese che del resto i consigli dati di quando in quando dalla Russia e dall'Austria-Ungheria a Costantinopoli non co

106 I Cfr. n. 84.

stituiscono un'azione diplomatica, che è ben altra cosa; e che tali consigli possono esser dati da ciascuna delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. E soggiunse che il Governo austro-ungarico, avendo piena fiducia nel senno e nell'esperienza del suo ambasciatore in Turchia, lo lascia, di regola generale, giudice di ciò che ha da dire o suggerire alla Porta, da solo, o previa informazione data al suo collega di Russia, ma evitando ogni azione combinata, poiché un'azione di tal genere non potrebbe esercitarsi che con accordo di tutte le Potenze. Nell'escludere una nuova intelligenza circa gli affari dei Balcani coll'Italia, ch'egli crede superflua in presenza delle disposizioni del trattato d'alleanza, il conte Goluchowski si mostra però disposto a scambiare le sue idee con quelle del Governo del re, per ogni caso che si presenti, persuaso che un tale scambio, in vista di eventi determinati, riuscirebbe in generale nella constatazione di intenzioni identiche dalle due parti.

Non ho bisogno di aggiungere che le cose dette dal conte Goluchowski dimostrano la convenienza di non sollevare, per ora almeno, qualsiasi proposta di nuovi accordi tra l'Italia e l'Austria-Ungheria negli affari dei Balcani.

107

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1680/68. Therapia, 16 settembre 1902, ore 12,45.

Mi riferisco dispaccio di V.E. 9 corrente! circa incidente Janina. Nei ripetuti colloqui avuti scorsi giorni col gran vizir, ministro degli affari esteri e col primo segretario sultano, aveva già vivamente insistito con loro sulla necessità richiamare Osman pascià, facendo valere atti violenza commessi contro la r. rappresentanza consolare, pessima amministrazione vilayet ed ultimo incidente scandaloso. Avevo chiesto finalmente, per il nostro ufficio postale, parità trattamento ufficio postale austriaco, cioè revoca immediata divieto ai sudditi ottomani con minacce di valersene. Ho trovato disposizione Sublime Porta favorevole richiamo Osman, ma sembra questi sempre disponga appoggio Palazzo. Primo segretario sultano tuttavia ha detto a Cangià che, in seguito incidente Essad pascià, si proponeva inviare Janina funzionario di sua fiducia per una inchiesta. Continuerò insistere rimozione Osman. Gran vizir mi ha assicurato jeri di aver spedito al valì ordini conformi alla mia richiesta circa libero funzionamento nostro ufficio postale. Ne avviso Millelire invitandolo telegrafarmi se, malgrado questi ordini, valì persiste sistema minacce e se qualche nuovo fatto valga a ciò provare.

l 07 I Non pubblicato.

108

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. CONFIDENZIALE 43925/1059. Roma, 16 settembre 1902.

Segno ricevuta a V.E. e la ringrazio del suo rapporto n. 1148 in data del 5 settembre corrente concernente il viaggio di S.M. il Re a Berlino!.

La notizia della agenzia Havas circa la redazione del brindisi reale non mi era sfuggita. Non so rendermi conto dove l'agenzia stessa abbia attinto la sua informazione. Questa ha qualche cosa di vero nel senso che mentre i brindisi erano già concordati improvvisamente S.M. l'Imperatore volle accludere nel suo un accenno al terzo alleato: accenno che prima non v'era. Si dovette quindi modificare il testo del brindisi di S.M. il Re per introdurvi un accenno all'Austria, facendolo però in modo opportuno vista la delicatezza della situazione. Ciò richiese infatti un po' di tempo.

109

SCIPIO SIGHELE AL PRESIDENTE DELLA «DANTE ALIGHIERI», VILLARI 1

L. PERSONALE. Nago, 16 settembre 1902.

Oso scrivere a lei, quantunque non abbia l'onore di conoscerla personalmente e quantunque il mio nome le sia ignoto, poiché mi muove carità di patria. Sono di famiglia trentina, vivo nel Trentino gran parte dell'anno, e i miei sentimenti sono all'unisono con quelli dei nostri fratelli irredenti.

Ecco di che si tratta.

Le riassumo cose ch'ella certo saprà.

Gli studenti trentini e dell'Adriatico chiedono da tempo all'Austria un'università italiana a Trieste. Il ministro dell'istruzione austriaco rispose tempo fa cheper poter creare quest'università -occorrerebbe anzitutto che gli studenti italiani dell'Austria dimostrassero di meritar! a, pel loro numero, frequentando tutti l 'università di Innsbruck ove esistono da anni le cattedre parallele (in lingua italiana). Tale risposta determinò gli studenti a votare nel loro ultimo congresso l'obbligo di recarsi tutti ad Innsbruck. E, non v'è dubbio, vi andranno per mantenere la parola data.

Tuttavia, allo scopo di spingerli sempre più a mantenere la decisione, alcuni pensarono -e parmi idea buona -di organizzare ad Innsbruck, di fianco alle cattedre parallele mantenute dali' Austria, alcuni corsi liberi di scienza e lettera tu

109 l Da Archivio della Società Nazionale "Dante Alighieri".

ra, corsi brevi di otto o dieci lezioni, nei quali i professori del Regno potrebbero esporre la parte più sostanziale del loro pensiero. Si vorrebbe cioè formare ad Innsbruck una specie di università libera o popolare, un centro di coltura italiana che -attirando gli studenti -dimostrasse ai tedeschi che noi italiani siamo autonomi e originali anche nella scienza e nella letteratura, e che non è vero quel che diceva il professar Wagner: essere la scienza italiana una semplice traduzione della scienza tedesca.

Senonché, allo scopo di chiamare ad Innsbruck professori del Regno (che dovrebbero rimanervi ognuno almeno un tre settimane) occorrerebbe poter compensare almeno le spese di viaggio e di permanenza: accorrerebbero cioè dei denari. Gli studenti non ne hanno; e in questo momento non li possono chiedere ai signori del Trentino, la cui liberalità deve rivolgersi a coprire il fondo necessario per le tramvie trentine, opera anche questa di patriottismo e di resurrezione economica.

A chi rivolgersi, allora? Molti mi dissero: alla Dante Alighieri. E aggiungevano: quale occasione migliore per cooperare veramente alla diffusione della lingua e della coltura italiana?

Il consiglio mi parve così giusto e così santamente italiano, che mi son fatto ardito di scrivere a lei, che tanto può e che tanto ama questo nostro bello e sfortunato Paese.

E attendo dalla sua cortesia una risposta, augurandomi che essa sia tale da accontentare i giovani del Trentino. Ad ogni modo, sono lieto di cogliere questa occasione per dirle la stima grandissima e la profonda simpatia intellettuale che ho sempre nutrito per lei2.

108 l Cfr. n. 99.

110

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1688/45. Parigi, 17 settembre 1902, ore 19, 15.

Delcassé chiamò oggi spontaneamente la mia attenzione sul brano del discorso tenuto jeri a Biserta dal suo collega della marina e che trasmetto a V.E. con altro telegrammal. Egli ha particolarmente insistito sopra impossibilità di credere che il signor Pelletan abbia pronunciato contro Italia parole aggressive, le sue convinzioni italianofile professate costantemente non potevano essere smentite da lui come ministro. Delcassé non volendo togliere merito della spontaneità della rettifica opposta dal suo collega alle parole falsamente attribuitegli, mi disse che egli non ebbe ad intervenire né per suggerirgliela né per darvi la larga pubblicità dell'agenzia Havas2.

2 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 111. In proposito cfr. anche DDF, 2ème série, tome 11, cit.,

n. 399.

109 2 Annotazione a margine: "Risposto il 2 ottobre chiedendogli preventivo".

110 l T. 1687, pari data, non pubblicato.

111

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 14601. Roma, 20 settembre 1902, ore 18,30.

Causa assenza ricevetti con qualche ritardo telegramma di V.E. del 17 corrente2. Mi compiaccio che Delcassé richiamando spontaneamente l'attenzione di V.E. sulle ultime dichiarazioni di Pelletan intese a modificare la impressione prodotta dalle precedenti abbia in certo qual modo dato loro il conforto della sua grande autorità. Per parte mia fin dal principio non mi ero troppo commosso per le prime dichiarazioni del signor Pelletan perché la presenza al Ministero degli esteri francese del signor Delcassé del quale ormai da lungo tempo ho appreso ad apprezzare la mente ed il carattere esclude ogni dubbio che la politica francese abbia a meditare nulla di contrario a quella sincera amicizia fra i due Paesi al cui consolidamento egli ha con noi costantemente cooperato.

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI

D. 44600/471. Roma, 20 settembre 1902.

Segno ricevuta alla S.V. e la ringrazio del suo rapporto n. 538 in data dell'8 correntel relativo alla recente visita di S.M. l'Imperatore a Posen. Non mi era sfuggita l'importanza dell'intervento della rappresentanza russa alle feste di Posen né il carattere espansivo del brindisi direttole da Sua Maestà.

E' evidente che la Germania vuole conservare e conserva colla Russia ottimi rapporti. Queste ottime relazioni sono uno dei fondamenti costanti della politica germanica. Allo stesso modo è giusto ed opportuno che anche l'Italia, pur rimanendo fedelissima e lealissima nella Triplice Alleanza, si procuri anch'essa i vantaggi delle amicizie cordiali, che la mancanza di urti d'interessi le consente di aver con Potenze non appartenenti alla Triplice2.

113

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE AL CAIRO, MANZONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 921/223. Cairo, 20 settembre 1902 (per. il 28).

Lo sceik Mohamed el Vasani (vedi rapporto n. 1103/217 del 1° novembre

2 Cfr. n. 11 O. 112 l R. 1563/538, non pubblicato. 2 Il dispaccio fu redatto in base ad un appunto di Ptinetti.

1901)1, è ritornato al Cairo ed è venuto a trovarmi. Si è parlato insieme dei recenti avvenimenti nell'Africa centrale. Non si è mostrato troppo spiacente della morte di Sidi Mohamed el Senussi, dicendo che era un capo troppo pacifico e troppo conciliante, ed ha esaltato l'avvento di Sidi Scerif, che afferma esser suo discepolo di religione e d'armi, giovane ed ardito guerriero, il quale intende riunire in un potente Stato tutte le tribù senussiane del centro dell'Africa e vuole rialzare l'autorità ed il prestigio del capo della confraternita col prender in persona la direzione di tutte le faccende religiose e politiche, e la direzione della lotta contro i francesi. Manterrà Sidi el Rifi, ma riservandosi la decisione su tutte le faccende.

Secondo il Vasani, Sidi Ahmed Scerif era presente agli ultimi scontri tra senussiani e francesi nel Kanen e l'odio dei senussiani contro i francesi è così forte che un accordo non sarà mai possibile e che l'avanzata dei francesi non potrà verificarsi che collo sterminio dei senussiti dell'Africa centrale e de Il' Algeria e Tunisia. Accennò, a questo punto, alla possibilità che fosse chiesto, in estremo caso, l'aiuto di qualche Stato europeo e riaffermò le sue simpatie per l'Italia, in favor della quale egli disse di aver fatto un'attiva propaganda tra i suoi correligionarj nel passato inverno. Mi limitai a ripetergli quel che già gli aveva detto nello scorso novembre circa la libertà di religione e di culto che le leggi italiane stabiliscono per tutti i sudditi del re Vittorio Emanuele e gli espressi la speranza che le ostilità coi francesi non si rinnovassero e che il nuovo Mahdi senussi continuasse a garentire il libero traffico tra il centro dell'Africa e la costa mediterranea, dando istruzioni alle tribù che da lui dipendono di lasciar passare liberamente le carovane commerciali e di proteggerle contro chi volesse depredarle. Ed il Vasani mi assicurò che il nuovo mahdi già aveva dato queste istruzioni e che avrebbe in ciò seguito l'esempio del suo predecessore.

Questa fu la conversazione che ebbi collo sceik Mohamed el Taib el Vasani, il quale si tratterrà vari giorni in Cairo e farà quindi ritorno presso Sidi Ahmed Scerif.

111 l Minuta autografa.

114

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 619/186. Gerusalemme, 24 settembre 1902 (per. il 4 ottobre).

Ho preso attenta cognizione del dispaccio in data 11 agosto u.s. ufficio diplomatico n. 38643/125 1 , relativo al pellegrinaggio che giungerà di questi giorni in Terra Santa.

114 l Cfr. n. 67.

Non mancherò d'uniformarmi alle istruzioni che V.E. m'impartisce, e mi adoprerò in ogni miglior modo affinché tale evento riesca a conferma del nostro diritto di protezione sui connazionali in Oriente, ma non debbo nascondere a V.E. che, se altrove, a Beirut o Damasco, è relativamente agevole evitare ogni aliena ingerenza, qui nei santuari inevitabilmente ella si affermerà.

Come impedire, ad esempio, che nelle funzioni al S. Sepolcro, cui i pellegrini interverranno, il console di Francia non reclami e non ottenga il posto d'onore in qualità di protettore?

Intanto il cardinale Gotti, prefetto di Propaganda Fide, scrive in data 6 settembre al patriarca una lettera molto tipica, che riferisco nei suoi quasi precisi termini: «Ci viene da buona fonte riferito che il Governo italiano ha fatto o farà dei tentativi affinché in occasione del prossimo pellegrinaggio costì sia accordato al console italiano un posto d'onore nei luoghi santi. Per evitare ogni sorpresa prego V.E. di voler vigilare attentamente affinché non si verifichi tal fatto che sarebbe contrario alle disposizioni emanate già da Sua Santità e dispiacerebbe certamente alla Nazione protettrice».

Non ho bisogno di far notare che si parla non soltanto di santuari ma di luoghi santi; e che non è il posto d'onore che si nega al rappresentante italiano, ma un posto qualunque sia d'onore, e in conclusione ogni ingerenza nel pellegrinaggio italiano. Istruzioni come V.E. vede, che sono in aperto contrasto cogli ordini cui io debbo eseguire. Preoccupato degli attriti che possono nascere da ciò, il custode, d'intesa col patriarca, è partito alla volta di Nazaret, incontro al cardinale per pigliare con lui gli opportuni accordi.

Secondo le ultime informazioni il cardinale verrà a Gerusalemme da Nazaret seguendo la via di terra a traverso la Samaria. Ho già disposto col governatore perché siano resi al cardinale gli onori militari, e non mancherò di recarmi incontro a lui in forma ufficiale e di mettermi a sua disposizione per quanto potesse occorrergli.

Le opportune istruzioni ho dato già al r. agente consolare a Giaffa per il ricevimento dell'altra parte del pellegrinaggio che verrà da Haifa per via di mare.

E in conclusione, io confido che, malgrado le istruzioni inviate dalla Propaganda Fide, il pellegrinaggio varrà ad affermare e consolidare la posizione da noi qui assunta rispetto alla protezione dei nostri religiosi.

Trasmetto copia del presente rapporto alla r. ambasciata in Costantinopoli2.

113 l Cfr. serie III, vol. V, n. 942.

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Merate, 28 settembre 1902.

Prego V.E. telegrafarmi quando è che ella verrà nell'Alta Italia, e se in tale occasione passerà a Milano, perché in tal caso mi procurerei il piacere di

vederla e risponderei a voce alle ultime lettere di VE. alle quali altrimenti risponderò col corriere'.

114 2 Per il seguito della questione cfr. n. 124.

116

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A MERATE

T. S.N. Vienna, 28 settembre 1902.

Un'indisposizione che dura ancora mi obbliga a rimandare ancora la mia partenza da Vienna al 7 od 8 ottobre', allora se VE. concede prenderei il mio congedo ordinario annuale, del quale profitterò per fare una cura. Io mi recherei con piacere a Milano dall' 11 ottobre in poi per conferire con lei. Intanto la prevengo che Pasetti deve partire domani per riprendere il suo posto, ed è incaricato da Goluchowski di farle delle comunicazioni, alcune delle quali si riferiscono appunto all'oggetto delle mie ultime lettere. Stimerei, quindi, utile che, prima di fare altre comunicazioni a questa ambasciata, VE. ascoltasse ciò che Pasetti è incaricato di dirle2.

117

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Merate, 29 settembre 1902.

Duolmi anzitutto la indisposizione di V.E. 1 che auguro abbia prontamente a cessare. Non ho difficoltà nessuna che ella prenda ora il suo congedo ordinario. Sarò lietissimo conferire con VE. per il l O o 12 ottobre a Milano. La prego di avvisarmi in tempo utile del giorno esatto del suo arrivo. Così mi riservo rispondere allora minutamente alla di lei lettera. Mi ero proposto di rimanere in Lombardia tranquillo qualche tempo; ma prevedo che mi sarà invece impossibile evitare presto una corsa a Roma. Quindi avrò occasione di conferire con Pasetti prima di incontrarmi con lei.

116 l Risponde al n. 115. 2 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 117. 117 l Cfr. n. 116.

115 l Per la risposta cfr. n. 116.

118

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 521/133. Tangeri, 29 settembre 1902 (per. il 5 ottobre).

La missione militare italiana che sin dall'aprile del 1889 è agli ordini ed al servizio di questo Governo ha goduto per tre anni, e cioè fino al 1892, del massimo favore del sultano allora regnante, Muley Hassan.

Sul finire del 1893 lo stesso sultano Hassan diede a divedere il proprio malcontento perché la fabbrica non produceva quella somma d'armi che incautamente gli si era fatta sperare: dimenticava Sua Maestà che la deficienza era dovuta alla affatto inabile mano d'opera indigena, e che l'esclusione, dal sultano stesso fin dal principio voluta, dello elemento operaio straniero, ne era la vera ed unica causa.

Sta di fatto che da quel momento la nostra missione fu da ogni parte osteggiata: che agenti segreti francesi, inglesi, spagnuoli e tedeschi con tenebroso costante lavorio, si industriarono e riuscirono a screditare i nostri ufficiali. Segnatamente i francesi, non perdonavano al sultano di avere agli italiani concesso ciò che da lor pure con insistenza erasi sollecitato.

D'altra parte, e in seno alla amministrazione moresca, tutti i funzionari aello Stato, dagli umana, od amministratori, ai più alti dignitari di Corte, mossi dal fanatismo ed esasperati nel vedere sorgere un monumentale edificio europeo, unico nello Impero, da europei esercitato, alle altrui malevoli acerbe censure si unirono; e, tutti insieme, intesero a demolire l'opera e la riputazione degli italiani.

Perché la esistenza stessa della missione non fosse bruscamente troncata e perché essa potesse il meno penosamente attendere al proprio compito, fu necessaria la costante vigilanza della r. legazione ed il diretto suo intervento mediante le note frequentissime missioni a Fez del r. segretario interprete signor cavalier Gentile.

Nonostante la scarsa sua produzione e nonostante le accennate opposizioni, la fabbrica d'armi, fino alla morte di Muley Hassan, avvenuta nell'estate del 1894, riuscì a mantenere salda la posizione sua e, per virtù propria, e perché, giova notarlo, il defunto sultano nel chiamare presso di sé più ufficiali italiani e ad un tempo il Rottenburg, ingegnere germanico, aveva accortamente accennato ad avvicinarsi alla Triplice ed in ispecie all'Italia, sperandone il morale sostegno contro le ambizioni francesi.

Morto Muley Hassan il Governo presieduto dal gran vizir, Sidi Ahmed ben Mousa, inaugurò una politica affatto diversa, la politica dello isolamento, delle porte chiuse, più non confidando nell'aiuto delle Potenze, le quali pur dicendosi amiche, nella quistione del Tuat non pure avevano risposto alle ripetute, insistenti proteste dal Marocco formulate.

Sembrò a Sidi Ben Mousa, più che ministro, reggente in allora dell'Impero, che di fronte alla platonica amistà di quelle Potenze, più non francasse la spesa di mantenere missioni militari estere.

Ed ecco come, e poco dopo l'assunzione al trono dell'attuale sovrano Muley Aziz, la fabbrica d'armi fu d'un tratto ed inopinatamente chiusa. Occorsero ulteriori negoziati e tredici mesi di nuovo soggiorno del cavalier Gentile a Fez, perché si riaprisse e perché il colonnello direttore ed i capi-tecnici italiani fossero riassunti in ufficio. Ed è da quella circostanza nel 1895 che intercedette la vigente convenzione per l'esercizio della fabbrica d'armi.

Ma fu breve illusione: la nostra missione venne a mano a mano perdendo il favore del Maczen e se visse, visse di vita indicibilmente stentata, finché, quattro anni dopo, nel 1900, questo Governo non si peritò di presentare il memorandum che l'E.V. ricorda e col quale, adducendo ragioni insussistenti d'economia, e formulando ogni maniera di appunti al personale dello stabilimento, senza ambagi concludeva perché al direttore ed ai suoi assistenti, un solo capo tecnico, non militare assunto e dipendente dal Maczen, si sostituisse.

Un anno appresso, nel 190 l, il Maczen sollecitava dalla r. legazione una risposta a questo memorandum: le ristrettezze del Tesoro imperiale, ed il grave onere che ad esso ne derivava, così di bel nuovo asseriva, esigere che il personale della nostra missione fosse quanto prima ridotto.

Non fu risposto: conveniva guadagnare tempo e confidare in un mutamento di pensieri, mutamento che per un istante parve prodursi, quando cioè il giovane sultano Muley Aziz, ritornando alla sua antica capitale di Fez, più volte visitò e lodò la missione militare italiana, sicché questa pur sembrò riacquistare il primitivo imperiale favore.

Ma così non avvenne: nell'animo del sovrano prevalsero i consigli de' suoi ministri, ai quali, mi consta da varie fonti, si fece credere che l'Italia erasi d'un tratto disinteressata del Marocco e che a questo suo disinteressamento pur era da ascriversi la recente, se non aggressiva, molesta attitudine della Francia rispetto al Marocco.

Di qui l'impressione oggi predominante a Fez: che gli ufficiali italiani al servizio del sultano gli siano nemici, nemici dal sultano stesso inconsultamente ospitati.

Tale è la situazione delle cose e tali son le difficoltà in mezzo alle quali la nostra missione si dibatte: far poco e male, tale è altresì la dura imputazione che in genere le si muove. Parrebbe insomma che si vogliano stancare i nostri ufficiali, sì da provocarne le dimissioni da parte del R. Governo.

E, scorretto come da qualche tempo si va addimostrando il Maczen in tutti i suoi atti, non dirò che io mi aspetti, ma non escludo che da un giorno all'altro e direttore e capi tecnici, siano d'un tratto licenziati: la qual cosa non sarebbe senza levare gran rumore in Paese e nella stampa nostra e straniera.

E' un tormentoso sospetto per cui un dilemma ormai parmi si imponga: o non tollerare che le cose volgano per la loro china e mediante una pronta ed energica azione della r. rappresentanza ricondurre il Maczen alla franca e leale osservanza del patto interceduto, significargli cioè che l'Italia, mentre altre missioni estere sussistono, la sua propria missione militare in Fez vuole conservata; oppure prendere noi la iniziativa del richiamo sia pur graduale degli ufficiali che la compongono, intavolando il negoziato con prudente discussione, sì da evitare i fastidiosi ed altrimenti immancabili commenti del pubblico ed in guisa altresì da tutelarne il decoro ed i personali interessi.

l) Il Governo del re essersi in addietro privato, per fare cosa gradita a S.M. il Sultano, de li'opera di quegli egregi suoi ufficiali, ma nella intelligenza che, non appena compiuta la costruzione e sufficientemente addestrato il personale indigeno dell'arsenale, essi dovessero fare ritorno alle officine militari nel Regno d'onde provenivano.

2) Queste condizionali apparire da tempo risolte in fatto, e la r. amministrazione per la guerra desiderare e chiederne adesso il rimpatrio.

3) Un equo compenso, a titolo d'indennizzo, agli ufficiali essere dovuto e per loro reclamarsi per le perdite che da più anni e per effetto delle oscillazioni del cambio, essi subirono.

4) La direzione amministrativa e tecnica dell'arsenale per ovvie ragioni di politica convenienza e per giusti riguardi all'Italia, neppure dovere in nessun caso passare a mani straniere.

Queste, a debole mio avviso, le motivazioni e le basi dell'eventuale accordo.

Senza voler pregiudicare sulle decisioni della E.V., mi sia lecito aggiungere che le gestioni della r. rappresentanza tanto se dirette al mantenimento della missione, come se intese al richiamo di essa, nei modi e nelle forme che ho accennate, poco frutterebbero se condotte per ordinario ufficiale carteggio.

L'assunto vorrebbe direttamente ed a voce essere trattato alla Corte sceriffiana. Consentendo I'E.V in questi miei concetti io muoverei quando che fosse per Fez viaggiando per modo da sostenere la minore possibile spesa.

E l'occasione pur sarebbe propizia per sistemare i molti reclami amministrativi che da anni sono rimasti insoluti, malgrado le note e le incessanti mie scritte rimostranze e proteste al Maczen '·

119

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

D. RISERVATO 46285/401. Roma, 30 settembre 1902.

Nel suo rapporto del 15 corrente, n. 474', la S.V. afferma che la nostra cooperazione in Somalia ci assicura contro le eventualità che il Mullah sia spinto nell'hinterland del Benadir.

Pur troppo, la situazione attuale, come risulta dal dispaccio in data di ieri2, dimostra che le operazioni della colonna Swayne non sono state condotte in modo da impedire a Mad Mullah di aver libera la via verso l'hinterland del Benadir, mentre la nostra cooperazione non ha potuto impedire che ciò avvenisse.

Al conte Lovatelli è stato domandato, come ella sa, un particolareggiato rapporto che ci metterà in grado di renderei esatto conto della situazione.

118 l Per la risposta di Prinetti cfr. n. 283. 119 l R. 1107/474, non pubblicato. 2 D. riservato 46176/400, con allegata una lettera del 20 settembre per Lovatelli, non pubblicato.

120

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 46302/141 1. Roma, 30 settembre 1902.

Ho il suo rapporto n. 108, in data del 10 agosto u. s.2.

Scrivo al nostro ambasciatore in Parigi per avere, possibilmente, notizie sugli intendimenti e i propositi del Governo della Repubblica dopo l'atteggiamento assunto dal negus nella questione della ferrovia Gibuti-Harar.

Nell'attuale situazione politica dell'Etiopia, è nostro interesse che la linea ferroviaria di penetrazione nell'interno dell'Abissinia e, in genere, qualsiasi altra impresa che tenda a sfruttarne le risorse o estendervi speciale influenza politica o commerciale, non sia a vantaggio di una sola Potenza, ma rimanga, invece, aperta all'azione di tutte, senza speciali privilegi per alcuna.

Questo è l'obiettivo al quale deve costantemente mirare la sua azione.

Nella questione presente quindi della linea ferroviaria Gibuti-Harar, l 'Italia non avrebbe che a guadagnare dalla costruzione per parte dell'Inghilterra, di una linea concorrente che da un punto dei possedimenti britannici del Somaliland giungesse a Harar.

Siccome, però, l'Inghilterra ha in ciò un interesse diretto preponderante, a noi conviene di !asciarla agire in prima linea, tenendo abilmente attitudine molto riservata, per non urtare le suscettibilità della Francia, in modo da poter, a trattative finite, grazie alla posizione privilegiata che ella ha saputo acquistarsi presso il negus, trarre vantaggio dai conservati cordiali rapporti con Francia e Inghilterra.

A raggiungere questo scopo miravano appunto le istruzioni che, suli'atteggiamento da tenersi nella questione della ferrovia, io le impartii col dispaccio del l O corrente, n. 1213.

121

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 130. Addis Alem, 2 ottobre 1902 (per. il 7 novembre).

Ho l'onore di accusare ricevuta del dispaccio n. 40678 in data 26 agosto! e dei due uniti rapporti della r. ambasciata di Costantinopoli, riguardanti il viaggio di abuna Mathios.

alle rappresentanze ali' estero.

2 Cfr. n. 65.

3 Cfr. n. 103.

Nel mio rapporto n. 1252 ho già riferito a V.E. la versione che il negus mi volle dare circa la lettera sua consegnata da abuna Mathios allo tzar; versione che, come dissi, afferma indubbiamente che l'abuna fu effettivamente latore di una lettera di Menelik: nello stesso rapporto riferii l'affermazione di Menelik di avere pure per mezzo dell'abuna inviato una lettera al sultano di Costantinopoli.

Stabilito quindi nel mio precedente rapporto l'esistenza delle lettere per lo tzar e per il sultano, insistetti nel dimostrare a V.E. la poca importanza che tale fatto in se stesso dovrebbe avere, date le esplicite e formali dichiarazioni dell'imperatore a quel proposito: senonché V.E. potrebbe giustamente obiettare che di tali dichiarazioni non si può tener gran conto dato il fatto precedente di avere l 'imperatore stesso negata l'esistenza della lettera allo tzar, qualora però la situazione politica attuale di Abissinia, i propositi più volte espressi dall'imperatore e dall'imperatrice, la volontà del clero e del popolo di Etiopia, e più di ogni altro l'esperienza del passato, non ci dimostrasse chiaramente quanto sia lontana e contraria dalla mente del negus ogni idea di fusione o di una qualunque dipendenza o di più intimo collegamento tra la chiesa abissina e la chiesa russa.

Ad ogni modo però la condotta tenuta da abuna Mathios in tutto il suo viaggio di fronte alle autorità cofte, e quella delle autorità politiche e religiose russe d'oriente, che ostentatamente si fecero protettrici dell'abuna quasi a dimostrare una qualunque dipendenza politica o religiosa di questi, o per lo meno una stretta relazione tra di essi, non può passare inosservata né a noi né all'imperatore di Etiopia.

Per ciò che direttamente ci interessa, non credo che tale fatto possa per ora rappresentare per noi un pericolo: l'imperatore, con sua lettera diretta al sultano, che inviai a V.E. perché gli sia consegnata, dichiarò di aver affidata al r. console d'Italia in Gerusalemme la protezione dei sudditi etiopici in Terra Santa. La posizione quindi del nostro console a tale riguardo parmi sia completamente chiarita, ed ogni possibile incidente o difficoltà presso le locali autorità eliminato.

Le lettere stesse dell'imperatrice che affida la questione dei suoi personali interessi in Palestina al nostro console di Gerusalemme ci danno affidamento che l'imperatore non voglia fare in proposito altri mutamenti.

Le platoniche aspirazioni dei russi per una possibile unione tra le due chiese, russo-ortodossa ed abissina, sono note; non è quindi da meravigliarsi se essi cerchino di assumere in oriente la protezione dei sudditi etiopici: la faccenda di Deir-esSultan che pone di fronte interessi cofti ed abissini, minaccia, anziché di unire, di separare completamente le due chiese, e troncare ogni rapporto tra di esse.

Non è quindi strano che abuna Mathios cofto pure esso, e nel tempo stesso vescovo di Abissinia, abbia cercato una soluzione nella questione di Deir-es-Sultan, colla quale egli spera di accontentare l'imperatore Menelik senza però inimicarsi i cofti d'oriente.

Tale soluzione potrebbe essere quella intavolata all'ambasciata di Russia di Costantinopoli, onde ottenere dal sultano la concessione di un terreno a Gerusalemme per la costruzione di un convento abissino, lasciando quello di Deir-el-Sultan ai cofti.

Mi sono quindi fatto premura di riferire in tutti i suoi particolari all'imperatore il contenuto del rapporto n. 730/370 della r. ambasciata di Costantinopoli: gli ho fatto notare l'ostentata protezione accordata dalle autorità politiche russe di Costantinopoli al suo inviato presso il sultano, ed i pericoli che l'ambigua condotta dell'abuna potrebbe far nascere.

L'imperatore che fu molto sensibile alle ultime manifestazioni di considerazione ricevute dagli inviati suoi in Europa, si dimostrò ora meravigliato dall'ingerenza delle autorità politiche russe nei suoi rapporti col sultano, e circa la condotta di abuna Mathios, confidenzialmente mi disse di avergli già scritto, incaricandolo di comunicare al patriarca cofto di Gerusalemme il suo pensiero, che egli intende di sostenere i suoi diritti sul convento di Deir-el-Sultan, che la chiesa di Abissinia si è dimostrata devota e riverente verso il patriarca di Gerusalemme, ma che se fatti come quello di Deir-el-Sultan continuassero a dimostrare in qual poco conto essa è tenuta dai cofti di Gerusalemme, potrebbe venir meno la devozione e la riverenza dimostrate fin'ora.

Questo è il pensiero dell'imperatore che potrebbe in fondo nascondere una minaccia: certo che il clero abissino vedrebbe con gioia spuntare il giorno in cui, sbarazzatosi dagli abuna cofti, potrebbe avere vescovi scelti tra i suoi; quanto a tale proposito disse lo stesso Memher Fecadà al console di Gerusalemme ne è prova.

Riepilogando quindi quanto dissi nei miei precedenti e nel presente rapporto circa il viaggio di abuna Mathios in Russia ed in oriente, parmi si possa addivenire alle seguenti conclusioni:

l) Abuna Mathios non venne dall'imperatore Menelik incaricato di alcuna speciale missione politica o religiosa né in Russia né a Costantinopoli.

2) Scopo principale del suo viaggio, per conto di Menelik fu la soluzione della vertenza di Deir-el-Sultan.

3) Il viaggio dell'abuna però era stato da tempo preparato da lui stesso e dall'agente diplomatico russo in Abissinia.

4) Egli fu realmente latore di lettere per lo tzar e per il sultano, ma tali lettere, anziché riferirsi a speciali interessi politici o religiosi, furono una semplice manifestazione di amicizia.

5) Nessun pericolo per ora dovrebbe minacciare la nostra protezione sui sudditi etiopici in Palestina.

6) Nessuna importante conseguenza politica o religiosa potranno avere in Etiopia gli intrighi dei russi e di abuna Mathios tranne quello forse di alienare maggiormente a quest'ultimo l'animo del clero abissino e renderlo sospetto all'imperatore.

120 l L'originale non è stato trovato. Il testo che si pubblica è quello a stampa inviato per conoscenza

121 l Cfr. n. 86.

121 2 Del 24 settembre, non pubblicato.

122

IL CONSOLE A ZARA, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 1284/138. Zara, 3 ottobre 1902 (per. il 7).

Mi reco a dovere di trasmettere all'E.V., insieme al testo originale, la traduzione d'un articolo!, apparso ieri l'altro nel giornale croato il Narodni List di Zara, in occasione del recente congresso della «Dante Alighieri» in Siena, in cui si attaccano con inaudita violenza il nostro Paese e tutti i nostri governanti, i quali vengono tacciati apertamente quali fautori di propaganda irredentista in Austria, ed agitatori di propaganda politica italofila in Albania.

123

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL' AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1525. Roma, 4 ottobre 1902, ore 18.

Mi riferisco dispaccio 13 settembre n. 2981. R. console generale in Gerusalemme ritiene più prudente, per impedire indiscrezioni, non dar notizia a quei monaci della lettera Menelik al sultano fino a che questione protezione non sia regolata con la Porta2. Ritenendo opportuna questa considerazione ho autorizzato cavalier Carletti3 spedire lettera direttamente all'E. V. Quando le sarà giunta, la prego di rimetterla ufficialmente al sultano, domandando nel modo che ella crederà più opportuno che siano prese necessarie disposizioni per riconoscimento ufficiale della protezione consolato d'Italia su etiopi in Terra Santa.

124

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1789/16. Gerusalemme, 6 ottobre 1902, ore 15 (per. ore 0,20 del 7).

Cardinale giunse sabato ricevuto da me a Sciafat 1 . Presentai al cardinale autorità civili e militari, dragomanni di tutti i consolati. Dragomanno francese non

2 T. 1768 del2 ottobre, non pubblicato.

3 T. 1524 del 4 ottobre, non pubblicato.

intervenne. Cardinale fece resto via in carrozza con me, entrò Gerusalemme fiancheggiato da solo consolato d'Italia. Bandiera nazionale precedeva pellegrinaggio; ali 'ingresso Gerusalemme marcia reale onoranze militari come principe del sangue. Andammo Santo Sepolcro. Erano colà console di Francia, tutti i consoli cattolici. Capitolo pronunziò discorso improntato benemerenze italiane. Manifestazione esclusivamente italiana, riuscita splendida, nessun incidente. Pellegrini entusiasti, cardinale commosso. Governatore fece ieri prima visita cardinale.

122 l L'allegato non si pubblica.

123 l Analogo al n. 105.

124 l Cfr. nn. 67 e 114.

125

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1555. Roma, 6 ottobre 1902, ore 22.

Azione navi da guerra su costa araba di cui mio dispaccio 22 settembre 31 Ol sta per essere iniziata. Sarà bene V.E. faccia comprendere a codesto ministro affari esteri che, essendo rimaste senza effetto nostre ripetute domande per ottenere da Sublime Porta necessari provvedimenti per punizioni atti pirateria perpetrati da gente costa araba contro Eritrea, Governo del re, dopo lunga attesa, ha determinato di provvedere direttamente coi suoi propri mezzi, in conformità di quanto codesta ambasciata ebbe istruzioni di notificare alla Porta2.

126

IL MINISTRO A LIMA, PIRRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1799/26. Lima, 7 ottobre 1902, ore ... l.

Affare Figallo2. Con nota di ieri questo ministro degli affari esteri rispondendo a tutte le mie precedenti comunicazioni, respinge diritto r. legazione intervenire in un affare di esclusiva competenza della autorità giudiziaria; soggiunge saranno date

al danneggiato del secondo incendio ampie guarentigie per sostenere le sue ragioni dinanzi al tribunale; conclude azione diplomatica soltanto ammissibile, in caso negata o ritardata giustizia, non ancora avvenuta. Conoscendo V.E. le mie precedenti comunicazioni, potrà valutare tale risposta che mi sembra insufficiente e tendenziosa, in quanto elimina questione primo incendio, cui impunità cagionò secondo. Data tendenza dilatoria di questo Governo, riterrei inutili ulteriori discussioni.

125 l D. confidenziale 44792/31 O, non pubblicato. 2 Sulla questione cfr. M. LENCI, Eritrea e Yemen. Tensioni itala-turche nel mar Rosso. 1885-1911, Milano, Franco Angeli, 1990, pp. 71 sgg. 126 l Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 2 Cfr. n. 81.

127

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1311. Addis Alem, 10 ottobre 1902 (per. il 14 novembre).

Ho l'onore di trasmettere a V.E. l'accluso progetto di convenzione tra il Governo francese ed il Governo etiopico per la ferrovia di Gibuti, che fu dal signor Ilg inviato ali 'imperatore, e che da questi mi venne comunicato in via assolutamente confidenziale e personale.

A V.E. non potrà sfuggire il valore che tale documento ha per se stesso, e quali saranno le conseguenze che ne deriverebbero, qualora tale progetto venisse accolto dal negus.

Accuso in pari tempo ricevuta del dispaccio n. 121, in data del l O dello scorso mese2, assicurando V.E. che sarà mio dovere attenermi scrupolosamente alle istruzioni in esso contenute.

Permetta però a me, che da lunghi anni mi trovo qui e più direttamente in condizione di conoscere e valutare l'opera che Francia ed Inghilterra stanno da tempo spiegando presso Menelik, di far presente, in via subordinata, a V.E. il mio penstero.

Innegabilmente tra le Potenze europee che hanno interessi e dirette relazioni con l'Etiopia, le sole che possono di fronte ad essa ed all'imperatore contendersi il primato, sia per il prestigio della loro forza ben conosciuta, sia per l'azione da esse spiegata, sia per gli scopi che intendono raggiungere, sono la Francia e l'Inghilterra: è inutile quindi su questo proposito farsi illusioni e vivere di lusinghe.

Ma è pur certo, però, che per la speciale favorevole posizione da noi acquistata presso l'imperatore, l'imperatrice, ed in genere il popolo abissino, l'azione nostra, sia pur secondaria, ed il nostro consiglio sono e saranno di grande valore nel mantenimento dello statu quo e nello svolgersi di ogni azione od influenza politica in Etiopia.

127 I L'originale non è stato trovato. Il testo che si pubblica è quello a stampa inviato per conoscenza alle rappresentanze diplomatiche. 2 Cfr. n. 103.

Mentre Menelik di noi si vale per equilibrare la sua politica tra Francia ed Inghilterra, entrambe queste ultime, consce del valore del nostro consiglio presso di Menelik e preoccupate del nostro atteggiamento, sia a favore, sia contro l'una di esse, cercano entrambe di attrarci nel loro rispettivo campo di azione.

Sta a noi decidere quale sia la condotta più conveniente ed opportuna, principalmente ora di fronte alla questione che inevitabilmente si solleverà tra l'Inghilterra e la Francia per la ferrovia di Gibuti.

Non intendo ora discutere sui pregiudizi morali e sui gravi danni economici che la «privilegiata concessione» delle ferrovie, qualora venisse fatta dal negus al Governo francese, recherebbe a noi pure, ma solo obiettivamente mi permetto domandare a VE. se sia a noi conveniente, o meglio, se sia a noi possibile restare estranei ed indifferenti di fronte ad un fatto, quale è quello della convenzione tra i due Governi di Francia ed Etiopia, che darà alla Francia in Abissinia una preponderanza politica ed economica, e le permetterà, calpestando diritti da noi acquisiti, di infiltrarsi e giungere alla conquista pacifica di territori come l 'Harar e l'Aussa, sui quali da tempo ci illudiamo di estendere il nostro dominio.

Converrà a noi, rimanendo estranei a questo problema politico, di così grande valore, nella sola speranza di ottenere la gratitudine o di evitare le lagnanze della Francia, di rinunciare ai vantaggi che una più stretta unione di interessi coli' Inghilterra ci recherebbe in avvenire?

Non lusinghiamoci, se pochi furono i vantaggi che in Africa ritraemmo dalla tanto invocata comunità d'interessi con l'Inghilterra, quali furono le prove di amicizia accordateci dalla Francia? La Francia, qui rappresentata dal signor Lagarde, ancora oggi continua una politica a noi ostile, né il Governo francese ha saputo o voluto, come ogni sentimento di umanità e di giustizia gli imporrebbe, soccorrere le famiglie di quei nostri operai morti su quelle rotaie che oggi stanno per divenire il più efficace mezzo di annientamento della nostra influenza politica e commerciale in Etiopia.

Creda, V.E., che non sono speciali tendenze o personali simpatie, che mi fanno propendere dalla parte d eli 'Inghilterra piuttosto che dalla Francia; unico mio scopo è il raggiungimento dell'ideale per tanti anni coltivato, per il maggior decoro e lo sviluppo dei nostri interessi politici ed economici in Etiopia; credo che il momento sia decisivo, e che dalla linea di condotta politica che noi vorremo adottare di fronte alla Francia ed all'Inghilterra nella contesa che sta per sorgere, dipenda il nostro avvenire in Abissinia; il rimanere estranei all'azione che tra di esse si sta per svolgere, per la ferrovia di Gibuti, significa, a parere mio, rinunciare a quegli eventuali vantaggi che la nostra attuale situazione, di fronte ad esse ed a Menelik, ci dovrebbe procurare.

In ubbidienza intanto agli ordini di VE. mi sono limitato di consigliare l'imperatore, in seguito a sua istanza, di non precipitare gli eventi, e attendere il ritorno del signor Ilg per prendere qualsiasi decisione riguardante il qui unito progetto di convenzione.

Posso assicurare VE. che l'azione mia, per ciò che riguarda la ferrovia di Gibuti, si limitò al consiglio dato al negus, d'accordo col signor Ilg, direttamente

interessato in quell'affare, e quindi non certamente contrario agli interessi della compagnia, epperciò agli interessi francesi: con tale consiglio si cercava di guadagnar tempo onde avere istruzioni.

Le mie relazioni personali col signor Lagarde furono sempre amichevoli, benchè la sua azione sempre ci sia stata contraria, anche quando le relazioni politiche in Europa tra Francia ed Italia parvero divenire sempre più cordiali, e se l'uno dei due Governi può muovere lagnanze verso dell'altro per procedimenti non improntati a sentimenti di amicizia, certo non è il Governo di Francia.

ALLEGATO

PROJET DE CONVENTION ENTRE LES GOUVERNEMENTS FRANçAIS ET ÉTHIOPIEN

Exposé:

S.M. I'Empereur d'Ethiopie ayant, par acte du 9 mars 1894, accordé à la compagnie impériale des chemins de fer éthiopiens, la concession privilégié, à l' exclusion de toute ligne concurrente, de la construction et de l'exploitation d'un réseau de voies ferrées entre ses Etats et la mer par la colonie de la cote française des Somalis, d'autre part, le Gouvernement français ayant autorisé cette compagnie à établir sa ligne en territoire français jusqu 'à Djibouti, et, par conventi an du 6 février 1902, ayant, e n outre, accordé à celle-ci son appui financier pour l'exécution des travaux et stipulé certaines clauses dont l'application en territoire éthiopien est, d' après l'artici e 18 de la dite convention, subordonnée à une entente entre !es Gouvemements français et éthiopien, le présent arrangement est conclu afin de régler !es conditions de cette entente.

Art. ler. Les deux Gouvernements prendront, de commun accord et sur l'étendue de leurs territoires respectifs, l es mesures nécessaires pour assurer l'applicati an des dispositions prévues dans l' acte de concessi an du 9 mars 1894 et dans la convention du 6 février 1902 relatives au maintien de la sécurité et du bon ordre sur les lignes exploitées.

D'autre part, la compagnie étant française et son siège social étant à Paris, le Gouvemement français assurera le contrale financier de la compagnie conformément aux clauses de ces memes actes.

Art. 2. Dans le cas où la compagnie des chemins de fer ne se conformerait pas aux engagements contractés par elle, soit avec le Gouvemement éthiopien par l'acte de concession du 9 mars 1894, soit envers le Gouvemement français par la convention du 6 février 1902 et deviendrait passible de déchéance, !es mesures à prendre contre elle seraient arretées et exécutées de commun accord par !es deux Gouvemements. L'exercice de la faculté de rachat reste subordonné également à une entente préalable qui déterminera les conditions de participation des deux Gouvemements à cette opération.

En cas de déchéance ou de rachat les deux Gouvernements se concerteront pour constituer aussi promptement que possible une nouvelle compagnie française qui sera subrogée, au lieu et piace de la compagnie évincée, dans les privilèges, droits, charges et obligations résultant aussi bien vis à-vis du Gouvernement français que du Gouvernement éthiopien de la convention du 6 février 1902 et de l'acte de concession du 9 mars

1894. Des dispositions analogues seront prises d'un commun accord entre les deux Gouvemements à la fin de la concession pour régler !es conditions d'exploitation ultérieure.

Art. 3. Le c h emi n de fer ayant pour but de facil iter et de développer l es relations de l'Ethiopie avec la France et !es autres Pays, le Gouvemement français ne prendra sur son territoire aucune mesure d'exemption de nature à entraver le transit des marchandises de l'étranger ou de l'Ethiopie.

Art. 4. Le Gouvemement éthiopien ne permettra point, sans un accord préalable avec le Gouvemement français, la construction d'un embranchement quelconque sur la ligne de Djibouti à Adis Abeba, dont l'exécution serait de nature à affecter la sécurité ou à entraver l'expansion économique de la colonie françaisc de la còte des Somalis.

De son còté, le Gouvemement français fera le nécessaire pour interdire, à moins d'une demande de l 'empereur, le transit par la ligne de Djibouti, des troupes, munitions ou matériel de guerre.

Art. 5. La désignation de l'agent ou des agents du Gouvernement français qui auront à exercer leurs fonctions de contròle sur le chemin de fer en territoire éthiopien sera soumise à l'agrément de l'empereur d'Ethiopie.

Art. 6. Lorsque la redevance, stipulée en faveur du protectorat de la còte française des Somalis par l'articie 11 de la convention du 6 février 1902, dépassera, pour une année, la somme de 500,000 francs, la moitiée de l' excédent sur ce chiffre sera, après règlement des comptes annuels, attribuée et versée au Gouvernement éthiopien.

Art. 7. Les deux Gouvernements rechercheront ensemble !es voies et moyens !es plus avantageux à leurs intérèts communs pour la continuation de la ligne, le Gouvernement français promettant d'ores et déjàs ses bons offices à cet effet.

128

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1201/520. Londra, 11 ottobre 1902 (per. il 14).

Con rapporto del 9 ottobre' il r. incaricato d'affari riferiva una comunicazione fattagli dal marchese di Lansdowne circa la suggerita conferenza in cui avrebbero a decidersi le ulteriori operazioni contro il Mad Mullah in Somalia. Nella prima visita che feci ieri al ministro dopo il mio ritorno di congedo, Sua Signoria mi ha ripetute le cose da lui dette al signor Carignani, rimettendomi la memoria qui unita2, che le conferma in sostanza.

2 Non si pubblica.

Come risulta da questo documento e da quanto mi espose il marchese di Lansdowne, il Governo inglese non ha potuto ancora formarsi un sufficiente criterio sul progetto di una eventuale discesa sulla costa somala allo scopo di creare una diversione contro il Mullah; e del resto, come aggiunse Sua Signoria, la stagione è ormai troppo avanzata per una prossima attuazione di uno sbarco su quelle coste. Egli non precisò alcuna data, ma credo che la sola epoca propizia per un tale sbarco sarebbe nell'intervallo di relativa calma che suole verificarsi dopo cessato il monsone d'inverno e prima che si dichiari quello estivo, cioè nel mese di aprile. Questo inevitabile ritardo ci dà quindi tempo per considerare la proposta preliminare di una visita sui luoghi che, come mi disse il marchese di Lansdowne, potrebbe essere fatta da una piccola cannoniera inglese durante l 'inverno, per constatare la praticabilità dello sbarco stesso ed il punto più opportuno ove effettuarlo. Se la visita potesse aver luogo, per esempio, nel prossimo dicembre, i suoi risultati, unitamente ai rapporti attesi nel frattempo dal teatro delle operazioni, fornirebbero i necessari elementi di fatto per una conferenza da tenersi, per esempio, nel gennaio in Roma, allo scopo di deliberare di concerto sul da farsi. Il marchese di Lansdowne insisté nuovamente sul desiderio delle autorità inglesi di procedere in questo affare nel comune interesse ed in piena armonia colle vedute del Governo italiano ed aggiunse che per la scelta del luogo e delle modalità di un possibile sbarco, esse sarebbero liete di p o tersi valere dell'esperienza e dei consigli dei nostri ufficiali, che conoscono quelle coste.

128 1 R. 1194/514, non pubblicato. Allegato a tale rapporto è il seguente appunto diAgnesa del 15 ottobre: "P.M. Il Governo inglese rimanda a tempo indeterminato la conferenza e propone preliminarmente di intendersi con esso per una visita sulla costa orientale somala di protettorato italiano onde accertare l'opportunità e il punto di uno sbarco. Abbiamo tempo a rispondere; però bisogna por mente che se consentiamo il sopralluogo ci impegniamo moralmente per lo sbarco. Sarebbe quindi, forse, opportuno fare subito una risposta anodina per pensar bene alla cosa, sui rapporti Lovatelli". Cfr. n. 137.

129

SCIPIO SIGHELE AL PRESIDENTE DELLA «DANTE ALIGHIERI», VILLARI 1

L. PERSONALE. Nago, 13 ottobre 1902.

Rispondo con qualche ritardo alla sua del 2 corrente2 perché fui assente da N ago.

Anzitutto ringrazio lei e il Consiglio della «Dante Alighieri» per avere accettato e approvato in massima la mia proposta. Questa proposta io feci, persuaso della sua praticità a tener alto la lingua l'arte e la scienza italiana presso gli italiani soggetti all'Austria, e soprattutto spinto daJl'amor che ho per il mio Trentina.

129 I Da Archivio della Società nazionale "Dante Alighieri". 2 Cfr. n. 109, nota 2.

Ora che la «Dante Alighieri» ha accolta la mia proposta e nulla manca fuorché discuterne le modalità de li'esecuzione, io credo mio dovere trarmi in disparte e lasciare che la Società degli studenti trentini esponga direttamente alla «Dante Alighieri» programma e preventivo dei vagheggiati corsi liberi ad Innsbruck, e che il dottor Guglielmo Ranzi, fiduciario della «Dante» nel nostro Paese, conduca cogli studenti tutte le pratiche necessarie.

So che fra breve il programma e il preventivo saranno concretati definitivamente e sottoposti all'esame della «Dante Alighieri». Augurandomi che questa li approvi ed accordi il sussidio3 ...

130

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1221/525. Londra, 14 ottobre 1902 (per. il 26).

Essendomi risultato che questa ambasciata di Turchia aveva negli scorsi giorni comunicato al Foreign Office una circolare della Sublime Porta nella quale questa invocava i buoni uffici delle Potenze per esortare il Governo bulgaro a prevenire più efficacemente che noi faccia i tentativi dei comitati rivoluzionari in Macedonia!, colsi l'occasione di una mia visita a questo ministro degli affari esteri per domandargli se e quale risposta egli avesse data a quella comunicazione.

700.000 italiani soggetti all'Austria ce n'è, sia detto inter nos, 415 clericali) sta di fronte al pangerrnanismo nella proporzione di l a l O, ed al panslavismo di l a 15 (fatti tutti i conti, cioè defalcati i croati, i polacchi, i tirolesi, i feudali, i fedelissimi ecc.). Nel suo articolo riassuntivo del discorso di Siena, starebbe bene, a parer mio, una nota breve breve in cui, alludendo alle piccole noie che le diede la polizia in Dalmazia, scherzasse un poco sulle fisime dcii' Austria, ripetendo che la Dante Alighieri non è, per giunta, un club irredentista, ma uno Schulverein che va trattato come tutti gli Schulverein e le Cirillo e Metodio di questo mondo".

A quanto potei inferire dalle parole di Sua Signoria, pare che l'accoglienza da lui fatta alle richieste del rappresentante ottomano sia stata piuttosto riservata, nel senso cioè che il Governo inglese si porrebbe in comunicazione con gli altri Gabinetti per sentire le loro disposizioni, che però l'eventuale azione dipbmatica da esercitarsi a Sofia non era di particolare spettanza del Governo inglese, ma piuttosto dei Governi dei due Stati più vicini alla Bulgaria i quali occupavano una posizione di maggiore autorità verso quel Principato. Codesta attitudine di quasi indifferenza del Gabinetto britannico sarebbe stata alquanto accentuata, se è vero quanto mi fu riferito, che alle insistenze dell'incaricato d'affari ottomano il marchese di Lansdowne avrebbe replicato con qualche ironia che la Sublime Porta potrebbe più opportunamente dirigere le sue raccomandazioni al granduca russo giunto appunto in quei giorni a Costantinopoli a bordo di una corazzata e mentre il Governo russo insisteva per il libero passaggio delle sue torpediniere attraverso i Dardanelli. ·

Di questo ultimo fatto il Gabinetto britannico mostra infatti provare una certa preoccupazione ed il marchese di Lansdowne mi osservava come quella richiesta fosse in contrasto con le stipulazioni del Trattato di Parigi, dai termini del quale nonché dai processi verbali delle conferenze che lo avevano preparato, risultava non essere in facoltà del sultano di accordare simili permessi a legni da guerra, anche se coperti da bandiera commerciale come lo sarebbero le torpediniere di cui si tratta. Avendogli io però domandato se il Governo avesse fatto opposizione alla concessione di quel permesso, la risposta di Sua Signoria mi lasciò l'impressione che si esitava a ciò fare, avendomi egli detto in modo piuttosto evasivo che si erano interrogate le altre Potenze alle quali altrettanto e più che all'Inghilterra doveva premere di veder rispettate le disposizioni dei trattati.

E' questo un nuovo indizio di quella estrema cautela che negli ultimi anni si è imposta il Gabinetto di Londra, in tutti gli atti toccanti--al vicino Oriente che potrebbero porlo in contrasto con la Russia. L'esperienza dei casi del 1896, quando in seguito al tentato intervento per gli affari di Armenia, il marchese di Salisbury si vide costretto a desistere da passi ulteriori di fronte al deciso contegno del principe di Lobanoff, ha servito di norma al Governo britannico, il quale non si è d'allora in poi, più dipartito da un contegno di ponderata riserva in tutte quelle questioni. Le gravi difficoltà nelle quali esso si è successivamente trovato involto in tante altre parti del mondo, non hanno certamente contribuito a distoglierlo da quella linea di condotta, ed anche ora esso rifugge dallo assumere la parte preminente che in altri tempi l'Inghilterra ha rappresentato nelle cose di Turchia, studiandosi invece di tenersi in linea, e piuttosto indietro che non in prima fila, fra le Potenze che traggono dai trattati diritti ed obblighi speciali in quelle questioni.

Questa stessa ripugnanza fa sì che il Governo inglese segua con una certa inquietudine gli eventi di Macedonia, donde provengono notizie contraddittorie le quali inspirano molte incertezze circa la loro gravità e le conseguenze che ne potrebbero derivare a breve scadenza. L'impressione prevalente al Foreign Office è però che non si tratti finora di un movimento decisivo. Si crede, o almeno si spera, che l'appressarsi della stagione invernale e la presenza delle preponderanti forze ottomane di fronte agli scarsi mezzi di cui dispongono i comitati bulgari riescano questa volta ancora ad allontanare la invisa necessità di un'azione europea alla quale la Gran Bretagna meno ancora delle altre Potenze è preparata. Ciò suppone beninteso che la Russia non abbia qualche interesse a discostarsi dalla attitudine osservata in questi ultimi anni d'accordo con l'A\lstria-Ungheria. Malgrado taluni indizi che -come le recenti feste di Shipka -ispirerebbero su ciò qualche dubbio, si persiste tuttavia a confidare che quella Potenza non abbia per il momento intenzione di precipitare gli eventi: ma la situazione nelle provincie europee della Turchia non è tale da permettere alcun calcolo positivo circa il momento in cui dovrà compiersi ciò che poté fioora essere rinviato da resistenza passiva più che dalla possibilità di un efficace rimedio2.

129 3 Si pubblicano qui due brani di una lettera di D. Sanminiatelli a Villari, Perignano, di datazione incerta, forse 15 gennaio 1903 (Archivio della Società nazionale "Dante Alighieri"): "E si parli presto, non a coro pieno, ma fra i più attivi, delle modalità del congresso di Udine. Io crederei-l) Che a due dita dal confine austriaco sarebbe più che inopportuna una seconda gita di qualsiasi sottosegretario agli esteri. Mandino quello delle poste e telegrafi o dei lavori pubblici o del! 'istruzione, e non si dia lettura di lettera troppo laudativa del Prinetti, scusante la sua assenza. Perché a Udine, per quanto useremo prudenza grande, qualche intemperanza irredentista-piazzaiola nascerà, se non nella sala delle riunioni, sulla soglia. Vi sono (non se lo dimentichi) fra i più bollenti patrioti triestini, delle anime vendute che la fanno da agenti provocatori. -2) Ch~ si debba ad ogni costo evitare, non solo una gita collettiva ma una gita di 'comitive di soci' oltre confine. E questa una idea cattiva sotto ogni riguardo. Ne ho sentito, con rincrescimento, parlare a Siena da diversi ... L'Austria è stupida come sempre lo fu. Invece di badare alle travi (irredentismo tedesco e irredentismo slavo) bada al fì.tscellino. Quando paresse e piacesse allo zar od a Guglielmo II, la Monarchia austro-ungarica cesserebbe d'esistere. L'irredentismo italiano, se pure seriamente esiste (fra i

130 l Analoga comunicazione venne fatta all'Italia e alle altre Potenze. Le risposte dei Governi di Berlino, Pictroburgo e Vi enna furono negative.

131

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A MERATE

T. S.N. Roma, 16 ottobre 1902, ore 19, l O.

Incaricato affari Turchia viene comunicarmi dispaccio Sublime Porta che dichiara provvedere subito riparare atti pirateria pregando astenersi operazioni militari. Risposi avrei trasmesso V.E. desiderio Sublime Porta ma sembravami difficile ormai impedire operazioni, mentre prima spedizione erasi più volte avvertito che se non provvedeva Governo turco avremmo dovuto provvedere noi stessi. Malaspina telegrafa medesimo oggetto!. V.E. troverà tale telegramma pacco domani.

132

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1857/79. Therapia, 16 ottobre 1902, ore 20,30 (per. ore 6,45 del 17).

Ministro degli affari esteri è venuto a vedermi oggi per espormi che, giusta informazioni telegrafiche pervenute la scorsa notte alla Sublime Porta, comandante

108 r. nave aveva chiesto governatore Hodeida dargli a bordo funzionario ottomano per coadiuvare repressione pirateria, e che governatore, non avendo istruzioni, si era rifiutato accogliere questa domanda. Tewfik pascià aggiunse che comandante si era in seguito recato a Midi ed aveva intimato allo scheik consegnargli alcuni individui, e che questi non avendo ottemperato richiesta, comandante aveva minacciato incendiare villaggio e sparati alcuni colpi di cannone a polvere. Ministro degli affari esteri nel lagnarsi meco del modo di agire del comandante che poteva essere interpretato come atto ostile alla Turchia, pregavami far conoscere a V.E. che Governo imperiale insisteva che fossero date comandante r. nave istruzioni intendersi col commodoro comandante forza navale ottomana Hodeida, per procedere di concerto con lui. S.E. mi informò da ultimo che, recentemente, una cannoniera ottomana aveva catturato alcuni sambuchi ottomani presso Gedda. Risposi al ministro degli affari esteri che avrei riferito sua comunicazione a V.E. come già le avevo telegrafato quelle fatte ieri a Palazzo al primo interprete r. ambasciata!. Rammentai precedenti nostre domande ed esplicite dichiarazioni, osservando che numerosi atti di pirateria rinnovatisi ancora ultimamente a danno nostre colonie, giustificavano pienamente azione ora iniziata, e colsi l'occasione per insistere perché Sublime Porta, a scanso di misure dirette, provvedesse immediatamente far mutare contegno autorità Hodeida nella questione del trattamento sambuchi Eritrea2.

130 2 Cfr. quanto lo stesso 14 ottobre Prinetti scriveva in una L. pefSQnale a Baccelli: «Quando ella vede Pasetti, ella può mostrargli confidenzialmente i due rapporti di Malaspina e di De Visart giunti in questi ultimissimi giorni, i quali danno notizie sulla Macedonia e confermano appunto il di lui modo di vedere, che del resto è sempre stato il mio. Il Comitato macedone fa grandi sforzi per gonfiare gli avvenimenti a mezzo della stampa, ma in realtà i disordini sono molto minori di quello che si dice. Le truppe turche e più ancora le prossime nevi ridurranno tutto alla quiete almeno fino alla prossima primavera. Allora sarà quel che sarà, ma intanto abbiamo dinanzi a noi certo sei mesi nei quali i giornali cesseranno di occuparsene e l'opinione pubblica passerà ad interessarsi ad altro. Credo anch'io che il principe di Bulgaria vorrebbe pescare nel torbido, ma non osa scoprirsi, e certo non è stato, a mio avviso. incoraggiato dalla Russia. Questa piuttosto approfitta del momento per tentare di ottenere dal sultano piccole concessioni, ma che rappresentano per essa un successo come principio».

131 l T. 1850/78 dell5 ottobre, non pubblicato.

133

IL MINISTRO AD ATENE, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1026/375. Atene, 17 ottobre 1902 (per. il 23).

Nella corrispondenza che mando qui acclusa in traduzione a V.E., il Nuovo Asti d'oggi riferisce la notizia che quest'anno il re di Grecia sarà alloggiato a Vienna al palazzo imperiale, e che quella prossima visita di Sua Maestà servirà a ribadire gli accordi già corsi fra i due Governi, e direttÌ a garantirsi dalle mire italiane sull'Albania.

Questa politica di intelligenze fra la Grecia e l'Austria-Ungheria, aggiunge il giornale, è stata promossa dal ministro i. e r. barone di Burian, destinato a succedere fra qualche anno al barone Calice nell'ambasciata di Costantinopoli. L'articolo prosegue ripetendo le solite volgarità verso l'Italia.

Senza dar troppo peso alla voce riportata dal Nuovo Asti, è un fatto però che le relazioni fra la Grecia e l'Austria-Ungheria sono assai migliorate in questi ultimi tempi, grazie soprattutto alle preoccupazioni destate qui dalla propaganda bulgara in Macedonia, e dall'appoggio che le fornisce la Russia.

E' pure un fatto che la campagna della stampa ellenica sulle asserite aspirazioni italiane nel!' Albania è troppo generale perché debba considerarsi una m era fantasia di giornalisti. Sarebbe quindi, a mio avviso, arrischiato di voler ritenere che ad essa sia completamente estraneo questo Governo!.

132 l Cfr. n. 131, nota l. 2 Comunicazione analoga a quella del ministro degli esteri fece a Roma l'incaricato d'affari turco la mattina del 17 ottobre (T. s.n. di Baccelli a Prinetti, a Merate, non pubblicato).

134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI

T. S.N. Merate, 18 ottobre 1902, ore 13,50 (per. ore 15,50).

Le mando le istruzioni per rispondere all'incaricato di affari di Turchia e per telegrafare a Malaspinal, mentre al comandante Arnone per ora è inutile telegrafargli nulla, perché deve proseguire la sua azione: «Nostra azione contro pirati non ispirata in nessun modo da sentimenti ostili alla Sublime Porta. Ebbimo in questi ultimi tempi fatti ripetuti audacissimi pirateria e sempre abbiamo a Costantinopoli reclamato invano punizione colpevoli e provvedimenti per impedire questi disordini, avvertendo che saremmo altrimenti costretti agire direttamente. Ultimo fatto pirateria scorso mese, di cui già abbiamo informato r. ambasciatore a Costantinopoli, rimarchevole per temeraria audacia e per importanza bottino raccolto dai pirati, che viene peritato ufficialmente a 1900 talleri, ci costrinse a prendere la decisione di agire per infliggere una punizione esemplare ai suoi autori, tanto più che tra essi si trovano dei ribelli fuorusciti dell'Eritrea. Questa determinazione è irrevocabile e il comandante Arnone ha ordini di proseguire su<_! opera finché avrà assicurata punizione pirati e distruzione loro ricoveri e loro strumenti e ricuperato bottino, oppure ottenuto indennità corrispondente. E' inutile che egli si accordi con commodoro turco, ciò che non condurrebbe se non a dilazioni e ritardi inconciliabili con l'energia che una simile azione richiede perché produca il voluto effetto. Ma la Sublime Porta può far cessare appena che essa voglia questa azione appunto facendo prontamente realizzare la punizione e distruzione dei pirati e il recupero del bottino o della corrispondente indennità, la nostra azione essendo di

momento attuale il fermo proposito dell'Austria-Ungheria è di mantenere lo statu quo nelle provincie

europee dell'Impero ottomano, e di far argine alla espansione slava, noi dovremmo vedere con piace

re, anziché con preoccupazioni, che la Grecia, come già fece la Rumania, si accosti a tale politica".

retta, ripeto, non contro la Turchia, ma contro i pirati. Per quanto riguarda poi trattamento inflitto da autorità turche a sambuchi e sudditi nostri dell'Eritrea è assurdo che nostro possesso dell'Eritrea, il quale dura da 17 anni, venga d'un tratto disconosciuto a questo modo e se la Sublime Porta non provvede a modificare in modo opportuno l'atteggiamento delle sue autorità, il comandante Arnone provvederà a far rispettare la nostra bandiera».

133 l Si pubblica qui un passo del R. 1063/399 di Silvestrelli del 28 ottobre:"... Siccome nel

134 l Le istruzioni furono comunicate a Malaspina con T. 1644 dello stesso 18 ottobre, ore 20,30.

135

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A MERATE

T. URGENTE S.N. Roma, 18 ottobre 1902, ore 17, 05.

Incaricato affari Turchia è venuto per pregarmi a nome suo Governo di telegrafare io stesso Arnone perché sospendesse esecuzione ultimatum pel quale egli afferma che Arnone minacciò entro 24 ore bombardamento Hodeida. Risposi non avere io tale facoltà, ripetei molteplici ragioni giustificanti nostro operare. Partì molto rassegnato avvertendomi ambasciatore verrebbe costì parlare V.E.

136

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1871/81. Therapia, 19 ottobre 1902, ore 1,20.

Ho fatto oggi comunicazione a ministro esteri, per mezzo primo interprete della r. ambasciata, sostanza telegramma di V.E. di jeri 16301, circa trattamento sambuchi eritrei, dando istruzioni Cangià chiedere formalmente invio ordini categorici autorità Yemen, affinché sambuchi eritrei e equipaggi siano considerati come italiani e di dichiarare che, ove questi ordini non fossero dati immediatamente, R. Governo impartirebbe al comandante rr. navi istruzioni speciali per regolamento questione. Tewfik pascià rispose alla comunicazione fattagli che ne riferirebbe tosto al gran vizir, con raccomandazione di adottare provvedimenti pratici e tali da soddisfare domande del R. Governo. Essendomi recato io stesso pocanzi presso il ministro degli esteri, in seguito a speciale suo invito, S.E. mi ha dichia

rato che ordini per arresto e punizione pirati erano già stati dati; che sultano aveva pure autorizzato pagamento di una indennità, ove oggetti depredati non fossero stati ricuperati e che, inoltre, Sua Maestà Imperiale aveva pressritto alla Sublime Porta di risolvere questione trattamento dei sambuchi. In presenza di queste dichiarazioni il Governo imperiale faceva caldo appello al R. Governo perché comandante fosse invitato urgenza soprassedere minacciate misure. Tewfik pascià mi indirizzò oggi nuova nota ufficiale per confermare che la azione militare per repressione atti pirateria commessi da abitanti di Midi e Laié era stata già iniziata e che quattro battaglioni sarebbero stati spediti in quelle località. Nella nota ufficiale stessa è segnalato il fatto che navi da guerra italiane hanno attaccato litorale e bastimento turco e sparato contro di questo, nel momento in cui Governo imperiale, desideroso mantenere amichevoli relazioni esistenti fra i due Paesi, prendeva d'urgenza misure le più serie per tutelare interessi italiani. La nota conchiude: «persuadé que V.E. partagera la peine que nous cause la situation fàcheuse qui résulte d 'une pareille violation d es usages internationaux par !es navires italiens, j'espère qu'une telle éventualité sera écartée et je me plais à compter sur une réponse favorable de V.E.».

136 l Del 17 ottobre, non pubblicato.

137

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CAPITANO DI FREGATA LOVATELLI

T. 16481. Roma, 19 ottobre 1902, ore 13,25.

Governo inglese dichiara2 ritenere prematura conferenza su affari Somalia se prima non avrà formato esatto giudizio su possibilità sbarco truppe su costa orientale somala per diversione contro Mullah e non gli siano giunti altri rapporti Swayne. Chiede quindi preliminarmente nostro consenso nave da guerra inglese si rechi, appena stagione permetta, sulla costa per opportune verifiche. In base dati raccolti, avrebbe luogo conferenza, e, verso aprile venturo anno, eventualmente, progettato sbarco. Su questo punto desidero conoscere suo pensiero. E' bene ella sappia conferenza fu da noi proposta unicamente perché credevamo e crediamo che provvedimenti domandati da Governo inglese debbano, per loro gravità, essere esaminati complessivamente in contraddittorio. Su di essi deve, quindi, intendersi sospesa, per ora, ogni decisione. Ella, però, deve sempre tener presente principale scopo sua missione essere di sorvegliare e provvedere che operazioni siano condotte in modo da evitare Mullah sia spinto in hinterland Benadir, essendo questa categorica condizione cui abbiamo subordinato nostro consenso entrata truppe inglesi in sfera influenza italiana. Secondo comunica Foreign Office3, generale Manning ha unicamente istruzione ispezionare comunicazioni tra Berbera e corpo

2 Cfr. n. 128.

3 T. 1841/71, Londra, 14 ottobre, non pubblicato.

operazione, e non ingenrs1 operazioni guerra. Se ella potrà abilmente sapere dal generale inglese qualche maggiore indicazione su missione affidatagli, voglia telegrafarmene.

137 l Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

138

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. Monsummano, 19 ottobre 1902 (per. il 21).

Il facente funzioni di r. commissario civile con suo telegramma del decorso settembre mi faceva noti due fatti di particolare importanza: primo, l'ordine dato dal Governo sudanese al Diglal dei Beni Amer di oltre confine di prendere stabile dimora in Cassala; poi, di tentate migrazioni dei Beni Amer di nostro confine verso il territorio sudanese. Chiesi più ampi ragguagli: i quali mi pervennero in due rapporti del direttore degli affari civili e che mi pregio trasmettere oggi a V.E.'.

Prego V.E. di leggerli. Essi sono nuovo documento di quanto io ebbi replicatamente ad esporre; che, cioè, mentre a Londra ed a Roma il Governo britannico ed i suoi rappresentanti manifestano il desiderio di mantenere fra la nostra Colonia ed il Sudan relazioni cordiali e tutela comune di comuni interessi, nel fatto, le autorità sudanesi continuano nel proposito oramai antico di nuocere quanto più possano alla incipiente prosperità dell'Eritrea.

Ricominciano difatti le mene intese a provocare la emigrazione dei nostri Beni Amer nel territorio di Cassala; le quali a noi preme grandemente sventare; ma sventare non si possono senza suscitare incidenti che non saranno senza recar danno, anche nell'apparenza, alla cordialità dei due Governi e alle loro relazioni di buon vicinato.

lo credo che di questi maneggi il Governo britannico sia interamente all'oscuro: vegga V.E. se giovi ch'esso li conosca. Quantunque accusato di spirito anti-britannico dal maggiore giornale inglese, io so di aver fatto, nelle relazioni col Governo del Sudan, opera paziente di conciliazione sempre (lo dicono le convenzioni mutate e rimutate che concernono i pascoli) qualche volta opera di necessaria difesa. Ora, non tanto affinché l'accusa non si ripeta, quanto e più affinché non si tocchino in alcun modo interessi più gravi, prego V.E. di tracciarmi la via da seguire innanzi al persistente contegno e alle nuove minacciose insidie delle autorità sudanesi 2.

2 Allegato alla lettera è il seguente appunto di Agnesa: "L'on. Martini ha conferito col ministro, e sono rimasti di accordo che egli provvederebbe direttamente. Ne parlerebbe, poi, con Cromer nel suo prossimo passaggio al Cairo. Roma, 31.1 0.1902".

138 l Non si pubblicano.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL FACENTE FUNZIONE DI COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, GIACCHETTI

D. RISERVATO 49642/852. Roma, 21 ottobre 1902.

Ho ricevuto il pregiato rapporto n. 2376/23, in data del 25 settembre u.s.t relativo alla questione del disconoscimento da parte delle autorità ottomane in Arabia della sudditanza italiana degli indigeni della Eritrea.

Dalle istruzioni impartite al comandante delle forze navali nel Mar Rosso istruzioni che furono comunicate a codesto Governo con dispaccio n. 44 7 54/7 51 in data del 22 settembre u.s., indirizzato a S.E. il r. commissario civile della Eritrea -risulta che il cav. Arnone ha anche l'incarico di fare rimostranza presso le autorità turche locali pel trattamento fatto agli indigeni della nostra Colonia.

Il telegramma di codesto Governo, n. 2372, del 24 settembre u.s.2 fu da me comunicato alla r. ambasciata in Costantinopoli, richiamando l'attenzione del marchese Malaspina sulla gravità della notizia in esso contenuta pel contegno assunto dalla Porta, la quale finora aveva sempre tenuto un atteggiamento di passiva opposizione ai nostri diritti.

Scrivevo al r. ambasciatore che, ove il Governo ottomano non disponesse subito di far modificare la condotta delle autorità di Hodeida, noi saremmo costretti a provvedervi come già altra volta venne fatto, mandando ad Hodeida navi italiane a reclamare il rispetto dovuto alle persone e agli interessi dei nostri sudditi.

A maggior spiegazione di quanto la S.V. mi telegrafò il 24 settembre, comunico ora alla r. ambasciata copia del rapporto di VS. confermando le cose precedentemente dette.

Le faccio solamente notare che il Governo del re non può entrare in discussione con la Porta circa la distinzione -che, pare, sia stata escogitata dalle autorità di Hodeida-sui diritti sovrani della Turchia sulla costa o sull'interno della Colonia, giacché esso non ha mai ammesso le riserve turche sulla legittimità del nostro dominio in genere sull'Eritrea, e tanto meno potrebbe ammetterle, ora, nella presente congiuntura.

Sarà bene che di questi intendimenti del R. Governo la S.V. dia sollecita comunicazione al r. console in Hodeida.

140

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1882/85. Berlino, 22 ottobre 1902, ore 10,55 (per. ore 11,55).

Senza esprimere per conto del Governo germanico alcuna opinione sul conflitto italo-turco relativo incidente isola Dalach, conte Richthofen mi ha fatto leg

139 ' Non pubblicato. 2 T. 1736/2372, non pubblicato.

gere telegramma dell'ambasciatore di Germania a Costantinopoli, in cui rende conto di un discorso fattogli in proposito da Zinovieff. Questi disapprovava, in termini concitati, ultimatum dato dall'Italia mentre è noto che in quei paraggi autorità turca è spesso impotente ed i termini dell'ultimatum erano tali da non lasciare materialmente alla Porta tempo provvedere. Russia ha agito con molta maggior moderazione in casi frequenti incursioni curdi. Barone Marschall termina suo telegramma esprimendo convinzione che Zinovieff ha tenuto stesso linguaggio alla Sublime Porta e che quel linguaggio è approvato a Pietroburgol.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 16661. Roma, 22 ottobre 1902, ore 19.

Azione italiana Mar Rosso fu determinata da ripetuti e crescenti fatti pirateria sopra costa eritrea che durano da oltre un anno e che Sublime Porta non si curò di reprimere malgrado nostri reclami. Del resto linguaggio Zinovieff, se esattamente riferito, è affatto ingiustificato, essendosi a quest'ora autorità marittime italiane e autorità ottomane nello Yemen, consenzienti i due Governi, messe d'accordo per un'azione contemporanea contro pirati, che spero produrrà efficaci risultati con vantaggio generale.

142

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

T. 1669. Roma, 22 ottobre 1902, ore 22.

Un dispaccio del r. ambasciatore in Costantinopoli l mi fece a suo tempo conoscere che la Sublime Porta ha consentito il transito attraverso i Dardanelli a quattro caccia-torpediniere russe purché disarmate e con bandiera mercantile. L'incaricato

141 l Risponde al n. 140. 142 l R. 808/318 del 6 settembre, non pubblicato.

d'affari d'Inghilterra è venuto avantieri a comunicarmi confidenzialmente che lord Lansdowne aveva intenzione di fare, a questo riguardo, dei passi presso la Porta, chiedendo che l'Inghilterra potesse far passare le sue navi come la Russia, nella convinzione che fosse questo un modo indiretto per arrestare la Turchia sulla via di queste concessioni e desiderava conoscere le intenzioni dell'Italia. Rientrato stamane a Roma, ho veduto l'incaricato d'affari e gli ho manifestato il mio pensiero. Noi saremmo piuttosto disposti a rivolgere alla Porta opportune avvertenze mediante apposita nota, facendole notare che, malgrado le imposte cautele, delle quali apprezziamo il valore, il permesso accordato alla Russia costituisce pur sempre una eccezione al trattato di Parigi e di Londra, eppertanto se un caso simile si ripetesse dovremo sia riconsiderare ulteriormente la questione, sia chiedere eventualmente per noi lo stesso trattamento. L'incaricato d'affari telegrafa in questo senso al Foreign Office ed a mia volta stimo utile di informare di quanto precede l'E.V. per sua personale notizia e norma unicamente nel caso che lord Lansdowne prendesse l'iniziativa di parlare a V.E. di questo argomento2.

140 l Per la risposta cfr. n. 141.

143

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1252/535. Londra, 22-23 ottobre 1902 (per. il 27).

Ho trasmesso a V.E., con i consueti resoconti a stampa, le notizie qui comunicate al Parlamento ed al pubblico circa lo scacco toccato alle forze del colonnello Swayne in Somalia, le quali attaccate il 6 ottobre dalle orde del Mad-Mullah durante una marcia verso Mudug, subirono la perdita di due ufficiali e cinquanta uomini uccisi, più due ufficiali ed un centinaio di feriti. Pel trasporto di questi e la mancanza di acqua, il comandante dovette ordinare la ritirata su Bohotle.

Il marchese di Lansdowne, che vidi oggi, mi disse che non si avevano sul fatto altre o più precise notizie di quelle pubblicate. Era stato tosto ordinato l 'invio di un rinforzo di truppe indiane da Aden, per la via di Berbera, e si approfitterebbe per la loro condotta della presenza del brigadiere Manning colà appunto arrivato in questi giorni. Ho riferito tempo fa l come quell'ufficiale superiore (ispettore militare dei protettorati africani dipendenti dal Foreign Office) fosse stato mandato nella Somalia con la mansione speciale di invigilare sulle comunicazioni del corpo di spedizione colla costa, senza ingerirsi nelle sue operazioni; ma ora è probabile che, specie colla maggiore importanza assunta da quel corpo, egli prenderà parte effettiva nella sua direzione.

143 l T. 1841/71 del 14 ottobre, non pubblicato.

Nel corso della conversazione, feci allusione al pericolo che, per contraccolpo di questo accidente e della audacia ch'esso non mancherà di inspirare al Mullah, venga ad estendersi una grave agitazione in tutta la Somalia, tale da creare imbarazzi anche al Benadir; e ritenni pure poter ricordare che se da noi si era dapprincipio manifestata una certa esitazione riguardo alla progettata spedizione, si era appunto in vista della eventualità che ora si affaccia. A questo proposito si potrebbe soltanto osservare che se il Governo inglese, ritenendo necessario lo sbarazzarsi del Mullah, si fosse limitato ad operare contro di lui entro i confini del proprio territorio, la conseguenza ne sarebbe stata ad ogni modo quella di spingerlo nella nostra sfera d'influenza, a meno che non avessimo potuto disporre da parte nostra di forze sufficienti per una azione parallela tendente a ricacciarlo nell'interno. Il marchese di Lansdowne non mi fece però alcuna simile osservazione, limitandosi egli ad esprimere il suo rincrescimento pel caso avvenuto e aggiungendo che si trattava ora di ripararvi con ogni mezzo possibile. L'impresa, egli aggiunse, assume proporzioni considerevoli e converrà quindi, dopo questa ritirata, considerare seriamente il da farsi, prima di impegnarvisi.

Fra i progetti che si presentano, vi è sempre quello di un eventuale sbarco sulla nostra costa donde potesse eseguirsi una diversione in direzione nord-ovest, concertata coi movimenti di un corpo che operasse dal nord. Sua Signoria, segnalando il nostro comune interesse alla pacificazione di quelle regioni, mi pregò nuovamente di raccomandare a V.E. il voto da lui già espresso, che fosse cioè accordato ad una cannoniera inglese di procedere a una ispezione preliminare di qualche punto del litorale, per giudicare se l'uno o l'altro di essi si prestasse ad una simile operazione, da deliberarsi poi ulteriormente, se ne fosse il caso. A prevenire ogni interpretazione che altri potesse dare alla presenza di un legno inglese in località appartenenti al protettorato italiano, si adotterebbe qualsiasi cautela da noi suggerita e soprattutto riuscirebbe gradito il concorso di una r. nave, che partecipasse a quella ispezione. I risultati di essa servirebbero poi come elementi per le deliberazioni da esaminarsi in comune fra i due Governi, essendo anche possibile, concluse il ministro, che il progetto risultasse infine da escludersi.

La spedizione contro il Mullah non eccede le proporzioni delle piccole guerre coloniali che quasi costantemente si combattono nell'uno o nell'altro punto dell'Impero britannico e tre o quattro delle quali furono condotte a termine, quasi inavvertite, mentre durava la grande guerra del Transvaal. Il pubblico non si è quindi turbato alla notizia dell'insuccesso ora toccato alla spedizione di Somalia. La stampa però non manca di rimproverare al Governo di esservisi avventurato senza sufficiente preparazione ed alcuni giornali competenti di cose militari domandano che le operazioni ulteriori non siano più guidate dal Foreign Office, come si è fatto finora in quei protettorati, ma affidate direttamente al dicastero dell'India, tanto più che si ritiene desiderabile di impiegare contingenti indiani in sostituzione parziale degli ascari somali, i quali, almeno nel recente caso, non sembrano aver fatto troppo buona prova.

23 ottobre 1902.

PS. Aggiungo al presente rapporto le ultime notizie pubblicate dai giornali sull'argomento.

142 2 Per la risposta cfr. n. 182, nota l.

144

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 24 ottobre 1902, ore 15,10.

Avendo avuto l'onore di visitare Sua Maestà a San Rossore mi affretto informare V.E. secondo ne rimanemmo intesi a Salsomaggiore del pensiero del re riguardo alla sua visita al re Edoardo VII. Il nostro augusto sovrano tiene moltissimo a visitare il re d'Inghilterra verso il quale egli nutre i più cordiali sentimenti che del resto sempre esistettero tra le due Case regnanti; il fissarne l'epoca però sarebbe ora prematuro, dovendo prima attendersi di conoscere l'epoca della visita deli' imperatore di Russia e probabilmente anche d eli' imperatore di Germania a Roma.

145

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1675.1 Roma, 24 ottobre 1902, ore 17,30.

Per quanto mi sembrino più che altro chiacchiere di giornali, a buon conto prego VE. dirmi se e quanto vi sia di vero nella notizia corsa di una prossima intesa tra Inghilterra e Francia per tutte le questioni fra esse pendenti: Terranova, Ebridi, Egitto, Marocco, ecc.2.

146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALLE AMBASCIATE

D. CIRCOLARE 50329. Roma, 24 ottobre 1902.

A cagione di gravi, ripetuti, crescenti atti di pirateria da indigeni della costa arabica, associati con fuoriusciti eritrei, commessi a danno di sudditi della nostra Colonia nel mar Rosso, e dei quali fatti V.E. (V.S.) troverà la esatta esposizione nell'unito promemoria! il Governo del re, non avendo potuto ottenere, malgrado reiterati reclami, che quegli atti di pirateria fossero repressi dalla Sublime Porta, è

2 Per la risposta cfr. n. 156.

stato costretto a spiegare un'azione diretta con l'invio di alcune navi da guerra in crociera sulla costa arabica, dove i pirati hanno i loro punti di ricovero.

Il comandante di quelle navi avendo bisogno per compiere la missione affidatagli della cooperazione delle autorità turche dell'Yemen, e avendole trovate renitenti, ha dovuto ricorrere, per ottenere l'intento, alla imposizione di un ultimatum. Questo è stato accettato, e le autorità locali turche si sono ormai messe d'accordo col comandante Arnone, consenzienti i due Governi italiano e ottomano, per un'azione contemporanea contro i pirati che si sta ora svolgendo e, si spera, con efficaci risultati nell'interesse generale della sicurezza della navigazione del Mar Rosso.

Desidero che ella conosca la verità dei fatti affinché si trovi in grado di rettificare eventualmente meno esatti apprezzamenti sulla natura e sulla entità della nostra azione nonché sulle cause che la determinarono e che la giustificano. Il che tanto più interessa in quanto che abbiamo ragione di credere che le autorità ottomane abbiano avuto una certa tendenza ad esagerare e travisare la azione compiuta dal R. Governo, la quale, mentre è ampiamente giustificata dai fatti occorsi, si è, d'altra parte, contenuta e si contiene in termini molto moderati. La prego di accusarmi ricevimento di questo dispaccio.

145 l Minuta autografa.

146 l Non pubblicato.

147

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 50719/434. Roma, 27 ottobre 1902.

Ho ricevuto a suo tempo i rapporti di codesta r. ambasciata del 9 e 11 corrente, nn. 5141 e 5202.

Il marchese di Lansdowne ritiene, per ora, prematura la conferenza, la quale, secondo egli pensa, si dovrebbe tenere dopo che si fossero raccolti elementi sufficienti sulla possibilità e la opportunità di uno sbarco di truppe inglesi sulla costa orientale soma1a di protettorato italiano per agire da quella parte contro il Mullah.

Sua Signoria esprime, pertanto, il desiderio sia da noi consentito che una cannoniera inglese si rechi, appena possibile, su quella costa per le opportune verifiche.

Non abbiamo difficoltà che si faccia questa esplorazione sulla nostra costa, e che poi si riunisca la conferenza a Roma per esaminare insieme i possibili provvedimenti da prendersi. Che anzi procureremo che la cannoniera inglese sia accompagnata da una nostra nave da guerra, sulla quale sianvi ufficiali possibilmente già pratici della località da visitarsi.

147 l R. 1194/514, non pubblicato. 2 Cfr. n. 128.

Prego la E.V. di voler, in questo senso, rispondere al marchese di Lansdowne, pregandolo, in pari tempo, di avvertirci in tempo utile deil'epoca precisa in cui alla nave inglese sarà affidata la missione di visitare la costa della Somalia orientale italiana.

148

APPUNTO DEL DIRETTORE DELL'ARCHIVIO STORICO DEL MINISTERO DEGLI ESTERI, GORRINI 1

Roma, 27 ottobre 1902.

Dai documenti posseduti dali'archivio generale del Ministero degli affari esteri non risulta alcun accenno neppure indiretto né a trattative circa la restituzione della visita ai sovrani d'Italia da parte delle LL.MM. l'Imperatore e l'Imperatrice d'Austria, né a trattative per stabilire se la visita a Vi enna dovesse essere fatta soltanto da S.M. il Re Umberto, ovvero anco da S.M. la Regina Margherita.

Ciò dipende dal fatto che il r. ambasciatore conte di Robilant, per suo espresso desiderio, trattò i particolari degli accordi verbalmente a Napoli col ministro Mancini, e poscia a Monza con S.M. il Re, senza che nulla ne sia rimasto in atti.

149

IL CONSOLE A ZARA, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 1405/160. Zara, 27 ottobre 1902 (per. il 31).

In relazione al mio rapporto riservato del 23 corrente n. 1386/1561, relativo al movimento anti-italiano in Dalmazia ed alla cresciuta eccessiva potenza del partito croato, che, forte dell'appoggio del Governo, è divenuto assoluto padrone di tutti i municipi dalmati, ad eccezione di Zara, che sola ancora resiste, fiera di conservare le antiche tradizioni venete, ho l'onore di altresì farle noto, quanto ebbe in proposito ieri a comunicarmi in via confidenziale una ragguardevole persona, che ha larghe attinenze in queste alte sfere governative ufficiali, donde si rileva come sia ormai decisa dal Governo austriaco l'assoluta croatizzazione di tutta la Dalmazia ed il completo annientamento dell'elemento dalmato-italiano.

149 l Non pubblicato.

Ed invero, la persona dianzi cennata, nel parlarrni a lungo del grave pericolo che la lingua italiana e tutte le antiche tradizioni d'italianità correvano oggidì in Dalmazia, mi assicurò che, pur troppo ormai, per ragioni di alta politica, a Vienna si è decisi di abbattere ad ogni costo l'elemento italiano indigeno di questa regione, perché si crede che il medesimo sia divenuto anch'esso irredentista, a causa delle troppe simpatie che in questi ultimi tempi ha dimostrato verso l'Italia e le manifeste intenzioni di fare altresì causa comune cogli altri sudditi austriaci di nazionalità italiana dell'Istria, di Trieste e di Trento.

Per la Dalmazia poi, tale preoccupazione d'irredentismo italiano, da parte del Governo austriaco, sarebbe ancora più viva, per il timore di un forte accordo che fra i sudditi austriaci di nazionalità serba e gli italiani-dalmati ne potesse derivare, date le vive simpatie che in Dalmazia hanno sempre avuto questi due elementi nella lotta comune contro i croati, simpatie, che l'Austria teme abbiano preso un più largo sviluppo in questi ultimi tempi, soprattutto dacché avvenne il matrimonio di S.M. il Re Vittorio Emanuele con la principessa Elena del Montenegro, essendo ben note le forti aderenze e simpatie che il principe del Montenegro gode in tutta la Dalmazia meridionale fra i serbi di Cattaro e Ragusa segnatamente, come pure nella vicina Erzegovina.

Onde eliminare pertanto ogni nuovo possibile sviluppo d'italianità in Dalmazia, il Governo di Vienna avrebbe deciso ormai, di appoggiare sempre più l'elemento croato nel modo più largo, e sembra, che qui quanto prima, alla lingua italiana, che finora, da tempo antichissimo, fu sempre la lingua parlata e scritta negli uffici, si sostituirà con una legge del Parlamento la lingua croata, e così anche alla Dieta sarà tolto pure il diritto ai deputati italiani di usare la propria lingua, e così di seguito, fino alla intera croatizzazione di tutto il Paese, non escluso lo scioglimento del municipio di Zara, contro il quale si prepara diggià la più aspra guerra, onde abbattere così l'unica cittadella dell'italianità in Dalmazia, ancora in piedi, fra tanta rovina.

148 l L'appunto, forse per Nigra, è conservato nelle sue Carte.

150

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANOl

L. PERSONALE. [Londra], 27 ottobre 1902.

Abbiamo poi finito per non vederci durante il mio congedo e me ne rincrebbe: Ma mi propongo, salvo impedimenti, di prenderne un altro pezzetto durante le feste e allora verrò certamente a Roma per una settimana. Anzi, mi propongo pure di lasciare a Roma la mia famiglia fino a che sia passato qui il periodo delle forti nebbie, che mia moglie non riuscì a sopportare l'inverno scorso.

!50 I 11 destinatario non è indicato ma dal Diario di Pansa risulta che si tratta di Malvano.

Oggi ti scrivo per approfittare di un'occasione sicura e raccomandarti l'affare della visita che gli inglesi chiedono di poter fare con una loro cannoniera sulla costa della Somalia. Si tratta, come sai, di una semplice ispezione preliminare da eseguirsi possibilmente col concorso di uno dei nostri legni, sicché la cosa non mi sembra offrire di per sé alcun inconveniente, tanto più che non ne sarebbe punto pregiudicata la questione d eli'eventuale sbarco, da esaminarsi e decidersi poi a suo tempo, col nostro assenso, oppure da escludersi ove questo mancasse. Ma alla proposta visita qui si tiene molto e ieri ancora lord Cranborne mi domandò con una certa insistenza se avessi ricevuto in proposito una risposta.

Avrei voluto scriverne particolarmente al ministro, ma non lo faccio perché preferisco evitare di riaprire con lui una corrispondenza privata, la quale potrebbe espormi a ricevere un altro telegramma: «dica al suo amico Lansdowne» etc. (Il perdonare, come sinceramente ho fatto, è atto da buon cristiano, ma il dimenticare è semplicemente da smemorato). Ora, in forma di corrispondenza ufficiale, ho già detto tutto quanto potevo dire. Visto che siamo sempre a domandare qualche cosa a questa gente, mi pare sia buona politica il mostrarsi con loro compiacenti, la prima volta che si rivolgono a noi per una concessione certo indifferente in se stessa, e che implica anzi un finale vantaggio anche per noi. Un rifiuto della visita, o peggio ancora un'adesione fatta cadere dal quarto piano, produrrebbe qui, devo avvertirvene, una sfavorevole impressione. E quale ne sarebbe poi la conseguenza immediata (fatta astrazione anche d eli' effetto morale sulle sue relazioni colla politica generale)? Sarebbe di sentirmi dire: «Va benissimo; noi non toccheremo il vostro territorio né per mare, né per terra; ma abbiamo diritto di provvedere alla sicurezza del territorio nostro, entro i nostri confini; quindi cercheremo a cacciar fuori da casa nostra il Mullah coi mezzi dei quali disponiamo; potete voi cooperare parallelamente in territorio italiano, per cacciarlo nell'interno o impadronirvene? Se non lo potete, ce ne dispiacerà, ma non sappiamo che farci».

Da noi non si dovrebbe dimenticare che la posizione nostra in quei paesi non è pari a quella de li'Inghilterra, in quanto che, a differenza di questa, noi non vogliamo né possiamo spendere soldi per mantenere un'autorità effettiva nel nostro territorio, come essa lo fa nel suo. Se dunque viene fuori un qualsiasi Mullah a dare disturbo, noi non possiamo pretendere che l'Inghilterra se lo goda, mentre poi ci rifiutiamo sia a concorrere materialmente alla sua repressione, sia a prestarci a che essa lo faccia anche per nostro conto. Evidente interesse nostro è quindi di farci il più possibile merito di un'aperta cooperazione, mediante la quale potremo almeno esercitare una qualche influenza sulle operazioni. Se invece lasciamo che queste siano condotte totalmente all'infuori di noi, soffriremo ancora più delle conseguenze dello estendersi della ribellione di quei somali.

Tutto ciò mi pare abbastanza evidente ma avendo dovuto !imitarmi ad accennarlo in modo un po' sommario nei miei rapporti, non so se sia stato compreso. Da un punto di vista più generale poi, non vorrei certo stabilire confronti fra i gravi casi del 1878 e 1882 ed il piccolo incidente attuale, ma non sarebbe men vero, mutatis mutandis, che questo rappresenterebbe un terzo rifiuto italiano di fronte ad una terza offerta di cooperazione inglese.

Ma ne ho detto anche più del necessario per farti comprendere quello che già devi pensare. E così, scaricata la mia coscienza, attenderò gli ordini che cercherò in ogni caso di eseguire per lo meglio. Ciò che mi inspira qualche dubbio sulle esistenti disposizioni, è che questa domanda fu comunicata dall'ambasciata da un mese e non venne mai una parola di risposta.

Ti saluto in fretta per non perdere la occasione che parte fra un'ora. Non ho tempo di rileggere.

151

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CAPITANO DI FREGATA ARNONE

T. 1711. Roma, 28 ottobre 1902, ore 19.

Governo ottomano afferma2 autorità militari e civili Yemen avere intrapreso energicamente operazioni necessarie esecuzione loro impegno, ma che non arriveranno a condurle a termine nel tempo loro assegnato e chiede quindi un prolungamento di questo termine. Trasmetto alla S.V. questo desiderio del Governo ottomano, onde ella veda se ed in quale misura può essere accolto senza compromettere il risultato delle operazioni3.

152

IL CAPITANO DI FREGATA LOVATELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1950. Massaua, (per. ore 18 del 29 ottobre 1902).

Tornato Aden con generale. Questi riuscì persuadere Swayne avere una seconda colonna proteggente nostra Colonia. Questa colonna sarebbe comandata da generale che ci dà garanzia successo ed energica condotta guerra. Attendiamo risposta da Londra. Potendo, prego V.E. appoggiare presso Inghilterra piano di guerra del generale. Ripartirò Berbera.

2 T. 1925/84 del 27 ottobre, da Therapia, non pubblicato.

3 Per il seguito deila questione cfr. n. 163.

151 l Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Hodeida.

152 l Manca l'indicazione della data di partenza.

153

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CAPITANO DI FREGATA LOVATELLI

T. 1725.' Roma, 30 ottobre 1902, ore 13.

Non rilevando dal suo telegramma 29 corrente2 da qual parte e in qual modo agirebbe colonna che sarebbe comandata dal generale Manning, debbo avvertirla che se non si trattasse più come finora di azione militare in territorio di semplice sfera influenza italiana, ma si trattasse invece di sbarco truppe su nostra costa o di azione militare in territorio su cui l'Italia esercita già protettorato, il R. Governo non può consentirvi, senza che la questione sia prima esaminata a Roma, sentito il parere delle autorità militari, e risoluta in Consiglio dei ministri. E' stato appunto concordato ultimamente che una nave inglese compia insieme con nave italiana ricognizione su costa orientale somala di nostro protettorato per raccogliere gli elementi necessari risoluzione da prendere3.

154

IL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1953. Zanzibar, 30 ottobre 1902, ore 16,10 (per. ore 20).

Sir Eliot propenso accordo sul Giuba proposto da Dulio', ma anche preoccupato attuali conseguenze occupazione Lugh, Bardera da parte inglesi, ha telegrafato Foreign Office se farebbe obiezioni2.

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL REGGENTE IL CONSOLATO A TREBISONDA, GUGLIELMI

D. CONFIDENZIALE RACCOMANDATO 51293/38. Roma, 30 ottobre 1902

Segno ricevuta alla S.V. e la ringrazio del suo rapporto n. 64 in data 25 settembre relativo alle missioni d'Anatolia'.

2 Cfr. n. 152.

3 Cfr. n. 147.

R. 8421115, non pubblicato.

2 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 157. 155 l Non pubblicato.

Interesso ora la S.V. a voler eseguire sollecitamente un delicato incarico presso il superiore di codeste missioni: ella vorrà, cioè, come di sua iniziativa e cosa sua particolare, comunicargli che il 5 od il 6 del prossimo novembre il prof. Schiaparelli (segretario generale dell'associazione per i missionari italiani) si troverà a Costantinopoli per affari privati. Ella vorrà dire inoltre a codesto superiore ~sempre come di suo ~che lo Schiaparelli, persona molto influente presso Propaganda, potrebbe giovare assai anche finanziariamente alla missione e che sarebbe pertanto utile che anche egli (superiore) si recasse a Costantinopoli ed avesse, con lui un abboccamento, del quale nessuno avrebbe sentore.

Nel caso il superiore le rispondesse affermativamente, ella vorrà dirigere alla

r. ambasciata a Costantinopoli il seguente telegramma: «Ambasciata d'Italia etc. 9335, 17437, 11621, 19003, 22041, 1613, 4875, 18065, 5371 sarà costà ... ». Ella completerà questi puntini colla indicazione del giorno e del luogo in cui il prof. Schiaparelli potrà incontrare il superiore.

Di quanto ella avrà fatto in obbedienza a queste mie istruzioni gradirò di essere sollecitamente da lei informato con suo rapporto per la posta2.

153 l Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

154 1 Sul progetto di accordo anglo-italiano per il Giuba Pestalozza aveva inviato il 21 ottobre il

156

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1260/547. Londra, 30 ottobre 1902 (per. il 15 novembre).

Ho tenuto presente il telegramma direttomi da V.E. il 24 corrente' per richiamare la mia attenzione sulla notizia, comparsa in qualche giornale, di una prossima intesa che sarebbe per stabilirsi fra l 'Inghilterra e la Francia su tutte le questioni fra loro pendenti, come quelle relative a Terranova, l 'Egitto, il Marocco ecc.

Non mi è riuscito di trovare i giornali ai quali allude quel telegramma: ma il fatto stesso che una simile notizia non fu raccolta dai principali periodici inglesi, mi sembra tale da giustificare l'impressione di V.E. che debba trattarsi di pure invenzioni. È evidente, d'altra parte, che negoziati di così alta importanza, se fossero realmente in corso fra i due Governi, sarebbero da questi condotti con assoluta segretezza. Non vorrei quindi conchiudere alla loro inesistenza pel sol fatto che non ne è trapelato qui verun indizio, né a me, né ad alcuna delle persone colle quali ho opportunità di scambiare informazioni.

Mercè una certa dimestichezza, che da molti anni mi lega a questo ambasciatore di Francia, ho potuto di ciò parlare a lui stesso. Alludendo ad alcune parole

1902». Sulla questione cfr. n. 198.

156 I Cfr. n. 145.

da lui dettemi in una nostra precedente conversazione, che cioè «non esisteva ormai alcun oggetto di reale dissidio tra la Francia e l'Inghilterra», gli accennai che i giornali inglesi si· erano da ultimo fatti interpreti di una recrudescenza di malcontento per parte degli abitanti di Terranova, i quali rimproveravano al loro Governo di nulla tentare per liberarli dai gravami loro imposti per le note clausole del Trattato di Utrecht, circa la pesca sul «french shore»: la stampa francese, aggiunsi, aveva, qualche tempo fa, accennato alla possibilità di una transazione su quella questione, in base a una rinuncia dei diritti dell'Inghilterra sulle isole Ebridi. Ma M. Cambon mi dichiarò nulla esservi di vero in tale supposizione. Il Governo francese, egli disse, è perfettamente edotto dell'imbarazzo che le clausole per Terranova arrecano alla Gran Bretagna, ma esso non ha motivo per rinunciare gratuitamente a un diritto acquisito, del quale il Gabinetto di Londra non può contestare, né contesta, la validità. Per l'esercizio di tale diritto si è stabilito, come è noto, un modus vivendi, che viene ogni anno riconfermato dal Governo di Terranova: ogni anno, verso il gennaio, egli (M. Cambon) si presenta al Foreign Office per ricordare il consueto rinnovamento e, quando il ministro degli affari esteri ne esprime un mite rammarico, egli domanda a Sua Signoria se ha qualche cosa da suggerire per risolvere quella difficoltà: ma il ministro degli esteri non si è mai trovato in grado di formulare alcuna proposta e le cose si prolungano così di volta in volta, col mantenimento dello status quo. Quanto alle Ebridi, continuò il mio collega, vige colà tra la Francia e l 'Inghilterra una specie di condominio, di essenza, più che altro, negativa, in quanto che esso consiste sostanzialmente in un vicendevole impegno delle due Potenze di non impadronirsi dell'arcipelago. Una soluzione pratica sarebbe possibile, mediante un riparto del genere di quello applicato a Samoa, e la distribuzione ed estensione di quelle isole si presterebbe anche abbastanza facilmente ad un equo riparto, con reciproca convenienza: ma vi fa ostacolo l'opinione pubblica del «Commonwealth» di Australia, o ve si professa una specie di dottrina di Monroe contro ogni introduzione di sovranità territoriali straniere su qualunque punto della circostante Oceania; né il Governo britannico osa sfidare la tempesta che colà solleverebbe una transazione colla Francia circa i diritti -se così possono chiamarsi -da essa condivisi coll'Inghilterra in quei paraggi: e non si deve poi dimenticare che anche in Francia vi è un gruppo coloniale sempre deciso a gettare alte grida contro qualunque concessione per quanto inseparabile da ogni transazione di tal genere -e che vi è una opposizione parlamentare sempre pronta a farne suo prò, contro il Ministero per passione di partito. Il giro della conversazione mi permise, a questo punto, di domandare al mio interlocutore se egli non credesse che, malgrado tutti questi ostacoli, verrebbe un giorno, in cui l'evidente interesse delle due Nazioni conferirebbe ai due Governi forza sufficiente per addivenire ad un bucato generale di tutte le lpro divergenze: l 'abilità gli dissi, colla quale egli stesso era riuscito, l 'indomani de li'incidente di Fashoda, a negoziare l'accomodamento africano del marzo 1899, troverebbe allora un vasto campo ove esercitarsi, studiando forse col Governo inglese una combinazione di reciproci compensi fra gli interessi che dividono le due Nazioni in tanti punti del globo; interessi la cui disparità non impedirebbe di pesarli in una comune bilancia, mentre nessuno fra essi, preso isolatamente, sarebbe infine abbastanza grave per farla traboccare. Nel tenere questo linguaggio a M. Cambon, bene sape

vo di mettermi all'unisono con i suoi intimi sentimenti personali. Un generale accomodamento, egli mi rispose, non è ancora praticabile pel momento; il Governo britannico non meno del francese è timoroso di offendere le suscettibilità dei propri elementi coloniali e ogni benché minima rinuncia a ciò che è suo rigoroso diritto incontra presso di lui una straordinaria resistenza. «Con tutto ciò», finì col dirmi l'ambasciatore, «Se il ministro Delcassé fosse destinato a rimanere per altri tre anni al Governo, non è da escludersi che qualche cosa si potesse conchiudere nell'ordine d'idee accennato».

155 2 Annotazione a margine di Mattioli: «D'ordine di S.E. informato il prof. Schiaparelli 30 X

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, PESTALOZZA

T. 1736. Roma, 31 ottobre 1902, ore 14, 15.

Telegramma ieri di V.S.l parla occupazione inglese Lugh Bardera inesplicabile. Prego telegrafarmi spiegazione. Comunque credo imprudenza somma aver comunicato Eliot proposta Dulio prima che essa sia stata da me esaminata. V.S. aveva istruzione soltanto presentire modo pensare autorità inglese. Invito V.S. cercare riparare errore commesso e usare maggiore ponderazione avvenire2.

158

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1972/97. Berlino, l° novembre 1902, ore 13, Il (per. ore 7 del 2).

Poco fa, e con segni della più grande agitazione questo ambasciatore di Turchia ha segnalato a questo Governo bombardamento di Midi per parte di nave italiana, dopo che Turchia aveva principiato dare esecuzione a tutte domande fattele. Mio collega aveva ordine portare ciò conoscenza Governo imperiale come atto di ostilità, contrario a tutti usi internazionali, che la Turchia non poteva tollerare, eccetera. lo suppongo vi sia qualche equivoco, o si tratti fatto anteriore accordo colle autorità turche, da V.E. comunicatomi. Ad ogni modo, mi fo premura informare dei passi fatti da questo ambasciatore di Turchia l.

2 Pestalozza rispose con T. 1967 del l o novembre: «Mio rapporto spedito 22 ottobre spiegherà che parlai proposta Dulio come di accordo tra le amministrazioni colonia inglese ed italiana, riservando approvazione superiore. Scriverò Eliot mio spontaneo intervento disapprovato».

157 l Cfr. n. 154.

158 l Per la risposta cfr. n. 162.

159

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CAPITANO DI FREGATA LOVATELLI

T. 1743'. Roma, l° novembre 1902, ore 13, 15.

Ricevo suo telegramma2 esponente progetto sbarco militari inglesi e riferendomi ancora alle considerazioni contenute mio ultimo telegramma3 raccomando caldamente VS. tenere questo riguardo linguaggio estremamente riservato. R. Governo intende avere piena libertà di decidere se accordare suo consenso quando verrà chiesto, trattandosi provvedimento assai grave.

160

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CAPITANO DI FREGATA ARNONE

T. 1747 1. Roma, 1° novembre 1902, ore 19,30.

Ambasciatore Turchia è venuto ad insistere nuovamente perché i pirati arrestati sudditi ottomani siano rimessi alle autorità turche per essere da loro puniti, ed io ripeto a buon conto a V.S. che ella può acconsentire quando abbia la assoluta sicurezza che non sfuggiranno alla meritata punizione. Lo stesso ambasciatore mi ha portato notizia bombardamento di Midi da parte di V.S. Se questa notizia è esatta la prego telegrafarmi ragioni che avrebbero determinato V.S., onde io sia in grado di rispondere alle recriminazioni del Governo turco. Desidererei anche sapere se azione distruzione pirateria prosegue in modo soddisfacente secondo di lei previsioni2.

161

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1973/88. Therapia, 1° novembre 1902, ore 23 (per. ore 7 del 2).

Questo ministro degli esteri mi ha fatto informare, per mezzo nostro primo interprete, che fino da avanti ieri navi italiane avevano bombardato alcuni punti costa

159 I Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Aden.

2 T. 1961 del 31 ottobre, non pubblicato.

3 Cfr. n. 153.

2 Cfr. n. 163.

araba e ciò malgrado avvenuta consegna tre pirati di Massaua ed arresto due pirati ottomani e mentre autorità militari turche si adoperavano per la completa esecuzione misura. Tewfik pascià mi ha fatto esprimere suo vivo rincrescimento per il contegno di Arnone che non gli pareva corrispondere dichiarazioni di V.E. a Rescid relativamente alla latitudine istruzioni di quel comandante. Ho saputo, in via privata e confidenziale, che la Sublime Porta ha diramato, in seguito avvenuto bombardamento, una circolare ai suoi rappresentanti presso le Grandi Potenze.

160 1 Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato a Hodeida.

162

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1753. Roma, 2 novembre 1902, ore 19,30.

Ricevo ora telegramma V.E., n. 97(88)1. Anche a me questo ambasciatore di Turchia è venuto ieri a dire che comandante Arnone il 30 scorso mese avrebbe bombardato il porto di Midi. Gli ho risposto che nessuna notizia di questo bombardamento era pervenuta al Governo; che le istruzioni da noi impartite ad Arnone2, e delle quali gli diedi lettura, erano tali da escludere che ricorresse a tale mezzo di coercizione a meno che fossero sopravvenute nuove gravi circostanze, che noi ignoriamo, e in ogni modo non dubitavo· che, ove ciò fosse avvenuto, Arnone mi avrebbe teìegrafato. Ho telegrafato subito ad Arnone per avere precise notizie3, ma finora non ebbi nulla. La mia impressione è che anche questa volta, come già precedentemente, le autorità ottomane esagerino assai le notizie sull'azione del comandante Arnone per impressionare le altre Potenze, travisando il carattere della nostra azione intesa soltanto a portare un colpo decisivo alla pirateria con vantaggio di tutti.

163

IL CAPITANO DI FREGATA ARNONE AL MINISTRO DELLA MARINA, MORIN

T. 19841. Massaua, 2 (per. ore 7 del 4 novembre 1902).

A mezzo «Galileo» inviato Massaua rifornirsi spedisco seguente telegramma. Esso ritornerà Medi mezzogiorno 8 all'ancoraggio. «Soldati ottomani con tre can

162 I Cfr. nn. 158 e 161.

2 Cfr. n. 151.

3 Cfr. n. 160.

163 I Il telegramma fu comunicato al Ministero degli esteri dal Ministero della marina.

2 Manca l'indicazione della data di partenza.

129 noni furono sbarcati dalle nostre navi per richiesta dell'autorità ottomana, impediscono fuga via mare pirati, la maggior parte qui presente. Abbiamo catturato e armato due sambuchi che insieme a due giunti da Massaua comandati dal tenente di vascello Camperio sostennero vivissimo attacco arrecando strage nemico, riportarono morto il marinaio Filosa Giuseppe matricola 4170 e un nostro indigeno e ferito leggermente un indigeno. Autorità locali chiesero proroga termine fissato ultimatum che concessi alla speciale condizione di far pagare abitanti Medi quindicimila franchi per indennità famiglie dei morti e consegnarmi sambuchi pirati rifugiatisi in covo attaccabile soltanto terra. Autorità non vollero sottoscrivere tali condizioni e bombardai Medi bruciando capanne, danneggiando case muratura senza offendere truppa ottomana durante bombardamento. Autorità locali chiesero sospensione fuoco e proroga giorni dieci per adempiere ultimatum che concessi facendo sottoscrivere quanto chiesi prima bombardamento. Scadenza ultimatum rimane fissata mezzogiorno undici novembre. Finora mi hanno consegnato un pirata, suo padre ed un servo. Azione truppa molto lenta e poco disciplinata contrariamente affermazioni Governo Costantinopoli telegrafatemi dal Ministero esteri. Dichiarai che non concederò altra proroga. Feci loro conoscere nuovi nomi pirati che promettono per scritto di consegnare a me. Se truppe non riusciranno intento, imporrei Hodeidah pagamento duecentocinquantamila franchi, non permettendo le grandi difficoltà locali nostra azione diretta oltre quella eseguita finora. Attendo illuminato parere Governo».

164

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A MERATE

T. S.N. Roma, 4 novembre 1902, ore 20.

Ambasciatore Turchia è venuto comunicare due dispacci suo Governo in cui affermando autorità locale disposta far tutto chiede richiamare Arnone, sospetta arrière pensée, lamentasi procedimento Arnone. Risposi dimostrando Arnone ebbe ragione di agire perché condizioni non adempiute e avvenuto combattimento contro pirati con tre nostri morti e un ferito!. Assicurai di nuovo formalmente nessun secondo fine e dissi: non hanno che a prendere pirati e pagare indennità per convincersi verità quanto affermo: è in loro potere far partire subito Arnone adempiendo condizioni richieste. Diversamente noi non potremo richiamare Arnone, che fu mandato per agire e proseguirà dopo il lO sua azione. Se voleva evitar ciò Porta doveva provvedere nostri reiterati inviti. Rechid pregommi telegrafarle, ciò che faccio. Telegramma giunto ora da Malaspina2 significa avere Tewfik pascià fatto a lui stessa comunicazione fatta qui da Rechid.

164 I Cfr. n. 163. 2 T. 1981/90 del 3 novembre, non pubblicato.

165

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI

T. S.N. Merate, 5 novembre 1902, ore 1,10 (per. ore 6,15 ).

Prego comunicare verbalmente ambasciatore di Turchia testo completo telegramma Arnone', però, sostituendo le parole «bombardai Medi» con «tirai alcune cannonate» e sopprimendo pure ultimo periodo in cui propone imporre indennità Hodeida. Prego principalmente far considerare ambasciatore di Turchia che i primi ad attaccare furono i pirati uccidendo nostri marinaj che Arnone sparò solamente contro di essi che di pirati ce ne furono consegnati solamente tre e rion cinque come egli ci aveva detto in base telegrammi da Costantinopoli, che, infine, Arnone accordò prolungamento termine dieci giorni, tempo più che sufficiente perché autorità ottomane adempiano impegno assunto se vogliono, del che purtroppo deve dubitarsi. Quindi azione nostro comandante fu perfettamente corretta e conciliante. Prego infine assicurare ancora una volta ambasciatore di Turchia mio nome che R. Governo non ha alcun fine recondito, quindi non può averne Arnone. Prego infine trasmettere Malaspina rapporto di Arnone modificato come per ambasciatore di Turchia, però, comunicandogli anche parte concernente proposito imporre indennità Hodeida, e facendo rilevare anche a Malaspina come esposizione fatti Arnone sia molto diversa da quanto affermò ripetutamente Governo Costantinopoli, e da essa risulti azione italiana perfettamente regolare essendo stati pirati primi ad attaccare. Infine prego aggiungere Malaspina che sono fantasie assurde attribuire all'azione italiana altri obiettivi di quelli sempre denunziati di punire pirati e regolare trattamento sambuchi2. Converrà anche comunicare rr. ambasciatori per loro norma telegramma di Arnone nel testo precisamente eguale a quello comunicato ad ambasciatore di Turchia come sopra3.

166

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1991/91. Therapia, 5 novembre 1902, ore 17,25.

Ministro degli affari esteri mi ha fatto stamane, per mezzo del suo capo di Gabinetto, comunicazione seguente: «In seguito invito comandante italiano,

2 In tal senso fu inviato a Malaspina il T. riservato 1770 dello stesso 5 novembre.

3 Le istruzioni furono eseguite con T. l 771, pari data.

colonnello Riza, comandante truppe Midi, essendosi recato a bordo "Piemonte" gli venne intimato nuovo ultimatum con minaccia, in caso di non accettazione seduta stante, di nuovo bombardamento Midi. Riza vedendo preparativi per esecuzione, ed un colpo di cannone essendo stato sparato sopra sambuchi carichi viveri per truppe ottomane, si vide costretto, per evitare più gravi incidenti firmare documento presentatogli. In questo documento è detto che, dietro domanda di Riza, comandante italiano proroga dieci giorni termine ultimatum alle seguenti condizioni:

1) tutti i sambuchi trovantisi al nord Midi saranno consegnati col loro carico al comandante: questi sambuchi, al pari di quelli catturati navi italiane, saranno considerati buone prese;

2) Riza bey si impegna riscuotere sugli abitanti di Midi e pagare per il 9 novembre 6500 reali, quale indennità per tre italiani morti o feriti;

3) Riza riconosce che, fino al momento della firma documento, condizioni ultimatum accettate dalle autorità di Hodeida non sono state eseguite;

4) Riza dichiara che la proroga attuale è l'ultima e si impegna, sull'onore militare, ad arrestare e consegnare, entro il termine fissato, i nominati Ahmed e Abd el Cader di Massaua e di eseguire tutte le condizioni del precedente ultimatum. Nel primo bombardamento di Midi sette persone sono state uccise

o ferite». Dopo avere esposto quanto precede, capo di Gabinetto del ministro si dolse meco vivamente, a nome di Tewfik p<~scià, del contegno comandante e del fatto che questi avesse, con minacce, imposto a Riza bey di firmare documento osservando che quell'ufficiale non ha alcuna qualità per assumere siffatti impegni, e pregandomi di chiedere a V.E. la restituzione del documento stesso. Capo di Gabinetto aggiunse che le misure adottate dal comandante Arnone, oltre a non essere conformi alle relazioni tra i due Paesi amici, intralciavano l'azione intrapresa dalle autorità ottomane per dare soddisfazione alle domande del Governo del re e che quindi il ministro degli affari esteri insisteva pel richiamo delle navi italiane e perché la questione non fosse più a lungo trattata tra il comandante nostra flottiglia e le autorità locali, ma bensì tra i due Governi nelle forme consuete. Mi limitai a rispondere al capo di Gabinetto del ministro degli affari esteri che avrei trasmesso queste comunicazioni a V.E.; che unico scopo azione era quello di recare un colpo decisivo contro la pirateria con vantaggio dei due Paesi; e che il Governo imperiale aveva modo di far cessare questa azione dando più presto possibile soddisfazione alle nostre domande. Al cav. Cangià, che stamane trovavasi presso il ministro degli affari esteri, mentre capo di Gabinetto mi faceva accennata comunicazione, Tewfik pascià ripeté le stesse domande insistendo vivamente sopra di esse, dichiarando fatti occorsi ed il contegno del comandante Arnone, malgrado operazioni intraprese dal Governo imperiale, aveva prodotto al sultano penosa impressione. In presenza mia difficile situazione, sarò grato a V.E. di volermi far conoscere quale risposta ella ha dato ultima comunicazione codesta ambasciata turca, affine di conformarmivi nel mio linguaggio.

165 l Cfr. n. 163.

167

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 1993/78. Londra, 5 novembre 1902, ore 19,37 (per. ore 22,10).

Questa ambasciata Turchia ha rinnovato vive proteste per l'azione delle nostre navi a Midi qualificandola come ingiusta violazione sovranità Impero ottomano. Ministro esteri declinò di fare qualsiasi osservazione confermando le sue recenti dichiarazioni sullo stesso oggetto, nel senso che l'intervento delle navi italiane doveva essere stato senza dubbio giustificato dalla necessità di reprimere la pirateria.

168

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, A MERATE

T. S.N. Roma, 5 novembre 1902, ore 19,50.

E' tornato in questo momento ambasciatore Turchia. Risposigli che risposta di V.E. a mio telegramma' non era ancora giunta, ma che avendo V.E. approvato opera Arnone credevo potergli affermare che non consentirebbe richiamo. Ambasciatore Turchia ripeté Riza bey avendo firmato adempimento condizioni imposte Arnone per far cessare bombardamento Governo turco non credeva valida questa firma e chiedeva restituzione documento firmato. Non avendo facoltà rispondere, promisigli avrei trasmesso telegraficamente V.E. domanda, ma frattanto fecigli osservare che essendo Riza bey un soldato non poteva addurre di aver firmato per timore essendo ciò inconciliabile colla sua qualità, che quindi ritenevo firma pienamente valida, e impossibile restituzione. Che infine se condizioni non fossero adempiute in termine si sarebbero verificati altri spiacevoli fatti: il meglio era dunque dare rigorose istruzioni autorità locale aiutare nostre navi a prendere pirati e adempiere condizioni accettate. Ripetei essere per noi sinceramente amici Turchia sommamente spiacevole il perdurare di questo stato di cose, come era spiacevole per loro. Non avendo secondi fini noi ci auguravamo che tutto al più presto cessasse: ciò essere anche nell'interesse Turchia: insistetti in tal senso. Ambasciatore Turchia rispose essere con piacere che constatava le buone relazioni fortunatamente esistenti fra i due Paesi, che credeva sincero nostro desiderio di porre

168 I Cfr. n. 164.

fine a tale stato di cose; ma che essi avevano dato prova di buona volontà, che non sempre è possibile ciò che si desidera eccetera. Risposi che appunto per rendere più facile compito avevamo mandato navi, che azione Turchia era stata nulla per lungo tempo e che anche ora si manifestava fiacca e insufficiente. Seguì poi una conversazione privata che riferirò V.E. al suo ritorno.

169

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI

T. S.N. Merate, 6 novembre 1902. ore 10,20 (per. ore 11,45).

Non risposi ieri domanda richiamo Arnone! perché mia risposta negativa era implicita nel mio telegramma diretto a V.E.2. Così pure non posso accettare domanda restituire impegno sottoscritto da Riza bey3, tanto più che in esso sola cosa nuova è indennità 15 mila lire famiglie vittime attacco dei pirati, mentre per tutto il resto ambasciatore di Turchia, a nome suo Governo, aveva ripetutamente dichiarato consentire fin dal principio, invocando anzi sempre questo consenso come ragione per sospendere azione italiana. Prego V.E. dire ambasciatore di Turchia che sarò a Roma venerdì mattina, e conferirò con lui; ma che base di ogni possibile intesa deve essere sicurezza punizione pirati, consegna e distruzione loro strumenti pirateria, pagamento conveniente indennità come suo Governo aveva fin dal principio accettato pienamente, dolendosi anzi che il console non avesse voluto ricevere somma offertagli dalle autorità turche di Hodeida4. E' necessario però egli si faccia dare dal suo Governo poteri per intenderei su questa base entro domani.

170

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1784. Roma, 7 novembre 1902, ore 19, 15.

Ho avuto stamane con l'ambasciatore di Turchia un lungo colloquio. Un telegramma della Sublime Porta, dali 'ambasciatore comunicatomi, annuncerebbe: che

2 Cfr. n. 165.

3 Cfr. n. 168.

4 A questo punto il testo decifrato proseguiva col seguente periodo, poi cancellato: "Secondo

risultato mio colloquio con lui, manderò istruzioni Arnone che devono partire venerdì sera".

al comandante italiano furono consegnati cinque sambuchi finora catturati ed il comandante ne ha distrutti tre: che, gli abitanti di Midi essendosi dopo il bombardamento rifugiati presso le tribù dell'interno, i tre o quattro individui non ancora arrestati non potranno essere scoperti che assai difficilmente; che nel porto di Djivar-el-Kabr, presso Midi, altri quattro sambuchi sono stati distrutti; che le autorità imperiali fanno tutto il possibile per la cattura o distruzione, entro il più breve termine possibile, dei sambuchi rimanenti. Dal canto mio ho dichiarato all'ambasciatore che, in vista dei provvedimenti che, col suo telegramma, la Sublime Porta ci annuncia aver preso, e qualora sia accertata l'esattezza di tali notizie, il R. Governo sarebbe disposto a dare istruzioni al comandante Arnone di sospendere la sua azione tostoché la Sublime Porta ci notifichi di accettare le seguenti condizioni:

«l) Les sambouks appartenant à des pirates actuellement bloqués dans !es parages de Midi seront livrés au commandant Arnone ou bien détruits d'après entente entre le commandant et l'autorité locale;

2) Les pirates relevant de l'autorité italienne, dont !es noms ont été indiqués par le commandant Arnone, seront livrés à Massaua dans le délai d'un mois; 3) La Sublime Porte prendra des mesures immédiates et les plus sévères pour assurer la cessation de la piraterie dans la Mer Rouge;

4) Outre le payement de 19.676 thalers comme indemnité pour !es dommages causés par des faits antérieurs de piratérie, la Sublime Porte fera payer au commandant Arnone l 'indemnité que ce dernier a demandée pour l es familles des deux matelots morts à Midi;

5) Le traitement des sambouks érythréens dans !es ports ottomans sera désormais réglé en voie de fait, et sans engagement de part et d'autre, d'après les énonciations contenues dans la communication récente de l 'ambassade impériale, et, en tout cas, sur le pied de tout autre pavillon qui, dans des circonstances analogues, serait le plus favorisé.

Les taxes perçues sur les sambouks érythréens en sus de celles résultant de ce régime, seront restituées». L'ambasciatore di Turchia telegrafa al suo Governo quanto precede. Prego V.E. di esprimersi nello stesso senso presso codesto ministro degli affari esteri, non senza fargli rilevare la moderazione delle nostre domande e lo spirito di conciliazione onde siamo animati. Urge, però, e V.E. vorrà farlo ben comprendere, che ci giunga la risposta della Sublime Porta, acciocché da noi si possano far pervenire al comandante Arnone le istruzioni concepite nel senso suindicato in tempo utile onde gli arrivino prima del mattino 11 corrente, esse devono essere da qui telegrafate a Massaua non più tardi del mattino 9 corrente l.

170 I Tewfik pascià dichiarò a Cangià che il Governo ottomano accettava le condizioni proposte dal Governo italiano (T. 2006/93 di Malaspina dell'S novembre, non pubblicato). La trattativa peraltro durò ancora due giorni.

169 l Cfr. n. 164.

171

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1799. Roma, 9 novembre 1902, ore 18,55.

I giornali d'Inghilterra, Francia e anche Germania continuano ad attribuire al viaggio di S.M. l'Imperatore di Germania in Inghilterra scopi politici precisi di accordi da stipulare e discutono quali possano essere. Per quanto sia poco credibile che il viaggio, pur avendo nel suo complesso uno scopo politico, miri alla conclusione di precisi accordi, pure raccomando a V.E. procurare, colla opportuna riserva, di raccogliere in proposito le informazioni più esatte possibili e trasmettermele anche telegraficamente se a V. E. sembrerà utile I.

172

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1289/567. Londra, 9 novembre 1902 (per. il 15).

L'imperatore di Germania è sbarcato ieri mattina, col suo seguito, a Port Victoria e, dopo una breve sosta a Shortcliffe, ove passò in rivista il reggimento di cavalleria inglese del quale egli è il capo onorario, Sua Maestà Imperiale continuò il suo viaggio attraversando la stazione di Londra, per recarsi direttamente a Sandringham, ospite del re Edoardo. Questa visita dell'imperatore, che durerà, secondo il programma, due settimane, ha per iscopo immediato un atto di personale cortesia verso il suo augusto zio, del quale si festeggia oggi il giorno di nascita.

Dopo l 'ultima escursione di Sua Maestà Imperiale in Inghilterra, avvenuta in occasione dei funerali della defunta regina Vittoria, sono intervenuti incidenti ben noti che non contribuirono a migliorare le relazioni politiche tra l'Inghilterra e la Germania. E ciò costituisce di per sé una sufficiente spiegazione dei commenti e delle congetture provocate da questa visita nel pubblico e nella stampa europea. Quanto a quella inglese però, il linguaggio dei giornali più autorevoli si accorda, con poche variazioni, nel dare il benvenuto al!' ospite illustre, tributando rispettosi omaggi alle sue alte qualità personali ed anche riconoscenza delle intenzioni amichevoli da lui professate verso la Nazione inglese, ma tutto ciò senza perdere di vista la situazione reciproca dei due Stati e il dovere dei loro Governi come dei rispettivi sovrani, di vegliare anzitutto ai propri interessi nazionali. Da quei giornali e in genere dagli uomini politici inglesi, si mostra insomma una tendenza a

171 I Cfr. n. 172.

menomare piuttosto che ad esaltare la importanza della visita imperiale, escludendo a priori che possa risultarne alcuna sensibile modificazione dello esistente stato di cose.

In una simile impressione venni pur io confermato da una conversazione avuta ieri coll'ambasciatore britannico a Berlino sir Frank Lascelles, venuto qui in questi giorni, per l'occasione appunto della visita imperiale. Essa non ha per l'imperatore altro scopo, mi disse il mio collega, che di mantener vivi i suoi contatti famigliari colla Corte britannica, i quali, malgrado tutto, possiedono un proprio valore d'indiretta influenza anche sulle relazioni politiche, come quelli che permettono, in dati momenti, qualche scambio di spiegazioni non sempre consentito dalla rigidità delle comunicazioni ufficiali. Codesta azione conciliante entra del resto, senza alcun dubbio, nelle vedute dei due Governi, risoluti entrambi a non lasciarsi trascinare dai movimenti irriflessivi del pubblico e della stampa: e si tratta pei governanti tedeschi di non permettere che la irritazione prodotta da certe dimostrazioni anglofobe giunga al punto di generare in questo Paese la convinzione della esistenza di una ostilità permanente ed irreduttibile del popolo germanico, convinzione che potrebbe, un giorno, spingere l'Inghilterra a cercare la propria sicurezza in un accordo colla Russia, eventualità improbabile, ma pur sempre temuta a Berlino.

I giornali americani pubblicarono recentemente -dietro notizie mandate da Berlino ali' Associateci Press di N ew York -il resoconto di una conversazione avvenuta a Londra, nello scorso agosto, fra questo ambasciatore tedesco conte Metternich e sir Frank Lascelles (allora qui venuto per l'incoronazione), sui rapporti dei rispettivi Paesi. Ora sir Frank mi disse che il suo collega tedesco si era mostrato assai inquieto per quella pubblicazione, ch'ei non sapeva spiegarsi come fosse venuta da Berlino e nella quale egli scorgeva la malevola intenzione di nuocere ali' effetto della visita dell'imperatore: il resoconto ne era però abbastanza esatto. Il conte Metternich, deplorando il malanimo della stampa, si era secolui rammaricato che i suoi effetti si riflettessero nel contegno del Governo inglese, il quale, egli disse, mentre era sempre compiacente negli affari con la Francia e anche colla Russia, manteneva invece un sistematico rigore verso tutte le domande della Germania (alludendo con ciò agli incidenti coloniali che ogni tanto sorgono fra i due Paesi). Avendo a ciò obiettato il suo interlocutore risultargli invece che il marchese di Lansdowne nutriva verso il Gabinetto di Berlino le disposizioni le più concilianti, il conte Metternich si riprese, riconoscendo di non avere menomamente a lagnarsi del Foreign Office, ma la ostilità veniva, disse, dal ministro delle colonie, il quale, del resto, aveva anche pubblicamente manifestato la propria antipatia per la Germania: non era degno, egli aggiunse, di un uomo di Stato dell'elevatezza di Mr. Chamberlain, di lasciarsi influenzare, nella sua condotta politica, «da qualche caricatura». A questo replicò sir Frank che non si trattava «di qualche caricatura», ma di dichiarazioni venute da luogo ben più autorevole. Egli 1 ricordò che nel 1899, l'imperatore Guglielmo venuto in Inghilterra, aveva avuto, dietro propria iniziativa, un colloquio con Mr. Chamberlain e poco dopo, in un

discorso tenuto a Birmingham, questo ministro, sotto la favorevole impressione delle cose dettegli da Sua Maestà Imperiale, aveva apertamente manifestato i suoi sentimenti di fiducia nell'amicizia della Germania e il desiderio di veder stringere sempre più intimi rapporti fra le due Nazioni. Ma quale era stata la risposta? Un discorso del conte Biilow, nel quale quel ministro voltava quasi in ridicolo le avances di Mr. Chamberlain, in termini che ne implicavano un disdegnoso rifiuto: non era quindi da ascriversi ai sentimenti personali di alcun ministro inglese la responsabilità di una situazione della quale questa Nazione era sorpresa, ritenendo di nulla aver fatto per provocarla.

Ebbi già occasione di segnalare questa sensazione di sorpresa che destano in Inghilterra gli attacchi provenienti dalla Germania. Se ne è reso anche ultimamente interprete un distinto letterato, Mr. Peel, che in una interessante pubblicazione, ricercando in elementi storici le cause dell'antipatia rivelatasi in diversi Paesi del continente riguardo all'Inghilterra, la fa risalire, per quanto concerne la Germania, al ricordo che quella memore Nazione avrebbe conservato della defezione perpetrata a danno di Federico II durante la guerra dei sette anni, dal Governo britannico di quel tempo. I critici inglesi che giudicano una tale interpretazione alquanto far fetched (tirata pei capelli), credono scoprire una spiegazione più semplice ed immediata nella gelosia del nuovo grande Impero che trova già occupato dall'Inghilterra un troppo vasto campo, così sottratto alle sue ambizioni mondiali. Dal punto di vista degli orizzonti che questa idea apre sull'avvenire, ha prodotto qui una piuttosto viva impressione il recente discorso di un deputato tedesco di parte liberale, il quale consigliava ai suoi compatrioti di usare prudenza verso la Gran Bretagna, fino a tanto che le forze navali germaniche non fossero completate. Si tratta di sapere, né io mi trovo in posizione da giudicarne, se e quanto estese e profonde sieno le radici di un tale pensiero in Germania. Frattanto, la sua troppo frequente enunciazione non giova a corroborare presso gl'inglesi l'assicurazione in ogni circostanza qui ripetuta dal conte Metternich: non esservi persona sensata in Germania, non soltanto che desideri una guerra coll'Inghilterra ma che auguri una menomazione qualunque del suo prestigio, la quale ridonderebbe infine a pregiudizio politico della Germania stessa.

Allo stato delle cose, non è verosimile che la visita imperiale possa avere intenti più specifici e risultati maggiori di quelli più sopra accennati. Questo per il presente. Che se, -sotto le ampie riserve imposte ad ogni previsione dell'avvenire, -io dovessi esprimere una mia impressione personale, questa è che, malgrado tutte le esistenti cause materiali e morali di attrito, vedrei come più probabile, col favore del tempo e delle circostanze, una graduale riconciliazione di fatto fra la Germania e l'Inghilterra, anziché un formale accordo di questa colla Russia. Non già che il Governo britannico non vi sia per proprio conto disposto. Ve lo indurrebbe, oltre al suo sincero desiderio di pace, la convinzione che ormai comincia a penetrare nelle sfere politiche di questo Paese, che l'espansione russa in Asia è una specie di fenomeno della natura, irrefrenabile come la discesa delle acque alla china. Ma questo stesso sentimento rende aliena la Russia dal prestarsi ad alcun impegno implicante ~na qualsiasi rinuncia ai vantaggi della sua libera azione, a meno forse di tali cessioni da parte dell'Inghilterra quali nessun Governo potrebbe tentare di far accettare all'opinione pubblica. La conclusione di tutto ciò sembra dover essere che i suoi rapporti sia con la Germania che con la Russia, continueranno come ora, attraverso una serie di incidenti più o meno sgradevoli ma non mai condotti all'estremo: ciò almeno fino al presentarsi di uno di quegli eventi esteriori che impongono ai Gabinetti di prendere posizioni decise. Un'eventualità di tale natura, osservava sir F. Lascelles nel chiudere la nostra conversazione, potrebbe presentarsi il giorno in cui sarà scomparso dalla scena europea l'imperatore Francesco Giuseppe.

172 l Intendi Lascelles.

173

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CAPITANO DI FREGATA ARNONE

T. 18031. Roma, l0 novembre 1902, ore 13, 35.

Informo V. S., per sua buona regola, p el tramite di cui ci siamo serviti l' 8 corrente, che un accordo è intervenuto tra Governi italiano e ottomano per la repressione della pirateria e per il trattamento dei sambuchi eritrei, e che i particolari sull'accordo con le istruzioni per la S.V.2 le vengono portati dal «Galileo», al quale telegrafiamo in questo momento onde possa partire oggi stesso dieci corrente per Midi. Prego pertanto V.S. di attendere l'arrivo del «Galileo» con le nostre istruzioni.

174

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. PERSONALE. Bucarest, 11 novembre 1902 (per. il 17).

Con lettera particolare confidenziale! della quale ella ben volle segnarrni ricevuta, ebbi a suo tempo l'onore di inforrnarla della firma, avvenuta qui, del

2 T. 1802, pari data, non pubblicato.

l'atto di adesione della Germania al rinnovamento del patto d'alleanza tra l'Austria-Ungheria e la Romania. M'affretto ora a partecipare all'E.V. che questo ministro degli affari esteri, signor J. Bratiano, appena di ritorno da un suo congedo all'estero, venne ieri a trovarmi per comunicarmi come al suo recente passaggio a Vienna il conte Goluchowski gli abbia fatto conoscere che egli stava per far passi presso il Gabinetto di Roma per ottenerne anche l'adesione al patto di cui sopra. Sapendo come io sia in corrente della quistione al pari dei miei colleghi tedesco e austriaco, signor von Kiderlen e marchese Pallavicini, il conte Goluchowski avrebbe intenzione di proporre a Roma che l'adesione dell'Italia venga pure data qui per mezzo d'un atto firmato da me. Quanto precede mi fu confermato poco fa dal marchese Pallavicini, ed il signor Bratiano mi fece anche intendere che il Gabinetto di Bucarest preferirebbe il modus procedendi indicato dal conte Goluchowski, al fine di non dover mettere nel segreto il ministro di Rumania a Vienna. Il signor Bratiano terminò esprimendo la speranza che l'Italia, come le volte precedenti, non vorrà negare la propria adesione al patto in parola, il quale forma un complemento al Trattato della Triplice Alleanza, tale e quale è stato rinnovato tra l'Austria e la Romania, vale a dire colla clausola della tacita riconduzione. Egli mi incaricò quindi di rivolgerne formale preghiera all'E.V. a nome del Governo di

S.M. il Re Carlo. Le sarei grato, signor ministro, se si volesse compiacere di segnarmi ricevuta della presente2.

173 l Spedito tramite l'ambasciata turca a Roma.

174 l Di questa lettera, datata 7 agosto, si pubblica solo il passo seguente: "Le relazioni tra la Rumania e l'Impero degli Asburgo tendono presentemente a diventar sempre più strette e cordiali. E ciò non già perché si nutrano qui in fondo del cuore maggiori simpatie che per lo passato per gli austriaci e per gli ungheresi specialmente, ma perché a poco a poco, a misura che si fanno più impazienti gli appetiti delle piccole Potenze balcaniche di razza slava ed emerge più chiaro come esse siano oramai affatto sotto l 'influenza esclusiva della Russia e ripongano in questa tutte le loro speranze, penetra più avanti negli uomini di Stato rumeni la convinzione della convenienza di accostarsi alla Triplice Alleanza per mezzo dell'Austria".

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1829. Roma, 14 novembre 1902, ore 13,30.

Giornali italiani riportano sunti articoli alcuni giornali inglesi i quali, relativamente eventuale domanda Inghilterra passaggio sue truppe Somalia italiana, assumono verso Italia attitudine altezzosa, quasi di intimazione e minaccia. Questo linguaggio parte stampa inglese, oltreché ingiustificato, veramente deplorevole. Se Inghilterra ci farà domanda, Governo italiano procurerà col massimo buonvolere in quanto possibile conciliare il suo desiderio vivissimo di compiacere la Potenza amica col dovere suo di non attirare pericoli sopra suoi possedimenti, e credo che grande maggioranza opinione pubblica italiana sarà concorde con Governo: ma linguaggio stampa inglese sopracitato è il più idoneo a procurare nell'opinione pubblica italiana corrente avversa'.

175 I Per la risposta cfr. n. 180.

174 2 Cfr. n. 191.

176

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2040/104. Berlino, 14 novembre 1902, ore 17,11 (per. ore 19).

Jersera conte Biilow mi ha ripetuto felicitazioni già fatte trasmettere a V.E. da Wedel, per la soluzione dell'incidente italo-turco nel Mar Rosso. Non era certamente esclusa, a priori, possibilità di spiacevoli complicazioni, sia per reale impotenza della Turchia in quelle regioni, sia per una troppo palese eventuale intromissione della Russia a favore sultano. Conte di Biilow felicita tanto più V.E. di avere saputo ottenere voluta soddisfazione, evitando guai maggiori. Per parte sua, Governo imperiale non ha mancato, soggiungeva Biilow, agire presso il sultano, e crede i consigli datigli abbiano pur essi influito rendere quel sovrano più favorevole alle giuste domande dell'Italia!.

177

L'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, CURRIE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

MEMORANDUM. Roma, 14 novembre 1902.

Lord Cromer suggests that as some time may possible elapse before the abyssinian delegates can reach the frontier, a meeting should take piace at Kassala early in January between the Italian and Soudan delegates to delimit such portions of the new frontier as concem the Govemments of Italy and the Soudan onlyl.

178

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RISERVATISSIMO 1838. Roma, 15 novembre 1902, ore 12.

Rallegrandosi con noi per la soddisfacente soluzione dell'incidente nel Mar Rosso, il conte di Biilow ha accennato, con Lanzal, ad una troppo palese even

177 l Sulla questione cfr. n. 196. 178 l Cfr. n. 176.

tuale intromissione della Russia a favore del sultano, ed a consigli dati al sultano dalla Germania per renderlo più favorevole alle nostre giuste domande. Desidererei, unicamente per mia informazione e norma personale, che V.E. cercasse di indagare e telegrafarmi quale fu, nella presente occasione, il preciso atteggiamento di quelle due Potenze2.

176 l Cfr. n. 178.

179

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 3512/1477. Parigi, 15 novembre 1902 (per. il 28).

Nei bollettini della agenzia Havas è comparso, sotto la data di Tunisi 7 novembre, il resoconto di un'intervista avuta dal signor Tridou, estensore capo della Dépéche Tunisienne, col signor Pichon residente francese nella Reggenza.

In questa pubblicazione che è qui allegata! e che merita, a parer mio, tutta la nostra attenzione, l'alto funzionario francese avrebbe esposto tutto un programma, alla base del quale starebbe il concetto di associare la colonia francese di Tunisia nella amministrazione del protettorato. Si tratterebbe di far fare all'azione francese sovra la Tunisia passi decisivi che il signor Pichon stima sarebbero stati prematuri sotto i suoi predecessori. Il programma dei mezzi da impiegare è abbastanza esplicito perché non si possa dubitare dell'intenzione che lo inspira, degli scopi che si vogliono conseguire.

I paragrafi E, «emploi de l' émigration étrangère dans la colonisation française», e G, «comment fixer en Tunisie !es meilleurs éléments siciliens et ang1o-maltais et les soumettre à l 'intluence française», degli studii da sottomettersi alla ideata grande commissione di colonizzazione, non meno che il n. 7° del programma che il residente attuale si propone di svolgere «développement des écoles de I'Etat dans la Régence», accennano direttamente a mutamenti da introdurre nello stato di cose instituito con le convenzioni nostre del 1896.

Tre anni appena ci separano dalla scadenza di quegli atti internazionali e bisogna tenere conto del progressivo sviluppo che, negli ultimi anni, ha avuto l'immigrazione italiana nella Reggenza. Che l'ordinamento risultante dalle precitate convenzioni nel territorio del protettorato abbia potuto contribuirvi, mi pare quasi certo, mentre nell'Algeria si verificò un fenomeno opposto. Non vorrei qui proporre all'attenzione del R. Governo questioni che potessero sembrare premature. Ma, in presenza del programma del signor Pichon, mi sembra che qualche cosa vi sia da fare da parte nostra, tanto per accertarci della verità del programma stesso, quanto per lasciar intendere che il Governo nostro annette un interesse alla con

179 I Non si pubblica.

servazione della condizione di cose creata convenzionalmente nel 1896 per la Tunisia e che la conservazione della medesima è una delle basi della progressiva buona intelligenza stabilitasi fra l'Italia e la Francia.

Stimerei opportuno che, sovra questo soggetto, l'ambasciatore della Repubblica a Roma non dovesse lasciare sussistere qui alcuna incertezza perché se il programma, emesso dal signor Pichon nella forma di una intervista di giornale, dovesse ricevere un principio di esecuzione, gli avvertimenti nostri al Governo di Parigi potrebbero giungere tardivi. E' cosa ben diversa il non mettersi in cammino, od il fermarsi, peggio ancora il retrocedere sovra una via sulla quale si percorsero anche soltanto pochi passi2.

178 2 Per la risposta cfr. n. 181.

180

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1315/582. Londra, 16 novembre 1902 (per. il 22).

Ho ricevuto il telegramma! che V.E. mi indirizzava ieri l'altro per segnalarmi la riproduzione nei giornali italiani di sunti di articoli di alcuni giornali inglesi, i quali, relativamente ad una eventuale domanda dell'Inghilterra pel passaggio delle sue truppe nella Somalia italiana, avrebbero assunto verso l'Italia un'attitudine «altezzosa quasi di intimazione e minaccia».

Non essendomi venuti sottocchio articoli ai quali potessero rifèrirsi simili sunti ho voluto interrogare in proposito due di questi nostri principali corrispondenti (agenzia Stefani e Tribuna) per sentire da loro se avessero osservato nei giornali inglesi qualche articolo di tal natura sfuggito alla mia attenzione. Entrambi quei signori mi dissero però nulla aver notato, all'infuori di un articolo del Morning Post ed un altro del Graphic i quali si limitavano in sostanza a segnalare l'interesse comune dell'Italia e dell'Inghilterra alla repressione del Mullah, con argomenti leggermente polemici ma che non potevano certamente suonare intimazione o minaccia. Per la mia domanda ai corrispondenti suddetti, (non volendo naturalmente citare la comunicazione di VE.), avevo preso argomento da un telegramma di Roma apparso appunto oggi nel Times, che segnalava una sfavorevole impressione colà prodotta dal «linguaggio di certi giornali inglesi riguardo al contegno dell'Italia ne Il' occasione delle progettate operazioni contro il Mullah» e che, rilevando il nessun vantaggio di una simile polemica, ristabiliva nei suoi veri termini la situazione di quella vertenza. I due corrispondenti ai quali mostrai codesto telegramma, mi dissero non comprendere come avesse potuto essere provocata una polemica, mentre né i citati articoli dei giornali inglesi, né le controsservazioni dei nostri, nulla contenevano di natura da giustificare una qualsiasi reciproca irritazione.

180 l Cfr. n. 175.

Mi sorge quindi il dubbio che i sunti da V.E. accennati siano stati forse inseriti da qualche giornale italiano per trasmissione da Parigi, d'onde, come è noto, molti fra essi ricevono le loro notizie, in forma talvolta inesatta ~ed in certi casi anche manipolata con intenzione non favorevole all'Inghilterra.

179 2 Per la risposta cfr. n. 244.

181

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2070/99. Pera, 18 novembre 1902, ore 20,15 (per. ore 20,35).

Rispondo suo telegramma n. 18381. Russia che è atteggiata sempre per amica e protettrice del sultano, vede con rincrescimento ogni incidente per la soluzione del quale Potenze ricorrono a misure coercitive. Ne trae argomento per porre in rilievo la propria moderazione nelle sue questioni. È così che in occasione nostri precedenti incidenti e della dimostrazione navale francese a Mitilene, questa ambasciata russa manifestò propria disapprovazione per le misure adottate dalla Italia e dalla Francia. Di fronte a nostro ultimo incidente nel Mar Rosso tenne apparentemente un contegno più riservato ma non omise di far osservare a Palazzo come malgrado incursioni dei curdi sul suo territorio ed altre questioni di frontiera, essa non avesse mai ricorso né a minacce né a provvedimenti militari. Mi risulta che ambasciata russa, allorché venne a conoscere energico atteggiamento del Governo britannico nella questione delimitazione territorio Aden, atteggiamento che, avendo coinciso colla nostra azione a Midi, destò sospetto accordo fra i due Paesi, richiamò attenzione Sublime Porta sul pericolo lasciare sorgere Mar Rosso incidenti tali da prendere misure militari per parte Governi interessati, e la esortò ad affrettare componimento entrambe vertenze. In quanto concerne Germania questo soltanto posso ricordare: che il barone Marschall non ha mai accennato meco a consigli dati al sultano per renderlo più favorevole alle nostre domande2. D'altra parte nessuna informazione mi è stato dato di ottenere al riguardo. Mi è risultato dalle indagini fatte, che alla circolare inviata dalla Sublime Porta ai suoi rappresentanti presso le Grandi Potenze in seguito ai fatti di Midi, Governi russo, austriaco e francese risposero in modo evasivo. Governo tedesco rispose che inviterebbe suo ambasciatore a Roma ad adoperarsi, se possibile, per una sollecita soluzione dell'incidente, e Governo britannico dichiarò che il Governo del re già gli aveva fatto conoscere lo scopo della sua azione e che informazioni fomite dalla Sublime Porta colla sua circolare non erano sufficienti per emettere un apprezzamento qualsiasi.

181 I Cfr. n. 178. 2 Con T. 1999/92 del 6 novembre Malaspina aveva comunicato: «Sultano si è rivolto imperatore di Germania chiedendo suoi buoni uffici Grandi Potenze per il richiamo nostra flottiglia».

182

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 54201/468. Roma, 18 novembre 1902.

Ho tolto notizia con particolare interesse del rapporto (n. 550) del 31 scorso ottobre!, circa il passaggio dei Dardanelli conceduto dal sultano a navi russe e circa lo atteggiamento del Governo britannico a tale riguardo. Anche io avevo osservato una certa disarmonia fra la renitenza manifestata all'E.V. da lord Lansdowne di mettersi in prima linea e le intenzioni espressemi, a nome di Sua Signoria, da sir Rennell Rodd. Ciò non modifica, tuttavia, il pensiero che espressi all'incaricato d'affari inglese in argomento2.

183

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. PERSONALE. Parigi, 19 novembre 1902.

La ringrazio assai della cortesia usatami che mi permise di prendere conoscenza della interessante spedizione da lei fatta con l'ultimo corriere. Le dico il vero che se la visita del re alla Corte d'Inghilterra dovesse andare in fumo, le mie previsioni per i rapporti nostri con la Francia sarebbero assai più rassicuranti. Si avrà bel dire che se lo scambio di visite con la Francia non ha luogo, per la ragione che tutti sanno, nulla si troverà mutato nei rapporti nostri con questo Paese. Ciò non potrà essere vero: od almeno lo sarà per poca gente. Per tutti gli altri l'effetto sarà disastroso. Del resto di qui là correrà ancora qualche mese e molte cose possono accadere. Fra le liete ed ormai vicine vi sarà il nostro incontro se ella viene qui per la fine del mese prossimo.

2 Cfr. n. 142.

182 l R. 1263/550, del quale si pubblica il passo seguente relativo ad una conversazione con Lansdowne: «... questi si era mostrato piuttosto alieno dal mettersi in prima linea a capo degli altri Governi i quali, come mi aveva detto Sua Signoria, erano altrettanto e più che l'Inghilterra interessati a guarentire l'osservanza dei vigenti trattati colla Turchia. Senza che vi fosse in ciò alcuna sostanziale contraddizione, non potei però non rilevare una certa disarmonia fra la renitenza a me manifestata dal marchese di Lansdowne e la intenzione a suo nome espressa costì da sir R. Rodd, di prendere cioè l'iniziativa di una domanda al sultano pel passaggio di navi inglesi attraverso i Dardanelli, a guisa di contrapposto alla analoga domanda russa».

184

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RISERVATISSIMO 1866. Roma, 20 novembre 1902, ore 18,30.

L'incaricato d'affari d'Inghilterra mi comunica confidenzialmente che in questi giorni codesti ambasciatori d'Inghilterra e di Austria-Ungheria faranno rimostranze alla Sublime Porta per avere accordato alle controtorpediniere russe il passaggio attraverso i Dardanelli. Ne avverto confidenzialmente V.E. acciocché ella possa, a sua volta, tenersi informata dei passi che in proposito saranno fatti dai due suoi colleghi. Quando, poi, le risulterà che le rimostranze siano state effettivamente fatte, l'E.V. vorrà, per quanto ci concerne, richiamare l'attenzione della Sublime Porta sul carattere assolutamente internazionale del regime applicato finora agli Stretti ed al quale la concessione ora accordata alla Russia costituisce importante eccezione, aggiungendo che se intendesse modificare così il regime degli Stretti finora seguito, noi dovremmo fare le nostre riserve circa le questioni del diritto che esso potrebbe eventualmente sollevare, e segnatamente dovremmo eventualmente riservarci di chiedere eguaglianza di trattamento per le nostre navi da guerra.

185

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO 1867. Roma, 20 novembre 1902, ore 18,30.

Per informazione confidenziale di V.E. le comunico qui sotto un mio telegramma d'oggi al r. ambasciatore in Costantinopoli. Non nascondo a V.E. che provai qualche so[presa ricevendo la comunicazione accennata in quel telegramma, perché mi pareva in contraddizione con la conversazione avuta da V.E. col marchese di Lansdownei, ma l'incaricato d'affari d'Inghilterra mi ha mostrato il dispaccio del suo Governo che gli impartiva la relativa istruzione. L'incaricato d'affari mi ha pure informato che in seguito ad uno scambio di corrispondenza tra i Gabinetti di Londra e di Vienna è sorto in essi il desiderio di uno scambio di vedute tra l'Inghilterra, l'Austria-Ungheria e l'Italia circa il mantenimento dello status quo nei Balcani quale risulta dai trattati esistenti. Dal canto mio dissi all'incaricato d'affari britannico che il Governo del re non avrebbe difficoltà a prestarsi al proposto scambio di idee. Ecco il mio telegramma al r. ambasciatore in Costantinopoli2.

185 t Cfr. n. 182, nota l. 2 Cfr. n. 184.

186

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 2000/968. Berlino, 20 novembre 1902.

Pochi giorni or sono codesto ambasciatore di Germania riferiva, in un rapporto diretto al conte Btilow, una conversazione avuta col barone Pasetti, nel corso della quale quest'ultimo lo aveva informato degli incidenti avvenuti nella scorsa estate a proposito del progettato, e poi non verificatosi, incontro di VE. col conte Goluchowski. Nel segnar ricevuta di quel rapporto, il conte Biilow diresse al conte Wedel un dispaccio', di cui mi fece dare conoscenza, in via confidenziale dal barone Richthofen per dimostrarmi come disse il cancelliere dell'Impero, tutta l'importanza che egli annette alle buone, intime relazioni dell'Italia con l'AustriaUngheria, e quanto egli personalmente sarebbe lieto di contribuire a togliere le diffidenze che talora si manifestano fra le due Nazioni.

Il barone Pasetti espose abbastanza esattamente al conte Wedel i fatti avvenuti, quali VE. li ha narrati a me a suo tempo; ed il conte Btilow non aveva né ebbe infatti ad esprimere su di essi alcun giudizio, limitandosi a deplorare che l'incontro di lei con il conte Goluchowski non abbia avuto luogo. Ricordando poi le precise assicurazioni avute da Pietroburgo e da Vienna, il conte Btilow nel dispaccio inviato al rappresentante germanico a Roma parla a lungo della politica che quei due Governi seguono ora nei Balcani, ove è loro fermo proposito che sia mantenuto lo statu quo. Egli accenna alle preoccupazioni che or qua· or là si fanno palesi contro il principe di Montenegro, e insiste sull'utilità somma che avrebbe un colloquio di VE. con il ministro degli esteri austriaco. Il dispaccio è diretto al conte Wedel per servir di norma al suo linguaggio nelle eventuali conversazioni con VE., ed io non so se e come egli ne farà uso. Non v'ha dubbio ch'esso dimostra le buone intenzioni del conte Btilow ed il suo desiderio di vedere dissipata ogni diffidenza o divergenza fra l'Italia e l'Austria. L'insistenza con cui il cancelliere dell'Impero parla dei Balcani, e più specialmente dell'Albania, e dell'assoluta inesistenza di aspirazioni austriache su quelle regioni, lascia però in me l'impressione che egli tende eziandio a tranquillizzarci da quella parte, e darci indirettamente il consiglio, non dico di rinunziare pur noi a simili aspirazioni, che di ciò non può esser quistione, ma di evitare tutto ciò che a quelle aspirazioni possa dar parvenza di realtà o sollevi diffidenze a Vienna. Comunque sia, io ringraziai il barone Richthofen e soggiunsi che oramai la linea di condotta politica di VE., in tutte le quistioni è abbastanza nota e deve ispirare, come ispira, piena fiducia nel Governo imperiale: che se il conte Btilow potrà concorrere a farla egualmente comprendere ed apprezzare a Vienna, noi gliene saremo grati: che infine non dubitavo esser anche desiderio di VE. di incontrarsi col conte Goluchowski quando la stagione e le circostanze lo permettano.

186 I Il rapporto di Wedel e la risposta di Biilow inDie Grosse Politik der Europiiischen Kabinette 1871-1914, Band 18/1, Berlin, 1924, nn. 5474 e 5475.

187

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1328/589. Londra, 20 novembre 1902 (per. il 27).

Ieri, giorno di ricevimento del ministro degli affari esteri, essendomi recato a visitarlo, gli chiesi nel corso della conversazione, se vi fosse qualche novità circa le cose di Somalia. Sua Signoria mi rispose che si stavano ora studiando i progetti per una ripresa delle operazioni; ma, dopo gli ultimi eventi, ciò richiedeva molta attenzione, trattandosi di decidere se esse dovessero avere un carattere offensivo o difensivo, l 'una e l 'altra alternativa offrendo vantaggi ed inconvenienti da pesarsi accuratamente; il colonnello Swayne era arrivato in questi giorni gravemente infermo, sicché egli non aveva potuto vederlo e si doveva attendere la sua guarigione per consultarlo sul da farsi.

A questo punto il marchese Lansdowne, come obbedendo ad una idea del momento, mi disse: «giacché siamo su questo discorso mi permettereste di domandarvi confidenzialmente se conoscete qualcosa delle intenzioni del vostro Governo circa le eventuali operazioni in Somalia? Vi faccio questa domanda a titolo non ufficiale ma puramente personale, assicurandovi che qualunque cosa credeste potermi dire, rimarrà assolutamente fra noi e soltanto per mia norma privata, in anticipazione dello scambio di idee al quale dovremo pur addivenire al riguardo».

Sotto tutte le riserve così specificate dal mio interlocutore, mi feci a rispondere che: io non sapevo, finora, delle intenzioni di VE. più di quanto risultava dai precedenti già noti, i quali dimostravano il sincero proposito del Governo italiano di cooperare nei limiti del possibile coli 'Inghilterra all'intento comune della pacificazione di quelle regioni; ci eravamo prestati con premura a tutte le misure proposte per la repressione del contrabbando delle armi, sia mediante perlustrazioni della costa, sia esercitando la nostra azione sulle tribù da noi dipendenti; avevamo consentito a che le operazioni contro il Mullah si estendessero entro i confini del nostro protettorato ed avevamo pure consentito ed anzi partecipato alla proposta esplorazione marittima in vista di un futuro possibile sbarco ad Illig; se, come Sua Signoria aveva dovuto accorgersene, non si era da parte nostra manifestato troppo entusiasmo per la divisata spedizione dalla Somalia inglese, ciò non era dovuto certamente a difetto di buon volere ma alla duplice considerazione che si temevano le conseguenze di un'eventuale irruzione del Mullah verso il Benadir e che i ragguagli a noi pervenuti circa le difficoltà dell'impresa le rappresentavano come più gravi che forse non apparissero alle autorità militari britanniche.

Su questo ultimo punto, il marchese Lansdowne mi disse avere il colonnello Swayne riferito, a proposito dell'ultimo scontro, che se le truppe somale avessero tenuto fermo per altri pochi minuti, la disfatta del Mullah era assicurata, ma che esse si erano sbandate nel momento decisivo. Tornando però subito al punto essenziale del suo discorso riguardo al futuro, Sua Signoria mi domandò ancora se io credevo che il Governo italiano fosse disposto a prestare, ed in quale forma e misura, una qualunque cooperazione alle ulteriori operazioni da concertarsi. La recente spedizione, egli mi disse, era stata decisa per riguardo all'obbligo che il Governo inglese aveva assunto di proteggere contro gli attacchi del Mullah le tribù del suo territorio che invocavano assistenza; l'esistenza di un eguale interesse del Governo italiano non aveva mestieri di dimostrazioni, tanto più che le prime incursioni di quell'agitatore erano venute dalla sua frontiera; era quindi abbastanza naturale che si contemplasse l'eventualità di un nostro concorso; ma per determinare i piani delle future operazioni, era necessario conoscere se su codesto concorso si potesse far assegnamento, sia pure in proporzioni molto limitate; qualora ciò fosse possibile, sarebbe forse da considerarsi il piano di una spedizione decisiva, allo scopo di eliminare per molti anni quell'elemento di disordine a vantaggio dei due Protettorati; nel caso contrario, le autorità inglesi dovrebbero limitarsi a studiare il progetto più modesto, avente per fine immediato l'espulsione del Mullah dal proprio territorio e un sistema di difesa tendente a impedirgliene l'accesso in avvenire.

Risposi al marchese Lansdowne che non mi trovavo pel momento in grado di pronunziarmi su queste sue interrogazioni. Egli non poteva dubitare del desiderio del Governo italiano di dimostrare la sua amicizia per l 'Inghilterra e di comportarsi in modo conforme alla comunanza dei nostri interessi in quei Paesi; ma non si potevano perdere di vista le considerazioni che gli imponevano di procedere con molta cautela in un affare di questa natura. Gli ricordai che, pur prestandoci volentieri alla esplorazione propostaci sulla costa somala, avevamo dovuto fare espresse riserve circa l 'ulteriore convenienza di accordare colà il passaggio di un corpo di truppe attraverso il nostro territorio, e ciò principalmente per il dubbio che quella marcia in mezzo a popolazioni fanatiche e mal fide potesse, indipendentemente anche dalla questione della sua riuscita, sollevarvi un'agitazione atta a divenire pericolosa e forse a peggiorare la situazione attuale. A queste obbiezioni di ordine locale si aggiungeva, quando si fosse trattato di '.ma nostra attiva cooperazione, il riguardo alla situazione generale del nostro Paese, ove le imprese coloniali non godevano ora il favore della pubblica opinione. Anche con tutta la migliore volontà di !imitarne anticipatamente le proporzioni, l'esperienza dimostrava come fosse difficile un calcolo preventivo delle loro conseguenze e relative spese; l'Inghilterra era avvezza ad avere ogni anno una o più di simili spedizioni in paesi esotici ed il pubblico era preparato a sopportarne il costo, anche quando questo veniva ad eccedere notevolmente le previsioni; ma ben diverse erano le condizioni dell'Italia, attualmente assorbita nel consolidamento della sua compagine finanziaria con molti sacrifici ristabilita, e sarebbe quindi troppo legittima la preoccupazione del suo Governo di fronte all'idea di un'impresa non indispensabile e di ingente spesa in proporzioni non accertate.

Il marchese Lansdowne mi disse rendersi perfettamente conto di queste mie osservazioni, e nemmeno volere insistere ripetendo però che, anche nei limiti i più ristretti, una qualsiasi nostra cooperazione sarebbe un fattore del quale i piani ora allo studio avrebbero a tener conto; ed era perciò che, approfittando della nostra conversazione di oggi, egli me ne aveva fatto questo cenno preliminare, nella previsione che ad un dato momento quella interrogazione dovrebbe essere sottoposta al Governo italiano, per la necessaria decisione delle autorità militari circa l'adozione dell'uno o dell'altro piano.

Notai, nel conchiudere, che non mi pareva dover esservi in ciò un'immediata urgenza, mentre le eventuali operazioni decisive non potrebbero in ogni caso eseguirsi prima del venturo aprile e mentre ritenevo si fosse intesi che anche la questione di un possibile sbarco a Illig o altrove non sarebbe da considerarsi se non dopo conosciuti i risultati della esplorazione ora in corso su quelle coste. A ciò assentì Sua Signoria mostrandosi soddisfatto che di queste cose avesse a trattarsi ulteriormente nella conferenza speciale suggerita da V.E. nel prossimo inverno.

E così terminò la nostra conversazione, della quale il ministro mi confermò, nell'accomiatarmi, ch'egli la considerava come uno scambio assolutamente privato di idee personali.

188

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1330/590. Londra, 21 novembre 1902 (per. il 27).

Insieme al dispaccio di V.E. del 18 corrente n. 4681, mi è giunto or ora il suo telegramma di ieri sera2, col quale ella m'informa di una comunicazione fattale da sir Rennell Rodd nel senso che in seguito ad una corrispondenza fra i Gabinetti di Londra e di Vienna è sorto in essi il desiderio di uno scambio di vedute fra l'Inghilterra, l'Austria-Ungheria e l'Italia circa il mantenimento dello status quo nei Balcani, quale risulta dai trattati esistenti; ed emerge dallo stesso telegramma averle codesto incaricato d'affari confidato che in questi giorni gli ambasciatori d'Inghilterra e di Austria-Ungheria in Costantinopoli faranno rimostranze alla Sublime Porta per avere accordato alle contro-torpediniere russe il passaggio attraverso i Dardanelli. Ringrazio V.E. di queste importanti comunicazioni nonché deli'informazione favoritami: quanto al primo punto aver ella risposto che il Governo del re non avrebbe difficoltà a prestarsi al proposto scambio d'idee; e quanto al secondo essere il r. ambasciatore in Costantinopoli stato invitato a richiamare, dopo i suoi due colleghi, l'attenzione della Sublime Porta sulla eccezionale gravità del suo atto e su li'eventuale diritto, che esso potrebbe conferire alle altre Potenze, di invocare un eguale trattamento.

In questo momento appunto è venuto a visitarmi l 'ambasciatore austro-ungarico, conte Deym, da pochi giorni qui ritornato di congedo. Egli per primo portò il discorso sull'affare delle torpediniere russe, chiedendomi se mi risultava che il Governo italiano avesse intenzione di associarsi ai passi che i Gabinetti di Vienna e di Londra si disponevano a fare su quell'argomento a Costantinopoli. Risposi, senza citare le istruzioni di V.E. al marchese di Malaspina, risultarmi soltanto che

188 l Cfr. n. 182. 2 Cfr. n. 185.

a Roma era stato dato avviso confidenziale di quei prossimi passi dei rappresentanti dell'Inghilterra e dell'Austria-Ungheria, ma non apparire dalle pervenutemi comunicazioni che il Governo italiano fosse stato invitato ad associarvisi. Per quanto il silenzio del suo telegramma di oggi non escluda che un simile invito abbia potuto essere implicito nella comunicazione di sir Rennell Rodd, ho stimato prudente di osservare ad ogni buon fine codesta riserva, mentre non mi risultava che V.E. avesse assunto alcun impegno nel rispondergli. Il mio collega mi chiese pure se il barone Pasetti avesse fatto costì alcuna apertura sullo stesso affare; al che replicai, con verità, che non lo sapevo.

Di questo il conte Deym mi parve un poco sorpreso. Alcuni giorni prima del suo ritorno in Londra -egli mi disse -era giunto a questa sua ambasciata un dispaccio del conte di Goluckowski nel quale era accennato, a proposito degli attuali affari di Turchia, al pensiero che questi potrebbero utilmente formare oggetto di uno scambio di idee fra il Governo di Vienna e quelli di Londra e di Roma. Nella mente dell'ambasciatore questo cenno si era, per naturale connessione, associato allo incidente delle torpediniere russe ed egli quindi si era atteso a che le pratiche relative avessero già formato oggetto di più positive comunicazioni a

V.E.

Nel surriferito dispaccio, aggiunse il mio collega, l'allusione ad un'eventuale intesa a tre era preceduta, anzi motivata, da una osservazione del conte di Goluckowski, nel senso che egli constatava con soddisfazione come il Governo britannico si mostrasse ora più di prima disposto ad interessarsi alle cose del vicino Oriente. Lo stesso marchese di Lansdowne, mi disse il conte Deym, gli aveva tenuto, fino a poco tempo fa, un linguaggio di quasi indifferenza riguardo a quegli affari, dei quali, del resto, egli non soleva parlare se non interrogato, anche a lui Sua Signoria aveva detto, per esempio, che la questione degli Stretti concerneva infine l'Austria-Ungheria più che l'Inghilterra; ma le ultime comunicazioni fatte per suo ordine a Vienna rivelavano una più viva preoccupazione che egli non avesse qui manifestata nelle sue conversazioni.

Confesso che non mi fu discara la confidenza di queste impressioni del mio collega, come quelle che mi provarono non essere stato io il solo a riportarle. Debbo rivelare però che l'avvertenza fatta nel mio rapporto del 31 ottobre3 di una certa quale disarmonia nelle manifestazioni di questo Governo, si riferiva in ispecie alla comunicazione dell'incaricato d'affari britannico riprodotta nel telegramma di V.E. del 22 ottobre4, nel senso che il marchese di Lansdowne avrebbe avuto intenzione di chiedere effettivamente il passaggio delle navi inglesi attraverso i Dardanelli, come contrapposto alla analoga domanda russa. Ora il conte Deym mi disse non ritenere -dietro quanto aveva sentito qui ed a Vienna -che tale fosse stato realmente il progetto di questo ministro, il quale probabilmente aveva soltanto voluto dire che il favore concesso alle navi russe potrebbe venir domandato ugualmente per navi britanniche. In questi termini, il contrasto da me rilevato risulterebbe meno spiccato, tanto più che, come lo riferii nel mio predetto rapporto,

188 3 Cfr. n. 182, nota l. 4 Cfr. n. 142.

il marchese Lansdowne mi aveva pure espresso l'opinione che qualcosa si dovesse fare di concerto fra le Potenze interessate. Ma questi dubbi non offrono ormai che un interesse retrospettivo, in presenza della intesa di poi stabilita a Vienna e comunicata all'E.V. Ho domandato al conte Deym s'egli avesse conoscenza dei termini delle rimostranze che i due ambasciatori avranno a presentare alla Sublime Porta, al che egli rispose non esserne ancora informato. Le quattro navi russe, egli mi disse, si trovano attualmente a Lisbona. Riservandomi di tornare su questo argomento ...s.

189

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. 54803/1309. Roma, 22 novembre 1902.

Ringrazio V.E. del rapporto in data 6 corrente n. 3393/1415, con cui m'informa del colloquio avuto col signor Delcassé circa la nostra azione repressiva della pirateria nel Mar Rosso!. L'amichevole attitudine che il Governo francese tenne durante lo svolgersi dell'azione, ora felicemente compiuta, fu apprezzata dal Governo del re. lo prego quindi la E.V. di volere alla prima occasione fare di ciò cenno a codesto ministro degli affari esteri.

190

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2105/106. Berlino, 26 novembre 1902, ore 17,08 (per. ore 19).

In questi giorni ambasciatore di Turchia ha ripetutamente richiamata, d'ordine suo Governo, attenzione Governo imperiale sulla probabilità, malgrado stagione

188 s Cfr. n. 197.

189 I Di tale rapporto si pubblica il passo seguente: « [Delcassé] ... avea ricevuto da Hodeidah una domanda telegrafica di quell'autorità consolare francese per l'invio di un bastimento da guerra. Il panico prodottosi nella popolazione indigena costituiva un pericolo per gli interessi francesi in quella località. Il signor Delcassé, così mi disse, non avea stimato opportuno aderire a tale richiesta e si era limitato a far esprimere a V.E., per mezzo dell'ambasciata francese a Roma, la ferma fiducia che le stesse nostre navi provvederebbero, in ogni eventualità, alla protezione degli interessi anzidetti. Non avrebbe voluto, soggiunse egli, che la presenza di una nave francese in quelle acque desse luogo a supposizioni ed apprezzamenti che non avrebbero avuto alcun fondamento nelle intenzioni del Governo della Repubblica».

invernale, di uno scoppio moti insurrezionali in Macedonia. Non farei menzione di queste apprensioni della Porta, che si ripetono di frequente, se, nel riferirmele, questo sottosegretario di Stato per gli affari esteri non avesse aggiunto che anche il Governo imperiale non è completamente tranquillo. Esso non ha dati positivi che diano fondamento ai suoi timori, ma i discorsi fatti da membri delle associazioni panslavistiche in Russia, i quali parlano apertamente del nessun conto in cui tengono attitudine del Governo russo nei Balcani, sforzi per mantenere tranquillità, le voci di dimissioni offerte da un gran numero di ufficiali bulgari di nazionalità macedone e altri sintomi, ispirano qualche inquietudine. La Turchia, mi diceva Miihlberg, ha in Macedonia truppe sufficienti per sedare qualunque rivoluzione, ma appunto conseguenza di questa azione di repressione preoccupa Germania, la quale per se stessa, non è specialmente interessata nei Balcani. Risulterebbe a questo Governo imperiale che anche Inghilterra, la quale in questi ultimi tempi sembrava disinteressarsi della questione d'Oriente, ora vi porta di nuovo qualche attenzione. Senza dare soverchia importanza alle cose che precedono, credo doverle riferire, fosse solo per servire all'apprezzamento delle notizie che eventualmente d'altra parte giungano a V.E.

191

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 26 novembre 1902.

Mi pregio di qui acchiudere i pieni poteri' che le conferiscono il mandato di firmare, in nome di S.M. il Re, coi plenipotenziari delle LL.MM. l'Imperatore d'Austria-Ungheria ed il Re di Romania, trattato di accessione al trattato di amicizia ed alleanza stipulato tra quei due sovrani il 17/4 aprile 1902.

Qui acchiudo, del pari, per notizia di lei e per l'occorrente confronto, il testo dei due trattati da firmarsi, avvertendo che questo è il testo del trattato da firmarsi col plenipotenziario austro-ungarico, mentre il testo da firmarsi col plenipotenziario rumeno ne differisce soltanto per il diverso alternato nel preambolo e nell'inserto trattato principale. Entrambi gli atti, in doppio originale, col debito alternato, le saranno presentati già pronti per la firma, da codesto suo collega austroungarico essendosi d'ogni cosa incaricata la cancelleria di Vienna.

Il piego contenente, coi suoi annessi, questo mio dispaccio le perverrà per la via di Vienna e per cura della cancelleria austro-ungarica. Per lo stesso mezzo dovrà da lei essermi spedito, tosto che sia avvenuta la firma, il pacco contenente i due atti originali destinati alla cancelleria italiana; il quale pacco, accuratamente sigillato ed a me personalmente indirizzato, potrà, a tal fine, essere da lei conse

gnato al collega austro-ungarico, il quale avrà, in proposito, ricevuto dal suo Governo le opportune istruzioni. Il rapporto di lei circa la formalità della firma, dovrà essere incluso nel pacco stesso e la S.V. dovrà, del pari, includervi questo stesso mio dispaccio coi suoi annessi, qualora ella non creda di avere, costì, modo assolutamente sicuro di garantirne la custodia ed il segreto.

PS. Le accuso in pari tempo ricevuta, signor ministro, della di lei pregiata lettera confidenziale 11 novembre corrente2 rimessami a mezzo corriere di Gabinetto e al contenuto della quale il presente dispaccio serve anche di risposta.

191 l Gli allegati non si pubblicano.

192

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2116/107. Berlino, 27 novembre 1902, ore 17, 14 (per. ore 18,10).

Le sole notizie che si hanno oggi qui sulla Macedonia si riferiscono a passi fatti, in via amichevole, dall'ambasciatore di Russia in Costantinopoli presso il sultano per consigliarlo fare qualche cosa allo scopo di pacificare gli animi in quella regione. Russia propone, fra l'altro, il richiamo dei valì di Uskub e di altre località di cui mi sfugge il nome, e introduzione nella gendarmeria di elemento cristiano. Sultano, come di consueto, promise tener conto consigli datigli, anzi stare preparando progetto largire riforme.

193

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 1898. Roma, 27 novembre 1902, ore 19,50.

Ricevo telegramma n. l 081. Prego ringraziare per promessa in formarci della conclusione negoziati aperti circa Venezuela con Inghilterra e gradirei sapere se

V.E. ritiene che questa promessa debba interpretarsi nel senso che agli eventuali accordi potremo anche noi accedere nel comune interesse2.

2 Per la risposta cfr. n. 199.

191 2 Cfr. n. 174.

193 l T. 21171108, pari data, non pubblicato.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO 1908. Roma, 28 novembre 1902, ore 20.

I suoi telegrammi nn. l 06 e l 07' rivelano presso codesto Governo una preoccupazione di cui in addietro ed anche di recente non appariva traccia. A mio avviso e secondo le nostre informazioni, la situazione d'oggi in Macedonia non è sostanzialmente diversa da quella che era, quindici giorni or sono, quando il movimento insurrezionale pareva sopito. Bensì non manca il fuoco latente sotto la neve, e non è improbabile che a primavera la annuale recrudescenza di torbidi assuma questa volta intensità maggiore. In ogni modo, per quanto ci concerne, la nostra politica rispetto ai Balcani, sollecita solo di vedervi mantenuto lo sfatu quo e, qualora ciò non sia più possibile, di non vedervi insediata un'altra grande Potenza, costituisce e costituirà sempre, quali che siano gli eventi, un elemento di pace e di conciliazione. Ritengo che non siano dissimili gli intendimenti di codesto Governo e che quindi il linguaggio di V.E. inspirandosi a questa norma direttiva sarà costì convenientemente apprezzato.

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI

T. 1909. Roma, 28 novembre 1902, ore 20, 10.

Tornano a galla su parecchi giornali le voci di un accordo generale tra la Francia e l'Inghilterra nel quale sarebbero incluse tutte le questioni di loro comune interesse e specialmente Marocco, Egitto, Terranova e Ebridi. Senza dare soverchia importanza a quelle voci sarei tuttavia grato a V.E. se volesse indagare e riferirmi se in esse sia qualcosa di vero'·

196

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI 1

L. Roma, 28 novembre 1902.

È per più ragioni opportuno a mio credere che la delimitazione della nuova frontiera eritreo-sudanese si faccia contemporaneamente alla delimitazione della

eritreo-etiopica presso al Setit. Ciò è pertanto impossibile avvenga nel cuore di gennaio. Telegrafo oggi stesso al r. ministro in Addis Abeba affinché solleciti da Menelik l'invio del proprio delegato: non è bensì da sperare come ho già detto, che egli giunga sui luoghi entro quel termine. Aggiungasi che non è inutile io mi trovi nella Colonia prima che il delegato nostro ne parta e questi riceva da me particolari istruzioni. Reputo perciò meglio sarebbe attendere fino al febbraio; ma poiché da un colloquio avuto con sir Rennell Rodd rilevo che il Governo sudanese è desideroso di affrettare la delimitazione che lo concerne2, giudichi V.E. se, per ragioni che a me non spetta valutare, convenga appagare quel desiderio. Ove ciò debba farsi, provvederò che il nostro delegato si trovi a Cassala entro il gennaio.

194 l Cfr. nn. 190 e 192.

195 l Per la risposta da Londra cfr. n. 213. Non si pubblica la risposta di Tomiclli (R. riservatissimo 3681/1547 del 4 dicembre).

196 l Da ACS, Carte Martini.

197

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1353/601. Londra, 29 novembre 1902 (per. l' 11 dicembre).

Faccio seguito al mio rapporto del 21 corrente (n. 590)1, nel quale riferivo quanto mi era risultato fino a quella data circa il contegno del Governo britannico nella questione del passaggio pei Dardanelli consentito dal sultano alle quattro contro-torpediniere russe destinate da Cronstadt al Mar Nero.

Alcuni giorni dopo, il marchese Lansdowne ebbe la cortesia di rimettermi privatamente la qui unita memoria2 , nella quale egli aveva riassunto il risultato dello scambio d'idee avuto con V.E. e col Gabinetto di Vienna, in vista di un comune contegno da tenersi rispetto a quella vertenza. Di ciò non le ho dato comunicazione telegrafica, trattandosi di un'intesa alla quale ella stessa aveva partecipato e la cui sostanza era del resto già implicata nel telegramma di V.E. del 20 novembre3.

La sola osservazione suggeritami da queste mie comunicazioni col Foreign Office, è che esse mi confermano nell'impressione da me accennata, che cioè «il desiderio di uno scambio di vedute tra l'Inghilterra, l'Austria-Ungheria e l'Italia circa il mantenimento dello status quo nei Balcani», cui alludeva il predetto telegramma, doveva riferirsi precisamente all'attuale incidente delle navi russe e non ad un'intesa più generale, come -forse per errore mio -avevo creduto che lo indicassero i termini del telegramma stesso.

2 Non si pubblica.

3 Cfr. n. 185.

Nella formola della comunicazione che l'ambasciatore britannico a Costantinopoli è incaricato di fare alla Sublime Porta, merita attenzione la riserva che, qualora fosse consentito il passaggio delle navi russe, il Governo inglese si riterrebbe in facoltà di invocare «privilegi corrispondenti». Quest'ultima espressione, mi fu detto al Foreign Office, venne scelta a disegno -invece di quella: «privilegi uguali», -per la considerazione che una uguaglianza letterale non equivarrebbe a un'uguaglianza effettiva di trattamento (per il passaggio di navi da guerra disarmate) nel caso di questi bastimenti russi che riceveranno i loro cannoni a Sebastopoli e nel caso di bastimenti di Nazioni occidentali non aventi alcun proprio porto nel Mar Nero. Il significato delle parole «privilegi corrispondenti» rimane per ora nel vago, ma esse implicano, nell'intenzione del Governo inglese, la riserva di poter chiedere, eventualmente, il passaggio di navi da guerra armate.

Ho domandato al Foreign Office se, oltre ali'Austria-Ungheria ed ali 'Italia, non si fossero scandagliate, rispetto a questo affare, le altre Potenze firmatarie dei trattati concernenti il regime degli Stretti. Mi fu risposto che la Germania, interpellata, si era schermita dal partecipare ad alcun passo, allegando essere stato sempre un principio della sua politica il mantenersi in seconda linea riguardo a tali questioni; e questo è quanto mi venne pur detto dal mio collega tedesco. Quanto alla Francia -che certamente non poteva metter innanzi un simile argomento -il Gabinetto di Parigi avrebbe fatto dire dal suo ambasciatore, non risultargli ufficialmente che la Russia avesse domandato il passaggio de' suoi legni da guerra attraverso i Dardanelli.

Come ultimo accenno ad un punto trattato nella recente corrispondenza su questo affare, mi fu detto che il conte Deym, nel fare su di esso le prescrittegli comunicazioni al Foreign Office, ebbe occasione di rilevare, compiacendosene, quello che a lui pure sembrava un ridestarsi de li'interesse del Governo britannico verso le cose di Levante: l'alto funzionario suo interlocutore non volle però ammettere che vi fosse stato un tale cambiamento, soggiungendo che, se una certa riserva aveva dovuto osservarsi in un qualche momento dal Ministero di lord Salisbury, il suo successore almeno non aveva mai lasciato in dubbio il dovere di vegliare sulla debita osservanza dei trattati europei riguardanti la Turchia.

196 2 Cfr. infatti il n. 177.

197 l Cfr. n. 188.

198

IL SEGRETARIO GENERALE DELL'ASSOCIAZIONE PER LA PROTEZIONE DEI MISSIONARI ITALIANI ALL'ESTERO, SCHIAPARELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. PERSONALE. [Torino], 30 novembre 1902.

Qui ritornato solo l'altra sera da Smirne e Costantinopoli, trovai giacente la lettera, che mi fo premura comunicarle acclusa, di monsignor Fiorentini 1•

Tenuto conto delle circostanze, a noi pare una buona lettera. Frattanto monsignor Fiorentini riceverà le esortazioni di padre Piccoli, e quindi ritengo che oramai la vertenza possa considerarsi prossima ad una felice risoluzione.

V.E. giudicherà se non sia opportuno informare il conte Gallina della nuova fase in cui la questione è entrata, affinché egli pure possa modificare, in relazione con quella, il suo atteggiamento.

Da circa cinque settimane, dopo l'ultimo colloquio avuto con padre Piccoli, avendomi questi assicurato che monsignor Fiorentini, senza dubbio, se gli fosse stato rimesso il passaporto italiano, lo avrebbe ricevuto ringraziando, mentre non avrebbe potuto domandarlo senza contravvenire troppo apertamente alle istruzioni che il Vaticano gli aveva inviate nel decorso anno, io avevo scritto privatamente al conte Gallina suggerendo che, in occasione del capo d'anno, inviasse a monsignor Fiorentini, insieme agli auguri, il suo passaporto. Se il conte Gallina lo facesse, la questione sarebbe risoluta in via di fatto; mentre il volerla prima risolvere in via di diritto, può portare complicazioni 2 .

Su questo argomento mi permetto comunicarle una lettera del padre Barnaba. Altre informazioni che ho avuto confermano pure che, forse, la fermezza con cui il conte Gallina tratta questa questione, sia maggiore di quella che a noi qui parrebbe opportuna.

Se V.E. avesse lo stesso pensiero, le faremmo viva preghiera di dare le opportune istruzioni al conte Gallina, affinché i rapporti col vicario apostolico dello Shan-si possano assumere quella cordialità, che è il mezzo migliore per sciogliere situazioni complicate come quelle che si erano venute formando.

Mi permetto inoltre sottoporre a V.E. il pensiero che da parte del Governo si faccia un passo decisivo in quel senso, sia conferendo a monsignor Fiorentini, a padre Piccoli, e agli altri missionari che più si adoperarono per sciogliere quel vicariato dal protettorato francese, sia ottenendo per monsignor Fiorentini, un 'alta distinzione dal Governo cinese. Monsignor Se arella, morto recentemente, era stato insignito da ultimo della penna di pavone, alta distinzione che esonera quelli cui sia conferita da molte noje nel trattare gli affari col governatore.

Sarebbe cosa di molta importanza per monsignor Fiorentini, e nei rapporti col Governo cinese, affermerebbesi i l diritto dell'Italia.

Nessuna ulteriore comunicazione essendoci pervenuta da V.E., suppongo che anche le premure fatte da V. E. per ottenerci un'anticipazione dalla Cassa di risparmio di Roma, non siano riuscite. Questo è per noi un grave pensiero, né possiamo far altro che raccomandarci ali' autorità sua perché o in un modo o nell'altro, o col buono cinese, o con un titolo provvisorio, si giunga a qualche risoluzione.

Proponendomi venire a Roma il 10 dicembre, e confidando che V.E. possa ricevermi, mi riserberei riferirle a voce quanto sul noto argomento mi disse il marchese Malaspina. E piuttosto rimetto acclusa la lettera evasiva da Trebisonda, che ricevei a Costantinopoli.

Anche per imprudenze commesse dal r. vice console e dagli insegnanti governativi a Benghasi, si è fatta colà una situazione, che può complicarsi, se non si proceda colla dovuta prudenza. Confido che S.E. l'on. Baccelli vorrà aderire alle proposte che oggi stesso gli sottoponiamo. Io poi mi propongo passare a Tripoli e Benghasi fra quattro settimane, recandomi in Egitto, e sono certo che in tale circostanza tutto si accomoderà bene.

Dai salesiani ho avuto buone promesse per recarsi a Scutari, e anche in altre località del Levante, dove sarebbero desideratissimi e potrebbero molto giovare all'influenza nazionale. Da un parroco albanese è venuta domanda di un sussidio: pare che altre domande seguiranno presto.

A Smime i francescani, e a Costantinopoli i domenicani, sottoposti i primi al protettorato austriaco e i secondi al francese, domandarono di aprire scuole dell'Associazione sotto bandiera italiana.

Il successo ottenuto in Terra Santa non può non avere altri e maggiori benefici effetti, ai quali sarà indissolubilmente legato il nome di V.E.

198 l Non si pubblicano gli allegati.

198 2 Cfr. il seguente passo di una lettera di Schiaparelli a Mattioli del 29 dicembre: «Credo proprio che quelle espressioni infelicissime, che le feci notare in una delle lettere del conte Gallina, e che sono in relazione col suo ordine di idee, siano il motivo delle sopravvenute complicazioni. Credo che il solo modo di rimediarvi, tanto più data l'impossibilità, a motivo delle distanze, di spiegar bene le cose al conte Gallina, sia quello che, dopo la risposta di monsignor Fiorentini, la legazione si astenga da ulteriori pratiche. Intanto agiremo noi per mezzo del padre Piccoli».

199

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2139/109. Berlino, 1° dicembre 1902, ore 16,30.

Mi riferisco telegramma di V.E. n. 18981• Questo Governo, come ho potuto accertarmi, non ha per ora, intenzione offrire ad altre Potenze associarsi azione contro il Venezuela e neppure a noi. Azione comune coli 'Inghilterra non fu ancora pienamente concordata e non lo sarà fino a che navi da guerra inglesi inviate nelle acque del Venezuela non giungeranno destinazione. Credesi ciò avverrà sei o sette corrente. Tutte le notizie di partenza di navi tedesche per il Venezuela sono assolutamente false, Governo imperiale non invia colà nessuna nave ed ho l'impressione che voglia mettere avanti Inghilterra. Del resto, conte Richthofen, parlandomi poco fa di quest'affare, mi ha detto che non crede che sarà il caso ricorrere ad azione coercitiva ed occorrerà contentarsi di quello che si potrà ottenere.

199 l Cfr. n. 193.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RISERVATO PERSONALE 1923. Roma, l° dicembre 1902, ore 20.

Agenzia Stefani riceve da Costantinopoli annuncio che codesto ambasciatore tedesco diede jeri l 'altro al sultano il consiglio di prendere provvedimenti per migliorare amministrazione Macedonia. Ritengo tanto più urgente che VE. cominci subito a fare i passi indicati in mia lettera particolare' e se già ha cominciato me ne informi e trovi anche modo di fame pervenire notizia qualche agenzia ufficiosa telegrafica costì onde la diffonda nei giornali d'Europa2.

201

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 962/296. Madrid, l° dicembre 1902 (per. il 6).

Nella mia prima visita al ministro di Stato S.E. mi parlò del Marocco dicendomi che le condizioni dell'Impero continuano ad impensierire il Governo spagnuolo.

Il duca di Almodovar del Rio considera come sedati i tumulti presso Tetuan ma reputa grave ii movimento nell'interno provocato dal pretendente e ciò che più lo impensierisce per l'avvenire si è l'ostilità che provocano nelle popolazioni le riforme e la condotta del sultano. S.E. teme che la precipitazione del sultano neli'introdurre mutamenti negli ordinamenti possa scuotere la sua autorità e produrre serie difficoltà. Egli attribuisce agli inglesi, che sono ora alla Corte, di spingere, a favore dei loro privati interessi, il sultano in questa via pericolosa e di ciò si lagnò coll'ambasciatore d'Inghilterra.

La possibilità di complicazioni al Marocco inquieta sempre il Governo spagnuolo. Quale sarà il contegno delle Potenze e sovrattutto della Francia e della Gran Bretagna e quale posizione dovrà prendere la Spagna?

Se la Francia, nel caso di espansione al Marocco, può tener conto degli interessi della Spagna, l 'Inghilterra, potente in mare e stabilita a Gibilterra, può offenderla ed ostacolare la sua azione.

Queste sono le difficoltà che si faranno dinanzi al Governo spagnuolo nella questione del Marocco.

200 t Del 18 ottobre, non rinvenuta; per il suo contenuto cfr. n. 214. 2 Per la risposta di Malaspina cfr. n. 206.

Per ora il Governo, anche per le difficili e precarie condizioni del Gabinetto, continua nel contegno riservato finora tenuto. Seppi però che l'ambasciatore di Spagna a Parigi aveva parlato al ministro degli affari esteri della posizione speciale della Spagna al Marocco e del suo diritto in certe eventualità di tutelare la sicurezza dei suoi possessi. Il ministro degli affari esteri avrebbe risposto che certamente la Spagna aveva questi diritti. Non mi consta che si sia trattato finora delle possibili contingenze dell'avvenire e di riconoscimento di zone d'influenza.

La Spagna è attualmente in condizioni talmente deficienti per quanto concerne l'esercito e la marina che si troverebbe, qualora sorgessero difficoltà, del tutto sprovvista ed inerme e perciò essa si allarma di quanto succede al Marocco e si diffida della Francia e dell'Inghilterra.

Le notizie della stampa circa a pretesi accordi fra la Francia e l'Inghilterra circa il Marocco sollevano timori qui ed il ministro di Stato me ne tenne parola. Gli risposi che, per quanto mi constava, non si trattava che di notizie di giornali. I giornali spagnuoli riferiscono di preparativi a Gibilterra per l'occupazione di alcuni punti sul territorio spagnuolo. Il Governo fece subito smentire queste notizie. Il ritorno in Inghilterra della squadra che era a Lisbona dissipa pure i timori sorti in seguito al primo invio di navi da guerra inglesi nei porti del Marocco.

Il duca di Almodovar mi ha chiesto quale fosse il pensiero del R. Governo sulla questione del Marocco. Gli risposi tenendomi molto riservato, essere sempre desiderio di V.E. che debbasi equamente apprezzare le condizioni e gli interessi della Spagna in quella regione, e considerare il miglior partito ora di adoperarsi al mantenimento dello statu quo, desiderato da tutte le Potenze.

Prego V.E. di tenerrni eventualmente informato di quanto si riferisce alle cose del Marocco 1•

202

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2146/110. Berlino, 2 dicembre 1902, ore 9,35.

Navi inglesi inviate a ... 1 (vedi mio telegramma 1092) non potranno giungere prima dell'8, allora soltanto sarà presentato ultimatum sulla forma del quale, come su eventuale successiva azione coercitiva, non è ancora intervenuto accordo con Inghilterra. Sotto segretario di Stato per gli affari esteri, che oggi riceveva corpo diplomatico al posto di Richthofen, occupato a Reichstag, mi disse che, colla azione combinata colla Inghilterra, Germania lavora nell'interesse Europa, e quindi anche di noi, e salvaguarderà interessi dei terzi. Nel corso della conversa

2 Cfr. n. 199.

161 zione appresi che Germania non prese iniziativa azione, ma questa venne dalla Inghilterra dopo che, come si sa, essa si era assicurata dell'attitudine degli Stati Uniti, come da parte sua fece Germania. Parlando in mio nome personale, dissi a Mtihlberg che mi avrebbe spiaciuto vedere nostre navi nel Venezuela inoperose, quando quelle tedesche e inglesi dovessero agire. Mtihlberg mi rispose essere convinto che qualche concessione sarà ottenuta, senza che si proceda ad azione coercitiva, egli inoltre stimerebbe pericoloso che altra Potenza intervenisse, potendo ciò provocare mutamento nelle disposizioni degli Stati Uniti3.

201 l Per la risposta cfr. n. 238.

202 l Gruppo indecifrato.

203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1926. Roma, 2 dicembre 1902, ore 14,30.

Per danni subiti da nostri connazionali, nel Venezuela, nelle precedenti e nella attuale insurrezione noi abbiamo, verso quella Repubblica, numerosi e rilevanti reclami. Quando mi trovavo, pochi mesi or sono, a Berlino rimanemmo intesi tra i due Governi che i nostri rappresentanti, per i rispettivi reclami, avrebbero seguito una eguale linea di condotta. Ho ragione di credere che codesto Governo, avendo esso pure analoghi reclami, ora si accinga ad una azione diplomatica e forse anche non solamente tale verso il Venezuela, desidererei avere possibilmente notizie esatte su questi suoi propositi, e se eventualmente potrebbesi da noi prendere delle intese anche con lui, essendo noi pure, occorrendo, non alieni da una energica tutela dei reclami dei nostri nazionali l.

204

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2147/111. Berlino, 2 dicembre 1902, ore 20,35 (per. ore 22,30).

Notizie Macedonia cui si riferiscono miei telegrammi n. 106 e 1071, sono ora molto più tranquillizzanti. L'iradé imperiale emanato dal sultano, col quale Ferid pascià è inviato in Macedonia, sembra abbia prodotto buon effetto anche a Pietroburgo. Ferid pascià, come V.E. sa, è incaricato d'invigilare lavoro commissione inviata sul posto per attuazione provvedimenti suggeriti da Russia. Per il momento almeno si opina qui che sia evitata ogni complicazione.

203 l Cfr. n. 221. 204 l Cfr. nn. 190 e 192.

202 3 Cfr. n. 209.

205

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2148/83. Londra, 2 dicembre 1902, ore 21,24.

Marchese Lansdowne mi ha detto che in un consiglio plenario di Gabinetto tenuto quest'oggi vennero considerati diversi progetti per le operazioni che si ritiene inevitabili iniziare in qualche modo contro il Mullah nel prossimo aprile. Il piano che dal punto di vista militare venne giudicato preferibile consisterebbe nel limitarsi ad una azione piuttosto difensiva dal lato di Bohotl combinandola coll'offensiva di una colonna di circa due mila uomini sbarcati a Obbia allo scopo di scacciare Mullah da Mudug. Governo inglese proporrebbe allora di costruire a Mudug un forte da lasciare a disposizione del Governo italiano il quale potrebbe installarvi Jusuf o qualche capo di sua fiducia per la ulteriore protezione del territorio. Qualora R. Governo consentisse al passaggio della spedizione per Obbia, riuscirebbe pur molto accetta una qualsiasi partecipazione di forze italiane fosse anche in minima proporzione a titolo più che altro nominale. Con riserva delle deliberazioni del R. Governo, ho, sotto forma di impressione personale, rappresentato al marchese Lansdowne tutte le obbiezioni che per parte nostra mi parevano rendere difficile una cooperazione attiva ad una simile spedizione. Sua Signoria mi disse tuttavia che mi rimetterà un promemoria in proposito'.

206

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO 2150/109. Pera, 2 dicembre 1902, ore 23,40 (per. ore 7 del 3).

Sublime Porta, da qualche tempo, stava studiando migliorare amministrazione Macedonia. In seguito recente ritorno da Livadia dell'ambasciatore di Russia, questo, in una udienza particolare, 25 novembre, rinnovò sultano sue insistenze per la loro adozione immediata ed ottenerne promessa vengano quanto prima promulgate. Comunicazione ambasciatore di Germania, cui accenna telegramma di V.E. di ieri', venne fatta giorno 28, allorché provvedimenti erano già concre

206 l Cfr. n. 200.

tati. Infatti, giorno 30 venne ufficialmente pubblicato che H i limi pascià, ex-valì Yemen, era nominato ispettore con l'incarico fare eseguire i provvedimenti recentemente adottati Sublime Porta, e Ferid pascià, valì di Conia, presidente di una commissione da istituirsi presso la Sublime Porta per esaminare i rapporti ispettore. Il comunicato ufficiale accenna ad un membro alta commissione militare da aggiungersi a Hillmi. Provvedimenti non sono stati ancora pubblicati, ma il ministro degli affari esteri mi ha detto che una traduzione verrebbe ufficiosamente rimessa alle ambasciate. Più volte ebbi occasione raccomandare ministro degli affari esteri ed al gran visir eliminare, mediante adatte misure, ogni causa o pretesto agitazione, ed oggi stesso, visto gli annunziati provvedimenti, ho avuto una conversazione con questo ministro degli affari esteri che riassumo qui appresso2. Accennati precedenti scambi di idee, dissi a S.E., a titolo di apprezzamento personale, essere evidente che gli sforzi fatti non potevano avere soddisfacente risultato, ove autorità locali non eseguissero scrupolosamente decisioni Sublime Porta, e se provvedimenti adottati condizioni speciali dei vilayet non fossero decretati simultaneamente ed applicati con una uguale vigilanza in tutte le provincie della Turchia europea, osservando che il precedente progetto del settembre scorso non sembrava applicarsi che ai vilayet macedoni, mentre che quelli di Janina e di Scutari d'Albania reclamavano altresì efficaci provvedimenti. Rammentai che, quanto a Janina, avevo spesso, ed anche ultimamente, segnalato opportunità richiamo del vali, che avrebbe soddisfatto giuste lagnanze popolazione, e che ogni provvedimento rimarrebbe altrimenti lettera morta. Accennai pure ai casi di ribellione in Albania provocati dalla cattiva amministrazione, fra gli altri, Malie pascià, consigliando nell'interesse stesso del Governo imperiale e, giusta altre precedenti misure di clemenza, che eliminerebbero cause agitazione permanente. Circa provvedimenti di indole generale, conformandomi linguaggio miei colleghi di Russia e di Germania, ho espresso avviso che il retto funzionamento tribunali, riorganizzazione gendarmeria, regolare pagamento funzionari e gendarmeria si imponeva quale assoluta necessità; conchiusi che i miei apprezzamenti non erano ispirati che dal desiderio di vedere eliminate le cause di disordine e di agitazione in tutte le provincie della Turchia europea e che, per ciò, speravo venissero presi in considerazione. Ministro mi rispose che la scelta dell'ispettore e del presidente della commissione era una garanzia della ferma volontà della Sublime Porta di applicare seriamente gli annunziati provvedimenti; mi assicurò che essi applicavansi a tutti i vilayet della Turchia europea, e che la mia comunicazione verrebbe tosto riferita al gran vizir. Cangià dettò poi, confidenzialmente, nel pomeriggio al segretario generale del Ministero degli affari esteri un sunto delle cose da me dette. Sarò grato a V.E. se vorrà farmi conoscere se approva il linguaggio da me tenuto.3

205 l Per la risposta cfr. n. 220.

206 2 Su questo colloquio Malaspina riferì in modo più ampio con R. l 089/448 dello stesso 2 dicembre, non pubblicato. 3 Per la risposta di Prinetti cfr. n. 21 O.

207

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 2151/110. Pera, 2 dicembre 1902, ore 23,40 (per. ore 7 del 3).

Riferendomi mio telegramma n. 1091, avverto V.E. che ho fatto pervenire all'agenzia Reuter, da persona di fiducia, seguente notizia: «Ambasciatore d'Italia ha conferito lungamente oggi col ministro degli affari esteri circa i provvedimenti annunziati dal Governo imperiale per la Macedonia. Riferendosi agli amichevoli consigli dati, in precedenza, alla Sublime Porta per adozione provvedimenti atti ad eliminare cause di agitazione nelle provincie della Turchia d'Europa, ha espresso avviso che le misure annunziate dal Governo imperiale non potrebbero riuscire efficaci che se, rispondendo alle esigenze della situazione, esse fossero eseguite scrupolosamente dalle autorità imperiali e con eguale vigilanza nei vilayet della Turchia europea».

208

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. RISERVATO 56481/498. Roma, 2 dicembre 1902.

Ho letto con particolare interesse la relazione del colloquio che V.E. ebbe con codesto signor ambasciatore austro-ungarico circa l'azione deli'Inghilterra, dell'Austria-Ungheria e dell'Italia in Oriente (rapporto n. 590, del 21 novembre) 1•

Noto, a tale riguardo, che tra le varie enunciazioni fatte in argomento, sia dal marchese di Lansdowne che da sir Rennell Rodd, sia dal barone Pasetti che dal conte Deym, corre qualche divario di sfumature.

Le questioni sono poi realmente due, che mi pajono distinte: quella che si riferisce al passaggio di navi russe attraverso i Dardanelli, e quella di un eventuale scambio di idee fra l 'Inghilterra, l'Austria-Ungheria e l 'Italia circa gli attuali affari di Turchia.

Della prima mi tenne parola anche il barone Pasetti confermandomi che, dopo ringhilterra, anche l'Austria-Ungheria farà rimostranze alla Sublime Porta, ma, però, facendomi rimarcare che le rimostranze dei due Gabinetti non avranno carattere collettivo.

Della seconda questione, il barone Pasetti nulla mi disse.

Nel ringraziare l'E.V. della mentovata comunicazione ...

208 l Cfr. n. l88.

207 l Cfr. n. 206.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO PERSONALE 1935. Roma, 3 dicembre 1902, ore 13,55.

Assai mi sorprende il contenuto del suo telegramma n. Il 01. Esso è in aperta contraddizione con l 'intesa di procedere d'accordo tra i due Gabinetti nelle cose del Venezuela, intesa nella quale avevamo riposto piena fiducia. Già era in contrasto con quella intesa l'averci codesto Governo taciuto il suo negoziato con l'Inghilterra, e ancor più contrasta con essa la dichiarazione fattaci ora all'ultimo momento di volerei escludere da una eventuale azione anglo-germanica. Non voglio recriminare ma debbo constatare che in questa circostanza codesto Governo non si comportò, al nostro riguardo, in modo amichevole.

210

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1936. Roma, 3 dicembre 1902, ore 14,45.

Ricevo i suoi telegrammi nn. l 09 e 11 OI. Approvo il linguaggio da lei tenuto con Tewfik pascià. Il telegramma Reuter farà qui buona impressione, come l'avrebbe fatta la notizia dei consigli già da lei precedentemente dati alla Porta se

V.E. avesse pensato a farli dare dalle agenzie. La prego, anzi, di non voler ciò trascurare in consimili casi avvenire, come si vede che hanno I 'abitudine di fare ambasciatori delle altre Potenze.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATO PERSONALE 1939. Roma, 3 dicembre 1902, ore 20.

Vedo dalle notizie giornali che discussione tariffa in codesto Parlamento, sebbene tempestosa, procede rapidamente. Desidero sapere se può ritenersi possibile che essa venga compiuta entro corrente anno e gradirei conoscere avviso di V.E.

210 l Cfr. nn. 206 e 207.

se ritiene che codesto Governo denuncerà alla fine de li'anno trattato commercio oppure se crede che si intraprenderà negoziato senza denuncia la quale non parmi necessaria, essendo assai facile accordo in tempo utile, mentre eserciterà sopra opinione pubblica italiana, unitamente alla denuncia eventuale da parte dell' Austria, un effetto politicamente assai cattivo.!

209 l Cfr. n. 202.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. RISERVATO PERSONALE 1940. Roma, 3 dicembre 1902, ore 20.

Alcuni giornali austriaci affermano che codesto Governo denuncerà certamente nostro trattato commerciale, altri affermano il contrario. Gradirei sapere qualche cosa in proposito senza però naturalmente interrogare codesto Governo. I

213

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 1370/612. Londra, 3 dicembre 1902 (per. l'11).

Ho ricevuto il telegramma del 29 u.s.I nel quale V.E. m'invita a indagare e riferirle se vi sia qualche cosa di vero nelle voci nuovamente sparse dai giornali, di un accordo generale fra l'Inghilterra e la Francia, includente tutte le questioni di loro comune interesse e quelle in ispecie dell'Egitto, del Marocco, delle Nuove Ebridi e di Terranova.

Ho trasmesso, con uno dei consueti resoconti (n. 1366)2, la smentita data, ieri, nella Camera dei Comuni dal sotto segretario di Stato per gli affari esteri ai rumori di cui si tratta, in risposta ad un'interrogazione mossagli in proposito da un deputato. In presenza di sì formali dichiarazioni, è evidente, se non altro, che qualora contrariamente ad esse, fosse in corso un qualche segreto negoziato del genere indicato, questo sarebbe condotto in modo da eludere ogni indagine. Non si può quindi procedere su questo argomento, se non per via indiziaria e col calcolo delle esistenti condizioni generali.

2 Non pubblicato.

Ora io ritengo, da questo punto di vista, che dalle questioni pendenti fra i due Paesi, siano anzitutto a escludersi, per motivi diversi e in certo qual modo contrari, quelle dell'Egitto e del Marocco. La situazione d eli 'Egitto, nei riguardi verso la Francia, venne implicitamente risoluta, agli occhi del Governo inglese, dalle note dichiarazioni che, in seguito ali 'incidente di Fashoda, furono scambiate nel 1899 fra i due Stati per delimitare le reciproche sfere d'influenza in Africa: e qui si è convinti che, sebbene quell'accordo, per riguardo a legittime suscettibilità, non abbia menzionato l'Egitto e sebbene la stampa ufficiosa francese, per non meno avvii motivi, ne abbia anzi fatto espressa riserva, si è convinti, dico, che anche in Francia è inteso essere la questione egiziana stata tacitamente ma definitivamente eliminata nel 1899 dalle discussioni dei due Governi. Ciò non significa che, qualora, un giorno, si verificassero gravi perturbazioni nella posizione reciproca delle Grandi Potenze, per modo da ridare un decisivo sopravvento alla Francia, questa non potrebbe allora risollevare la questione d'Egitto come, mutatis mutandis, potrebbe risollevare quella della Alsazia-Lorena, ma, riferendosi ai tempi attuali, ne conchiudo soltanto essere assolutamente inverosimile che il Gabinetto inglese consenta a fare rientrare la situazione politica dell'Egitto fra gli elementi di eventuali compensi alla Francia.

Quanto al Marocco, qui si considera, per contro, che la questione è ancora lontana da quel grado di maturità che si richiederebbe per fame oggetto di transazioni fra terze Potenze, tanto più che in quel Paese non vi sono soltanto interessi francesi o inglesi, ma anche interessi importanti di altri Stati, che sarebbe imprudente ignorare. Del Marocco ho avuto occasione qualche volta di parlare con questo mio collega di Francia, il quale si è recato l'anno scorso c di nuovo recentemente a Tangeri per visitare un suo figlio segretario presso quella legazione. Ora,

M. Cambon mi disse un giorno: «una questione del Marocco attualmente non esiste: esistono incidenti che sorgono quando il ministro di Francia o il ministro di Inghilterra sotto l'influenza di qualche attacco di morbus consularis (o colonialis) non vanno fra loro d'accordo; ma quando, come fortunatamente ne è il caso al presente, entrambi gli Stati sono rappresentati a Tangeri da diplomatici esperti e di temperamento riflessivo, la questione del Marocco si dilegua».

Se si tolgono così dal calcolo attuale i fattori Marocco ed Egitto, come frutti l'uno dei quali ancora troppo verde e l'altro disseccato, rimangono tra la Francia e l'Inghilterra cinque o sei questioni più o meno importanti e che possano chiamarsi pendenti, nel senso che ora l'una ora l'altra danno luogo ogni tanto a qualche difficoltà che viene a richiamare su di esse l'attenzione dei due Governi e del pubblico. Tali sono gli affari: del Siam, di Terranova, delle Nuove Ebridi, del Congo e dei confini della Nigeria, nonché di taluni altri punti delle colonie africane imperfettamente delimitate.

Non è qui il luogo di entrare in una particolareggiata descrizione di codeste vertenze, del resto abbastanza note a VE. Circa la possibilità di una loro sistemazione totale o parziale e circa le difficoltà che vi si oppongono avrei poco da aggiungere a quanto ho riferito nel mio rapporto del 30 ottobre3. Una nuova conver

213 3('fr. n. 156.

sazione accademica ora avuta con questo mio collega di Francia, mi conferma nella impressione che un accomodamento generale a base di reciproci compensi, non è, almeno per ora, in vista. Oltre alle già accennate difficoltà, intrinseche o derivanti dalla competizione degl'interessi coloniali e politici nei due Paesi, è da tenersi presente, in quanto concerne la Francia, il ritegno che potrebbe provare quel Governo, di fronte alla ombra che un'intesa di tale importanza coll'Inghilterra getterebbe sulla sua alleanza colla Russia. Meno difficile sarebbe forse il tentativo di appajare per esempio due di quelle questioni, nel momento in cui si presentassero simultaneamente con carattere d'urgenza. Ciò avviene ora per il Congo, in seguito ad una protesta che la Camera di commercio di Liverpool ha chiesto di rimettere al ministro degli affari esteri contro le vessazioni inflitte dalla compagnia concessionaria del Congo francese ad alcune case britanniche stabilite in quel Paese, in violazione della libertà di traffico guarentita dall'Atto di Berlino del 1885. È una controversia scabrosa che si trascina da alcuni anni ed, un momento, io avevo dubitato (in seguito anche a frequenti viaggi fatti in questi giorni da M. Cambon fra Londra e Parigi) che forse si trattasse di qualche negoziato nel senso più sopra accennato. Ma l'ambasciatore di Francia mi disse che egli non aveva da occuparsi dell'affare del Congo, sempre trattato esclusivamente in Parigi da quel rappresentante britannico. Per Terranova, egli soggiunse, sarà rinnovato, anche per l'anno venturo, il solito modus vivendi; per i confini della Nigeria fu mandata, come è noto, una commissione mista di ufficiali, con incarico di fissarne il tracciato; quanto alle Ebridi, è sotto esame una sua proposta tendente a regolare la polizia colà esercitata in comune dai due Stati; e quanto al Siam, la recente convenzione, sebbene conchiusa direttamente dal Gabinetto di Parigi con quello di Bangkok, rappresenta in realtà un tentativo per appianare, almeno per qualche tempo, le questioni che toccano alla rivalità della Francia e dell'Inghilterra in quel Paese.

Da tutto questo mi sembra risultare la tendenza attuale dei due Governi a limitarsi a trattare isolatamente e mano mano che se ne offre l'occasione, le diverse vertenze che li dividono ed a trattarle con spirito di reciproca conciliazione, per modo da creare fra le due Nazioni un ambiente sempre più amichevole e conforme al comune interesse. Per questo intento, M. Cambon fa molto assegnamento sulle disposizioni del suo attuale ministro degli affari esteri e le sue parole riferite nel mio precedente rapporto, possono anche interpretarsi nel senso che, se

M. Delcassé rimanesse ancora per alcuni anni al potere, non è escluso che, al termine del suo ministero, la maggior parte delle questioni esistenti coll'Inghilterra si trovassero gradatamente risolte o ridotte ai minimi termini. In quest'ordine di idee, il mio collega mi disse pure di aver avuto alcuni colloqui con Mr. Barclay, l'ex-presidente della Camera di commercio britannica di Parigi e vice-presidente della associazione internazionale dei legisti, circa la sua proposta di creare una commissione anglo-francese col mandato di regolare le divergenze fra le due Nazioni, sulle basi d eli'analogo accordo anglo-americano discusso nel 1897. M. Cambon sapeva che ad una lettera indirizzata in proposito da Mr. Barclay al marchese di Lansdowne questi aveva risposto nei termini i più incoraggianti. Egli stesso aveva raccomandato al promotore del progetto di far sì che il ceto commerciale inglese si manifestasse il più largamente possibile in suo favore, giacché simili dimostrazioni non mancherebbero di provocarne altrettante da parte delle classi commerciali in Francia, specie in quelle provincie i cui prodotti trovano il loro più grande smercio nella Gran Bretagna, al punto da farne dipendere il mantenimento della loro vita economica. Fu, suppongo, in seguito a questo suggerimento che venne qui tenuto, sere sono, un meeting al quale intervennero molti membri del Parlamento di ogni partito, rappresentanti del mondo commerciale, e in cui la proposta Barclay fu unanimemente acclamata. M. Cambon mi notava egli stesso che non si poteva far calcolo su effetti immediati e che anzi conveniva procedere con cautela per evitare i disinganni prodotti da illusioni premature; ma, egli conchiuse, il giorno in cui la grande maggioranza delle classi dedite al commercio, persuasa dei propri interessi, facesse sentire la sua voce, questa non potrà non esercitare un'influenza decisiva sulla condotta dei due Governi.

211 l Per la risposta cfr. n. 216.

212 l Per la risposta cfr. n. 219.

213 l Cfr. n. 195.

214

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. PERSONALE. Costantinopoli, 3 dicembre 1902.

Chiedo venia a V.E. se ho tardato oltre misura a rispondere alla sua lettera particolare del 18 ottobre scorso, da Merate I, di cui, essendomi giunta quando mi trovavo ammalato, dovetti !imitarmi ad accusar ricevuta. Giusta il suo pensiero circa l'azione da spiegarsi da me presso questo Governo, d'iniziativa personale e quando i fatti lo consiglino, negli affari balcanici, allo scopo di associare, a poco a poco, l'opera dell'Italia a quella della Russia e dell'Austria-Ungheria di modo che appaia che i tre Governi agiscono d'accordo, io ho procurato di scambiare idee col barone di Calice e col signor Zinovieff sulla questione macedone ogni qual volta mi se ne è presentata I' occasione.

Ho dovuto però convincermi, alla stregua dell'esperienza, quanto sia difficile che la mia azione presso la Sublime Porta, sebbene provocata dagli stessi fatti ed intesa allo stesso scopo, riesca concorde con quella degli ambasciatori d'Austria e di Russia. Essi infatti parlano ai colleghi dei loro passi e dei loro consigli alla Sublime Porta, solo a fatto compiuto ed in modo molto sommario e limitandosi sempre ad informazioni ed apprezzamenti d'indole affatto generale, né aprono mai bocca sui consigli che si accingono a dare. In altri termini, mantengono un grande riserbo, dal quale non si dipartiranno verso un terzo collega, se non il giorno in cui ne riceveranno l'istruzione. Così accade, e ne ho fatto l'esperienza, che i loro consigli non son noti se non qualche tempo dopo che hanno formato oggetto di una comunicazione alla Sublime Porta ed in modo incompleto.

Riesce a me assai difficile, in queste condizioni, di intervenire per principio presso la Sublime Porta parallelamente agli ambasciatori di Austria-Ungheria e di

Russia, senza cotTere il rischio o di trovarmi talvolta in contraddizione con le comunicazioni che essi hanno fra loro due concertate, o di far passi in un momento in cui sono per lo meno inutili. Il barone di Calice ed il signor Zinovieff, in base al noto accordo austro-russo. procedono infatti, benché separatamente, quando dietro istruzioni conformi ricevute dai rispettivi Governi e quando in seguito a concerti presi fra di loro. anche nei più minuti particolari. in presenza di un detenninato fatto.

Siccome ho informato l'E.V. col mio rapporto ufficiale d'ieri2, già avevo avuto occasione, nei miei colloqui con Tewfik pascià. di richiamare la sua attenzione sui pericoli della situazione in Macedonia e sulla necessità di eliminare, con adatti provvedimenti, ogni causa di malcontento o pretesto di agitazione fra quelle popolazioni. Dallo stesso rapporto V.E. avrà rilevato come io avessi lo stesso suo pensiero, da lei comunicatomi col suo telegramma confidenziale di avant'ieri, n. 19233, che cioè anche a noi convenisse fare un nuovo passo nel presente momento. E poiché Russia ed Austria-Ungheria nelle loro comunicazioni alla Porta circa gli affari balcanici. si atteggiano, (senza che tale loro pretesa o diritto venga dalle altre Potenze apertamente contestato), a Stati più direttamente interessati in Macedonia, il che fa sì che, appunto come scrissi ufficialmente a V.E., quelle due Potenze non credono necessario di associare all'azione dei loro ambasciatori quella di altri rappresentanti, mi è sembrato che avrei potuto imitare anch'io, dal nostro punto di vista, la loro linea di condotta: unirmi, cioè, in via generale, alle raccomandazioni dei miei colleghi, ma insistere, in modo particolare, per l 'applicazione dei nuovi provvedimenti, non solo alla Macedonia, ma anche ali' Albania, di cui a nessuno può sembrare strano che noi ci preoccupiamo in modo particolare, dato che si tratta di regione che può considerarsi come a noi limitrofa e visto gli interessi che vi abbiamo.

In ogni caso quello era. a parer mio. il solo modo d'intervenire data la strettezza del tempo. -i provvedimenti infatti sono usciti oggi alla luce, --e dato che non era possibile di fare una comunicazione consimile a quelle del signor Zinovieff e del barone Marschall, quando già era noto che i provvedimenti stessi erano decretati. Marschall del resto non era intervenuto che a cose fatte. Quanto al barone Calice, egli mi aveva dichiarato non aver fatto ora nessuna comunicazione, averla bensì fatta. in termini generali, un mese addietro. Coglievo così, in pari tempo. il modo di affermare, in modo speciale, il nostro interessamento alla questione balcanica in generale, mentre con l'indicazione di precise misure di carattere locale, mostravo che meno che mai potevamo disinteressarci dell'andamento delle cose in Albania.

Confido che l 'E.V. approverà il linguaggio mio, quale è riprodotto nell'annesso al mio rapporto di ieri: ove la sua approvazione sia per giungermi, mi sembra che, come l'Austria-Ungheria e la Russia danno consigli alla Sublime Porta negli affari macedoni, partendo dalla speciale importanza che la questione ha per loro. così noi. cui nessuno può contestare quanto forti siano i nostri interessi in Alba

214 -' Cfr. n. 206. nota 2. 3 Cfr. n. 200.

nia, potremo, sempre che vorremo, dar consigli a questo Governo, cercando di dar loro, per quanto sia possibile, lo stesso senso generale che han quelli austriaci e russi, ma suggerendo, volta a volta, anche le speciali misure, la cui adozione ci sarebbe più particolarmente utile. Nessuno potrebbe contestare, mi sembra, la correttezza di una tale linea di condotta.

In attesa di conoscere l'alto apprezzamento dell'E.V, ...

P S. Mi consta in via indiretta e confidenziale che gli ambasciatori d'AustriaUngheria e di Russia trasmettono il testo dei provvedimenti testè decretati per le province della Turchia d'Europa ai rispettivi Governi, chiedendone istruzioni. Son quindi da ritenersi probabili nuovi prossimi passi di quei due ambasciatori. 4

214 l Non rinvenuta.

215

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1942. Roma, 4 dicembre 1902, ore 11,45.

Rispondo al rapporto 27 novembre circa Dardanelli'· VE. deve aspettare che la nota comunicazione sia fatta da entrambi i colleghi di lei. Non dubito, però, che non tarderà ad essere fatta anche dal collega austro-ungarico, ciò essendomi stato confermato dal barone Pasetti.

216

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO 2168. Berlino, 4 dicembre l 902, ore 16.

Alla domanda rivoltami col telegramma di VE. 1939, di questa notte' risponde in parte la chiusa del mio rapporto in data del 23 novembre n. 706, al quale fa seguito il rapporto in data del 28, e l'altro che spedisco oggi2. Da quei rapporti vedrà come sia difficile prevedere quanto tempo durerà ancora la discussione della tariffa doganale. È mia opinione, divisa da molti deputati, che prima della fine di quest'anno sia possibile, tutto al più, compire la seconda lettura, ma se anche

regolarsi riguardo alle riforme decretate dalla Turchia".

2 Non pubblicati.

la legge non sarà votata, per il primo gennajo prossimo, il Governo imperiale, per parte sua, non denunzierà i trattati, ma inizierà negoziati rinnovamento senza denunzia, appena la legge sarà votata, in principio d eli'anno prossimo. Questa, almeno, è, fino ad oggi, l 'intenzione di questo Governo, e non prevedo che la muterà, se non si verificano fatti imprevisti che lo costringano ad agire altrimenti.

214 4 Annotazione a margine di Prinetti: "Dargli istruzioni rispondendogli anche per il modo di

215 1 R. l 069/440, non pubblicato.

216 l Cfr. n. 211.

217

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI PRINETTI

T. 2167. Parigi, 4 dicembre 1902, ore 16,50 (per. ore 18,50).

Delcassé mi ha detto che avrebbe incaricato il signor Barrère di ringraziare

V.E. per la giusta e gentile allusione da lei fatta nel suo recente discorso, alle relazioni d eli 'Italia con la Francia 1.

218

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO PERSONALE 1945. Roma, 4 dicembre 1902, ore 17.

Facendo seguito miei ultimi telegrammi relativi Venezuelal, venendo ora a sapere che Inghilterra ha preso iniziativa di una vigorosa azione a difesa dei proprii reclami, prego V.E. di proporre formalmente a codesto Governo che, in quanto si tratta di analoghi reclami, l'azione deli'Italia si accordi a quella de li'Inghilterra. Abbiamo al Venezuela un incrociatore, ed altri siamo disposti mandare occorrendo; comandante italiano e r. ministro riceverebbero ordini di coordinare la loro azione a quella del ministro e delle navi inglesi. Credo che vedere associata opera Italia-Inghilterra al Venezuela a tutela di interessi rilevanti e concreti disarmerebbe anche quella parte della opinione italiana che si dimostra poco favorevole al concedere lo sbarco spedizione inglese sulla costa somala. Siccome arrivo navi inglesi e conseguente presentazione ultimatum Venezuela è imminente, raccomando V.E. di conferire colla massima sollecitudine con codesto Governo e tele

11. cit., n. 514 risulta che i ringraziamenti dovevano essere tàtti a Zanardelli. Cfr. le parole da questi pronunciate al Senato nella tornata del ) 0 dicembre (Atti parlamentari, Senato, Discussioni, Legislatura XXI, seconda sessione 1902-1903, p. 1206).

grafarmi d'urgenza2 per potere in tempo utile impartire istruzioni. V.E. comprenderà tàcilmente quanta importanza il r. Governo, anche per ragioni di politica generale, attribuisce alla riuscita di questa combinazione.

217 l Dal telegramma di Delcassé a Barrère dello stesso 4 dicembre ed. in DDF, 2òme série, tome

218 l Cfr. n. 203; il T. 1934 del 3 dicembre non è pubblicato.

219

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO 2169. Vienna, 4 dicembre 1902, ore 17,40 (per. ore 19.45).

Non mi consta che una deliberazione definitiva formale sia stata presa, fino ad ora, da questo Governo imperiale e reale circa la denuncia del nostro trattato di commercio!. Però, a causa della clausola per i vini. della quale beneficerebbe, a datare dal 1° gennaio 1904, anche la Francia c dell'opposizione, che esso trova nell'opinione pubblica ungherese, la denunzia del trattato di commercio può ritenersi come sicura. Mi risulta anzi che il conte Goluchowski si è espresso ieri 111 quest'ultimo senso.

220

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO PERSONALE 1946. Roma, 4 dicembre 1902. ore 18.

Relativamente alla domanda di sbarco ad Obbia 1 o in altro punto della costa somala, ho detto oggi all'incaricato d'affari d'Inghilterra che R. Governo. salvo a concordare, nella conferenza da tenersi a Roma, il piano di campagna della spedizione militare in modo da eliminare pericoli pei nostri protettorati e pel Benadir, è lieto, in massima, consentire domanda inglese. Per la suddetta conferenza il R. Governo è pronto fin da ora e quindi essa potrà aver luogo appena vengono a Roma delegati inglesi. Quanto ad una possibile cooperazione del! 'Italia, il R. Governo, non avendo sottomano truppe nere e non essendo adatte truppe marina, mi sembra dovrà limitarsi a far accompagnare la spedizione inglese da alcuni ufficiali italiani. Però, in via affatto confidenziale e senza alcun impegno, ho detto ali 'incaricato d'affari inglese che potrebbe forse studiarsi se fosse possibile far intervenire società Benadir, che, volendo, può disporre qualche centinaio ascari arabi. II direttore della società, da me chiamato, sarà a Roma fra qualche giorno. Interessa però vivamente conservare di tutto ciò per ora assoluto riserbo. per non suscitare

2I8 2 Cfr. n. 224. 219 l Risponde al n. 212. 220 l Cfr. n. 205.

fino da ora eventuali opposizioni, essendosi parte della pubblica opinione italiana dimostrata contraria.2

221

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2170/85. Londra. 4 dicembre 1902, ore 19,35.

In assenza del marchese Lansdowne, ammalato, ho parlato ieri nel senso delle istruzioni di V.E. 1 al sotto segretario di Stato, incaricato degli affari sud-americani. Egli ha detto che le navi inglesi e tedesche, trovandosi ormai in movimento pel Venezuela, gli sembrava difficile che vi fosse opportunità per una immediata partecipazione dell'Italia a quella dimostrazione, già da qualche tempo combinata, mediante appositi negoziati, colla Germania; che, però, egli ne avrebbe riferito al ministro. E questo mi fa dire ora, che, se lo desiderassi, Governo inglese potrebbe conferire con Berlino, circa possibilità di un susseguente concorso dell'Italia nel momento in cui, per effetto dell'imminente intimazione, si addiverrà a trattare sui reclami pecuniari.

222

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLL AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 3689/1551. Parigi, 4 dicembre 1902 (per. il 13).

Il giorno 26 dello scorso mese, quando non si sapeva ancora in modo certo se le tre navi apparecchiate a Tolone avrebbero salpato per il Marocco, mi trovava in visita presso il signor Delcassé ed, appena io avea accennato a portare il discorso sovra questo soggetto, che egli prese tosto ad esprimersi nel modo che segue.

domanda di sbarco o di passaggio di spedizioni inglesi su territori di protettorato italiano: e dico pro

tettorato appunto come dissi prima zona di inl1uenza, precisamente per marcare la diversità di condi

zione giuridica tra la costa e l'interno della Somalia. Se questa domanda verrà presentata, il Governo

del re la prenderà nella dovuta considerazione e, qualunque sia la deliberazione che esso sarà per

prendere, questa deliberazione non potrà essere evidentemente inspirata che a questi due punti fond&··

mentali: il primo che incombe al Governo del re di prendere le misure le più sicure per impedire che

qualunque sua determinazione possa essere cagione di turbamenti e di pericoli sia per la Colonia del

Benadir, sia pel protettorato italiano; il secondo punto è che l 'Italia ha e desidera mantenere le più

cordiali relazioni con l'Inghilterra, cui ci legano tradizionali rapporti di antica amicizia, amicizia e rap

porti i quali non solo non sono turbati, ma sono certamente completati dalle eccellenti relazioni recen

temente stabilite fra l'Italia e gli altri Paesi>>. Cfr. Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati,

sessione 1902-1903, Discussioni, vol. V, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1903, p. 4166.

La situazione al Marocco non è tranquilla. Della agitazione interna è causa principale il gusto che il giovane sultano dimostra per le abitudini della vita moderna. Inventori, speculatori, mercanti di vari Paesi affluiscono alla Corte sceriffiana. Alcuni sono particolarmente favoriti della intimità del sovrano, suscitando negli altri invidie e rivalità, nella generalità degli indigeni scandalo. e fra gli agenti delle Potenze meschine diffidenze e sospetti. Tutto ciò avrebbe avuto poca importanza se da ciò che succede alla Corte non si fosse trovata alimentata la ribellione, suscitata da un fanatico pretendente contro il sultano troppo moderno. Lo stato di disordine e di parziali rivolte all'interno è abituale al Marocco; ma negli ultimi tempi i paesi stessi del litorale si trovarono minacciati. A Tetuan si verificarono sommosse gravi c non sarebbe stato possibile per la Francia il rimanere indifferente quando dall'Inghilterra, dalla Spagna e forse da altri ancora si sarebbero mandate forze navali in quelle acque. Si deliberò quindi l'invio di tre incrociatori di seconda classe e se ne trattennero due a Tolone appena si seppe che la sicurezza e l'ordine non erano più minacciati nelle città marittime del Marocco. Sulle intenzioni della Francia rispetto a quell'Impero. -proseguì il signor Delcassé-nessuno ha ragione di dubitare. La Francia ha dichiarato a tutti c mantiene anche presentemente la sua dichiarazione di desiderare anzitutto la conservazione dello statu quo, di essere pronta a rispettarlo finché anche gli altri lo rispettano. Ma la posizione della Francia neli'Africa settentrionale, quella che l'Inghilterra occupa sullo stretto, costituiscono una condizione di cose dalla quale scaturiscono interessi, diritti e doveri speciali cd è cosa ben legittima che il Governo francese non se ne disinteressi. Finché però nessuno si muove, così conchiuse il ministro, la Francia neppur essa si muoverà.

Nulla avrei a replicare a questa dichiarazione che in verità non poteva neppure dirsi essere stata da parte mia provocata; sicché alla medesima resta un carattere affatto spontaneo. Debbo anzi credere che ad altri rappresentanti esteri qui accreditati essa sia stata ugualmente fàtta, poiché più volte il signor Dclcassé adoperò espressioni che ciò lasciavano intendere.

Indirettamente seppi che il signor Pau! Cambon volle avere una conversazione al Foreign Office sovra questo soggetto e si trovò nel caso di mandare qui analoghe dichiarazioni a lui tàtte dal Governo inglese.

220 2 Il 2 dicembre Prinetti aveva dichiarato alla Camera: «Fino ad ora non ho ricevuta alcuna

221 l Cfr. n. 203.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1948. Roma, 5 dicembre 1902, ore 13,55.

Il telegramma di VE. n. 851 si è incrociato col mio di jcri2 col quale incaricai l'E.V. di proporre formalmente a codesto Governo la cooperazione deli'Italia

223 l Cfr. n. 221. 2 Cfr. n. 218.

nell'azione che l'Inghilterra sta per spiegare nel Venezuela. Per le considerazioni esposte in quel mio telegramma, noi dobbiamo insistere nella nostra proposta. Osservo, poi, circa le obiezioni da lei riferite: l) che una nostra nave è già presente in quei paraggi e può quindi ricevere immediate istruzioni; 2) che la nostra diretta partecipazione all'ultimatum ed alla eventuale azione coercitiva può sola assicurare la nostra partecipazione agli effetti utili che potranno derivarne per i reclami pecuniari. Prego l'VE. valersi anche di questi argomenti nonché degli altri molto importanti accennati nel mio telegramma di jeri per ottenere sollecita decisione favorevole al nostro desiderio.

224

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2173/86. Londra, 5 dicembre 1902, ore 19,5 7.

Dietro i due telegrammi di VE. di jerseraI, ho avuto ora una conversazione con Lansdowne circa affari Venezuela e Somalia. Quanto al Venezuela, Sua Signoria mi disse che egli sarebbe ben lieto di vedere, anche in quei mari, associata la bandiera italiana a quella inglese; che l'esecuzione del primo atto, concertato colla Germania, era adesso una questione di ore giacché cinque navi inglesi e cinque tedesche dovrebbero trovarsi alla Guayra entro domani o dopodomani con ordine di procedere alla intesa intimazione; non rimarrebbe quindi tempo materiale perché la nostra partecipazione potesse espletarsi formalmente fino da questo primo atto, mentre essa richiederà necessariamente uno scambio di idee fra Londra, Berlino e Roma, allo scopo di stabilire la adesione dell'Italia alle speciali condizioni dell'accordo stipulato colla Germania; che, però, essendo a prevedere che l'azione al Venezuela dovrà protrarsi per qualche tempo e passare per più di una fase, egli si metterà tosto in comunicazione col Governo germanico per promuovere e facilitare la nostra accessione, la quale potrà così risultare stabilita al momento dell'arrivo dei bastimenti che il Governo italiano crederà mandare sul luogo. Fra gli altri argomenti, ho accennato, nel corso della conversazione, che il Governo italiano, dovendo ad ogni modo sostenere i proprii connazionali al Venezuela, era anche di convenienza generale che i nostri reclami venissero sistemati simultaneamente agli altri nell'occasione dell'attuale dimostrazione, anziché esporsi ali 'eventualità che l 'Italia si trovi più tardi costretta a ricominciare per conto proprio un'azione analoga, con tutti gli inconvenienti che simili rotture cagionano inevitabilmente anche ai terzi, e la cui ripetizione potrebbe anche portare ombra agli Stati Uniti. E non ho, infine, omesso di far allusione alla maggiore facilità che la proposta cooperazione procaccerà all'altra combinazione concernente la Somalia. Lansdowne mi si dichiarò pienamente edotto di tutte queste ragioni e lo

credo dispostissimo a favorire i nostn desideri; bensì ho l'impressione che egli sia preoccupato dalla cura di procedere strettamente di pari passo colla Germania, in vista del valore politico che si annette a questa eccezionale cooperazione dei due Governi. Avverto ad ogni buon fine che Sua Signoria, sebbene ancora indisposto. ha dovuto partire oggi stesso per la sua campagna a riccvervi, come ospite, il re di Portogallo, di modo che non potrò più vederlo prima di martedì prossimo.

224 l Cfr. nn. 218 e 220.

225

L'AMBASCIATORE A LONDRA. PANSA. AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2174/87. Londra. 5 dicembre 1902, ore 19.20 (per. ore 23,55).

Nella nostra conversazione di stamane Lansdowne mi ha incaricato di esprimere i suoi ringraziamenti a VE. per la comumcazione da Ici fatta a sir Rennell Rodd circa la spedizione in Somalia!. Avendogli io tuttavia ricordato che le modalità del relativo accordo rimanevano subordinate alla conferenza da VE. suggerita, Sua Signoria mi disse che avrebbe tosto sollecitato l'invio dei delegati inglesi a Roma. Ed ora ricevo avviso che dopodomani. domenica, partirà per costà un colonnello, accompagnato da un funzionario competente del F oreign Office.

226

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2181/118. Berlino, 6 dicembre 1902. ore 18,25.

Questo Governo è stato informato da Londra dei passi fatti da VE. colà circa azione verso il Venezuela.I Conte Richthofen mi manda in questo momento a dire che il 'loverno imperiale, come già ebbe a far sapere prima d'ora, è di avviso che introduzione di una terza Potenza nella fase attuale de !l 'azione intrapresa dalla Germania e dalla Inghilterra potrebbe allarmare Stati Uniti e fare modificare sua attitudine che nulla osta, però, per parte Germania, a che Inghilterra, Germania e Italia possano intendersi in vista della cooperazione deli' Italia in una fase eventuale successiva. In altre parole, Governo imperiale opina convenga lasciare

226 l Ctr. nn. 218. 223 e 224.

operare Inghilterra e Germania sole, fino a che si conosca risultato de li 'ultimatum che in questi giorni, forse lunedì o martedì, sarà presentato. L'azione da esercitarsi se l 'ultimatum non avrà esito favorevole, dovrà probabilmente svolgersi colla cattura navi del Venezuela e blocco.

225 l Cfr. n. 220.

227

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1958. Roma. 6 dicembre 1902, ore 20.

L'incaricato d'affari d'Inghilterra è venuto a farmi una comunicazione nel senso delle dichiarazioni a lei fatte da ìord Lansdowne nel colloquio di jeri t. Lord Lansdowne si dichiara pronto a prendere in considerazione, d 'accordo col Governo germanico, ogni nostra proposta per la partecipazione dell'Italia alle misure che, esaurita la prima fase dell'azione anglo-gennanica, saranno ulterionnente prese. Prego VE. di voler ringraziare lord Lansdowne per l'accoglienza amichevole fatta alle nostre entrature. Come ho risposto ali' incaricato d'affari d 'Inghilterra. pur riconoscendo il valore delle considerazioni che impediscono la partecipazione deli'Italia alla prima fase dell'azione concordata tra Berlino e Londra, a noi importa, approfittando della favorevole disposizione manifestata da lord Lansdowne, arrivare rapidamente ad una intesa per la nostra partecipazione ulteriore allo svolgimento dell'azione, soprattutto in vista di assicurare la tutela dei reclami pecuniari cd ho telegrafato al r. ambasciatore a Berlino2 di adoperarsi allo stesso scopo presso il Governo germanico, dopo di che i particolari potranno essere regolati di comune accordo. La nostra nave già presente al Venezuela, ed alla quale due altre si uniranno tra breve, ha intanto per istruzione di provvedere alla tutela degli interessi e dei sudditi italiani.

228

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE 1960. Roma, 6 dicembre 1902, ore 20,30.

In aggiunta al mio telegramma del 6 corrente, n. 19591, ed unicamente per sua norma personale, non volendo, ripeto, nell'interesse di quel che ci preme, in

2 T 1959, pari data, non pubblicato.

alcuna guisa recriminare, desidero che VE. sappia essermi risultato, dallo scambio di idee avuto ora con Londra, che le trattative tra il Gabinetto di Berlino e quello di Londra risalgono dallo scorso luglio e che, se pure può essere che il primo passo sia venuto da Londra, il negoziato ha preso uno svolgimento tale da escludere che possa trattarsi unicamente di una proposta inglese e di una adesione germanica come apparisce da quanto il signor Mi.ihlberg disse a VE.2

227 l Cfr. n. 224.

228 l Cfr. n. 227, nota 2.

229

L'AMBASCIATORE A LONDRA PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 1379/615. Londra, 6 dicembre 1902 (per. l' 11).

Ricevo il nuovo dispaccio direttomi da VE. in data del 2 corrente (n. 498)1 relativamente ali' azione ora concordata coi Gabinetti di Londra e di Vienna sulla questione del passaggio degli Stretti.

Dello stesso affare tratta il mio rapporto del 29 novembre2, che attendeva per esserle spedito il corriere di Gabinetto qui ieri arrivato. Vi faccio ora questa aggiunta, per riferirmi alle due osservazioni contenute, sull'argomento, nel predetto dispaccio dell'E.V.

Sulle accennate sfumature, che implicherebbero qualche divario fra le anteriori e le più recenti disposizioni di questo Gabinetto, non credo vi sia luogo a tornare, dopo quanto ne ho riferito; e si tratta poi di una questione di intenzioni, difficile a stabilirsi e di interesse ormai retrospettivo.

Maggiore importanza pratica può presentare l 'altro punto da V. E. menzionato, se cioè l'idea accennatale da sir R. Rodd (il 20 novembre), di un eventuale scambio d'idee fra l'Inghilterra, l'Austria-Ungheria e l'Italia sulle cose di Turchia, fosse un'idea distinta o, invece, connessa ali'attuale incidente delle navi russe. La mia prima impressione, che si trattasse di due cose distinte, era stata determinata dal telegramma di VE. del 20 novembre3, perché, oltre all'esporle separatamente, esso alludeva, ad uno «scambio di vedute circa il mantenimento dello status quo nei Balcani». Ma, come l'ho avvertito nel mio rapporto del 29 novembre, io sono poscia venuto alla conclusione che si tratti di una cosa sola. Così infatti è ritenuto da questo ambasciatore austro-ungarico e così pure fu dal Foreign Office interpretata la comunicazione dell'incaricato d'affari i. e r. austriaco del 9 novembre (citata n eli' annesso al rapporto predetto), nel senso cioè che il desiderio espresso dal conte Goluchowski di uno scambio di vedute fra i tre Gabinetti circa gli affari di

2 Cfr. n. 197.

3 Cfì·. n. 184.

Turchia, fosse appunto un'introduzione alla suggerita loro intesa per le comunicazioni da farsi alla Sublime Porta sul passaggio degli Stretti. Ciò mi sembra anche confermato da quanto V.E. ora mi scrive, non averle il barone Pasetti parlato di altro. Se così è, l'equivoco può essere spiegato da qualche inesattezza di dicitura, forse avvenuta nell'una o nell'altra delle trasmissioni di cui quella comunicazione ha formato successivamente oggetto fra Vienna, Londra e Roma.

228 2 Cfr. n. 202. Per la risposta di Lanza cfr. n. 234.

229 l Cfr. n. 208.

230

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 3703/1559. Parigi. 6 dicembre 1902 (per. il 13).

Si è letto, negli ultimi giorni, in autorevoli giornali parigini, una nota quasi uniforme per smentire la probabilità di viaggi all'estero da parte del presidente della Repubblica. Nei Débats del l o dicembre si trova: «On a prèté au président de la République de nombreux projets de voyage, dont quelques-uns fort lointains. On a prétendu qu'il irait en Italie et qu'il pousserait jusqu'aux Etats-Unis. Ce n'était là que bruits sans consistance: le seul déplacement important que fera

M. Loubet, avant l'expiration de ses pouvoirs, sera le voyage en Tunisie et en Algérie».

Non conosco a questa affermazione così recisa della intenzione del signor Loubet di non fare il viaggio d'Italia, altra origine che la pubblicazione, fatta nel Temps delli 30 novembre, in quarta pagina, al luogo dove sogliano essere inserti i comunicati ufficiosi che il giornale di quando in quando riceve.

Si era fatta circolare una singolare voce sovra l'intenzione del signor Loubet di recarsi alla esposizione di Saint-Louis. In un banchetto degli espositori francesi che interverranno a quella mostra, se ne era parlato. La nota del Temps prende le mosse da questa circostanza per ismcntire categoricamente che siano in corso trattative a tale riguardo e dice: «dans les milieux governementaux américain ou français, il n'a été question, à aucun moment, d'un projet d'invitation ou de voyage». Poi così prosegue: «On pounait en dire à peu près autant des autres projets de voyage attribués à M. Loubet dans ces derniers mois. Il est probable que le seui grand voyage qui sera encore effectué par le président au cours de sa magistrature actuelle, sera le voyage, d'ores et déjà décidé, que M. Loubet fera, l'année prochaine, en Algérie et en Tunisie». Termina infine il comunicato coll'annunzio che il viaggio presidenziale non potrà durare più di una quindicina di giorni e che non potrà essere accettato che un ristretto numero degli inviti numerosi che dai municipii già arrivano all'Elisco. Il Temps allude evidentemente al viaggio d'Italia, ma non lo nomina. Ciò che in questo giornale è espresso in forma dubitativa, è divenuto nei Débats un 'assoluta affermazione. Seguono forse questi due importanti diari le sfumature d eli' opinione dominante n eli' ambiente che loro è proprio e nel quale s'inspirano? Si potrebbe essere tentati a crederlo. In tal caso gioverebbe ritenere che nella frazione dell'opinione pubblica liberale francese che è rappresentata dai due centri della Camera, la probabilità del viaggio del signor Loubet in Italia è esclusa, con questa differenza che verso destra la si esclude in modo assoluto e verso sinistra in modo dubitativo.

Queste sono le riflessioni che personalmente posso fare sovra le citate pubblicazioni. Prego però VE. di notare che si tratta di materia nella quale non mi è possibile riscontrare se tutte le deduzioni che mi sembra di poter fare, sono ugualmente tèmdate e sicure.

231

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTL ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1962. Roma. 7 dicembre 1902. ore 12,30.

Da Berlino ci è giunta risposta' analoga a quella tàtta da codesto Gabinetto2. Essendo, per tal modo, oramai acquistato l 'assenso di massima dei due Gabinetti alla nostra cooperazione, importa che di questa cooperazione siano concordati il momento ed il modo. Telegrafo questo senso a Berlino3, e prego V. E. di volersi egualmente adoperare acciocché lo scambio di idee, a tale riguardo, conduca rapidamente a conclusione concreta. Aggiungo, confidenzialmente, che l'opinione pubblica, qui, comincia a commoversi per il dubbio che non partecipando l'Italia ali 'azione anglo-germanica al Venezuela, possa venirne grave pregiudizio ai nostri interessi. ed a me preme di tosto eliminare questa preoccupazione, anche perché non si formi un ambiente meno propizio per gli accordi da prendersi coli 'Inghilterra circa la Somalia.

232

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2193. Aden, 7 dicembre 1902, ore 16,15 (per. ore 18, 15).

Ammiraglio inglese suggerisce, ed io reputo utile, che nave da guerra visiti Obbia per protezione e effetto morale, consigliati da presenti condizioni. Allorché

2 Cfr. n. 224.

l T. 1963, pari data, non pubblicato.

r. nave avrà compiuto visita ammiraglio manderà colà nave da guerra inglese. Ammiraglio telegrafa suo Governo in questo senso. Si suppone Mullah continui trovarsi quattro giorni da Obbia1.

23 l l Cfr. n. 226.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 19681. Roma, 8 dicembre 1902, ore 13, 30.

Navi da guerra italiana ed inglese sono state recentemente Obbia. R. nave «Volturno» potrà tornarvi quando, in tempo non lontano, lascerà Zanzibar. Se situazione Obbia le risultasse mutata da 14 novembre, data ultime notizie «Volturno», voglia telegrafarmi. Ella può rispondere amichevolmente in questo senso ammiraglio inglese. Intanto, le faccio considerare, poiché ella mostra, con mia meraviglia, non rendersene conto, che in massima presenza Obbia nave da guerra inglese isolata nuocerebbe nostro prestigio: e ciò si deve evitare.

234

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO 220 l /122. Berlino, 9 dicembre 1902, ore 12,10.

Mi riferisco telegramma di V.E. 19601. Senza essere da me richiesto, il signor Mlihlberg toccò meco di nuovo questione dell'iniziativa che sarebbe stata presa dall'Inghilterra, e non dalla Germania, per l'azione combinata verso il Venezuela. Secondo Mlihlberg, varii mesi fa creditori tedeschi verso il Venezuela, specialmente Discanto Gesellschaft, si erano rivolti ai creditori inglesi chiedendo che questi facessero passi presso il Governo loro allo scopo di un intervento energico. In seguito a ciò, Governo britannico avrebbe tastato terreno a Berlino e, successivamente, si sarebbe svolto, sotto la promessa del segreto, chiesto dal Governo inglese, negoziato ora giunto a compimento. Anche Bulow volle fare cenno di ciò con me. Mi sono limitato a ascoltare queste spiegazioni senza discuterle, per quanto ne avessi voglia, per evitare recriminazioni oramai inutili.

233 l Risponde al n. 232. 234 l Cfr. n. 228.

232 l Per la risposta cfr. n. 233.

235

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2208/90. Londra, 9 dicembre 1902, ore 20.

Lansdowne mi ha fatto oggi chiamare per confermarmi che il Governo britannico sarà lieto della partecipazione dell'Italia ali'azione contro il Venezuela, aggiungendo che egli aveva potuto frattanto accertarsi delle uguali disposizioni del Gabinetto di Berlino. Sua Signoria mi ha detto che i due comandanti, avendo istruzioni di accordare quarantotto ore per l'accettazione deIl 'ultimatum ora in corso. questo primo atto dovrebbe terminare entro domani. Qualora, come si prevede, l 'intimazione non produca immediato effetto, si passerà al secondo atto consistente in un blocco, evitando però ogni sbarco; e in tal caso il R. Governo verrà tosto informato delle condizioni tuttora in discussione fra qui e Berlino relative ai particolari di tale operazione, affinché esso possa parteciparvi con una qualche nave. Una volta poi ottenuta nell'uno o nell'altro modo la sottomissione del Venezuela, i due Governi sono intesi di esigere che i reclami dei loro sudditi vengano riconosciuti insieme da una commissione mista sotto le debite guarentigie; e Lansdowne mi disse che l'Italia sarebbe, in ogni modo, invitata a prender parte in condizioni uguali a quella commissione per i propri reclami.

236

TL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA

T. 1989. Roma, 10 dicembre 1902, ore 21.

Prego VE. ringraziare vivamente codesto Governo per la comunicazione relativa al Venezuelal che mi affida riguardo interessi italiani. Raccomando a V.E. procurarmi prontamente appena sarà giunto il momento indicato nella comunicazione di codesto Governo le notizie ulteriori necessarie onde impartire le opportune istruzioni al comandante del «Bausan».

237

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2225/113. Pera, 11 dicembre 1902, ore 20,40 (per. ore 6 del 12).

È impressione generale dei miei colleghi che i provvedimenti provincie Tur

chi a Europa, quali sono stati comunicati l, non sono sufficienti eliminare cause malcontento calmare agitazione. In un colloquio avuto oggi con questo ministro degli affari esteri, ho creduto opportuno osservare, in via generale, ed a titolo di apprezzamento mio personale: l) che i poteri valì sembravano ristretti dall'art. 9 che non permette loro disporre di truppe senza iradè imperiale, mentre la legge sui vilaiet dava loro facoltà richiedere, nei casi urgenti, intervento truppa senza iradè imperiale; 2) che non esisteva nei provvedimenti alcuna disposizione circa regolare pagamento stipendi, né circa miglioramenti percezione imposte; 3) che non era accennato in quale proporzione elemento cristiano doveva essere ammesso gendarmeria e nella polizia, e che darsi maggior parte a questo elemento nell'amministrazione mi sembrava opportuno; 4) che per sollecitare attuazione seri provvedimenti più che dall'opera dell'ispettore e della commissione, sarebbe da attendersi soddisfacente risultato da una accurata scelta di valì muniti di necessari poteri. Conclusi per insistere nuovamente con Tewfik pascià sul concetto che serie, efficaci misure debbono essere contemporanemente applicate tutte provincie Turchia europea. Ministro affari esteri mi rispose che sultano aveva già dato istruzioni per assicurare regolare pagamento funzionari, gendarmeria, truppe, e equa percezione imposte, e che provvederebbesi dare governatore generale facoltà disporre truppe casi urgenti. Queste dichiarazioni, però, debbono, a parer mio, essere accolte con riserva, tanto più che non sembra disposizioni accennate da Tewfik pascià saranno ufficialmente pubblicate. Da quanto mi consta, i miei coJieghi, in attesa istruzioni, si sono limitati fino ad ora, nei loro coJioqui col ministro degli affari esteri, ad apprezzamenti generali analoghi ai miei, senza darvi alcuna pubblicità.2

236 l Cfr. n. 235; il T. 221]; 125 del 9 dicembre di Lanza non è pubblicato.

238

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO

D. 57761/238. Roma, 11 dicembre 1902.

Ho tolto attenta notizia del rapporto n. 296, in data l o correntel, sul colloquio dalla E.V. avuto con cotesto signor ministro degli affari esteri circa le cose marocchine.

Sebbene io non abbia elementi di speciali informazioni al riguardo, reputo tuttavia prive di fondamento le voci di un accordo anglo-francese relativo al Marocco e ritengo pure alquanto prematuri i timori di prossimi mutamenti neJio statu quo.

2 Per la risposta cfr. n. 240. 238 l Cfr. n. 201.

Ciò premesso, mentre le confermo il contegno che, riguardo a tale quistione. ebbi ad indicarle quando ella fu in Roma, la prego altresì di tenermi informato con esattezza della politica che il nuovo Gabinetto Silvela sarà per adottare rispetto alla quistione stessa, segnatamente dal punto di vista dei rapporti con la Francia e di una eventuale intesa con la medesima.

237 l T. 2157/111 del 3 dicembre, non pubblicato.

239

IL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2230/17. Caracas, 12 dicembre 1902. ore 12,50.

Ho presentato memorandum l. Risposta Governo della Repubblica memorandum tedesco e inglese assolutamente evasiva. Ministro degli affari esteri ha presentato legazioni protesta contro operato anglo-tedesco2 Messi in libertà arrestati tedeschi inglesi.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTL ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1997. Roma. 12 dicembre 1902. ore 15.

Approvo considerazioni da V. E. presentate a Tewfik pasciàl circa provvedimenti provincie Turchia europea e nelle quali. secondo opportunità, sarà caso insistere. Qualora poi ai passi consimili dei suoi colleghi venisse comunque data pubblicità per la stampa, converrà anche VE. provveda al riguardo.

re immediatamente al Govemo \ enczuelano un memorandum analogo a quello già presentato dalle le

gazioni di Cìennania e d'lnghilten·a per imitarlo a dar soddisfazione ai reclami. facendo espressa riser

va di ogni eventuale azione ulteriore.

2 Con T 2217/15 dell'Il dicembre Riva aveva comunicato: «Senza aspettare risposta memo

randum c, senza ulteriori comunicaZioni, navi da guerra tedesche. inglesi, iermattina sbarcarono La

Guayra. affondarono na\e da guerra Venezuela. Presidente della Repubblica ordinò arresto in massa te

deschi. inglesi, emanò proclama amnistia generale e guerra nazionale».

239 1 Con T. 1981 del l O dicembre, non pubblicato. Prinetti aveva dato istruzioni a Riva di invia

240 l Cfr. n. 2:l7.

241

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 2002. Roma, 13 dicembre 1902, ore 11,30.

Avverto confidenzialmente che per il passaggio da Obbia ci siamo qui accordati con i delegati inglesi. V.E. riceverà i particolari per lettera. Con Rodd siamo d'accordo convenienza serbare il segreto finché sia possibile onde non destare ancora maggiormente attenzione del Mullah.

242

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA

T. 2007. Roma, 13 dicembre 1902, ore 19.

I giornali parlano di un arbitrato degli Stati Uniti per l'attuale conflitto anglo-germanico col Venezuela. La notizia mi sembra quanto meno prematura. Ad ogni modo, richiamo sopra di essa l'attenzione di V.E. affinché voglia vigilare e qualora la cosa divenisse opportuna adoperarsi a che da un eventuale arbitrato non siano esclusi i nostri reclami; del che, dopo le recenti nostre intese coi due Gabinetti, di Londra e di Berlino, ci parrebbe non dover dubitare!.

243

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2240/134. Berlino, 13 dicembre 1902, ore 19.

Trascrivo qui sotto, per opportuna norma dell'E.V., testo nota verbale che questo Governo imperiale mi ha in questo momento consegnato: «Gouvernement anglais a proposé blocus de guerre des ports vénézuéliens et bloquera lui-mème les ports de La Guayra, Carinero, Guacumana, Campano, a in si que l'embouchure de

242 I Con T. 2241 del 14 dicembre Pansa comunicava che secondo il Foreign Office il ricorso all'arbitrato degli Stati Uniti doveva essere "la via probabile di una eventuale soluzione". Con T. 2244, pari data, Lanza riferiva da Berlino: «Questo Governo non mi sembra troppo soddisfatto di questa ingerenza Stati Uniti, ma ritengo che anche in ciò esso adatterà sua risposta a accoglienza che proposta troverà a Londra».

l'Orenoco. Les détails ont été communiqués par le Gouvernement anglais à l'ambassadeur d'ltalie à Londres. Le Gouvernement impérial a accepté cette proposition et se chargera lui-mème du blocus des ports de Puerto Cabel et de Maracaibo. Gouvernement italien pourra effectuer blocus des ports intermédiaires de Toucacas et de Vela de Coro. La question de savoir, si !es Puissances feront une déclaration de blocus collective ou si elle sera faite séparément par chaque Puissance, sera décidée aujourd'hui ou demain. Le blocus sera effectué le plus tòt possible et la date du commencement est laissée à la décision des chefs des escadres».

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. RISERVATO 58109/1387. Roma, 13 dicembre 1902.

Presi attenta notizia, a suo tempo, del rapporto riservato n. 14 77, del 15 novembre', circa la Tunisia ed il nuovo programma di amministrazione annunciato dal nuovo residente in una intervista col redattore capo della Dépèche Tunisienne.

Avendo avuto ora campo di intrattenere a tal riguardo questo signor ambasciatore di Francia, il signor Barrère mi ha promesso di scrivere subito confidenzialmente, in via privata, al signor Pichon suo amico, per richiamarlo all'opportunità di non introdurre mutamenti nell'ambiente creato dalla Convenzione del 1896, la conservazione della quale, come V.E. osserva, è una delle basi della buona intelligenza stabilita fra l'Italia e la Francia.

245

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. RISERVATO 58306/178. Roma, 13 dicembre 1902.

Ho letto il rapporto in data l O ottobre u.s., n. 1311, circa il nuovo progetto di convenzione tra Francia e Etiopia per la ferrovia Gibuti-Harar.

A questo proposito, io le ho già precedentemente impartito chiare istruzioni inspirate ai criteri della nostra politica generale, che non ci fanno ritenere conveniente di assumere costà una attitudine che sia o possa anche sembrare ostile alla Francia.

245 l Cfr. n. 127.

Ciò peraltro non toglie che noi possiamo tutelare i nostri interessi in Etiopia contro le conseguenze della convenzione, profittando della favorevole posizione da noi acquistata presso l'imperatore e della speciale fiducia, ch'egli ha nella S.V. e di cui diede recente prova colla comunicazione confidenziale a lei fatta del progetto di convenzione.

Allo stato in cui sono giunte le cose, io credo che noi possiamo ottenere questo scopo se sarà impedito che sia approvata da Menelik la clausola della convenzione relativa al monopolio a favore di una sola Potenza delle vie di comunicazione fra Addis Abeba e la costa; se il negus accoglierà il progetto inglese della costruzione di una linea ferroviaria che da Zeila o da Berbera giunga ad Harrar; e se si persuaderà del suo grande interesse di lasciar libero il campo alla iniziativa e al capitale di tutti gli Stati per la costruzione di altre linee ferroviarie in Etiopia, compresa possibilmente quella che congiungerà Harrar con Addis Abeba.

Solamente in questo modo Menelik eviterà il pericolo di mettere in mano di una sola Potenza gli sbocchi della Etiopia verso il mare.

La S.V. dovrà quindi, mantenendo attitudine molto riservata, in guisa che nulla appaia nel suo contegno di meno amichevole verso il Governo francese, fare in modo che, per sostenere questi tre punti da me indicati, si trovi in prima linea il rappresentante britannico, che si gioverà naturalmente del terreno favorevole che ella, valendosi della di lei influenza personale, avrà saputo prudentemente preparare presso Menelik.

244 l Cfr. n. 179.

246

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 13 dicembre 1902.

La ringrazio della di lei gentilissima lettera da Viennal, e sono lieto di apprendere che ella è diretto a Vienna, poiché ciò mi lascia sperare che ella abbia risentito giovamenti della cura di Amélie !es Bains e che la di lei salute si sia rinfrancata, ciò che vivamente auguro.

Ella ha fatto benissimo a risparmiarsi le fatiche della gita a Roma, e le considerazioni che eiia esprime in proposito sono più che giuste.

Istruzioni speciali pel momento non avrei da mandarle. Due sole questioni, ma abbastanza grosse entrambe, meritano la di lei e la mia attenzione; il trattato di commercio e la situazione in Macedonia.

Riguardo alla prima, sarebbe una gran bella cosa evitare la denuncia e trattare le modificazioni che potrebbero essere eque al trattato esistente senza correre il pericolo di rimanere un giorno senza il trattato vecchio e senza quello nuovo; ma mi pare prmai assai difficile riuscirvi. Certo che le condizioni parlamentari dell'Austria

e le esigenze eccessive dell'Ungheria renderanno molto difficile di concludere e far approvare dai Parlamenti austro-ungarici il nuovo trattato, mentre non so quanto potrebbe essere esso promulgato in Austria in base all'articolo 14 della costituzione in mancanza di approvazione parlamentare; né se una simile condizione potrebbe offrire sufficienti garanzie di stabilità ali 'altra parte contraente.

D'altronde, una volta denunciato il trattato, anche l'Italia dovrà riflettere che in complesso il trattato vigente coli' Austria-Ungheria non è equilibrato per essa, e sarà difficile più oltre opporsi alla opinione che reclama in Italia la promulgazione di una tariffa nuova intesa soprattutto a colpire gli articoli d'esportazione dell 'Ungheria.

Insomma questa denuncia da parte del!' Austria-Ungheria creerà un negoziato difficile, che certo non gioverà a rendere più intime le relazioni politiche tra i due Paesi, mentre non è proprio giustificata da rivendicazioni eque che l 'Ungheria e l'Austria abbiano ragione di mettere avanti. Bastava studiare la modificazione della clausola dei vini in modo da evitare che essa provocasse l'inondazione nella Monarchia dei vini francesi.

Comunque sia, la cosa mi sembra ora inevitabile. Sarà quello che sarà.

Quanto alla Macedonia, sebbene ora la tranquillità sia ristabilita in quella regione non è il caso di illuderci sulla sua probabilità di durata; e si può dire che il fuoco cova non sotto la cenere ma sotto la neve.

Su questo argomento le sarò grato se vorrà tenersi in scambio di idee col conte Goluchowski, come io faccio col barone Pasetti; perché tutto quanto può preparare i due Governi a camminare d'accordo è utilissimo. Per fortuna l'Inghilterra da qualche tempo comincia ad occuparsi nuovamente dell'Oriente mediterraneo, e questo è un fatto a nostro riguardo doppiamente vantaggioso, perché giova a ristabilire l'equilibrio là dove sembrava turbato tra le varie tendenze, e perché le relazioni cordialissime ormai ristabilite tra l'Italia e l'Inghilterra ci permettono di contare sopra un'attitudine certamente benevola da parte di quest'ultima, se non mi faccio soverchie illusioni, almeno entro certi limiti.

Null'altro fuorché augurarle buona la fine dell'anno e il principio del nuovo, e il ristabilimento più completo della di lei preziosa salute, ...

246 l Sic' La lettera non è stata trovata.

247

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

L. 5. Bucarest, 13 dicembre 1902 (per. il 19).

Questo mio collega austriaco, marchese Pallavicini, mi consegnò avant'ieri il piego sigillato contenente: l) la di lei pregiata lettera riservatissima in data 26 novembre ultimo scorsoi; 2) i pieni poteri coi quali S. M. il Re m'incaricò di firma

re l'atto d'accessione dell'Italia al trattato d'alleanza austro-rumeno del 17/4 aprile 1902; 3) il progetto dell'atto medesimo, per servire al confronto coi quattro originali (due destinati alla Cancelleria i tal i an a, uno alla Cancelleria austriaca e uno a quella rumena) preparati dalla Cancelleria austriaca; i quali tre documenti ho l'onore di restituire qui uniti all'E.V.2.

Riunitici ieri in casa del marchese Pallavicini, lui, il signor Sturdza ed io, verificati e trovati in piena regola i nostri pieni poteri rispettivi, collazionammo e confrontammo col progetto inviatomi dall'E.V. i quattro originali, che trovammo conformi al progetto stesso colla sola diversità che negli originali, dopo la riproduzione dell'articolo III del trattato austro-rumeno del 17/4 aprile 1902, è stata omessa l 'indicazione della data e della firma dei plenipotenziari: omissione che giudicammo di nessuna importanza, tanto più che la data del trattato di cui si tratta è menzionata in principio dell'atto. Per cui firmai, rispettivamente col signor Sturdza, presidente del Consiglio dei ministri, e col marchese Pallavicini i due strumenti che mi pregio unire qui3, nonché quello destinato alla Cancelleria austriaca e l 'altro destinato alla Cancelleria rumena. Come sa l 'E. V., il mio collega austriaco non ebbe a firmare nessun atto col signor Sturdza.

Nel mentre le sarò riconoscente, signor ministro, di ben volermi segnar ricevuta del presente invio ...

PS. Mi permetto d'accludere ancora qui una mia lettera pel commendator Malvano4, che spiegherà all'E.V. il motivo della premura da me fatta per ricevere senza indugio pieni poteri per la firma della convenzione per i marchi di fabbrica.

24 7 I Cfr. n. 191.

248

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Vienna, 15 dicembre 1902, ore 17,15 (per. ore 19).

Il conte Goluchowski mi ha informato confidenzialmente che conte Lamsdorff ha chiesto di venire al suo ritorno da Livadia, a presentare i suoi ossequi all'imperatore Francesco Giuseppe. Il conte Goluchowski pensa che il ministro di Russia lo intratterrà sugli affari di Macedonia. È possibile che il conte Lamsdorff e il conte Goluchowski s'intendano per formulare un progetto d'accordo delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino circa il da farsi nello scopo della tranquil

lità in Macedonia da sottomettersi all'esame delle Potenze stesse; ma questa non è finora che una supposizione. Il conte Goluchowski desidera che VE. ne sia informata e la prega di considerare questa informazione come confidenziale I.

247 2 Annotazione a margine di Malvano: "Il progetto di trattato è stato mandato a S.M. il Re per notizia. 27/12". 3 Il testo del trattato è ed. in A.F. PRIBRAM, The secret Treaties o.f Austria-Hungary, vol. l, New York, Howard Fcrtig, 1967, pp. 210-214. 4 Annotazione a margine di Malvano: "Ritirata".

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO RESIDENTE A CARACAS, RIVA

T. 2026. Roma, 15 dicembre 1902, ore 21.

Prego notificare a codesto Governo che il Governo del re, in presenza della risposta a lei testé direttai circa la questione dei reclami, ha risoluto di richiamare lei ed il personale della legazione. Non appena spedita questa notificazione la

S.V. si ritirerà, senza indugio, col vice-console a bordo del «Bausan» dove ella riceverà ulteriori istruzioni. La S.V. vorrà avvertire tutti gli uffici dipendenti onde abbassino gli stemmi, e pregare il ministro degli Stati Uniti di assumere officiosamente la protezione dei sudditi ed interessi italiani in attesa che egli possa assumerla ufficialmente in seguito a richiesta che già ne abbiamo rivolta2 al Governo federale. Gli archivi della legazione saranno da lei portati seco a bordo del «Bausan». Prego telegrafarmi immediata ricevuta del presente telegramma3.

250

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. PERSONALE. Parigi, 15 dicembre 1902.

Il principe di Sant'Antimo mi ha portato ieri mattina la di lei lettera del 121. Avevo già veduto dai rapporti che portò a Roma l'ultimo corriere, l'importunità nostra di voler entrare in terzo dove nessuno ci chiama. Dirò dippiù: dove per ogni rispetto ci converrebbe di rimanere fuori anche se fossimo invitati ad entrare. A giudicarne dal linguaggio delle gazzette, fin d'ora i due che si sono messi in azione insieme e simultaneamente, non vanno più d'accordo né sui metodi, né sul fine ultimo. Bella posizione per chi stesse in terzo fra di loro! Con chi mettersi?

2 T. 2014 del 14 dicembre all'ambasciata a Washington, non pubblicato.

3 Riva accusò ricevuta con T. 2281 del 16 dicembre, non pubblicato.

Con chi vuoi menar le mani, o con l'altro che manifestamente non ne ha voglia? Eppoi, anche senza fare della sentimentalità, è cosa decente diventare d'un tratto spavaldi quando non si osò dir verbo da soli per tanto tempo?

In giugno ultimo quando qui furono riprese le relazioni col V[enezuela], relazioni che l'imprudenza di un nostro agente avea contribuito a far rompere da qualche anno, furono stipulati dei patti dei quali ho informato regolarmente Roma. Un protocollo era stato conchiuso il 19 febbraio, il presidente del V[ enezuela] ha emesso un decreto il 22 marzo. Il protocollo internazionale è in sostanza una convenzione di arbitraggio: il decreto, atto autonomo del V[enezuela], regola l'andamento delle cause civili e penali che danno luogo a richieste dei consoli ed agenti esteri. Mediante questi due atti qui si è creduto di aver dato esito conveniente alle difficoltà che esistevano da molti anni. Non credo che finora qui si sia pensato a cambiare contegno verso il V[enezuela].

Naturalmente ho mandato gli atti dell'accordo franco-ven[ezuelano] a Roma. Ma un'intesa ragionevolmente tranquilla non era un esempio attraente per noi!! Ecco tutto ciò che posso dirle sull'oggetto che la interessa.

Se viene a Parigi mi faccia il piacere di portarmi un cappello gibus di Scott, Piccadilly angolo di' New Bond Street. Ha le mie misure ...

248 1 Per la risposta cfr. n. 255.

249 l T. 2252 del 14 dicembre, non pubblicato.

250 l Non rinvenuta.

251

L AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2265/139. Berlino, 16 dicembre 1902, ore 13,20 (per. ore 16).

Hanno fatto qui ottima impressione discorsi tenuti da VE. ieri alla Camera dei deputati tanto per Venezuela quanto, e specialmente, sui trattati di commercio'.

252

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. CONFIDENZIALE 2031. Roma, 16 dicembre 1902, ore 14.

Governo britannico ha domandato e Governo italiano ha accordato passaggio truppe inglesi da Obbia. Corpo operazione, comandato dal generale Manning

193 sbarcherà prossimo gennajo. Lovatelli e qualche nostro ufficiale inferiore accompagneranno le spedizioni britanniche. Società Benadir ha autorizzato Dulio arruolare 400 ascari arabi armati Vetterli; dopo questo arruolamento tutti presidi Benadir, compreso Lugh e Bardera, ammonterebbero a circa 1500 fucili. Prego informare Menelik che ha comune con Inghilterra e con noi interesse scomparsa Mullah, e dirmi se egli prepari, per conto suo, qualche spedizione contro Mullah da Harari.

251 l Cfr. Atti del parlamento italiano, Camera dei deputati, sessione 1902-1903, Discussioni, vol. V, cit., pp. 4670-4674, e pp. 4628-4631.

253

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA

T. 2033. Roma, 16 dicembre 1902, ore 13.

Le dichiarazioni di ieri sera di lord Lansdowne al Parlamento inglese mostrano che si tratta ormai seriamente per l'arbitrato degli Stati Uniti nell'affare Venezuela. Confermo e vivamente raccomando istruzioni adoperarsi acciocché Italia vi sia eventualmente compresa. La rottura dei nostri rapporti col Venezuelai ci costituisce ormai, al pari dell'Inghilterra e della Germania, nella condizione di partecipante al conflitto.

254

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2267. Vienna, 16 dicembre 1902, ore 15,40.

In seguito a mia interrogazione, conte Goluchowski mi ha detto che Governo austro-ungarico denunzierà, il 31 corrente, il trattato di commercio con l 'Italia, e si dichiarerà pronto ad intavolare trattative per la conclusione di un nuovo trattato di commercio. In questa occasione egli mi ha confermato che la clausola dei vini non potrà essere mantenuta, e che Governo francese ha già dichiarato la sua intenzione di reclamare, a questo riguardo, un trattamento eguale a quello della Italia.

253 l Cfr. n. 249.

252 l Sulla questione cfr. n. 296.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 16 dicembre 1902.

Ho ricevuto suo telegramma riservatissimo! che terrò segreto. Prego V.E. ringraziare Goluchowski per la sua comunicazione, nella quale spero si debba ravvisare intenzione di farci partecipare all'eventuale preliminare scambio d'idee circa Macedonia. Anche volendo prescindere dalla lettera e dallo spirito del trattato di alleanza, ci affidano le precise dichiarazioni fatte V.E. dal conte Goluchowski in occasione della firma del trattato2, e cioè essere egli sempre disposto ad uno scambio d'idee con noi circa Macedonia nel momento opportuno e questo momento sarebbe ora appunto venuto. Prego V.E. di voler opportunamente svolgere questo concetto col conte Goluchowski in guisa che quando egli intraprenderà il preveduto scambio d'idee con Lamsdorff anche l'E.V. sia chiamato a parteciparvi; tanto più è ragionevole insistere in quanto che, come ella sa, conoscendo le nostre intenzioni relativamente ai Balcani, Italia partecipando a questo scambio d'idee sarà un elemento grandemente conciliativo. Ma a me importa assai sia per l'opinione pubblica italiana, sia per quella dell'Europa che l'Italia in ogni proposta eventuale d'intesa per i Balcani apparisca tra le Potenze proponenti e non soltanto tra le semplicemente accettanti3.

256

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI

D. 58539/241. Roma. 16 dicembre 1902.

Ho tolta attenta notizia del rapporto n. 267, in data 3 dicembre!, circa il colloquio da V.S. avuto con Sidi Mohamed el Vasani il quale sta per recarsi dal Senussi.

Pur apprezzando il linguaggio da V.S. tenuto a Sidi Mohamed ed il riserbo opposto alle esplicite interrogazioni di detto personaggio, non ravviso però alcun inconveniente nel fargli intendere verbalmente ma chiaramente che noi desideriamo il mantenimento dello statu quo ma che ove per qualunque circostanza lo sta

2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 441, allegato Il, n. 564 e n. 572.

3 Per la risposta cfr. n. 258.

tu quo venisse ad essere turbato, la Tripolitania non potrebbe cessare di far parte dell'Impero ottomano che per divenire italiana.

Aderisco poi alla proposta dei doni pel Senussi, e prego V.S. di provvedere alla sella araba, ai mantelli di seta ... 2 e ad altri. Mi riservo di farle tenere i due fucili ed il revolver.

255 l Cfr. n. 248.

256 l Non pubblicato.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, E A WASHINGTON, MAYOR

T. 2043. Roma, 17 dicembre 1902, ore 20.

L'ambasciatore degli Stati Uniti è venuto ad esprimermi verbalmente, in nome del suo Governo, il desiderio che l'Italia possa essere favorevole alla soluzione del conflitto di Venezuela mediante arbitrato. Ho risposto che l'Italia è per principio sempre favorevole alle soluzioni pacifiche, aggiungendo che, nel caso presente, la nostra azione essendo collegata con quella della Germania e dell'Inghilterra le nostre risoluzioni saranno naturalmente regolate secondo quelle di quei due Gabinetti.

258

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N.I Vienna, 17 dicembre [ 1902].

Goluchowski s'è sempre mostrato disposto ad uno scambio d'idee con V.E. sugli affari balcanici. Ma queste idee, a quanto mi disse, egli finora non le ha, salvo quella comune a tutte le Potenze, cioè il mantenimento dello status quo. Goluchowski non sa se Lamsdorff porterà lui qualche idea per meglio assicurare quello scopo. In caso affermativo non dubito che Goluchowski consulterà il nostro come gli altri Gabinetti non soltanto per approvare, ma per esaminare e proporre. Se

V.E. ha delle idee da scambiare o delle proposte da fare sono certo che Goluchowski le prenderà fin d'ora in debita considerazione e le scambierà colle sue. Ma ella domanda una conferenza a tre2. Ora né qui né a Pietroburgo si vogliono conferenze perché potrebbero aver per effetto di eccitare invece di calmare le effervescenze balcaniche, ed anche perché si tratta della questione d'Oriente che è di competenza di tutte le Grandi Potenze. lo certamente non assumerò responsabilità d'un pas

258 I Minuta autografa.

2 Cfr. n. 255.

so che considero come falso e provocherebbe un rifiuto. Lamsdorff è qui atteso pel 28. Visiterà probabilmente le Corti di Sofia e Belgrado.

256 2 Parola illeggibile.

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, E A WASHINGTON, MAYOR

T. 2062. Roma, 20 dicembre 1902, ore 11,35.

Governo del re avendo risoluto di partecipare con sue forze navali blocco anglo-germanico dei porti venezuelani, la pubblicazione della notificazione di blocco sarà fatta oggi con decorrenza dal giorno stesso di oggi 20 dicembre ed in termini e modi analoghi a quelli adoprati dalle due Potenze. Ne sarà data immediata notizia ai rappresentanti esteri a Roma. Verrà da noi adottato analogo regolamento blocco.

260

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. PERSONALE S.N.I Vienna, 20 dicembre 1902.

Ho ricordato di nuovo a Goluchowski la reciproca promessa di scambio d'idee divenuto ora più opportuno all'occasione della visita Lamsdorff. Goluchowski m 'ha ripetuto che eccetto il punto capitale ed irrevocabile dello status quo egli non ha ancora alcuna idea precisa da proporre per assicurare quello scopo in Macedonia ed ignora finora se e quali idee porti con sé Lamsdorff. Goluchowski è più che mai contrario ad ogni conferenza. Ma si è mostrato disposto a prendere in considerazione ogni idea o proposta che VE. voglia fargli pervenire. Se Lamsdorff gli proporrà qualche cosa di pratico ed utile non mancherà di consultare il Gabinetto italiano insieme cogli altri.

261

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 2269/780. Berlino, 20 dicembre 1902 (per. il 26).

Direi cosa non pienamente esatta se affermassi che la visita del conte Lamsdorff a Vienna, nonché a Belgrado e a Sofia è nel vero senso della parola «og

260 I Minuta autografa.

getto di preoccupazione» per parte del Gabinetto di Berlino. Non posso però nemmeno affermare che quella visita torni qui gradita. Si sa che i Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna sono sinceramente animati dal desiderio di mantenere la tranquillità e lo statu quo nei Balcani e specialmente in Macedonia, alla quale, più particolarmente, si riferisce il «comunicato» pubblicato di recente dall'organo ufficiale del Governo in Pietroburgo. Non si dubita quindi che a tale scopo tenderanno tanto i «consigli» che il conte Lamsdorff darà a Sofia e a Belgrado, quanto lo scambio d'idee, che avrà luogo fra esso ed il conte Goluchowski.

Senonché, sapendosi d'altra parte che le «riforme» promesse e annunziate dal sultano, e che ora appunto dovrebbero essere introdotte in Macedonia, non sono a Pietroburgo, ed anche a Vienna ritenute sufficienti, si teme qui che fra il conte Lamsdorff ed il conte Goluchowski venga combinata altra serie di riforme da chiedersi, da imporsi alla Turchia, alle quali quest'ultima non sia in grado di soddisfare. Si teme soprattutto -e su ciò insisteva discorrendo meco di recente il barone Richthofen -che si voglia chiedere la nomina di un governatore cristiano per le provincie macedoni, ciò che il Governo imperiale riterrebbe fonte di nuove future e gravi complicazioni.

Il mio collega d'Austria-Ungheria mi assicura che alla nomina di un governatore cristiano in Macedonia il conte Goluchowski sarebbe decisamente contrario.

Con quali intendimenti, con quale programma di ulteriori riforme il conte Lamsdorff si presenterà a Vienna, non è noto, fino a questo momento, al Gabinetto di Berlino, e ciò se non accresce le inquietudini, solleva certo un malcontento, che non può sfuggire a chi ha occasione di conferire con questi uomini di Stato. La Germania per quanto, a parole, si disinteressi delle quistioni balcaniche, non vede certo di buon occhio un'intesa su di esse, senza la sua partecipazione, dei Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, e teme, quanto meno, che possa soffrirne il prestigio, l'influenza che ad essa preme esercitare sulla Turchia, la cui integrità nell'interesse della pace ed altre ovvie ragioni, le sta a cuore'.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. 2065. Roma, 21 dicembre 1902, ore 13.

La Gazzetta Universale tedesca annunzia che codesto Governo ha già dichiarato a codesto ambasciatore degli Stati Uniti essere, in massima, disposto ad ac

198 cettare l'arbitrato del presidente Roosevelt ed aggiunge che Germania ed Inghilterra si sono preventivamente messe d'accordo sulle riserve da farsi da ciascuna di esse. Questo comunicato mi preoccupa, sia perché in esso non si fa cenno dell'Italia, sia perché nessuna comunicazione corrispondente è stata fatta a V.E. da codesto Governo. Naturalmente per le condizioni e riserve dell'arbitrato noi ci rimettiamo a quanto i due Governi combineranno, avendo essi interessi assai più rilevanti dei nostri da tutelare, ma ci preme non essere tagliati fuori dalla soluzione. E' quindi indispensabile che V.E. procuri di ottenere da codesto Governo preventivamente comunicazione dei termini della risposta germanica segnatamente in quanto concerne le riserve con le quali sarebbe accompagnata l'accettazione di massima dell'arbitrato, affinché io possa in tempo utile rispondere ancor io in modo correlativo'.

261 l Per la risposta di Prinetti cfr. n. 273.

263

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2320/45. Aden, 21 dicembre 1902, ore 16 (per. ore 17,30).

Manning, per ordine Governo britannico, spedirà domani Obbia settecento soldati. Egli seguirà presto con Lovatelli altro contingente mille e cinquecento. Egli anderà Obbia da ... ' Josef, da me spedito Obbia 13 corrente, con ampie istruzioni per qualsiasi eventualità. R. nave prosegue Obbia martedì2.

264

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 21 dicembre 1902, ore 20,45.

Ho ricevuto i telegrammi riservatissimi del 17 e di jeriI. Il pensiero in essi esposto, e quale più chiaramente appare dalle ultime parole del secondo, mi reca

grande e penosa meraviglia. Il conte Goluchowski dice che se Lamsdorff gli proporrà qualche cosa di pratico e di utile non mancherà di consultare il Gabinetto italiano «insieme con gli altri». E' evidente che, come firmataria del Trattato di Berlino, l'Italia ha, indipendentemente da ogni particolare intesa con l'Austria-Ungheria, il diritto di interloquire negli affari dei Balcani. Ma nel metterei alla pari con ogni altra Potenza firmataria del Trattato di Berlino, il conte Goluchowski non tiene conto né degli impegni contenuti nel trattato di alleanza, né della dichiarazione contenuta nel promemoria dello scorso maggio2, àa lui riconosciuta rigorosamente esatta che cioè «il Governo imperiale è sempre pronto a procedere, col R. Governo, a scambio amichevole di idee sulla questione macedone». Non ho mai inteso che debba ora tenersi a Vienna una conferenza a tre, ma, per le ragioni che le accennai, e che implicano la mia responsabilità di ministro, a me sta grandemente a cuore che, se uno scambio di idee intercede, circa la Macedonia, tra Lamsdorff e Goluchowski, anche l'Italia abbia modo di partecipare prima che ne risultino proposte concrete da sottoporsi alla approvazione delle altre Grandi Potenze. Non comprendo come il conte Goluchowski possa a ciò ricusarsi valendosi di VE. o almeno incaricando barone Pasetti di conferire con me e ciò tanto più in quanto che il conte Lamsdorff, sia direttamente a me quando fui a Pietroburgo, sia dopo al conte Morra, ebbe ad esprimere chiaramente essere la Russia ben lieta di procurare uno scambio di vedute con l 'Italia prima di procedere a qualunque passo a proposito dei Balcani. Dal canto mio debbo insistere acciocché, eventualmente, l 'Italia sia tra le Potenze proponenti e non tra le accettanti; e tanto più debbo insistere in quanto che l'opinione pubblica, in Italia, proclive ad accogliere quella qualunque soluzione che non implichi l'egemonia o l'ulteriore espansione territoriale di qualche Grande Potenza nei Balcani, la vedrebbe con occhio diffidente se apparisse essersi concretata all'infuori della nostra partecipazione3.

262 l I termini della risposta tedesca furono comunicati da Lanza con T. 2334 del 22 dicembre, non pubblicato. 263 l Gruppo indecifrato. 2 Per la risposta cfr. n. 265. 264 l Cfr. nn. 258 e 260.

265

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 2070. Roma, 22 dicembre 1902, ore 13.

Ricevuto telegramma n. 451. R. nave procuri trovarsi Obbia prima arrivo truppe inglesi, e trattenervisi. Prego rinnovare ben chiaramente istruzioni al comandante di facilitare miglior modo operazioni inglesi sia direttamente, sia per

3 Per la risposta cfr. n. 266.

mezzo sultano, e di regolare rapporti del sultano con autorità militari britanniche in maniera che egli agisca sempre come esecutore ordini comandante r. nave che rappresenta Governo italiano, onde non compromettere prestigio sovranità italiana su territorio protetto. Prego comunicare subito Lovatelli questo telegramma che vale come istruzione anche per lui, e informare Dulio al più presto prossimo sbarco Obbia.

264 2 Cfr. serie III, vol. VI, n. 441, allegato II.

265 l Cfr. n. 263.

266

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N.I Vienna, 22 dicembre 1902, ore 14,40 (per. ore 15,50).

In seguito al telegramma di V.E. di jeri2, ed in presenza delle dichiarazioni ripetutemi da Goluchowski e contenute nel mio telegramma del 203, vengo a chiedere se ella mi autorizza a comunicare al conte Goluchowski la sostanza dell'ultimo telegramma di V.E., ed a far conoscere a Lamsdorff il di lei desiderio, perché l'Italia figuri tra le Potenze proponenti nel caso in cui si facciano proposte. Questo passo è il solo da tentarsi, dopo quelli inutilmente già fatti4.

267

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. RISERVATO 59501/182. Roma, 22 dicembre 1902.

Nel rapporto n. 146 (riservato), in data 6 novembre u.s.l V.S. a proposito degli avvenimenti svoltisi all' Aussa, dopo la morte del sultano Mohamed Anfari, accenna alle aspirazioni che i francesi, ritenendole naturali e legittime hanno in quella regione.

2 Cfr. n. 264.

3 Cfr. n. 260.

4 Per la risposta cfr. n. 269.

A noi interessa vigilare, acciocché sia mantenuto lo sta tu quo nell' Aussa e rimanga libera la via che da Aussa conduce allo Scioa. Ed interessa del più all'imperatore Menelik che la presente situazione non venga colà mutata, per non lasciare in mano di Potenza straniera una delle principali vie di comunicazione tra l'Etiopia e il mare.

P armi adunque opportuno che la S. V. non tralasci occasione di mettere in guardia l'imperatore contro ogni mutazione dello sta tu quo nell' Aussa, mutazione che oltre danneggiare gli interessi etiopici, sarebbe anche atto poco amichevole verso l'Italia.

266 l Minuta autografa.

267 l Non pubblicato.

268

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 3865/1628. Parigi, 22 dicembre 1902 (per. il 20).

Il giorno 17 corrente, trovandomi io in visita dal signor Delcassé, questi mi parlò spontaneamente delle notizie che giungevangli da diverse parti e che concordavano nel rappresentare come assai gravi le condizioni interne della Macedonia. Replicai che forse non era estraneo a questo pericoloso stato di cose il viaggio, che le gazzette annunziavano, del ministro degli affari esteri di Russia a Vienna. A quella data, non era ancora stata qui divulgata la notizia che il conte Lamsdorff dovesse recarsi a Belgrado ed a Sofia prima di abboccarsi con il conte Goluchowski.

Il signor Delcassé poté quindi limitarsi ad osservare che, sebbene fosse probabile che i due uomini di Stato, incontrandosi, s'intratterrebbero di un interesse principalissimo delle due Monarchie, non si poteva tuttavia considerare la visita del ministro russo a Vienna come un fatto insolito essendo anzi una tradizionale consuetudine che i ministri degli affari esteri delle tre Corti Imperiali si scambiassero una visita per istabilire relazioni personali fra di loro. Finora il conte Lamsdorff non aveva fatto la sua visita al conte Goluchowski ed era nell'ordine normale delle cose che tale visita avesse luogo. Naturalmente lasciai finire la conversazione sovra questa osservazione del signor Delcassé perché, per continuarla, avrei dovuto toccare allo spinoso soggetto dell'intesa a due negli affari che prima d'ora erano stati considerati, dalla Francia principalmente, come appartenenti al concerto delle sei Potenze. Né conoscendo io l'opinione del Governo di Sua Maestà circa l'azione collettiva austro-russa che tende sempre più ad affermarsi negli affari della Turchia, non mi parve convenissemi insistere maggiormente sovra questo soggetto di discorso.

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269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 23 dicembre 1902, ore 20.

Rispondo al telegramma riservatissimo di V.E. di jeri'· Non ho difficoltà alcuna a che, senza fame, beninteso, oggetto di comunicazione formale, V.E. in via confidenziale mostri al conte Goluchowski il testo stesso del mio telegramma del 212, omettendo però il passo relativo alle dichiarazioni spontaneamente fatte da Lamsdorff al conte Morra e a me, avendone il conte Goluchowski già avuto notizia per avere io comunicato a suo tempo a Pasetti il resoconto dei miei colloqui di Pietroburgo e non essendo quindi opportuno insistervi sopra; né credo opportuno che V.E. conferisca di tutto ciò col conte Lamsdorff col quale tra breve riprenderà il discorso il conte Morra che fu da me in questi giorni e sta per rientrare a Pietroburgo. Desiderando, poi, ancora meglio chiarire il mio pensiero osservo che noi non pretendiamo promuovere sugli affari di Macedonia una conferenza a tre, come tanto teme il conte Goluchowski, ma io domando soltanto, poiché Lamsdorff esporrà un determinato ordine d'idee a Goluchowski, che questi, prima d'impegnarsi sia con l'aderire alle idee proposte da Lamsdorff, sia col contrapporre idee o proposte sue, addivenga con noi a quello scambio di idee che è espressamente pattuito nel trattato d'alleanza ed a cui, in occasione della stipulazione del trattato, Goluchowski si è dichiarato sempre disposto. Chiarita così la mia domanda non saprei rendermi ragione di un possibile diniego.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, E A WASHINGTON, MAYOR

T. 2085. Roma, 24 dicembre 1902, ore 21.

In risposta alle entrature degli Stati Uniti per il Venezuela ho rimesso oggi all'ambasciatore degli Stati Uniti la nota che qui le trascrivo per sua informazione ed acciocché ella possa opportunamente intratteneme codesto Governo: «<l Governo del re accetta ben volentieri che l'attuale conflitto sia deferito ad arbitrato. Avendo la più illimitata fiducia nell'alto senno e nella rigida imparzialità del presidente degli Stati Uniti, noi saremmo assai lieti se le funzioni di arbitro, per i reclami che i Governi d'Italia, di Germania e d'Inghilterra vantano verso il Vene

269 t Cfr. n. 266. 2 Cfr. n. 264.

zuela, fossero assunte dal signor Roosevelt. Qualora, però, il presidente Roosevelt stimasse di non poter accettare le funzioni di arbitro, noi non avremmo, per quanto ci concerne, obiezione alcuna a che i reclami dei tre Governi fossero sottoposti alla Corte permanente dell'Aja. Rispetto alla materia dell'arbitrato, noi non abbiamo dal canto nostro da enunciare altre riserve all'infuori di queste due d'ordine generale, e cioè: l) che il procedimento arbitrale si estenda a tutti i reclami nostri verso il Venezuela, onde non lasciare materia a nuovi contrasti; 2) che i reclami nostri ottengano identico trattamento e identiche guarentigie in confronto degli analoghi reclami degli altri Governi».

271

L'AMBASCIATORE A VI ENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 1651/839. Vienna, 24 dicembre 1902.

Il 15 corrente S.E. il conte Goluchowski mi informò che il ministro degli affari esteri di Russia, conte Lamsdorf, aveva chiesto di venire, al suo ritorno da Livadia a Pietroburgo, ad ossequiare personalmente l'imperatore Francesco Giuseppe, a cui non aveva ancora avuto l'onore di essere presentato. Nel darmi questa informazione perché io la facessi pervenire a VE., il conte Goluchowski aggiunse confidenzialmente che era possibile (benché non sapesse ancora nulla di preciso in proposito) che il conte Lamsdorf cercherebbe d'intendersi con lui per qualche proposta da sottomettersi ali'esame delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, circa il da farsi nello scopo di ricondurre e mantenere la tranquillità in Macedonia.

La notizia della visita del ministro russo a Vienna non tardò a diventar pubblica, e si seppe pure, che prima di giungere a Vienna verso la fine del mese corrente, il conte Lamsdorf avrebbe reso visita al re di Serbia ed al principe di Bulgaria. E questa seconda notizia aumentò ancora l'interesse del pubblico, la curiosità dei giornali e l'attenzione dei Gabinetti circa lo scopo ed i possibili risultati di questo viaggio.

Al telegramma del 15 correnteI, con cui io comunicai a VE. l'informazione confidenziale del conte Goluchowski ella rispondeva con telegramma del giorno seguente2. Senza invocare il trattato d'alleanza, ma richiamando le dichiarazioni del conte Goluchowski, a noi fatte all'occasione del rinnovamento di quell'atto, di essere sempre disposto a procedere col Gabinetto Italiano ad uno scambio di idee circa la Macedonia, l'E.V mi dava l'istruzione di ottenere che io fossi chiamato «a partecipare allo scambio di vedute» che si prevedeva dover succedere tra i ministri degli affari esteri d'Austria-Ungheria e di Russia, all'arrivo di quest'ultimo

271 I Cfr. n. 248. 2 Cfr. n. 255.

a Vienna, insistendo sull'importanza ch'ella annetteva a tale partecipazione, per cui l'Italia, nel caso in cui qualche proposta dovesse esser fatta ai Gabinetti firmatari del Trattato di Berlino, apparisse tra le Potenze proponenti e non soltanto tra le semplicemente accettanti.

Nel fatto V.E. chiedeva una specie di conferenza a tre, o se la parola conferenza sembra eccessiva (ed ella dichiarò poi che nessun'idea di conferenza era entrata nel suo pensiero) desiderava uno scambio d'idee a tre, cioè tra i due ministri di Russia e d'Austria-Ungheria e me, come rappresentante del ministro degli affari esteri d'Italia.

Prima di fare una domanda, che secondo le mie previsioni si sarebbe urtata contro un rifiuto da parte dei due ministri austro-ungarico e russo, stimai necessario d'investigare ancora con diligenza, e senza compromettere il R. Governo e l'E.V., le intenzioni del conte Goluchowski.

In due conversazioni che ebbi con questo ministro, inspirandomi alle considerazioni svolte nei telegrammi di V.E., io ebbi cura di richiamare alla sua memoria l'impegno reciprocamente preso di procedere, sempre che fosse opportuno, ad uno scambio di idee tra i Gabinetti d'Austria-Ungheria e d'Italia sugli affari di Macedonia, osservai che il momento opportuno sembrava al Governo italiano essere oramai giunto, e gli chiesi se, appunto quando la visita del conte Lamsdorf a Vienna veniva a dare un monito ai Governi delle Grandi Potenze sulla imminenza del pericolo prodotto dalla effervescenza macedonica, non credeva che s'avesse a procedere a tale scambio d'idee coll'Italia. Gli interessi di varia natura, ma tutti considerevoli che ha l 'Italia, per la sua speciale posizione nei tre mari, sulla sistemazione e sulla tranquillità delle possessioni ottomane in Europa, furono da me esposti al conte Goluchowski, senza soverchie frasi, ma con la calma riflessione di chi parla con la convinzione nella causa che sostiene. Non mancai poi di far notare al mio interlocutore, come l'Italia, nella questione macedonica, e nelle altre questioni balcaniche non sia animata da nessuna mira egoistica, ma soltanto dal desiderio del mantenimento della tranquillità delle popolazioni e dello status quo territoriale e soprattutto dal proposito d'impedire le occupazioni estere, donde che vengano, in quelle regioni.

lo mi astenni dal formulare la domanda d'uno scambio di vedute a tre, non volendo, come le dissi, esporre il Governo del re ad un rifiuto, che ritenevo come certo.

Il conte Goluchowski mi rispose con la sua solita precisione e le sue parole si possono così riassumere. Egli non dubita della lealtà dei propositi dell'Italia. Questi propositi, cioè: tranquillità delle popolazioni balcaniche della Turchia, status quo territoriale, esclusione d'ogni occupazione per parte di qualsiasi Potenza, sono divisi sinceramente e pienamente d011l 'Austria-Ungheria, e comuni, come spera, alle altre Grandi Potenze. Il Gabinetto di Vienna ha preso l'impegno di procedere a scambi d'idee coll'Italia sugli affari di Macedonia. Egli, conte Goluchowski, è disposto a tale scambio. Se il Gabinetto italiano ha delle idee da proporre, gliele esponga ed egli le esaminerà e gli farà conoscere in proposito il suo pensiero. Ma finora egli non ha alcun'idea precisa sul da farsi in Macedonia per porre fine ali'agitazione, e non sa ancora se il conte Lamsdorf ne porti con sé qualcuna. Ma qui, soggiunse il conte Goluchowski, conviene fare una distinzione.

Il Governo austro-ungarico è impegnato a procedere ad uno scambio d'idee con l'Italia. E' ugualmente impegnato a procedere ad uno scambio d'idee con la Russia. Così l'Italia è impegnata per uno scambio d'idee con l'Austria-Ungheria. Può impegnarsi, se la Russia è d'accordo, per uno scambio d'idee con la Russia, o con qualunque altra Potenza che vi consenta. L'Austria-Ungheria non avrà a fare alcuna osservazione in proposito. Ma si tratta sempre di impegni bilaterali a due, non mai tre. Uno scambio d'idee a tre, si voglia o non si voglia, ha un carattere diverso. Se non è una conferenza, è qualcosa che ci somiglia e costituisce un'azione diplomatica speciale di ben altra natura che uno scambio d'idee tra due Gabinetti. I Governi d'Inghilterra, di Francia, di Germania possono ammettere senza gelosia e senza osservazione uno scambio d'idee tra l'Austria-Ungheria e la Russia, come tra l 'Italia e l'Austria-Ungheria, per gli affari balcanici, finché non si tratti d'un'azione positiva. Ma uno scambio a tre potrebbe sollevare osservazioni e suscitare diffidenze che conviene evitare.

Venendo al fatto presente, cioè della visita del conte Lamsdorf a Vienna (visita che fu determinata principalmente dal desiderio del conte Lamsdorf d'ossequiare l 'imperatore d'Austria re d'Ungheria), il conte Goluchowski conchiuse col ripetere, che se VE. ha delle idee sulla Macedonia da scambiare con le sue, egli le prenderà in debita considerazione e le farà conoscere le sue quando le avrà concretate. Se il conte Lamsdorf gli porterà qualche progetto d'accordo ch'egli giudicherà utile e pratico, tale progetto sarà senza dubbio sottoposto all' esame, non già alla semplice approvazione, del Gabinetto italiano. Ma tale comunicazione sarebbe pur fatta agli altri Gabinetti firmatari del Trattato di Berlino. Il conte Goluchowski si dichiarò recisamente contrario ad ogni conferenza o convegno di tre o più Potenze, ed anche di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino.

Con telegramma del 20 corrente3 comunicai a V.E. che il conte Goluchowski, a cui nuovamente e con istanza io aveva ricordato il reciproco impegno d'uno scambio d'idee tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, si dichiarava pronto ad esaminare ogni idea o progetto di VE. circa i mezzi di mantenere lo status quo e la tranquillità in Macedonia. Ripeté che egli non ha ancora alcuna idea precisa in proposito, ma che se il conte Lamsdorf porterà qualche progetto non mancherà di consultare il Gabinetto italiano insieme con gli altri Gabinetti.

A questo telegramma V. E. rispose4 sostenendo che naturalmente l'obbligo di consultare l'Italia insieme con gli altri Gabinetti risulta dalla partecipazione dell'Italia a quel!' atto e non può essere in questione; ma che non è questo che ella domanda ora. Ella domanda che l'Italia in forza dell'impegno predetto di scambi reciproci d'idee coll'Austria-Ungheria, sia ammessa tra le Potenze proponenti e non tra le Potenze consultate.

Ora qui appunto sta il malinteso. Il conte Goluchowski si dichiara disposto secondo i termini del preso impegno, al promesso scambio d'idee con l'Italia sugli affari macedoni ora e sempre; ma contesta che egli si sia impegnato ad uno

271 3 Cfr. n. 260. 4 Cfr. n. 264.

206 scambio a tre, e sostiene che il Gabinetto austro-ungarico può avere eguale scambio d'idee separato con un'altra qualsiasi Potenza, ammette poi che l'Italia abbia eguale diritto di scambiare le sue idee con la Russia, o con altra Potenza, purché si tratti sempre di scambio a due, e non di intese fra tre o più Potenze.

In presenza di una tale discordanza circa l'interpretazione dell'impegno di cui si tratta e nel quale invero non è fatta parola di scambio d'idee a tre, prima di esporre il Governo del re al pericolo d'un rifiuto da parte dell'Austria-Ungheria e della Russia, io chiesi a V.E. con telegramma del 225 se ella mi autorizzava a comunicare al conte Goluchowski la parte sostanziale del suo telegramma del 21, ed a far conoscere eventualmente al conte Lamsdorf il di lei desiderio perché l'Italia figuri tra le Potenze proponenti nel caso in cui qualche proposta s'abbia a sottomettere alle altre Potenze.

L'E.V. con telegramma del 23 corrente6, ricevuto oggi, mi autorizzava a far conoscere al conte Goluchowski, però in via privata e confidenziale, il contenuto del suo telegramma del 21, omettendo quanto concerne le dichiarazioni a lei fatte dal conte Lamsdorf, ed anzi dandomi istruzione di non conferire in tutto ciò col conte Lamsdorf, col quale dovrà intrattenersi fra poco, in seguito alle istruzioni da V.E. impartitegli il r. ambasciatore a Pietroburgo. Inoltre, nell'intento di meglio precisare il suo pensiero, l'E.V. in quest'ultimo telegramma osserva, ch'ella non intende punto promuovere sugli affari di Macedonia una conferenza a tre, ma che si limita a domandare, nel caso in cui il conte Lamsdorf venga ad esporre qui un determinato ordine di idee, che il conte Goluchowski prima di impegnarsi ad aderire alle idee propostegli, addivenga col Governo italiano a quello scambio d'idee che è pattuito nel trattato d'alleanza, ed a cui, all'occasione della rinnovazione di quell'atto, egli si è sempre mostrato disposto.

Il programma delle nostre domande, per tal modo ridotte, elimina le maggiori obbiezioni fatte dal conte Goluchowski al postulato primitivo. Lo comunicherò al ministro imperiale e reale e lo raccomanderò caldamente alla sua attenzione. Non mancherò di informare sollecitamente V.E. del seguito che avrà avuto.

Intanto le notizie che qui giungono dalla Macedonia non sono punto rassicuranti. La visita del conte Lamsdorf al re di Serbia7 ed al principe di Bulgaria, e poi alla Corte di Vienna, invece di calmare le popolazioni macedoni avrà per effetto di eccitarle. Vorrei ingannarmi, ma penso che questo viaggio, nelle presenti circostanze, è un errore.

271 s Cfr. n. 266.

6 Cfr. n. 269.

7 Sul punto di vista serbo confronta quanto riferi Magliano con R. 1035/364 del 26 dicembre: "Come è ben noto, la concessione di un'autonomia alla Macedonia, autonomia che preparerebbe il predominio dell'elemento bulgaro, venendo a soffocare l'elemento serbo, è altrettanto caldeggiata in Bulgaria quanto sarebbe invisa in Serbia. Secondo i desideri della Serbia, la soluzione della questione macedone dovrebbe limitarsi alla semplice introduzione di effettive riforme amministrative, che lasciassero impregiudicato l'avvenire di fronte alle aspirazioni nazionali dell'elemento serbo. In quest'ordine di idee potrebbe qui trovare più facile accettazione il progetto della divisione della Macedonia in distinti vilayet, retti ciascuno separatamente da un governatore cristiano, venendo così a conservare una propria fisionomia il vilayet di Kossovo, che è qui ravvisato quale il cuore della Vecchia Serbia. Un progetto simile sarebbe precisamente quello che vuolsi attribuire al conte Lamsdorf'.

272

IL CONSOLE GENERALE A GERUSALEMME, CARLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 858/254. Gerusalemme, 24 dicembre 1902 (per. il 7 gennaio 1903).

Facendo seguito al mio rapporto del 12 novembre u.s. n. 774/2291, credo opportuno informare V.E. che la congregazione di Propaganda Fide ha scritto, in data 4 dicembre, a monsignor Piavi, dicendo di avere dai giornali rilevato che, in occasione del genetliaco di S.M. il Re d'Italia, il patriarca, il custode, i padri e le suore francescane, e i padri salesiani avevano fatto visita al r. consolato italiano, e che in chiesa, durante la funzione religiosa, si erano resi al medesimo i completi onori ecclesiastici; pregare quindi S.E. di voler far conoscere come siano andate le cose, interessando alla Propaganda di essere esattamente informata in materia così delicata.

Il patriarca ha risposto l'una e l'altra notizia essere esatte; quanto alla visita, non costituire questa una novità, poiché da vari anni lui, il custode etc. sogliono, nella suaccennata circostanza, recarsi a far visita al r. consolato d'Italia; quanto agli onori ecclesiastici, essere vero che sono stati resi, per la prima volta, al rappresentante italiano, ma che avendo questi scritto al patriarca informandolo che sarebbe intervenuto ufficialmente alla funzione religiosa, il patriarca non poteva rifiutargli gli onori che soglionsi tributare ai rappresentanti di Potenze cattoliche, senza commettere grave scortesia.

Il mio collega di Francia, poi, recatosi, di questi giorni, a far visita al patriarca, trovò modo di esprimergli la propria maraviglia che al console italiano fossero stati resi gli onori ecclesiastici. Ciò, disse, non dispiacergli, ma che sarebbe stato bene chiedere prima l'assenso del rappresentante francese. Al che il patriarca, più

o meno gentilmente, rispose che in chiesa comandava lui, e che in cose che non ledono i diritti del rappresentante francese, egli non aveva bisogno dell'assenso di nessuno. Strana teoria quella emessa dal signor Boppe, e che dimostra che, o egli non ha ancora idea ben chiara sulla natura del protettorato, o che si tenta di far passare le chiese della Custodia per altrettante cappelle del consolato di Francia.

Trasmetto copia del presente rapporto alla r. ambasciata in Costantinopoli.

273

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T . RISERVATISSIMO S.N. Roma, 27 dicembre 1902, ore 16.

Ho ricevuto suo rapporto 20 dicembre circa Macedonia!. Circa lo scambio di idee a due tra l'Austria-Ungheria e la Russia comprendo le dubbiezze di codesto

273 l Cfr. n. 261.

Governo e, per norma di V.E., non le nascondo come da parecchi giorni, fondandomi sul disposto preciso dell'art. 7 del trattato d'alleanza pei rapporti tra Italia e Austria-Ungheria riguardo alle questioni balcaniche mi stia adoperando acciocché Goluchowski non si impegni eventualmente con Lamsdorff prima di aver avuto con noi un opportuno scambio di idee, e finora non sono riuscito ad ottenere risposta soddisfacente.

272 l Non pubblicato.

274

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2365. Tangeri, 27 dicembre 1902, ore 17,30 (per. ore 20,25).

A questo ministro d'Inghilterra giunta notizia grave sconfitta truppe imperiali e che pretendente minaccia Fez pronta insorgere. In seguito alle misure prese, nostri nazionali partiranno eventualmente con gli altri europei. Segnalo a V.E. corrispondenza telegrafica Times come meritevole particolare credito.

275

IL MINISTRO A BERNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 2942/871. Berna, 28 dicembre 1902 (per. il 10 gennaio 1903).

In seguito alla nomina del signor Deucher, vice presidente del Consiglio federale, a presidente della Confederazione io avevo creduto mio debito di presentargli le mie personali congratulazioni, ma egli non aveva potuto ricevermi le varie volte che mi ero recato al palazzo federale essendo stato costretto ad assistere giornalmente alle sedute dell'Assemblea federale prima della sua chiusura.

Avendo avuto jeri occasione d'incontrarlo, mi congratulai seco lui per l'alto ufficio cui era stato assunto.

Nel manifestarmi i suoi vivi ringraziamenti per l'attenzione usatagli egli venne a parlarmi spontaneamente delle relazioni tra la Svizzera e l'Italia. Mi dimostrò anzi tutto la sua compiacenza nel vedere come le cose procedessero ora regolarmente e constatando che tanto nell'Assemblea federale, quanto nel Parlamento italiano non si fosse fatto cenno alcuno dell'incidente, affermò ch'e~o era oramai del tutto qui dimenticato e che, a suo parere, doveva essere considerato come non mai avvenuto nell'interesse del consolidamento dei rapporti reciproci.

Ringraziai alla mia volta il signor Deucher delle sue franche dichiarazioni e gli feci conoscere che dal primo momento in cui io avevo preso la direzione della

r. legazione mi ero prescritto la regola di non far cenno ad alcuno dell'incidente, perché dividevo intieramente la sua opinione di non doversene parlare affatto e considerarlo anzi come non mai avvenuto.

Ero poi tanto più lieto di quelle sue dichiarazioni ch'esse mi fornivano l'occasione di comunicargli con pari franchezza i miei sentimenti e di assicurarlo che l 'incidente era del tutto dimenticato anche in Italia, dove si era animati dal de siderio identico di consolidare le reciproche relazioni. Nell'aggiungere che le mie istruzioni mi ingiungevano di adoperarmi in questo senso espressi la speranza di trovare in esso quale presidente della Confederazione la conferma delle benevoli disposizioni ch'erasi compiaciuto manifestarmi.

Nell'accomiatarmi da lui il signor Deucher mi rinnovò i suoi ringraziamenti come la sua soddisfazione per quanto erogli andato dicendo. Spero che l'E.V. non vorrà disapprovare il linguaggio che ho creduto di tenere al signor Deucher in risposta all'apertura da esso fattami spontaneamente.

276

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. CONFIDENZIALE S.N.I Vienna, 29 dicembre 1902.

Programma del soggiorno di Lamsdorff a Vienna secondo le notizie datemi da questa ambasciata di Russia. Lamsdorff arriverà qui questa sera. Sarà ricevuto domani dali 'imperatore e poi da Goluchowski quindi visite agli arciduchi poi pranzo a Corte. Mercoledì verrà a visitare gli ambasciatori d'Italia e di Francia, non gli altri. Poi pranzerà dali' arciduca ereditario, e partirà il mattino di giovedì. Nella visita che mi farà, io terrò secondo le istruzioni di V.E.2 la più grande riserva. Soltanto gli dirò, salvo ordini contrari di V.E., che ella si aspetta che il Gabinetto di Pietroburgo prima di fare proposte proceda ad uno scambio d'idee col Governo italiano3.

276 I Minuta autografa.

2 Cfr. n. 269.

3 Cfr. n. 277.

277

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 30 dicembre 1902, ore 9,45.

Ringrazio per suo telegramma confidenziale'. Vedendo Lamsdorff e se lo svolgimento della conversazione le ne fornisce occasione a suo giudizio opportuna V.E. può dirgli che io, rammentando la cordiale conversazione avuta con lui a Peterhof mi aspetto che egli mi informi in tempo utile della azione che la Russia si propone di intraprendere onde mi sia possibile coordinare ad essa l'azione del Governo italiano, se come ritengo assai probabile in base alle idee allora scambiate, le vedute nostre concordano colle sue.

278

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO 2381/1551. Berlino, 30 dicembre 1902, ore 12,15 (per. ore 13,25).

Jersera, mentre trovavasi presso il cancelliere dell'impero, S.M. l'Imperatore mi fece chiamare per dirmi: l) che il modello statua Goethe è finito, riuscito splendido e che il lavoro in marmo potrà essere compiuto per l 'aprile 1904; 2) che Sua Maestà Imperatrice, dolente non aver potuto vedere qui Sua Maestà nostra Augusta Regina Elena, desiderava doppiamente unirsi a S.M. Imperatore per venire a Roma in principio maggio, epoca in cui, dopo la visita dello czar, le Loro Maestà I. e R. sperano che S.M. il Re e Regina possano riceverli. D'ordine imperatore, prego V.E. portare quanto precede a conoscenza di S.M. il Re sottomettendogli in pari tempo mio parere che se Sua Maestà intende mandare ad effetto progetto, m eco vagamente accennato n eli'estate scorsa, di invitare pure a venire a Roma principe imperiale, questo sarebbe forse il momento opportuno fare invito. Naturalmente di questo possibile invito io non ho fatto alcun cenno all'imperatore2.

2 Per la risposta cfr. n. 285.

277 l Cfr. n. 276.

278 l Sic nella copia conservata nell'Archivio di Gabinetto; ma nel registro dei telegrammi in arrivo questo telegramma non è riportato e il n. 2381 è attribuito ad un altro telegramma (T. 158 da Berlino dello stesso 30 dicembre, non pubblicato).

279

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 2387/58. Parigi, 30 dicembre 1902, ore 19,10 (per. ore 21,15).

I gravi avvenimenti del Marocco formarono il soggetto di conversazione tra Delcassé ed i miei colleghi d'Inghilterra e di Spagna, ai quali egli disse essere parere suo che, allo stato attuale delle cose, conviene fare niente, ed astenersi specialmente da dimostrazioni navali, le quali, finché ordine non è turbato nelle località della costa, avrebbero per solo probabile effetto compromettere interessi degli stranieri ali 'interno, dando maggior eccitamento rivolta contro il giovane sultano del Marocco. Lo stesso linguaggio mi fu tenuto testé da questo ministro affari esteri, al quale dissi che lo avrei telegrafato a V.E., chiedendogli però di tenermi al corrente dell'eventuale cambiamento di idee del Governo francese, Delcassé mi rispose che mi avrebbe informato a tale riguardo, e che politica di astensione attuale era stata approvata nel Consiglio dei ministri questa mattina. Presentemente Francia ha un solo battaglione ad Orano e le navi squadra del Mediterraneo non si recherebbero sulle coste Marocco a meno che altre Potenze non vi mandassero le loro. Non pare che esista una preventiva intelligenza tra la Francia e la Spagna. Mio collega di Spagna sembra sospettare che il movimento ribellione non abbia avuto soltanto cause interne, e debba essere stato sostenuto con sussidi ed armi venuti da fuori l.

280

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 1516/661. Londra, 30 dicembre 1902 (per. il 6 gennaio 1903).

Mi occorre tornare sull'argomento dei miei rapporti del 29 novembre e 6 dicembre (n. 601 e 615)1 in quanto concernono i passi da farsi presso la Sublime Porta di concerto coi Gabinetti di Londra e di Vienna, relativamente al passaggio di quattro contro-torpediniere russe a traverso i Dardanelli.

Giorni sono venne a vedermi questo mio collega austro-ungarico, il quale portò come per incidente la conversazione su quell'affare, in modo però da non !asciarmi in dubbio che esso era l'oggetto principale della sua visita. Rammentando le cose fra noi dette altra volta a quel riguardo, il conte Deym mi accennò in

280 l Cfr. nn. 197 e 229.

termini un po' vaghi: che il conte Goluchowski non considerava come positivamente dimostrata la illegalità del permesso conceduto pel passaggio di quelle navi non armate e sotto bandiera commerciale; che l'ambasciatore austro-ungarico a Costantinopoli aveva bensì istruzioni di ricordare alla Sublime Porta il suo obbligo di osservare e fare osservare gli esistenti trattati relativi agli Stretti, ma che non gli era stata prescritta una data per la consegna di tale comunicazione; che questa sarebbe fatta dal barone di Calice più tardi, quando egli ne ritenesse opportuno il momento, e senza fare espressa allusione all'attuale incidente delle contro-torpediniere russe.

N eli 'udire queste parole del mio collega, non potei non manifestare una qualche sorpresa per quella che mi sembrava una inattesa modificazione di quanto ritenevo come già stabilito dal suo Governo nello scorso novembre, qui ed anche a Roma; pareva, dissi, che non vi fosse allora alcun dubbio circa l'opinione del conte Goluchowski sulla illegalità del divisato passaggio; e credevo pure rammentarmi, soggiunsi, che secondo quegli accordi, la protesta inglese doveva essere presentata a Costantinopoli prima del passaggio stesso, quella dell'Austria-Ungheria poco dopo, e finalmente quella dell'Italia, ma tutto ciò in termini tali ed entro uno spazio di tempo abbastanza breve da rendere ben chiare le intenzioni delle tre Potenze. Se le rimostranze dell'ambasciata austro-ungarica, osservai, non si producessero per esempio che vari mesi dopo, in termini vaghi, ed evitando ogni allusione all'incidente delle torpediniere, il loro effetto sarebbe evidentemente annullato, ed anzi la Sublime Porta potrebbe allora domandare a quale scopo gli venisse fatta una simile comunicazione.

Il conte Deym mi parve infatti un poco imbarazzato, quando a queste mie osservazioni egli replicò: che il conte Goluchowski non si era mai pronunciato in modo assoluto sulla questione della illegalità, che nemmeno la data della comunicazione del barone di Calice era stata mai preventivamente fissata, e che non vi era quindi alcun cambiamento sostanziale nell'attitudine del Gabinetto di Vienna, il quale aveva fino da principio espresso il suo desiderio di evitare note collettive

o anche solo identiche, tali da compromettere più del bisogno le tre Potenze.

In una visita da me fatta mercoledì scorso al marchese di Lansdowne, ritenni opportuno di alludere a codesta mia conversazione coll'ambasciatore austro-ungarico, chiedendo a Sua Signoria se a lui pure egli avesse tenuto lo stesso linguaggio. A ciò rispose il ministro affermativamente e soggiunse che anche egli ne era rimasto sorpreso, scorgendovi una specie di ritirata del Gabinetto imperiale e reale, determinata probabilmente dal desiderio di evitare un atto sgradito alla Russia nel momento in cui aveva luogo a Vienna la visita del conte Lamsdorff per trattare dell'intesa dei due Governi sulla situazione in Macedonia.

Egli pure, soggiunse Sua Signoria, si era espresso coll'ambasciatore in modo analogo a quanto io gli avevo detto; in seguito a ciò, il conte Deym ne aveva riferito a Vienna e, in una visita successiva, egli era tornato da lui con assicurazioni del conte Goluchowski, nel senso che questi non intendeva punto recedere da quanto si era stabilito e che i passi a Costantinopoli sarebbero fatti a tempo debito dal barone di Calice in termini opportuni per ottenere lo scopo desiderato. Questa seconda comunicazione, conchiuse il marchese di Lansdowne, aveva alquanto attenuato quella precedente, non al punto però da dissipare del tutto l'impressione da essa prodotta.

Domandai al ministro se gli risultasse quando avrà luogo l'arrivo delle quattro contro-torpediniere russe nelle acque ottomane; al che Sua Signoria rispose non sapere, sul momento, dove esse si trovassero, mentre soltanto supponeva che, dopo lasciata Lisbona, esse avevano probabilmente poggiato a qualche porto spagnuolo o francese, trattandosi di navi che, specie durante la stagione invernale, dovevano navigare con certe precauzioni.

279 l Per la risposta cfr. n. 282.

281

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO S.N. Vienna, 31 dicembre 1902, ore 16,10 (per. ore 18,50).

Lamsdorff è venuto a vedermi ed ebbi occasione di ricordargli, secondo le istruzioni di V.E.t, la conversazione di Peterhof. Egli mi ha incaricato di assicurare V.E. che le sue idee sono rimaste inalterate; che sta studiando ciò che si potrebbe proporre per la conservazione del!' ordine e dello sta tu quo in Macedonia; che il Gabinetto italiano sarà fra i primi consultati, onde avere il di lei avviso circa una proposta concreta.

282

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 2120. Roma, 31 dicembre 1902, ore 22, 15.

Ricevetti suo telegramma n. 58'. Voglia tenerci informati in argomento. Anche noi non mandiamo navi finora, non sembrandoci ancora richiederlo la tutela dei nazionali sulla costa.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

D. RISERVATO 25/l. Roma, 1° gennaio 1903.

Ho voluto attentamente esaminare ogni circostanza da V.S. segnalatami nel rapporto, n. 133, delli 29 settembre u.s.I, circa la fabbrica d'armi a Fez, e sono

282 l Cfr. n. 279. 283 l Cfr. n. 118.

214 venuto nella conclusione che convenga appigliarsi al primo dei due partiti che ella mi ha sottoposti. La nostra azione, però, diretta a ricondurre il Maczen alla leale osservanza del patto interceduto, ed intesa a significargli che l'Italia, mentre altre missioni estere sussistono, vuole conservata la propria missione militare in Fez, va spiegata col debito tatto.

In via confidenziale, poi, le faccio noto che, per sicure mie informazioni, ho ragione di credere che il Governo francese sarebbe favorevole al mantenimento della nostra missione militare costì. La S.V. quindi, a tale riguardo, potrà fare assegnamento sull'appoggio del suo collega di Francia, quando ciò possa sembrarle utile.

281 l Cfr. n. 277.

284

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 3. Addis Alem, 10 gennaio 1903 (per. il 14 febbraio).

Accuso ricevimento del dispaccio di V.E. in data 24 novembre n. 55010/1661.

Il consenso di Menelik al progetto inglese per una ferrovia Berbera-Harrar è oggi ancora subordinato al modo come il signor Ilg saprà presentare e risolvere la questione tuttora insoluta della ferrovia di Gibuti.

E' positivo che se non saranno, con grande abilità e larghe promesse, appianati i dissidi tuttora esistenti fra Ilg e Menelik per la inconsulta intromissione del Governo di Francia nella costruzione e nel!' esercizio della ferrovia di Gibuti, Menelik per controbilanciare l'influenza francese farà buon viso ai progetti inglesi.

A tutt'oggi la situazione è questa:

L'imperatore ha disapprovato l'opera di Ilg e la sua azione in Francia d'accordo col Chefncux, ove ha fatto troppo palesemente scorgere come intenda sacrificare i veri interessi d'Etiopia, che sempre finora ha mostrato di salvaguardare, pei suoi interessi privati.

Perciò Menelik, e l'imperatrice più ancora, ne sono vivamente sorpresi, e quindi molto malamente prevenuti contro Ilg.

Il ministro Lagarde, malgrado i suoi maneggi, non è fino ad ora riuscito ad avere il consenso di Menelik alla convenzione proposta dal suo Governo, ed attende ciò che saprà, meglio di lui, ottenere Ilg. Egli è in Addis Abeba e si ripromette rientrare in Francia appena potrà vedere definita da questi la questione pendente.

Il colonnello Harrington, con studiata e voluta indifferenza, attende, anche lui in Addis Abeba, lo svolgimento dei fatti, pronto ad intervenire a qualsiasi richiesta di Menelik se questi, deciso nel suo rifiuto, cerca sostegno ed appoggio dall'Inghilterra.

284 I Non pubblicato.

La situazione presente, come l 'E. V. può scorgere, è delle più interessanti e decisive. Tutti ben fomiti d'argomenti d'attacco e di difesa sono pronti all'azione, e con ansia non scevra da dubbi e preoccupazioni attendono l'arrivo di Ilg che si annunzia imminente.

La mia condotta, guidata dagli ordini e dalle istruzioni dell'E.V., è stata quella di mantenere una continua sorveglianza sullo svolgimento dell'azione degli altri, dimostrandomi completamente disinteressato verso i loro scopi politici, ma non ho tralasciato di accaparrarmi, in tale argomento, la intera confidenza di Menelik e Taitù che oggi sono convinti essere nostro obiettivo salvaguardare i loro interessi pel mantenimento dello statu quo. Tale convincimento ben rassodato nel loro animo ci permette di influire nel miglior senso possibile per controbilanciare tanto gli effetti di una concessione esclusivamente francese, quanto quelli di una concessione puramente inglese, e se Ilg non si presenterà con argomenti troppo convincenti, cioè talleri, e se Harrington asseconderà con energia le vedute del suo Governo, non credo difficile da mia parte di potere raggiungere gli scopi che l'E.V. si prefigge.

A semplice delucidazione delle informazioni che il conte Lovatelli ha fornito ali 'E.V. dirò che finora non esistono accordi fra il Governo abissino ed il Governo britannico per la ferrovia da Berbera ad Harrar. L'imperatore non potrà di certo opporsi a qualsiasi ferrovia interna nei possedimenti inglesi, ma per il riallacciamento di questa con Harrar, finora non vi è niente di concluso. Harrington ha perfino lanciata la proposta di un prestito a Menelik perché questi potesse a sue spese costruire il tratto ferroviario da Harrar al confine inglese; ed ancora a me ha fatto intravedere come soluzione possibile, qualora Menelik diffidasse del Governo britannico e rifiutasse il prestito, quella di fornire a noi i mezzi per offrire a Menelik il denaro occorrente per la ferrovia.

E' inutile aggiungere che per tali proposte molto vaghe, e per la incertezza della situazione presente e per le idee a me ben note della imperatrice che si ribella ad ogni offerta di prestito, non ho creduto farne cenno all'E.V., riservandomi di sottoporle le mie subordinate vedute quando meglio e più nettamente sarà rischiarato l'orizzonte su questa questione, che pur mostrandosi nel suo svolgimento piana, serena e tranquilla, nasconde la soluzione di problemi importanti dai quali verrà stabilito e giudicato l'avvenire d'Etiopia.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 2 gennaio 1903, ore 12.

Ieri soltanto potei sottoporre a Sua Maestà il suo telegramma riservatissimo

n. 155 del 30 dicembre!. Sua Maestà ha accolto la comunicazione col più vivo compiacimento e mi disse che tosto risponderebbe direttamente all'imperatore.

285 l Cfr. n. 278.

286

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 16/1. Costantinopoli, 2 gennaio 1903, ore 12,40 (per. ore 20).

Ambasciatore di Inghilterra è venuto oggi ad informarmi che due contro torpediniere russe hanno scorsa notte attraversato stretto. Egli si proponeva indirizzare in giornata alla Sublime Porta nota ufficiale per dichiarare che concessione fatta alla Russia costituiva deroga regime stabilito trattato, e riservare diritto Inghilterra uguale trattamento. Mio collega Inghilterra mi ha chiesto se avrei fatto analoga comunicazione Sublime Porta, senza attendere quella del!'ambasciatore d'Austria-Ungheria; al che ho risposto comunicandogli tenore istruzioni che V.E. mi ha dato. In un colloquio avuto poco dopo col barone Calice, questi mi ha dichiarato esplicitamente di non avere fino ad ora ricevuto istruzioni; solo essere stato informato da Vienna di uno scambio di idee avvenuto fra il suo ed il Governo britannico, aggiungendo che personalmente dubitava se il passaggio delle due contro-torpediniere disarmate e con bandiera commerciale, costituisse infrazione trattato. Prego V.E. di volermi telegrafare se io debba sempre attendere, giusta suo telegramma n. 1942, del 4 dicembre!, che comunicazione sia stata fatta pure dal mio collega austro-ungarico, o se io sia autorizzato indirizzare Sublime Porta nota ufficiale nei termini indicati telegramma di V.E. n. 18662 , del 20 novembre3.

287

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 23/3. Londra, 2 gennaio 1903, ore 12,42.

Marchese Lansdowne mi disse oggi non avere alcuna preoccupazione circa pericoli che gli attuali eventi del Marocco possano provocare complicazioni internazionali. Mi risulta che ambasciatore di Francia ha ieri tenuto con Sua Signoria linguaggio rassicurante su quanto riguarda le intenzioni del Governo francese.

286 I Cfr. n. 215.

2 Cfr. n. 184.

3 Per la risposta a questo telegramma cfr. n. 288.

288

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 161. Roma, 3 gennaio 1903, ore 15.

Come ho telegrafato il 4 dicembre n. 19422, VE. farà la comunicazione dopo che anche il suo collega di Austria-Ungheria la avrà fatta.

289

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 21. Roma, 3 gennaio 1903 1.

Rispondo al telegramma n. 2 di V.E.2. Ricevetti io pure comunicazione identica della risposta del presidente Castro a mezzo deli'ambasciatore degli Stati Uniti. Io sono contrario all'arbitrato di qualsiasi Repubblica americana e non vedrei invece nessun inconveniente che i tre ambasciatori d'Inghilterra, Germania ed Italia abboccandosi a Washington col signor Bowen munito dal Venezuela di sufficienti poteri tentino se possibile addivenire ad un accordo diretto salvo limitarsi invece a concordare soltanto i preliminari per il ricorso all'arbitrato della Corte dell'Aja qualora apparisse poco probabile la pronta conclusione dell'accordo diretto. Questo è il mio avviso poiché lord Lansdowne ha la cortesia di chiedermelo: naturalmente però coordinerò la mia attitudine a quella che Inghilterra e Germania, come maggiori interessate, riterranno più opportuna3.

290

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 3 gennaio 1903.

Ricevetti a suo tempo il rapporto confidenziale di VE. in data 24 spirato' relativo alla visita a Vienna del conte Lamsdorff. In esso VE. riassume esattamente

2 Cfr. n. 215.

2 T. 21 del 2 gennaio, non pubblicato.

3 Con T. 49/4 del 5 gennaio, non pubblicato, Pansa comunicò che i Governi inglese e tedesco

concordavano perfettamente con le idee di Prinetti.

tutto lo scambio di comunicazioni telegrafiche tra noi avvenuto, riguardo a questo argomento, ed io non devo aggiungere a quanto è contenuto in quel rapporto che una sola osservazione. V.E. esprime in esso la impressione da lei riportata, che io abbia, nell'ultimo mio telegramma del 23 dicembre2, modificata anzi ridotta la mia primitiva domanda. Può darsi che essa non fosse abbastanza chiaramente espressa nei primi miei telegrammi, ma tengo ad assicurare V.E. che il mio pensiero è stato sempre eguale e che ciò, che io desideravo ottenere dal conte Goluchowski fino dal primo momento era unicamente quanto, forse con frase più felice, ho espresso nel mio sopraccitato telegramma del 23 dicembre.

Ciò mi importa mettere in chiaro, perché, mentre la proposta di una conferenza a tre, oltre essere inopportuna, sarebbe stata non conforme agli impegni precisi esistenti fra l'Italia e l'Austria-Ungheria, la domanda invece da me affidata al di lei patrocinio presso codesto Governo è ed intende essere il portato esatto di quegli impegni.

Questa mattina poi ho ricevuto la lettera particolare di V.E., nella quale, in data 31 dicembre spirato3, ella mi rende conto della conversazione avuta col conte Lamsdorff. La risposta data a V.E. dal ministro russo, in seguito a quanto ella gli aveva comunicato per conto mio, risponde perfettamente alla conversazione che io avevo avuto col conte Lamsdorff a Peterhoff. Anche allora il conte Lamsdorff, dicendomi spontaneamente che mi avrebbe comunicato le intenzioni del Governo russo, il suo modo di vedere, prima di intraprendere nessuna azione a Costantinopoli, nella convinzione che avremmo potuto procedere di accordo, non mi disse che non avrebbe consultato anche le altre Potenze, come non mi disse che le avrebbe consultate, né assunse con me tanto meno un impegno di farlo prima con noi che con le altre.

Né io avrei nemmeno potuto assumere col conte Lamsdorff un impegno reciproco in questo senso, perché per tal modo mi sarei messo in contrasto colle intese che l'articolo 7° del Trattato della Triplice Alleanza stabilisce fra noi e la Austria-Ungheria, e che per parte mia intendo rispettare non solo nella lettera ma anche nello spirito.

Quindi il conte Lamsdorff ha nel colloquio avuto con V.E. conservato la precisa attitudine, a riguardo dell'Italia, che esso aveva manifestata a Peterhoff, ed io non posso esserne che soddisfatto. Dalla Russia infatti noi non possiamo pretendere di più; perché, ripeto, l'art. 7° del Trattato della Triplice (di cui a buon conto in allegato le unisco copia, con preghiera poi di distruggerla) ci impedisce di assumere riguardo ai Balcani con nessun'altra Potenza, che non siano le Potenze alleate, impegni fermi. E d 'altra parte, se l 'Italia si fosse messa colla Russia sulla via di impegni positivi per la penisola balcanica, ciò sarebbe stato l'inizio di una politica assai differente da quella di cui la Triplice Alleanza è il prodotto e la sanzione insieme. A questo cambiamento di politica V.E. sa che io, dopo lunga ponderazione, inspirandomi non solo alla considerazione dei nostri interessi nei Balcani, ma e più ancora a ragioni di politica generale, non ho creduto di dover rivolgermi, e nemmeno credo avere errato, perché mi sembra che la si

290 2 Cfr. n. 269. 3 Non rinvenuta, ma cfr. n. 281.

tuazione complessiva che abbiamo conseguito, continuando, come ho fatto, nelle linee generali l'antico indirizzo, non sia cattiva.

Che poi il conte Lamsdorff consideri gli interessi dell'Austria-Ungheria in Macedonia come più diretti e maggiori di quelli dell'Italia, è ben naturale, né io ho mai pensato diversamente. Solamente penso che l 'Italia, pur avendo in Macedonia interessi meno diretti e minori di quelli della Russia e dell' Austria-Ungheria, è però abbastanza interessata a tutto quanto succede nella penisola balcanica ed al suo futuro assetto, per aver giusto diritto a voler profferire in tempo utile la sua parola, su tutto quanto ad esso si riferisce o per esso si va elaborando. Questo la Russia, per bocca del suo ministro, ha riconosciuto a Peterhoff ed ha confermato a Vienna, e sta bene.

Ma relativamente ali'Austria-Ungheria la questione cambia. Io non ho mai pensato e nemmeno penso che l'Austria-Ungheria debba preoccuparsi più dell'Italia che della Russia per quanto riguarda la Macedonia né ancora meno che essa debba considerare maggiori in quella regione gli interessi nostri di quelli russi. Penso però, ripeto, che l'Austria-Ungheria debba riconoscere il nostro buon diritto di interloquire in terppo utile sulle cose di quella regione. E del resto su questo argomento il Governo austro-ungarico ha assunto col Governo italiano un preciso impegno coll'art. 7° del Trattato della Triplice, più volte citato, e noi non chiediamo altro se non il leale adempimento di questo impegno. Sotto questo aspetto anche tutti i passi ripetuti fatti nell'anno ora spirato dal barone Calice a Costantinopoli avrebbero dovuto esserci prima comunicati, e, se io allora non ho fatto valere rigidamente questo impegno, considerando la ripetuta assicurazione data dal conte Goluchowski a V.E. e dal barone Pasetti a me, che si trattava di passi di importanza affatto secondaria, non intendo e non debbo fare egualmente ora che si tratta di cose di ben altra importanza.

Né si può dire che io abbia tralasciato di far rilevare al Governo austro-ungarico la grande importanza e il significato, che io attribuivo a quell'art. 7°, nell'occasione che il trattato venne rinnovato. V. E. ricorderà certamente anzi come io volessi arrivare a conclusioni ancora più precise, e come io non mi arrendessi a mantenerlo tal quale, se non dopo l'assicurazione formale, data a lei dal conte Goluchowski, che egli sarebbe stato sempre pronto ad addivenire con me ad uno scambio di idee relative alla Macedonia.

E' infatti quest'articolo 7° la registrazione di uno degli obiettivi più importanti, forse il più importante, che l'Italia si prefigge colla Triplice Alleanza, quello cioè di non poter trovarsi davanti a nessuna sorpresa nella questione balcanica, come le avvenne nel 1878, quando si trovò completamente ignara ed isolata al Congresso di Berlino.

Concludendo, io penso che la mia domanda, formulata nel telegramma mio del 23 dicembre diretto a V.E., non è se non l'applicazione al caso presente del Trattato formale esistente fra i due Paesi, e non dubito quindi che non sia per essere riconosciuta giusta ed accolta dal conte Goluchowski.

Per norma di V.E. aggiungo che ebbi occasione di intrattenerne lungamente il barone Pasetti; egli pure in principio esitava davanti alla espressione del mio desiderio, ma, quando io gli lessi l'art. 7° del trattato, egli non potè non trovare esatta la formula della mia domanda, quale io la avevo telegrafata a V.E.

Ora poi col corriere stesso e, quale allegato direi a questa mia, invio a V.E. copia di un rapporto molto importante pervenutomi ieri dal marchese Malaspina4.

In esso V.E. apprenderà l'attitudine assunta dall'ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli, le riforme veramente (forse troppo!) radicali che egli ha chiesto al sultano per la Macedonia. Ove esse fossero applicate, si può dire che la Macedonia si troverebbe ad avere una specie di Governo cristiano a fianco al Governo turco ed un controllo dell'Europa.

Io non so ora quale sarebbe l'effetto di un tale complesso di provvedimenti, e ancora meno so se l'Italia sarebbe o no proclive a mettersi su questa via; ma questo però mi sembra evidente che, ove una simile attitudine dell'Inghilterra continuasse e prendesse forma decisa, e trasparisse nel pubblico, l'opera intrapresa di persuadere macedoni e bulgari a stare tranquilli sarebbe notevolmente paralizzata.

Ciò rende tanto più necessario al Governo del re di conoscere prontamente quali sono i propositi dell'Austria-Ungheria e della Russia onde poter regolare la nostra linea di condotta, e il conte Goluchowski deve quindi trovare ragionevole la insistenza, colla quale io faccio a questo proposito appello alle precise intese esistenti fra i due Governi.

E qui avrei finita questa lunga, troppo lunga epistola, se non sentissi il bisogno di esprimerle l'amarezza che io provo di fronte all'attitudine del Governo austriaco a nostro riguardo. L'Italia si è comportata di fronte all'Austria-Ungheria colla più costante e scrupolosa lealtà. Non solo nelle parole, ma anche nello spirito, abbiamo rigidamente e, posso aggiungere, cordialmente, eseguito i nostri impegni. Nella questione irredentista il Governo, di cui faccio parte, ormai da due anni, è stato di una correttezza esemplare. Nella questione commerciale non solo il Governo italiano ma l'Italia intiera ha serbato la condotta la più serena e la più calma anche di fronte a quella non sempre tale del Governo ungherese, ed ancor più accentuata dei due Parlamenti austriaco e ungherese. Nulla, checché siasi potuto stampare da qualche giornale austriaco, nulla abbiamo fatto in Albania che abbiamo dovuto tener nascosto né al pubblico né al Governo alleato, nulla che non sia perfettamente consono alle intese stabilite. Ancor ieri al barone Pasetti, riguardo al modo di condurre i prossimi negoziati commerciali, alla loro portata ed estensione, io davo risposte così cordiali e animate da buono ed amichevole sentimento, che egli me ne ringraziava cordialmente. Confesso che in questa questione, che ora vivamente ci interessa, mi sembra che avrei dovuto ragionevolmente attendermi un ben diverso atteggiamento da parte del Governo austro-ungarico; e mi sorprende che V.E. non sia stato ancora messo in grado dal conte Goluchowski di farmi pervenire quella risposta al telegramma del 23 dicembre che V.E. nel suo rapporto del 24 successivo mi lasciava sperare prossima e favorevole5.

5 Cfr. nn. 291 e 292.

288 l Risponde al n. 286.

289 l Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

290 l Cfr. n. 271.

290 4 R. 1178/497 del 24 dicembre con il quale Malaspina riferiva che l'ambasciatore d'Inghilterra O' Conor aveva suggerito al Governo ottomano la opportunità di prendere alcuni provvedimenti in Macedonia, fra cui la nomina di un ispettore generale cristiano. Il rapporto così proseguiva: "Per quanto sir N. O' Conor dichiari di aver espresso suggerimenti puramente personali, sembra difficile ch'essi non rispecchino, almeno in massima, le idee del suo Governo. Ad ogni modo, sta di fatto che l'ambasciatore d'Inghilterra è già entrato nel campo di provvedimenti radicali, che equivalgono quasi ad un controllo delle Potenze, mentre i rappresentanti delle due Potenze che avevano preso l'iniziativa di consigliare misure per la Macedonia non hanno ancora fonnulato suggerimenti concreti".

291

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO 39. Vienna, 4 gennaio 1903, ore 18,20 (per. ore 21,20).

Conte Goluchowski mi ha detto che ha incaricato Pasetti d'esporre a V.E. le idee che furono ventilate tra lui e conte Lamsdorff circa gli affari di Macedonia e che finora non hanno preso una forma concreta. In sostanza i due ministri si sarebbero messi d'accordo in principio per proporre alle Potenze l'esame di questi punti cioè dare all'ispettore, recentemente nominato dal sultano, maggiori poteri, regolare esazione imposte evitando vessazioni, organizzare polizia e gendarmeria in guisa da evitare conflitti e repressioni violenti introducendovi possibilmente elemento cristiano ed anche forestiero. Beninteso i due ministri confermarono il principio di disinteresse reciproco e quello del mantenimento dello statu quo territoriale escluso ogni concetto di autonomia.

292

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 29. Roma, 4 gennaio 1903, ore 21.

Jeri ho scritto a V.E. circa gli affari dei Balcani una lettera personale! che le perverrà a mezzo corriere che potrà sempre valere come chiara e succinta esposizione del mio pensiero; ma oggi è venuto l 'ambasciatore di Austria-Ungheria a farmi per incarico avutone dal conte Goluchowski, in forma strettamente confidenziale, una comunicazione verbale sostanzialmente concepita nei seguenti termini: "I colloqui che ebbero luogo a Vienna, in questi giorni, fra il conte Goluchowski ed il conte Lamsdorff hanno avuto un carattere soddisfacente. Il conte Lamsdorff ha manifestato l 'intenzione di continuare la politica di mantenimento dello statu quo procedendo ancora, a' termini dell'intesa del 1897, d'accordo coll' Austria-Ungheria che egli considera costituire, colla Russia, le due Potenze maggiormente interessate, nei Balcani, a tutti quei provvedimenti che possano essere più opportuni per mantenere la pace e la tranquillità in quella regione. Finora non si sono prese in considerazione se non misure di ordine amministrativo le quali, senza recare offesa all'autorità del sultano, possano ingenerare, tra le popolazioni balcaniche, la fede che sarà portato rimedio alla mala amministrazione di cui soffrono. Però, come, per ottenere la applicazione di quelle misure, occorrerà certo esercitare pressione sulla Sublime Porta, si procederà ora a preparare quel

progetto di provvedimenti che dovrà servire di norma alla azione dei due ambasciatori, il russo e l'austro-ungarico, a Costantinopoli, ed appena la redazione ne sarà terminata, quel progetto verrà confidenzialmente comunicato ai Gabinetti di Roma e di Berlino, acciocché essi possano pronunciare il loro avviso, e nella speranza che vorranno, poi, appoggiare, a Costantinopoli, l'azione dell'AustriaUngheria e della Russia per ottenere l'attuazione di quei provvedimenti". Ho ringraziato l'ambasciatore e preso atto della importante sua comunicazione, aggiungendo che io ne interpretavo l'ultima parte nel senso che la comunicazione del progetto di cui in essa è parola ci sarà data prima che gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia intraprendano presso la Sublime Porta i passi opportuni per chiederne l'applicazione, onde l'azione dell'Italia possa eventualmente svolgersi parallelamente alla loro. Tutto ciò porto a conoscenza di V.E. affinché ella possa averne norma di linguaggio.

292 l Cfr. n. 290.

293

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATO PERSONALE 30. Roma, 5 gennaio 1903, ore 14,45.

Il telegramma riservatissimo di ieri di V.E.l si è incrociato col mio2. Avverto, ad ogni buon fine, che il testo della comunicazione Pasetti è esattamente quello che le telegrafai avendone io preso nota precisa subito dopo il colloquio con l'ambasciatore, e che quel testo è per noi importante contenendo il preciso impegno di comunicare le proposte appena saranno compilate ai due Gabinetti di Berlino e di Roma.

294

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RISERVATO PERSONALE 31. Roma, 5 gennaio 1903, ore 15.

Non ho prima d'ora risposto al rapporto di V.E. in data 24 dicembre! circa le progettate riforme per la Turchia d'Europa, come pure alle lettere particolari da lei direttemi, sullo stesso argomento2, perché pendevano, a tale riguardo scambi di idee tra Roma e Vienna. Sono oggi in grado di farle conoscere in via stret

2 Cfr. n. 292. 294 l Cfr. n. 290. nota 4. 2 Non rinvenute.

tamente riservata, in seguito a comunicazione fattami dali'ambasciatore di Austria-Ungheria che tra il conte Goluchowski e Lamsdorff nulla di formale si è ancora conchiuso ma che saranno presto compilate proposte concrete, le quali ci saranno comunicate acciocché possiamo esprimere su di esse il nostro avviso e possano poi essere da noi, eventualmente, appoggiate presso la Porta. Quando sarà il momento, naturalmente V.E. riceverà le opportune istruzioni, ma ho voluto portare ciò, fin da ora, a conoscenza di V.E. onde non le riuscisse cagione di incertezza il mio ritardo nel risponderle. Aggiungo a di lei tranquillità che approvo l'atteggiamento seguito da V.E.

293 l Cfr. n. 291.

295

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO PERSONALE 53. Vienna, 6 gennaio 1903, ore 9,20 (per. ore 10,30).

Ringrazio l'E.V. per i suoi due ultimi telegrammi I. La comunicazione fattale da Pasetti da me annunziatale è evidentemente la sola ufficiale. Il mio telegramma di ieri l'altro2 non è che un sunto di una conversazione con il conte Goluchowski. Io non fui incaricato ritèrire a V.E. tale conversazione, ma ho creduto dovere subito render conto appunto per ciò che in quel colloquio conte Goluchowski ha enumerato alcune misure d'ordine amministrativo che formano oggetto d'esame dei Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo, e che non sono specificate nella comunicazione Pasetti. Così V.E. può fin d'ora rivolgere sua attenzione su questi punti in attesa delle proposte che saranno comunicate alle Potenze prima che qualsiasi passo sia fatto a Costantinopoli.

296

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 23/7. Londra, 6 gennaio 1903 (per. il 12).

Ho creduto utile verificare se sia esatta la notizia data in questi giorni dai giornali italiani ed inglesi che Menelik sarebbe disposto a partecipare alla spedizione contro il Mullah.

295 I Cfr. nn. 292 e 293. 2 Cfr. n. 291.

A tale fine ho profittato di una visita fatta jeri al marchese di Lansdowne per gli affari di China e Venezuela per chiedergli come stanno le cose. Sua Signoria mi ha detto che spera che alla nuova campagna in Somalia concorrano le forze abissine, sovra tutto per impedire al Mullah, in caso fosse battuto, di gettarsi verso la regione occidentale, sfuggendo così alle truppe inglesi; l'obiettivo sarebbe, in somma, secondo la frase adoperata da lord Lansdowne «lo contaim> le bande del Mad Mullah. Ma al momento in cui aveva luogo questa conversazione non era ancora stabilito in proposito un accordo coll'Etiopia e per facilitarlo sono partiti per Berbera e quindi l'Harar, come anche la stampa ha annunziato, il colonnello Rochfort ed il capitano Cobbold, i quali seguirebbero poi gli abissini ove mai fosse assicurato il concorso di essi alla impresa. Sua Signoria mi ha promesso di tenermi informato del seguito delle trattative.

Qui si desidera molto la cooperazione di Menelik per l'utilità grande che ne deriverebbe al corso delle operazioni, e forse pure è nell'interesse dell'Abissinia di arrestare l'agitazione somala, che può divenire un pericolo per essa stessa. Ma il Governo britannico vi tiene molto anche per mostrare l'intesa e l'amicizia che unisce l'imperatore etiopico alla Gran Bretagna.

297

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 66/7. Londra, 7 gennaio 1903, ore 19,28 (per. ore 0,10 dell' 8).

Lansdowne mi ha fatto chiamare per dirmi che avendo caccia-torpediniere russe passato Dardanelli, l'ambasciatore di Inghilterra a Costantinopoli ha presentato protesta alla Sublime Porta, e che lo stesso ambasciatore ha aggiunto avere suo collega austro-ungarico dichiarato di non poter rimettere analoga protesta, mancandogli istruzioni, e che collega italiano non dimostra attitudine ben decisa. Sua Signoria ha ricordato quindi scambio di idee avuto in proposito con V.E. e col r. ambasciatore, e mi ha chiesto se potessi dirgli qualche cosa sull'attitudine del r. ambasciatore a Costantinopoli. Ho risposto che, da quanto è a mia conoscenza, nulla è modificato negli intendimenti di V.E., quali, al marchese Lansdowne stesso, debbono risultare, dalle informazioni dell'incaricato d'affari britannico a Roma. Sua Signoria sembra molto preoccupato per l'effetto che si avrebbe sulla opinione pubblica qua, qualora protesta dell'ambasciatore di Inghilterra non fosse subito seguita dall'austriaca e dalla nostra, e mi ha pregàto di telegrafare a VE. affine di conoscere sue disposizioni massime nel caso che ambasciatore Austria-Ungheria ritardasse presentazione protesta del suo Governo 1•

297 l Per la risposta di Prinetti cfr. n. 299.

298

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 22/7. Costantinopoli, 7 gennaio 1903 (per. il 13).

L'insurrezione scoppiata nel Marocco desta le vive apprensioni del sultano. Sua Maestà Imperiale si preoccupa dell'effetto morale che può produrre sovra i suoi sudditi il fatto che maomettani siansi ribellati all'autorità del loro sovrano e specialmente delle conseguenze che un intervento europeo nel Marocco potrebbe avere nella questione dell'equilibrio del Mediterraneo. Circa quest'ultimo punto Sua Maestà Imperiale ha interpellato direttamente codesto ambasciatore ottomano, il quale, giusta informazioni comunicatemi in via segretissima, avrebbe risposto nei termini riassunti qui appresso: «Stante la politica espansionista dell'Italia, la Tripolitania trovasi esposta ad una minaccia continua. Non v'ha dubbio che quel territorio è la mira di una progettata occupazione; ma il Governo italiano non darà seguito ai suoi progetti fino a che sia rispettato lo statu quo nel Mediterraneo. Le migliori notizie qui giunte ora dal Marocco hanno calmato le prime apprensioni. Il ministro degli affari esteri mi ha detto che alcune navi italiane erano pronte a recarsi nelle acque del Marocco. Non vi è in questo momento alcun indizio di una immediata spedizione in Tripolitania, ma non potrei dare al riguardo alcuna assicurazione positiva, specialmente se avvenimenti imprevisti venissero a modificare l'attuale stato di cose nel Mediterraneo».

299

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

T. 50. Roma, 8 gennaio 1903, ore 15,45.

Rispondo al telegramma n.7I. Come telegrafai a suo tempo all'ambasciatore Pansa2 e come qui io dissi all'incaricato d'affari d'Inghilterra le mie istruzioni al

r. ambasciatore a Costantinopoli3 furono date nel senso che dovesse fare, per l'eventuale passaggio delle contro-torpediniere russe attraverso i Dardanelli, il concordato passo presso la Porta non appena l'analogo passo fosse stato fatto dai colleghi di Inghilterra e di Austria-Ungheria. Queste istruzioni sono da me mantenute. Ella può poi aggiungere a lord Lansdowne che da quanto spontaneamente ebbe ieri a dirmelo l'ambasciatore di Austria-Ungheria, mi sembra posso argomentare che il barone Calice non tarderà troppo a fare il passo convenuto.

299 ' Cfr. n. 297.

2 Cfr. n. I85.

3 Cfr. n. I84.

300

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO 80/8. Londra, 9 gennaio 1903, ore 19,30 (per. ore 22,30).

Ho comunicato marchese Lansdowne telegramma di V.E. 501. Egli mi ha incaricato di esprimerle desiderio che, ai proprii sforzi, vadano uniti quelli di V.E. per ottenere che il Governo austro-ungarico non tardi fare Costantinopoli passo concordato. Il modo onde Sua Signoria si è espressa mi fa ritenere azione dell'E.V. in tal senso a Vienna sarebbe assai gradita al Governo britannico, tanto più che marchese Lansdowne teme essere attaccato alla riapertura del Parlamento, qualora protesta inglese rimanesse isolata; d'altra parte, linguaggio di questo ambasciatore d'Austria-Ungheria non gli dà affidamento alcuno presentazione delle convenute rimostranze da parte del barone Calice2.

301

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI

T. 62. Roma, 10 gennaio 1903, ore 16.

Rispondo al telegramma n.8I. Ella può dire al marchese di Lansdowne che avendo oggi appunto l'occasione di vedere l'ambasciatore d'Austria-Ungheria ben volentieri mi adoprerò per lo scopo desiderato2.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 64. Roma, 10 gennaio 1903, ore 21.

L'ambasciatore di Austria-Ungheria è venuto oggi a comunicarmi che, nei colloquii di Vienna tra il conte Goluchowski ed il conte Lamsdorff, l'Albania non

venne presa in considerazione e furono esaminate soltanto le riforme possibili in Macedonia. L'ambasciatore mi ha soggiunto che il conte Goluchowski ritiene potermi presto dare, a termini della dichiarazione fattami precedentemente, notizia delle istruzioni da inviarsi ai due ambasciatori in Costantinopoli e per modo che, osservò poi l'ambasciatore, ne avrò conoscenza prima che i due ambasciatori abbiano ad intraprendere altri passi presso la Sublime Porta, e quindi in tempo utile per prendere le determinazioni che saranno del caso.

300 l Cfr. n. 299. 2 Per la risposta cfr. n. 30 l. 301 l Cfr. n. 300. 2 Cfr. sull'argomento due colloqui di Rodd con Prinetti del 9 e IO gennaio in British Documents an the Origins ofthe War 1898-1914, vol. IV, London, 1929, pp. 41-42 e 44-46.

303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. RISERVATO 1325/8. Roma, 10 gennaio 1903.

Nel colloquio tra l'on. Martini ed il consigliere di Stato dell'imperatore Menelikl, colloquio al quale si riferisce il mio dispaccio odierno2, discorrendosi delle nostre relazioni con l'Etiopia, oramai durevolmente cordiali, l'ingegner Ilg domandò per quali ragioni avessimo abbandonato il disegno di un convegno del negus col governatore dell'Eritrea che Menelik mostrò già di desiderare come quello che avrebbe innanzi alle popolazioni consacrato, per così dire, la sincerità e la saldezza dell'amicizia fra i due Paesi.

L'on. Martini rispose che non gli era noto su questo proposito il mio pensiero, ma che, quanto a lui, gli pareva che gli argomenti istessi onde il convegno era gradito al negus dovessero farlo a noi parimenti gradito; purché, ben inteso, si trattasse di convegno, cioè, d'incontro: avendosi ad escludere per ragioni evidenti che il governatore d eli 'Eritrea andasse sino ad Addis Abeba.

E l'ingegnere Ilg a sua volta replicò che di convegno o d'incontro doveva trattarsi e che esso potrebbe avvenire nell'autunno venturo, terminata la stagione delle piogge, al lago Ascianghi o in altro luogo prossimo ai confini del Tigrè.

Anch'io condivido il parere dell'on. Martini e dell'ingegnere Ilg che questo convegno sia politicamente utile.

Ella fu il primo· a vagheggiare e proporre questo disegno: ne parlò durante il suo recente soggiorno in Italia, ma dopo il suo ritorno in Addis Abeba non ne ha mai più fatto cenno. Però volendo prepararne fin d'ora l'effettuazione, io desidero anzitutto che la S.V. mi manifesti il suo pensiero spiegandomi se il suo silenzio su quest'argomento debba attribuirsi alla mancanza di occasioni per richiamarlo alla mia attenzione o se invece nuove circostanze la abbiano indotta a mutar d'opinione.

303 l Sul colloquio Martin i aveva riferito con R. riservato s.n. del l o gennaio da Roma, non pubblicato. Cfr. in proposito F. Martini, Il diario eritreo, vol. III, Firenze, Vallecchi, 1946, pp. 89-90. 2 D. riservato 1324/7, non pubblicato, relativo ad una concessione mineraria all'Italia da parte di Menelik.

304

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 48/16. Londra, 12 gennaio 1903 (per. il 18).

Faccio seguito al rapporto del 10 corrente!.

Comunicai subito al marchese di Lansdowne il contenuto del telegramma n. 502 il quale conferma ciò che l'E.V. telegrafò a S.E. il cav. Pansa, a suo tempo, e disse a sir Rennell Rodd, vale a dire, che al r. ambasciatore a Costantinopoli rimanevano le medesime istruzioni per fare presso la Sublime Porta il passo concordato, a proposito del passaggio delle contro-torpediniere russe a traverso i Dardanelli, non appena che fosse fatto analogo passo dai suoi colleghi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria.

Dopo ciò tenni ad esprimere a Sua Signoria che tale telegramma si trovava in perfetta armonia con quanto dissi nella visita fattale due giorni prima, riguardo all'intesa con V. E. per le rimostranze da presentare alla Porta e riguardo al tempo in cui ciò dovesse aver luogo. A meglio precisare il modo onde il Governo del re avea acconsentito ad associarsi a quelle rimostranze, credei utile riferire la parte delle istruzioni date da V. E. al marchese Malaspina, per tale oggetto, mentovate nel telegramma 20 novembre p.p., n. 18673, al mio capo qui (" ..... quando poi le risulterà che le rimostranze siano state effettivamente fatte l'E.V. vorrà per quanto ci concerne richiamare l 'attenzione ... " ecc.).

La conversazione, che ebbi l'onore di riassumere nel precedente rapporto, da me avuta con il segretario di stato, rendeva, a mio avviso, necessario chiarire bene questa condizione di cose.

Lord Lansdowne prese atto della mia comunicazione, ringraziando VE. del contenuto del telegramma sopra citato (n.50), dal quale rilevò con soddisfazione che le istruzioni al rappresentante di Sua Maestà presso il sultano ponevano quello in grado di inviare le rimostranze senza indugio, quando il suo collega d' Austria-Ungheria avesse presentate quelle del proprio Governo. Ma disse di temere che a Vienna non si sarebbero decisi, o, per lo meno, ciò avverrebbe assai tardi, (di fatti il linguaggio dell'ambasciatore d'Austria-Ungheria lo induceva a pensare così), e che egli profittando della sua antica amicizia per il conte Deym, recatosi ugualmente da lui due giorni prima per suo invito, gli avea parlato "a cuore aperto" dell'inattesa attitudine del suo Governo nel presente affare, tanto più che da Vienna si spingeva da qualche tempo il Gabinetto inglese ad uscire dalla creduta sua apatia circa le cose d'Oriente. Se non che Sua Signoria soggiunse che in certo modo poteva spiegarsi, dopo la visita a Vienna del conte Lamsdorff, simile raffreddamento da parte dell'Austria, essendo ora per essa in giuoco interessi più

2 Cfr. n. 299.

3 Cfr. n. 185.

importanti e per cui al conte Goluchowski sembrava non opportuno forse il momento per un atto che potrebbe riuscire sgradito a Pietroburgo. Per contro, non intendeva come l'Italia tenesse ad aspettare il passo del barone Calice, poiché il nostro Paese non ha nei Balcani e segnatamente nella questione di Macedonia, interessi superiori, e forse neppure pari a quelli de li'Austria-Ungheria; gl'interessi italiani, secondo Sua Signoria, sarebbero uguali a quelli della Gran Bretagna.

Mi limitai a replicare che non ero in grado di esporre i motivi che avevano determinato il R. Governo a fare la comunicazione alla Porta dopo l'inglese e l'austriaca, e che solo premeva a me ripetere come precisamente in tal senso l'E.V. avea accettato di unirsi alle rimostranze in parola.

Il marchese di Lansdowne accennò, anche questa volta, alle difficoltà ìn cui si troverebbe se fosse obbligato di difendersi in Parlamento dali 'accusa d'aver agito nella presente circostanza senza intendersi con altre Potenze, togliendo alla protesta di sir N. O' Conor ogni pratico valore. Egli che più d'una volta, durante il colloquio, avea espresso la fiducia che V.E. si adoperasse insieme a lui per indurre il Gabinetto di Vienna a non ritardare, mi espresse, al momento ch'io prendevo commiato, più vivamente ancora questo sentimento. Ed io stimai opportuno di chiedergli se gradirebbe che ne informassi subito V.E.; Sua Signoria accolse ciò con piacere e m'incaricò di farle conoscere che sarebbe assai lieto se ella volesse unire i suoi sforzi per raggiungere l'intento.

Tornando all'ambasciata ebbi l'onore di telegrafare (telegramma n. 8)4 un sunto della conversazione avuta.

Tosto che mi giunse, ieri l 'altro sera, il telegramma n. 625 inviai un rigo a lord Lansdowne, che trovavasi in campagna, per informarlo che l'E.V., aderendo ben volentieri ad desiderio di lui, si proponeva di parlare quel giorno stesso al barone Pasetti per lo scopo desiderato.

304 l R. 45/10, non pubblicato.

305

L'AMBASCIATORE A VI ENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 107. Vienna, 14 gennaio 1903, ore 11,30.

Governo austro-ungarico non si è ancora associato alla protesta inglese pel passaggio delle navi russe nei Dardanelli. Alle sollecitazioni del Gabinetto di Londra, conte Goluchowski rispose che, per conto suo, desiderava riservare ad un momento più opportuno esame della questione volendo ora evitare quanto possa intralciare l'intesa delle Potenze sugli affari macedoni.

304 4 Cfr. n. 300. s Cfr. n. 301.

306

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 15 gennaio 1903, ore 12,30.

Confermo, circa l'affare dei Balcani, tutte le istruzioni che ti diedi in tua ultima venuta Roma ed aggiungo confidenzialmente, per tua norma, che con l'Austria-Ungheria la cosa procede ora regolarmente e soddisfacentemente.

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A ROMA, PASETTI

PROMEMORIA. Roma, 17 gennaio 1903.

Les six points indiqués par l es ambassadeurs d'Autriche Hongrie et de Russi e à Constantinople en vue d'une réforme dans les vilayets de Kossovo, Monastir et Salonique, et complétés, avec plus de précision, par les ministres des affaires étrangères des deux Puissances, ont formé, de la part du ministre royal des affaires étrangères, l'objet d'un examen attentif, après lequel il n'hésite pas à reconnaìtre l'opportunité et l'efficacité des mesures projétées. Seulement, un de ces points, celui concernant les finances, qui a Une importance toute spéciale et auquel se rattachent les abus dont les populations ont le plus souffert, paraìtrait comporter des précautions ultérieures.

La formation d'un budget des recettes et des dépenses pour chaque vilayet, avec l'obligation de réserver le produit des impòts en premier lieu, et par conséquent avant de verser le surplus au Trésor centrai de Constantinople, aux besoins de l 'administration locale, est une idée essentiellement pratique et salutaire. Comme complément de cette mesure, et pour mieux assurer le but de la réforme, il semblerait, peut-ètre, avantageux de fixer pour la quote part des impòts réservée au profit du vilayet, un minimum, par exemple le 80%. Ainsi, si après assuré tous les services civils et militaires du vilayet, une somme restait encore disponible, on pourrait l'affecter à des oeuvres d'utilité publique de la province, au profit commun de l'Etat et du Pays, ce dernier appauvri par l'exode de l'or que le Trésor de Constantinople absorbe sans cesse.

Les indications contenues dans l'aide mémoire austro-hongrois devant servir aux ambassadeurs d'Autriche-Hongrie et de Russie à Constantinople pour l'élaboration définitive du projet de mesures à proposer au sultan et ce projet devant ètre soumis à l'approbation des Gouvernements respectifs, nous estimons, d'après les récents pourparlers entre Rome et Vienne, que le projet définitif dont il s'agit, avant d'ètre presenté au sultan par les deux ambassadeurs, sera communiqué au Cabinet royal afin que celui-ci puisse se trouver en mesure de le faire immédiatement appuyer par l'ambassadeur du roi à Constantinople.

Si la reforme projétée va donner, comme nous croyons pouvoir l'espérer, de bons résultats dans !es trois vilayets, le Cabinet royal se réserve, naturellement, d'examiner, avec le Cabinet de Vienne, l'opportunité d'en étendre !es bénéfices aux vilayets de Scutari et de Janina.

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 18 gennaio 1903.

In questi giorni il barone Pasetti ebbe ad intrattenermi in via confidenziale del prossimo negoziato commerciale e mi sembra opportuno che ella ne sia informato per di lei norma di linguaggio nel caso il conte Goluchowski abbia a parlargliene, oppure a lei sembri utile prendere l'iniziativa di simile conversazione.

Il barone Pasetti, appena comunicatami per incarico del suo Governo la denuncia ufficiale del trattato vigente, mi chiese in via confidenziale se il R. Governo avrebbe potuto limitare il nuovo negoziato alla sola clausola del vino, lasciando immutato il resto del trattato, perché, ove fosse stato possibile intendersi sulle modificazioni che il Governo austro-ungarico reputa necessario introdurre nella clausola suddetta, era intenzione del Governo imperiale di ritirare la denuncia del trattato.

Di accordo coi miei colleghi ho risposto al barone Pasetti, sempre in via confidenziale, che non potevamo prendere impegno di limitare alla clausola soltanto il prossimo negoziato, ma che però avremmo cercato di contenerlo nei più ristretti limiti possibili. Che quanto al ritiro della denuncia, noi non avevamo nulla da eccepire in quanto ciò riguardava i rapporti fra i Governi austriaco ed ungherese e i loro rispettivi Parlamenti, ma che in quanto a noi, la denuncia essendo. un fatto compiuto, non ci era più possibile sottrarci alla necessità di una nuova sanzione parlamentare, foss'anche questione di mantenere in vigore per gli anni futuri lo stesso identico trattato in vigore attualmente. Anzi ho rimesso al barone Pasetti copia di un ordine del giorno votato molti anni or sono dalla Camera dei deputati, e che appunto stabilisce in modo assoluto questo principio. Di esso mando a lei in allegato una copia per ogni buon fine.

Proseguendo poi nella conversazione col barone Pasetti e senza, ben inteso, che ciò possa rappresentare alcun impegno né per noi, né ancora meno pei rispettivi Governi, siamo venuti in quest'ordine di idee, di cui informo lei. Che cioè se si potesse limitare il negoziato alle modificazioni da introdurre nella clausola del vino da un lato e dall'altro ad alcune modificazioni in altri articoli da studiarsi insieme, onde fornire all'Italia equa compensazione, e concludere questo negoziato al più presto, in modo da poter annunciare che i due Paesi si sono accordati pel nuovo trattato commerciale sulla base dell'antico con piccole varianti, prima che il muoversi di tutti gli interessi non renda il negoziato più difficile, sarebbe ottima cosa.

Si eviterebbe allora in Italia di procedere alla redazione di una nuova tariffa doganale, come molti interessati cominciano a reclamare con qualche insistenza

col pretesto della necessità di contrapporre una tariffa di combattimento a quella eccessivamente elevata del nuovo compromesso austro-ungarico; mentre a sua volta il Governo imperiale ritirando la denuncia del trattato, se la sua costituzione glielo permette (il che io ignoro, e su cui il barone Pasetti era incerto), renderebbe assai meno difficile la discussione nei suoi Parlamenti, i quali dovrebbero discutere non più di un trattato nuovo, ma alcune modificazioni al trattato esistente.

Quanto a noi poi un simile procedimento non troverebbe forse grandi difficoltà dinnanzi al Parlamento italiano. Ad esso noi dovremmo bensì proporre il trattato come nuovo, ma assai probabilmente si potrebbe poi ottenere di discutere soltanto le voci modificate e il rimanente votarlo in blocco.

Queste sono le conclusioni a cui arrivarono le conversazioni tra il barone Pasetti e me, le quali ripeto non rappresentano nessun impegno, ma rappresentano un ordine di idee che assai probabilmente eliminerebbe in brevissimo tempo questa questione del trattato di commercio la quale, come più sopra ho espresso, prolungandosi, potrebbe diventare più difficile e fonte di guai non lievi.

Ella vedrà, assai meglio che io non possa giudicare, se si può proseguire in questa via e arrivare ad un risultato fortunato; per il che sarebbe a mio avviso, principale condizione il fare sollecitamente.

Non ho mai, passando ad altro, intrattenuto lei del passaggio delle torpediniere russe nei Dardanelli e della protesta inglese che ad esso si riferisce, perché io non diedi alla cosa, come ancora non le attribuisco almeno dal nostro punto di vista, grande importanza. Tengo però ad informarla ad ogni buon fine del come andarono le cose. Tempo fa il Governo britannico mi disse aver concordato col Governo austro-ungarico di fare osservazioni alla Sublime Porta per questa concessione da essa accordata, e mi chiese che l'Italia facesse essa pure una simile rimostranza.

Queste rimostranze non dovevano essere fatte però collettivamente, sibbene a brevi intervalli una dall'altra. Risposi che se Austria e Inghilterra facevano una dopo l'altra questo passo a Costantinopoli, io pure avrei qualche giorno dopo, come mi si proponeva, fatto osservare alla Sublime Porta che il regime degli Stretti essendo regolato da trattati internazionali, che portano anche la firma dell'Italia, questa faceva le sue riserve pel caso in cui la concessione accordata del passaggio alle navi russe significasse l'intenzione della Turchia di modificare per l' avvenire questo regime di cui essa è l'esecutrice.

Dopo qualche tempo l'ambasciatore inglese fece la rimostranza alla Sublime Porta, ma il barone Calice disse al marchese Malaspina non avere alcuna istruzione dal suo Governo; quindi il marchese Malaspina non fece naturalmente nulla. Il Governo inglese rimase piuttosto seccato di esser lasciato solo, ma non aveva nessuna ragione di lagnanza verso di noi, né ce ne fece alcun appunto, solo mi chiese se potevo avere occasione di interpormi presso il Governo austro-ungarico onde vedere di accomodare la cosa. Questa occasione mi fu presentata da una frase dettami spontaneamente in proposito dal barone Pasetti, e ne approfittai per dirgli che sarebbe stato bene trovar modo di attutire la cattiva impressione avuta dall'Inghilterra pur trovando insieme una formula che eliminasse ogni apparenza di ostilità contro la Russia. Ma il barone Pasetti mi disse qualche giorno dopo che il conte Goluchowski riteneva che per ora non convenisse farne nulla. In qUanto riguarda noi, siamo perfettamente a posto perché l'Inghilterra non può dolersi e nemmeno si duole di noi, mentre la formula di osservazione che io intendevo fare a Costantinopoli non comprendeva nulla di cui la Russia potesse dolersi; e quindi è per ciò che io non ho dato e non attribuisco a questo piccolo incidente che una importanza per noi molto secondaria.

Vengo ora ad un altro argomento, il Governo austro-ungarico mi ha fatto fare dal barone Pasetti nel modo il più confidenziale in questi ultimi giorni una comunicazione formale dei progetti che esso sta concretando colla Russia per la Macedonia; chiedendo in proposito il nostro avviso. Di ciò informo lei sotto il suggello del segreto, e la prego di non lasciar trapelare nemmeno al conte Goluchowski che io di ciò la ho informata, ma mi pare che di cosa di tanto momento ella deve essere edotta, perché è bene ella sappia che il Governo imperiale ha finito per condursi in questa circostanza a nostro riguardo in modo pienamente corretto, soddisfacendo a quanto io le avevo fino dal principio esposto come nostro legittimo desiderio.

Ora, così essendo le cose, mi parrebbe non inopportuno il cercare di dissipare il sospetto che sempre corre fra la stampa dei due Paesi a proposito delle politiche rispettive nei Balcani. Io avevo pensato a questo scopo che sarebbe utile se in qualche organo autorizzato viennese apparisse la notizia che in tutto questo periodo di tempo non è mancato l'opportuno scambio di vedute tra i due Governi alleati a proposito della questione di Macedonia, per modo che essi hanno potuto constatare il loro accordo, ed è a ritenere che questo accordo abbia a continuare.

Se qualche cosa di simile venisse fuori a Vienna, io la farei raccogliere e opportunamente commentare qui, e almeno una delle cause di diffidenza tra i due Paesi sarebbe tolta o di molto affievolita.

Ne parlai anche al barone Pasetti, il quale però mi disse parere al suo Governo più opportuno che la prima notizia venisse fuori in Italia; ma io persisto a credere che la sua efficacia sarebbe assai maggiore apparendo prima a Vienna, perché là è il centro dove avvennero gli ultimi abboccamenti importanti dei due ministri. La notizia messa fuori qui potrebbe apparire più che altro una parata mia contro eventuali opposizioni ed accuse di essere stato tagliato fuori, mentre apparendo a Vienna sarebbe certo più creduta.

Io raccomando queste considerazioni alla di lei medita:.-:ione. A lei potranno forse apparire troppo sottili e di secondaria importanza. Ma esse varranno almeno a mostrare con quanta cura e minuto dettaglio io mi preoccupi di tutto ciò che può giovare a migliorare i rapporti esistenti non fra i due Governi, che fortunatamente sono buoni, ma fra i due Paesi vicini, fra i loro giornali e le loro pubbliche opinioni.

Vedrà lei cosa si possa fare e convenga fare; e me lo telegrafi riservatamente a me o me lo scriva secondo il caso'. Augurandole che la sua salute siasi completamente rimessa e continui ottima ...

308 l Cfr. n. 313.

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. 2794/10. Roma, 19 gennaio 1903.

Ho letto attentamente l'interessante rapporto n. 8 del 12 gennaio 1, circa le preoccupazioni cagionate a Bucarest dalla visita del conte Lamsdorff a Nish, a Sofia ed a Vienna.

Mentre la ringrazio e la prego di trasmettermi ogni altro ragguaglio che le riuscisse procurarsi in argomento, approvo la dichiarazione da V.E. fatta a codesto signor ministro degli affari esteri che l'Italia la quale si adopera sinceramente al mantenimento dello statu quo non potrebbe certamente ammettere una ulteriore espansione dell'Austria-Ungheria lungo le coste orientali dell'Adriatico.

Riguardo all'avvenuto passaggio delle contro-torpediniere russe attraverso i Dardanelli, noterò, ad ogni buon fine, che se il Governo del re non ha creduto doversi associare hic et nunc alle proteste del Governo britannico egli non perciò rinuncia a far valere al momento opportuno la parte d'influenza che spetta all'Italia nella quistione degli Stretti.

PS. Per quanto è a mia conoscenza, ed io credo essere abbastanza informato su ciò che fu discusso e preparato a Vienna, ella potrà rassicurare altresì codesto Governo circa le preoccupazioni a lei manifestate.

310

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Pietroburgo, 22 gennaio 1903, ore 8,20 (per. ore 10).

Oggi soltanto conferii con conte Lamsdorff, il quale, confermandomi precedenti dichiarazioni circa passi da farsi a Costantinopoli sulla questione dei Balcani, aggiunse che Nelidoff ti farebbe confidenzialmente le necessarie comunicazioni. Si

schermì dal ragguagliarmi ulteriormente sotto pretesto di aspettare risposta da Zinovieff. Non ho creduto opportuno d'insistere pensando, visto il tuo telegramma del 151, che eri regolarmente informato da Pasetti. Lettera col corriere2.

309 l Di questo rapporto (n. 59/8) si pubblicano i due passi seguenti: «.. .il signor Bratiano contemplò l'ipotesi che tale intesa potesse spingersi sino ad un accordo in base a compensi reciproci sotto forma di annessioni di territori appartenenti all'Impero ottomano; compensi che, secondo lui, l'Austria dovrebbe cercare lungo la costa d eli' Adriatico. Il signor Bratiano aggiunse di non aver nessun dato circa il modo di pensare del Gabinetto di Vienna in proposito, ma essere invece fondato a ritenere partigiano di una politica siffatta il barone d'Aerenthal, attualmente ambasciatore d'Austria a Pietroburga ... la Rumania non può disinteressarsi di quanto succede in quella regione e meno ancora potrebbe ammettervi ingrandimenti territoriali di altri Stati che, mutando l'equilibrio di forza attuale, tornerebbero a suo detrimento».

311

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE 84/38. Costantinopoli, 22 gennaio 1903.

Conformandomi alle istruzioni che l'E.V. si è compiaciuta di impartirmi col dispaccio del 5 corrente n. 131 (pervenutomi il 16), ho richiamato in un colloquio da me avuto con questo ministro degli affari esteri il 19, la sua seria attenzione sovra l'atteggiamento delle autorità tripoline verso il consolato generale di Sua Maestà e sugli ostacoli ch'esse frappongono al legittimo sviluppo degli interessi italiani.

Esposi a Tewfik pascià le difficoltà inaspettatamente e indebitamente sollevate da quel governatore generale contro l'esistenza legale delle nostre scuole, facendogli osservare come queste funzionassero da una ventina d'anni senza alcuna opposizione delle autorità locali e della Sublime Porta, cui era stata a tempo opportuno regolarmente notificata la loro apertura. Manifestai a S.E., a riguardo delle nuove scuole italiane, come il R. Governo avesse constatato con grande sorpresa che la Sublime Porta rifiutavasi a dar seguito alle comunicazioni della r. ambasciata per l'apertura di un numero limitato di scuole, mentre le ambasciate di Francia, di Russia, di Germania e da ultimo quella d'Inghilterra avevano ottenuto il riconoscimento ufficiale di istituti scolastici e religiosi in numero che di gran lunga sorpassava la cifra totale dei nostri.

Spiegai a Tewfik pascià come le tendenze ostili delle autorità imperiali del vilayet di Tripoli a riguardo degli interessi italiani si manifestassero altresì con pressioni esercitate sovra i sudditi ottomani, allo scopo di impedire ch'essi addivenissero alla cessione di beni immobili di loro proprietà a favore di regi sudditi, facendogli rilevare che tale contegno delle autorità era tanto più grave in quanto che contrastava con formali disposizioni di accordi esistenti fra la Turchia e l'Italia.

Accennai pure al fatto dell'insolito passaggio delle truppe della guarnigione di Tripoli davanti alla sede del r. consolato generale ed al rifiuto opposto da Hafiz pascià di visitare le nostre scuole dopo averne fatto formale promessa al cav. Medana.

Dissi, concludendo, che il contegno del governatore generale e delle autorità militari di Tripoli quale risultava dai fatti suesposti ed il continuo invio di truppe

2 Non rinvenuta.

costituivano uno stato di cose che non potrebbe, ove si prolungasse, che produrre sull'opinione pubblica italiana e sul Governo del re una sfavorevole impressione ed avere gravi conseguenze.

In esecuzione poi delle istruzioni racchiuse nel telegramma di VE. del 16 corrente n. 952, e come corollario di quanto precede, insistetti vivamente presso il ministro degli affari esteri sull'opportunità che la scelta del nuovo valì di Tripoli cada sovra un personaggio di carattere conciliante, scevro da prevenzioni contro gli interessi italiani ed a cui la Sublime Porta dovrebbe raccomandare di mantenere con il r. console generale rapporti ispirati ad una mutua fiducia e conformi alla tradizionale amicizia che unisce i due Paesi. Della nomina del valì di Tripoli intrattenni pure il gran visir, il quale come già aveva fatto Tewfik pascià, mi promise che si sarebbe adoperato nel senso da noi desiderato.

Sì come ho fatto conoscere all'E. V. col mio rapporto del 20 corrente n. 76/332, ho stimato opportuno, per accentuare la comunicazione verbale da me fatta a Tewfik pascià relativamente alla soluzione dei più importanti nostri reclami verso la Sublime Porta, nonché circa le questioni attinenti alla Tripolitania, di rilasciare a S. E. una memoria confidenziale contenente un riassunto delle cose da me dettegli. Sebbene io abbia già trasmesso all'E.V. copia di tale memoria col succitato mio rapporto, accludo ad ogni buon fine la parte di essa che si riferisce a quanto ho avuto l'onore di esporre più sopra.

Nel restituire i tre rapporti nn. 427, 428 e 4333 del r. console generale a Tripoli a codesto Ministero e nel confermare il mio telegramma del 19 corrente n. 74 ...

PS. Al dispaccio ministeriale del 5 corrente n. 13 non andava annesso il telegramma del cav. Medana di cui è cenno nel poscritto5.

310 l Cfr. n. 306.

311 l Non pubblicato.

312

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 23 gennaio 1903, ore 19,45.

L'ambasciatore di Russia è venuto oggi a farmi, circa le riforme ottomane, la comunicazione confidenziale da te annunziatami!, ed io l'ho pregato di farne pervenire al suo Governo i miei ringraziamenti2.

3 Non pubblicati.

4 T. 139/7, non pubblicato in quanto anticipa il contenuto del presente rapporto.

s Per la sua lunghezza non si pubblica il R. 1066/417 dell'S settembre 1903, nel quale il console generale a Tripoli, Medana passava in rassegna i diversi aspetti della penetrazione economica in Tripolitania e sottolineava le difficoltà di realizzarla. 312 l Cfr. n. 310. 2 Cfr. il commento di Barrère alle dichiarazioni di Nelidov a Prinetti in Documents Diplomatiques Français (1871-1914), 2ème série (1901-1911), tome III Ganvier-aoùt 1903), Paris, 1932, n. 41.

311 2 Non pubblicato.

313

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Vienna, 24 gennaio 1903.

Ringrazio V.E. per la sua lettera 18 corrente!. Per mezzo di persona sicura, secondo il desiderio di V.E., farò inserire in un articolo della Neue Freie Presse un periodo nel quale sarà fatta allusione allo scambio d'idee che non cessò d'aver luogo tra i Gabinetti del Quirinale e di Vienna durante i negoziati sulla Macedonia. Probabilmente l'articolo comparirà domani.

314

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 24 gennaio 1903, ore 20,30.

Ringrazio V.E. per suo telegramma odierno! e la prego, quando comparirà l'articolo, telegrafarmene il periodo concernente lo scambio d'idee fra i due Gabinetti di Vi enna e di Roma2.

315

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 173113. Washington, ... (per. ore 9,45 del 25 gennaio 1903).

Bowen avendo testé accettato, nelle generalità, anche condizioni tedesche, si è proceduto tra lui ed i rappresentanti germanico ed inglese ad uno scambio separato di note, con cui essi impegnano i loro Governi a levare il blocco immediatamente. In conformità delle istruzioni di V.E., ho proceduto ad un identico scambio di note impegnando il Governo del re a togliere il blocco in pari tempo che Germania e Inghilterra, contro impegno del signor Bowen, in virtù dei pieni poteri di cui è munito dal Governo venezuelano, di dare al Governo italiano, per

2 Cfr. n. 318.

i reclami italiani di ogni specie, le medesime garanzie date per i reclami tedeschi ed inglesi. Prego V.E. approvare mio operato, ed impartire disposizioni affinché la cessazione sia simultanea da parte delle tre squadre!.

313 l Cfr. n. 308.

314 l Cfr. n. 313.

316

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. RISERVATISSIMO 144. Roma, 25 gennaio 1903, ore 13, 15.

Come V.E. avrà oramai notato, la Germania accentua il suo atteggiamento, mentre l'Inghilterra propende verso la moderazione. In tale stato di cose sarà bene che V.E. pur mantenendosi lealmente fedele all'accordo a tre, si tenga eventualmente in più intimo contatto col collega inglese.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. 145. Roma, 25 gennaio 1903, ore 13, 15.

Rispondo suo telegramma n. 131, ed approvando operato di V.E., ho pregato mio collega marina impartire subito istruzioni comandante italiano per cessazione blocco accordarsi a questo scopo coi comandanti inglese e germanico.

318

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Vienna, 25 gennaio 1903.

Testo del periodo concernente Italia pubblicato oggi nell'articolo sulla questione macedone dalla Neue Freie Presse: "Per quel che riguarda l'Italia vi è stato tra il Gabinetto del Quirinale ed il Governo di Vienna un continuo scambio

317 l Cfr. n. 315.

d'idee durante tutti i pourparlers, che ebbero luogo tra l'Austria e la Russia. Tutto fa ritenere che anche in questa questione si verificherà un pieno accordo tra i due Stati alleati".

315 l Per la risposta cfr. n. 317.

319

IL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BOTTESINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 345/36. Tunisi, 26 gennaio 1903 (per. il 30).

In telegrammi provenienti da Parigi e Roma e pubblicati da questi giornali francesi, vedo riportata la voce che, in occasione del prossimo viaggio del signor Loubet in Algeria e Tunisia, una squadra italiana verrebbe a salutarlo in queste acque.

Benché io creda che nulla siasi ancora stabilito al riguardo, e che eventualmente si tratterebbe d'inviarla piuttosto ad Algeri che a Tunisi, credo tuttavia opportuno riferire che, a mio rimesso parere, la presenza di una squadra nostra in queste acque, soprattutto in tale occasione, sarebbe da evitarsi, perché il meno che potrebbe accadere sarebbe di vedere questa nostra numerosissima ed eccitabilissima colonia farle tale dimostrazione imponente da eclissare ogni corteo presidenziale, ferendo in tal guisa i più delicati sentimenti francesi.

Checché si dica e comecché si voglia spiegarla, è un fatto che la ingente emigrazione siciliana in Tunisia di questi ultimi anni ha destato nell'elemento francese tante paure e sospetti, da crearvi poco a poco uno stato di cose tutt'altro che favorevole agli italiani. Sono mille piccoli fatti, mille circostanze varie e diverse, che prese da sole non hanno forse grande importanza, ma che accumulandosi le une sulle altre e svolgentisi in mezzo a fervide popolazioni meridionali, hanno appunto formato un ambiente, nel quale i nostri si muovono a disagio, si sentono mal visti, male apprezzati, contrariati in ogni più piccola manifestazione della loro attività, presi spesso di mira con misure all'aspetto generali, ma risolventisi nel fatto specialmente ai !or danni, di guisa che non sarei punto meravigliato se in una occasione di tale natura i lunghi attriti, le opposizioni, le ripulse, i danni e i disinganni economici si sprigionassero a un tratto in una grave manifestazione ostile.

Sarò forse tacciato di eccessiva prudenza, ma in tale ordine di cose credo ch'essa non sia mai troppa: soprattutto ora che si tende a un riavvicinamento serio fra i due popoli, e specialmente qui dove s'accese ed arse più viva la fiamma di discordia fra di essi, e dove i ricordi, sopiti ma non spenti, vengono dai fatti suddescritti costantemente ravvivati, irritando gli animi e suscitando, or che si sentono in numero e forti, come un vago desiderio di rappresaglie e proteste t.

319 I Per la risposta cfr. n. 327.

320

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 77/27. Cairo, 28 gennaio 1903 (per. il 4 febbraio).

Mi è regolarmente pervenuto il dispaccio ministeriale n. 2795/16 del 19 gennaio corrente'.

Come l'E.V. avrà veduto dal rapporto che ho avuto l'onore di dirigerle il 13 corrente (n. 39/132), appena vidi nel Giornale d'Italia ed in giornali d'Egitto (dai quali forse il periodico italiano ha tratto la sua corrispondenza) la notizia del nuovo tracciato che dovrebbe seguire la ferrovia tra il Sudan ed il Mar Rosso, non ho mancato di cercar se fosse possibile sapere cosa vi poteva esser di vero in quelle informazioni. Le notizie ch'ebbi sono in perfetto disaccordo con quelle fornite all'E.V. da sir J. Rennell Rodd e ne fui assai meravigliato perché avevo avuto cura di chiederne al conte Gleichen -rappresentante in Cairo del governatore del Sudan -ed al signor Findlay, reggente l'agenzia britannica durante l'assenza del conte di Cromer.

Ricevuto il dispaccio ministeriale al quale ho l'onore di rispondere mi recai nuovamente all'agenzia diplomatica britannica. Il signor Findlay mi ha ripetuto che fino al giorno della partenza di lord Cromer dal Cairo non aveva avuto notizia di alcun progetto di ferrovia il cui tracciato fosse più al sud di quello da me accennato nel mio precedente rapporto. Mi aggiunse che non poteva in modo reciso affermare che in questi ultimi giorni un tal progetto non sia sorto perché, lord Cromer essendo nel Sudan, ogni discussione avrebbe dovuto aver luogo colà, né v'era alcuna necessità che l'agenzia ne fosse informata; ma non mi nascondeva che credeva la cosa per lo meno improbabile perché la regione fra Kartum e l'Atbara (el Gesireh) è un deserto privo d'acqua e il percorso Kartum-Kassala-Suachin è per lo meno doppio a quello Suakin-Berber.

Al ritorno di lord Cromer non mancherò di assumere più precise e s1cure notizie che sarà mio dovere riferire alla E.V.3.

320 I Con tale dispaccio Prinetti aveva chiesto informazioni su un articolo apparso sul Giornale d'Italia. Se ne pubblicano i due passi seguenti: "Secondo afferma il corrispondente, il progetto che sembra raccogliere le preferenze dei tecnici e di lord Cromer sarebbe quello di una ferrovia che da Cartum, toccando Cassala, e rasentando il presente confine verso l'Eritrea, giunga a Suachin ... Non panni difficile che il Governo sudanese possa trovare la convenienza di assicurare se non sia più vantaggioso e meno costoso per congiungere il Sudan col Mar Rosso, attraversare la Colonia Eritrea fino a Massaua".

2 Non pubblicato.

3 Con R. l 00/31 del 4 febbraio Sal vago Raggi riferì su una conversazione avuta con Cromer. Se ne pubblica il seguente passo: "Il rappresentante britannico mi assicurava stamane che detta ferrovia partirà da Berbero da un punto un poco più a sud di quella città-attraverserà l'Atbara e quindi seguendo una direzione nord o nord-est scenderà a Suakin. Egli mi assicurò che non passerà da Cassala né presso Cassala, e che solo col tempo, quando questa ferrovia sarà ultimata (cioè, secondo egli crede, fra tre o quattro anni) si potrà pensare alle altre ferrovie che giudica pure utili, fra le quali una per Cassala. Ad un mio accenno sulla possibilità di intendersi allora riguardo a questa ferrovia lord Cromer mi rispose trattarsi di un avvenire tanto remoto che non è possibile né praticamente utile parlarne fin d'ora. Da questa mia conversazione non posso quindi trarre nessun argomento per giudicare se sia o no probabile che il Governo anglo-egiziano del Sudan accolga col tempo in modo favorevole una proposta di collegare Cassala colle ferrovie dell'Eritrea, ma fin d'ora credo poter affermare che sarà da lui sempre preferita una linea che conduca il commercio a Suakin, porto sudanese, anziché in un porto italiano. Non escludo però che qualora una nostra linea ferroviaria già arrivasse alla frontiera, la sensibile economia facesse prevalere la proposta meno costosa di allacciare alla linea italiana la provincia di Cassala".

321

L'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A ROMA, RODO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI 1

L. Roma, 29 gennaio 1903 (per. il 30).

With reference to the conversations which I have had with Your Excellency and with Signor Agnesa2, on the subject of the frontier between Abyssinia and the British East African Protectorate, I am authorised by His Majesty's Principal Secretary of State for Foreign Affairs to inform Your Excellency that His Majesty's Government have every desire to work in accord with the Government of His Majesty the King of Italy, in negotiating the settlement of this frontier, and to make no arrangements, which would be prejudicial to Italian interests. His Majesty's Representative at Adis Abeba will receive renewed instructions in this sense.

I am also authorised to assure Your Excellency that His Majesty's Government will not agree to any stipulation involving an alteration of the line of frontier laid down by the Anglo-ltalian Protocol of the 24 March 1891 without informing the ltalian Government of the proposed modifications and obtaining their concurrence.

Trusting that these assurances will be satisfactory to the ltalian Government...

322

IL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 246/8. Obbia, 30 gennaio 1903 1.

Dietro viva insistenza Manning e parere favorevole Finzi, Lovatelli, ho spedito Aden Jusuf e suo figlio Alì, togliendo così a Manning ogni motivo lagnanze. Misura presa era indispensabile, date circostanze presenti. Jusuf sarà custodito Aden da autorità locale sino ordini V.E.2.

321 l Ed. in L. MoNZALI, L"Etiopia nella politica estera italiana 1896-1915, Parma, 1996, pp. 204-205. 2 Il 28 gennaio. 322 l Il telegramma fu trasmesso da Aden il 4 febbraio, ore 17. 2 Cfr. n. 330.

323

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. 186/23. Bucarest, 30 gennaio 1903 (per. il 3 febbraio).

Ho l'onore d'informare l'E.V. che ieri, al suo ricevimento ebdomadario, questo signor ministro degli affari esteri mi disse che il re avendo approvata la sua proposta di far sentire a Pietroburgo e a Vienna che la Rumania non può disinteressarsi di quanto succede nella penisola balcanica (mio rapporto del 12 corrente ai numeri 59/8)1, venne adottata a tal uopo la forma d'un dispaccio circolare che, quantunque nel fare il passo di cui si tratta si abbia avuto in vista principalmente la Russia, si è creduto di dover indirizzare a tutti i rappresentanti rumeni presso le Grandi Potenze, con incarico di dame lettura ai rispettivi ministri degli affari esteri rilasciandone loro copia se lo domandassero. Detto dispaccio fu spedito in questi ultimi giorni ed all'ora attuale ella ne avrà forse già avuto comunicazione per mezzo del signor Fleva. Il signor Bratiano me ne diede anche lettura, facendomi osservare come egli siasi applicato a mettere in rilievo in esso come la Rumania desideri anzitutto il mantenimento dello statu quo territoriale nella penisola balcanica, e a evitare ogni allusione atta a ferire le suscettibilità della Turchia colla quale la Rumania vuole mantenere le più cordiali relazioni. Il ministro poi mi pregò d'assicurare l 'E.V. che il passo in parola non implica cambiamento di sorta nel contegno tenuto e nella politica sinora seguita e che il Governo di re Carol intende continuare a seguire nelle quistioni balcaniche, ma ha unicamente per iscopo di rammentare colà dove lo si potrebbe forse dimenticare volentieri, che la Rumania non può disinteressarsi di tali quistioni né dei suoi fratelli di razza nelle provincie europee della Turchia, e si crede in diritto di dire la sua parola il giorno in cui lo statu quo non potesse più esservi mantenuto. Il signor Bratiano soggiunse d'aver dato contezza al mio collega di Russia, signor de Giers, dell'invio a Pietroburgo del dispaccio, esprimendogli la speranza che il Gabinetto imperiale ne prenderebbe il contenuto in considerazione. Il de Giers rispose che, pur non conoscendo il pensiero del conte Lamsdorff in proposito, non dubitava egli farebbe buona accoglienza alla comunicazione del rappresentante rumeno.

Benché lo scopo principale del passo testé fatto dal Gabinetto presieduto dal signor Sturdza sia certamente quello indicatomi dal Bratiano, ad esso non sono tuttavia molto verosimilmente estranee considerazioni di politica interna, vale a dire il desiderio di mettersi a coperto di fronte all'opposizione conservatrice, che lo accusa violentemente nei suoi giornali di tradire la causa della nazionalità rumena, d'insipienza e imprevidenza nelle questioni di politica estera interessanti l'avvenire del Paese, e dalla quale s'aspetta ad essere interpellato in Parlamento circa quanto abbia fatto in presenza degli avvenimenti che minacciano lo statu quo nella penisola balcanica.

Rendo grazie all'E.V. del suo pregiato dispaccio a margine citato2 , del cui post scriptum mi sono valso per rassicurare il signor Bratiano relativamente a quanto fu discusso a Vienna tra i conti Goluchowski e Lamsdorff. Ho pur creduto di poterlo informare che l'E.V. erasi compiaciuta d'approvare quanto gli avevo dichiarato circa l'azione dell'Italia in pro del mantenimento dello status quo e circa il modo di vedere del R. Governo riguardo ad una ulteriore espansione dell'Austria-Ungheria lungo le coste orientali dell'Adriatico. Il ministro accolse questa mia comunicazione con visibile soddisfazione e me ne ringraziò sentitamente.

323 l Cfr. n. 309, nota l.

324

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 215/27. Washington, …. (per. ore 6 del 31 gennaio 1903).

Governo germanico sembra volere imporre nuove condizioni, di cui aspettato suo rappresentante sarebbe latore. Ambasciatore di Inghilterra crede ciò imprudente. Si delinea chiaramente un accordo delle Potenze creditrici non partecipanti al blocco, con a capo Francia e Stati Uniti. E si rivela già un errore l'avere domandato situazione privilegiata con pagamento in sei anni. Nostre domande non saranno accolte. Possiamo ancora ritrarci. Insistendo, o peggio esigendo di più, corriamo rischio di dover recedere senza onore o di essere trascinati troppo oltre. Herbert telegrafa nel medesimo senso Londra.

325

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. RISERVATO 216/28. Washington 00. (per. ore 6 del 31 gennaio 1903).

Sospettasi imperatore di Germania abbia voluto lasciare peggiorare situazione per fare coincidere proposte conciliative con arrivo nuovo rappresentante tedesco, creandogli così immediatamente posizione morale eminente. Se sospetto infondato, arrivo Stenberg, di cui annunziasi sbarco New York, offrirebbe, però, occasione favorevole per diminuire pretese Potenze alleate.

323 2 Cfr. n. 309.

326

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

T. 233/8. Tangeri, 2 febbraio 1903, ore 2,10 (per. ore 12,40).

Ministro d'Inghilterra, dal quale ebbi notizia di cui è cenno mio telegramma di jeri sera', mi riferisce che ulteriori informazioni confermano disfatta pretendente, ma non sua cattura.

327

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL CONSOLE GENERALE A TUNISI, BOTTESINI

D. 5344/44. Roma, 2 febbraio 1903.

Rispondo al rapporto n. 36 in data 26 gennaio'.

Non è ancora deciso se, in occasione del prossimo viaggio del presidente della Repubblica francese in Algeria ed in Tunisia, una squadra italiana sarà inviata a complimentarlo. In ogni modo, la squadra non si recherebbe mai a Tunisi, sibbene, eventualmente, ad Algeri.

Per quanto, poi, concerne la venuta del presidente Loubet in Tunisi, non dubito menomamente che, in tale occasione, come in ogni altra, la S. V. saprà opportunamente adoperarsi in guisa che si mantenga un atteggiamento calmo e dignitoso, in codesta nostra colonia, e si eviti ogni possibilità di incidenti che sarebbero spiacevoli e imbarazzanti pel Governo del re.

328

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 5406/571. Roma, 2 febbraio 1903.

Già da qualche tempo in accreditati ed attendibili giornali vengono riportate talune voci accennanti straordinari armamenti, da parte dell'Austria-Ungheria i

disfatte".

quali si connetterebbero colla presente incerta situazione politica nella penisola balcanica. Si era anzi addirittura fatta parola di mobilitazione di due corpi di esercito destinati ad intervenire in quella penisola se lo richiedesse la gravità degli avvenimenti che potessero prodursi in epoca più o meno prossima.

In considerazione di ciò, l'addetto militare presso codesta r. ambasciata ricevette ordine di fare opportune indagini. In seguito alle risultanze di esse il tenente colonnello Del Mastro riferì che le notizie dei giornali non avevano sufficiente fondamento, ma non escluse che in Austria-Ungheria si facessero preparativi per il caso di complicazioni nei Balcani. Quell'ufficiale infatti diede come positive le seguenti circostanze:

I) che la squadra attiva intraprenderà in primavera un viaggio a Salonicco; II) che nel panificio di Agram (XIII corpo di armata) vi è stato aumento di molti operai per la fabbricazione della galletta; III) che il Governo austro-ungarico ha chiesto per la prima volta alla Turchia la facoltà di fare quest'anno manovre nel Sangiaccato di Novi Bazar;

IV) che i cambi di guarnigione non saranno fatti quest'anno in primavera ~ lo che lascia supporre si cerchi con altro espediente di rinforzare le truppe stanziate nella parte meridionale della Monarchia.

Prego V. E. di volermi far conoscere, con cortese sollecitudine, se queste notizie, od anche altre del genere che V.E. terrà riservate a sé, risultino esatte anche a lei, e, nell'affermativa, il giudizio che ella porta su di esse, avuto riguardo alla incerta condizione di cose nella penisola balcanica.

Ne la ringrazio fin d'ora...2.

326 l Con T. 229/7 del l o febbraio Malmusi aveva comunicato: "Pretendente catturato, sue truppe

327 l Cfr. n. 319.

328 l Analogo dispaccio fu inviato lo stesso giorno all'ambasciatore a Pietroburgo col n. 5407/16.

329

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 155/80. Vienna, 3 febbraio 1903 (per. il 7).

Malgrado le smentite ufficiose, continuano le voci, specialmente propagate dalla stampa estera, circa provvedimenti militari che il Governo austro-ungarico starebbe preparando in vista di future possibili complicazioni in Macedonia. Questi provvedimenti consisterebbero: in preparativi di aumento e di mobilizzazione delle truppe austro-ungariche in Bosnia ed Erzegovina; in ordinazioni di considerevoli quantità di farine fatte in Croazia; nell'invio di parecchi vagoni di cartucce in vicinanza delle provincie occupate; nella progettata visita di navi da guerra austriache in Levante, e nel porto di Salonicco.

Ho avuto cura di assumere riservate informazioni su questi varii punti e mi pregio di parteciparle a V.E. in via confidenziale.

L'occupazione e l'amministrazione della Bosnia e dell'Erzegovina, come V.E. ben conosce, furono affidate all'Austria-Ungheria per decisione del Congresso di Berlino nel 1878. Esse furono il prezzo, pattuito tra la Russia e l'Austria-Ungheria, della neutralità benevola che quest'ultima Potenza si impegnò ad osservare verso la prima, fin dall'estate del 1876. Era infatti di capitale importanza per l'Austria-Ungheria, al momento in cui una gran parte dei possessi turchi, posti ai confini dell'Impero austro-ungarico, dovevano essere sottratti al dominio del sultano, di assicurarsi della Bosnia e dell'Erzegovina, che formano un potente cuneo tra l 'Ungheria e la Dalmazia. Benché il Trattato di Berlino parli soltanto dell'amministrazione delle due provincie e de li'occupazione estendentesi anche a Novi-Bazar, affidata al Governo austro-ungarico, questo considerò fin da principio le provincie occupate come se facessero effettivamente parte dell'Impero austro-ungarico, mostrandosi ben deciso a non più abbandonarle. Quindi dal 1878 in poi esso occupa, amministra e governa la Bosnia e l'Erzegovina, vi leva delle truppe, come nelle altre parti della Monarchia, e queste fanno parte dell'esercito austro-ungarico e sono mandate a prestar servizio fuori delle due provincie.

Ma l'occupazione e l'amministrazione della Bosnia e dell'Erzegovina, equivalenti nel fatto al possesso reale, non furono il solo compenso stipulato e concesso dalla Russia in prezzo della neutralità austriaca nella guerra del 1878. L'imperatore Alessandro II si obbligò pure, nel convegno di Reichstadt coll'imperatore Francesco Giuseppe, a non costituire, in caso di vittoria, un forte Stato slavo alla frontiera austro-ungarica. Ed infatti, nel Congresso di Berlino, l'AustriaD ngheria, potentemente sostenuta dall'Inghilterra, ottenne che il Trattato di Santo Stefano per cui volevasi costituire una grande Bulgaria, venisse distrutto e sostituito da altre stipulazioni, intese a ridurre il Principato bulgaro a proporzioni più modeste.

Ricordo qui questi fatti, perché essi dimostrano la cura gelosa con cui il Gabinetto di Vienna vigila alle sue frontiere del sud-est, perché non vi si produca un cangiamento territoriale o politico, a detrimento dell'Impero austro-ungarico. Essi spiegano pure come le truppe d'occupazione in Bosnia ed Erzegovina siano costantemente tenute su piede di guerra. Dalle informazioni pervenutemi, non da fonte ufficiale, mi risulta che i provvedimenti ora presi rispetto a queste truppe non sono gran fatto diversi da quelli che si sono presi finora. Le truppe d'occupazione formano un corpo d'esercito, il 15°, che si compone di circa 25.000 uomini, posti, come dissi, sul piede di guerra, ed in condizione di immediata mobilitazione. La costituzione di questo corpo, sia per il numero di ufficiali, sia per altri particolari, è inoltre tale da permettere lo sdoppiamento, in guisa da convertirsi in due corpi.

Il mantenimento d'una tale forza, in tali condizioni, spiega le provvigioni di vitto e di guerra, di cui fanno menzione i giornali. Le ordinazioni di cartucce e di farine, secondo i calcoli dei circoli militari, non oltrepassano, per ora almeno, i bisogni di un corpo d'armata, destinato a scindersi in due, con una forza complessiva che può subito esser portata ad oltre 30.000 uomini. Io non ho sufficiente competenza per entrare in particolari su questa materia. Ma ho consultato il r. addetto militare a questa ambasciata, signor colonnello Del Mastro, il quale mi ha confermato gli apprezzamenti che qui espongo.

Non mi consta che siano state intraprese nelle provincie occupate opere di fortificazione di qualche importanza, oltre quelle già compiute. E queste, a giudizio di persone competenti, sono dirette a scopo di assicurare il possesso interno anziché a quello di operazioni di guerra. Una ferrovia da Sarajevo a Novi Bazar (che fa parte del territorio riservato alla occupazione austro-ungarica) è in progetto da molto tempo, e questa ferrovia sarebbe destinata a congiungersi colla rete che ora fa capo a Mitrovitza. Ma finora non si tratta che d'un progetto, la cui esecuzione esigerebbe un tempo considerevole, e non può quindi fare oggetto di speculazioni politiche immediate.

D'altra parte, l'annunziata visita di navi austro-ungariche in Grecia, secondo l'affermazione degli ufficiali di marina che sono qui addetti alla sezione di marina presso il Ministero di guerra, non sarebbe che l'esecuzione del programma imposto ogni anno alla squadra austro-ungarica, la quale è obbligata a fare annualmente in primavera o nella estate una corsa in mare. E questa corsa è generalmente diretta, come comporta la posizione geografica dell'Austria-Ungheria, agli sbocchi dell'Adriatico, all'Egeo ed alle coste della Grecia, raramente più lontano. La visita al porto di Salonicco non è esclusa. Ma, secondo che mi è assicurato, essa dipenderà dagli avvenimenti, e finora non sembra decisa.

In conclusione, risulta da questi ragguagli che l'Austria non procede in questi momenti né a mobilizzazioni, né a preparativi speciali di guerra, ma è preparata, ed ha le sue truppe d'occupazione in Bosnia ed Erzegovina sul piede di guerra, come sempre.

Il conte Goluchowski mi ha assicurato in ogni occasione che l'Austria-Ungheria non cerca e non vuole complicazioni; che tutti gli sforzi del Gabinetto di Vienna sono diretti al mantenimento dello status quo territoriale, militare e politico; che conta sul concorso di tutte le Potenze per l'ottenimento di questo scopo, e lo spera; e finalmente che in caso di cangiamenti, che egli non prevede e non desidera, e che, per parte sua, si sforza di tener lontani, il Governo austro-ungarico tiene ben presenti gl'impegni da esso contratti colle Potenze alleate ed in special guisa coll'Italia!.

328 2 Sull'argomento cfr. n. 329. Per la risposta da Pietroburgo cfr. n. 342.

330

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 2081. Roma, 5 febbraio 1903, ore 18,30.

Ricevo telegramma 30 da Obbia2. Desidero conoscere subito per telegrafo quali gravi ragioni la hanno indotta abbandonare sultano e figlio. Allontanandoli,

2 Cfr. n. 322.

ella doveva trattenerli bordo "Caprera" o mandandoli Aden, affidarli r. consolato, non mai porli sotto custodia di quelle autorità locali. Prego disporre subito che sultano e figlio restino Aden piede libero, ma sotto vigilanza autorità italiana. "Reuter" in ultimi telegrammi da Obbia parla di arresto del sultano a bordo "Caprera"; di truppe inglesi che circondarono villaggio e fecero perquisizioni, sequestrando armi, munizioni. Credo non esatte queste informazioni, non potendosi ammettere che tre autorità italiane presenti abbiano permesso, in territorio protetto da Italia, atti sovranità che, se pur necessari, dovevano essere eseguiti da rappresentanti R. Governo. Voglia telegrafarmi spiegazioni ed abbia presenti istruzioni questo ministero per mantenere intatta nostra posizione Stato protettore sia verso sultano, sia verso gli inglesi, e non ecceda nell'azione i limiti assegnatici da questa posizione in modo da eliminare responsabilità dirette del R. Governo. "Reuter" annuncia anche Mad Mullah accampato su Uebi Scebeli, e prossima evacuazione Obbia da parte truppe inglesi con stabilimento base operazioni Bohotle. Questa notizia grandemente mi preoccupa e desidero anche su ciò pronte spiegazioni3.

329 1 Per la risposta cfr. n. 376.

330 1 Il telegramma fu inviato via Massaua.

331

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. 218. Roma, 6 febbraio 1903, ore 24.

Nella previsione che un accordo sul punto ancora controverso possa tra breve raggiungersi, riassumo nel presente telegramma i punti che, per quanto ci concerne, dovranno essere chiaramente espressi nel protocollo da firmarsi tra V.E. ed il signor Bowen: l) Il Governo venezuelano riconosce in principio la giustizia dei reclami presentati dal Governo italiano; 2) Tanto i reclami già presentati dal Governo italiano al Governo venezuelano, quanto quelli che il Governo italiano sarà per presentargli saranno, in difetto di altra soluzione reciprocamente concordata, deferiti ad una commissione mista, la quale dovrà esclusivamente pronunciarsi sulla illegalità del fatto da cui il danno è derivato e sulla entità del danno stesso per l'integrale rimborso, dovendo essere fin da ora inteso che, dimostrato il danno e dimostrata l 'illegalità del fatto, non potrà essere messa in discussione la responsabilità del Governo venezuelano. Ove per altro quest'ultima clausola restrittiva non fosse mantenuta dai rappresentanti britannico e germanico autorizzo V.E. a rinunziarvi; 3) Se per analoghi reclami di cittadini di altra Potenza sarà considerata come definitiva la liquidazione delle corrispondenti indennità, già operata per cura della rispettiva rappresentanza diplomatica, gli analoghi reclami italiani,

già liquidati dalla r. legazione in Caracas nella somma di 2.810.255 bolivares, godranno dello stesso trattamento, e cioè si intenderanno definitivamente liquidati senza che occorra deferirli alla commissione mista; 4) Sarà, del pari, versata immediatamente al Governo italiano una somma eguale a quella che ad altra Potenza fosse immediatamente versata, ed in genere i reclami italiani saranno pareggiati, nel procedimento da seguirsi, e nel trattamento da usarsi, ai reclami analoghi di ogni altra Potenza più favorita; 5) La commissione mista sarà composta di un italiano designato dal R. Governo e di un venezuelano designato dal Governo di Venezuela; in caso di disparere, i reclami saranno sottoposti ad un arbitro nominato dal presidente degli Stati Uniti; 6) Per il graduale pagamento delle indennità sarà assegnato il 30% dei proventi doganali di La Guayra e Puerto Cabello amministrati da funzionari belgi, da ripartirsi pro rata mercè ulteriori accordi tra le Potenze interessate, con quella stessa priorità a beneficio dei reclamanti italiani che fosse eventualmente pattuita a beneficio dei reclamanti britannici o tedeschi; 7) Sarà riconfermato il nostro trattato di commercio del 1861, con espressa avvertenza che gli art. 4 e 26 del trattato stesso ci assicurano, mercè il combinato loro disposto, tanto il trattamento nazionale quanto il trattamento della Nazione più favorita in ogni materia e segnatamente in materia di eventuali reclami; 8) Immediata cessazione del blocco, di concerto con le due altre Potenze alleate, e ripresa delle relazioni diplomatiche, non appena avvenuta la firma de li'accordo. Aggiungo, confidenzialmente, che queste mie istruzioni collimano sostanzialmente, salvo le varianti suggerite dalla diversità di circostanze, colle istruzioni telegrafate da lord Lansdowne a codesto ambasciatore britannico. In massima le confermo che nostro precipuo scopo è di ottenere perfetta uguaglianza di trattamento rispetto agli altri due alleati; così che VE. può sempre rinunziare a ciò cui, in identiche condizioni, rinuncino Inghilterra e Germania.

330 3 Sola rispose con T. 374/15 del 13 febbraio trasmesso da Aden il 18, del quale si pubblica il passo seguente: "Manning assicura evacuazione Obbia e stabilimento base operazioni Bohotle completamente false. Debbo assicurare V.E. che nostra sovranità e autorità mantenute altissime Obbia".

332

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

N. RISERVATA 2533. Roma, 6 febbraio 1903 (per. 1'8).

Per opportuna conoscenza mi pregio comunicare a VE. il seguente rapporto del prefetto di Siena:

"I promotori del comizio pei fatti di Innsbruck hanno definitivamente deciso di convertirlo in una conferenza non più privata come mi era stato promesso, ma pubblica, che avrà luogo il giorno 8 corrente alle ore 15,30 nella sala del mappamondo di proprietà comunale.

Oratore sarà il prof. Carlo Lessona della r. università di Pisa e la conferenza si svolgerà sulle recenti lotte fra studenti in Innsbruck, per manifestare la solidarietà di questi studenti universitari nelle aspirazioni dei loro compagni italiani soggetti al Governo austriaco, tendenti ad ottenere l'istituzione di una università italiana a Trieste.

Per il tema mitigato e per la qualità del conferenziere è da ritenersi che non si recherà offesa alle leggi od abbiano a verificarsi incidenti tali da compromettere i nostri buoni rapporti internazionali.

E' superfluo aggiungere che saranno prese tutte le misure necessarie per garantire assolutamente l'ordine pubblico"·'

333

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL PREFETTO DI MILANO, ALFAZIO 1

T. 3086. Roma, 7 febbraio 1903, ore 19.

Prego adoperarsi con tutti i mezzi che sono a sua disposizione per impedire che la dimostrazione di domani assuma carattere di ostilità verso una Potenza nostra alleata. Un ricordo storico non deve degenerare in atto contrario alla politica del Governo.

334

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, PRINETTI

R. RISERVATO 419/163. Parigi, 7 febbraio 1903 (per. il 12).

Il segreto che si conserva sovra i patti dell'alleanza esistente fra la Francia e la Russia rende opportuno che si prenda accurata nota delle singole dichiarazioni che in ordine ad essa vengono fatte da coloro che ne possiedono completa notizia. L'ipotesi già da me espressa nel carteggio ufficiale, che l'alleanza fra le due Potenze non sia limitata alla reciproca guarentigia del territorio in Europa ma si estenda invece anche agli interessi connessi con le questioni extra-europee e fors'anche con quelle del Levante, troverebbe conferma nella recente affermazione, portata dal signor Delcassé alla tribuna della Camera dei deputati, senza che, in verità, le proporzioni del dibattimento sembrassero richiederla. Un'osservazione dell'on. Denys Cochin relativa al conflitto d'influenza fra il protettorato dei latini

ed il protettorato degli ortodossi in Levante condusse il signor Delcassé a dichiarare, nella tornata del 29 gennaio, ciò che segue:

«La vérité est que l'attitude de la Russie en Orient est celle d'une alliée loyale et sincère et qui malgré des intérèts particuliers nullement négligeables, ne perd jamais de vue les intérèts supérieurs qui nous ont unis ... Je comprends à merveille qu'à l'étranger on s'ingénie à créer des nuages entre deux Grandes Nations qui ont manifesté dans ces derniers temps, à plusieurs reprises et avec éclat, à quel point, pour leur commun avantage, elles se sentent solidaires; ces efforts sont condamnés à rester vains, mais je ne parviens pas à découvrir les raisons qui font tenir un langage de nature à entretenir au dehors l'illusion qu'ils pourraient bienne pas l'ètre toujours».

Non saprei indicare davvero contro quali supposti maneggi dell'estero il signor Delcassé abbia sentito il bisogno di alzare la voce con tanta enfasi. Sarei quasi inclinato a supporre che i termini della sua dichiarazione erano stati predisposti in vista di un dibattimento parlamentare che effettivamente non ebbe luogo. In ogni modo della dichiarazione stessa importa ritenere che non è più la reciproca difesa soltanto, ma bensì la solidarietà degli interessi che il ministro degli affari esteri francesi afferma formare la base dell'inalterabile alleanza franco-russa.

332 l Con Nota riservata 3036 del l O febbraio, non pubblicata, Leonardi comunicò che la conferenza aveva avuto luogo senza il minimo incidente poiché l'oratore si era tenuto nei limiti della legge ed aveva serbato i dovuti riguardi internazionali.

333 l Da ACS; ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti. a cura di G. Carocci, vol. II, Milano, Feltrinelli, 1962, p. 285.

335

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. RISERVATO 6439/28. Roma, 8 febbraio 1903.

Il signor Fleva è venuto oggi a darmi lettura e mi ha lasciato copia del dispaccio direttogli dal suo Governo sugli affari balcanici!, dispaccio al quale si riferisce il rapporto da lei direttomi il 30 dello scorso gennaio2.

Ho risposto al rappresentante rumeno ponendo innanzitutto in rilievo la simpatia che per ragione di comune origine noi abbiamo per il suo Paese. Gli ho detto dopo ciò che l 'Italia desidera vivamente il mantenimento dello sta tu quo nella penisola balcanica e che a questo scopo essa avrebbe, come sempre, svolto la sua azione. Ho terminato facendo presente al signor Fleva che, da parte nostra, e per quanto concerne le riforme da introdursi in Macedonia, nulla avevamo ad obbiettare contro il desiderio della Rumania per la eguaglianza di trattamento verso le genti di diversa razza.

Di quanto precede la informo per opportuna sua notizia e norma.

335 l Del 27 gennaio, non pubblicato in quanto riassunto nel n. 323. Da un appunto di Baccelli risulta che il dispaccio rumeno era stato consegnato già il 4 febbraio. 2 Cfr. n. 323.

336

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, BERTIE 1

L. 6533/24. Roma, 9 febbraio 19032.

Ho l'onore di segnar ricevuta della pregiata nota, in data del 29 gennaio u.s.3, con la quale sir Rennell Rodd m'informa di essere stato autorizzato dal principale segretario di Stato per gli affari esteri a dichiararmi che il Governo inglese vivamente desidera di agire d'accordo col Governo italiano nei negoziati per determinare i confini tra l'Abissinia e il protettorato britannico dell'Africa orientale e di non procedere ad alcun accordo che possa riuscire di pregiudizio agli interessi dell'Italia.

Sir Rennell Rodd aggiunge essere stato pure autorizzato ad assicurarmi che il Governo di Sua Maestà Britannica non farà alcuna stipulazione che implichi un mutamento nella linea di frontiera stabilita dal protocollo anglo-italiano del 24 marzo 1891 senza informare il Governo italiano delle progettate modificazioni ed ottenerne il suo assenso.

Prendo atto con compiacimento di tali dichiarazioni pregando V.E. di far conoscere al marchese di Lansdowne che esse sono, nel pensiero del Governo del re, nuova prova di quella concordia di intenti che regola ormai le relazioni tra le due Potenze amiche ed alleate.

337

IL CONSOLE AD HANKOW, PRAT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 41/12. Hankow, 9 febbraio 1903 (per. il 24 marzo).

Durante la visita che feci al vice re, questi mi disse che finora, non essendovi un consolato d'Italia, aveva usato mandare al consolato di Francia tutte le comunicazioni e le notizie che riguardavano le missioni italiane; aggiunse che credeva che tali comunicazioni avrebbero dovuto farsi d'ora innanzi al consolato d'Italia, e che ciò si proponeva di fare.

Io lo ringraziai, e gli risposi che infatti io ho ordine dal mio Governo di tutelare i diritti e gli interessi di tutti indistintamente i cittadini italiani che si trovano nel mio distretto, e di proteggere in modo speciale coloro che, come i missionari, possono avere maggior bisogno di assistenza.

336 I Ed. in MoNZALI, L 'Etiopia nella politica estera italiana, cit., p. 205. 2 La lettera fu consegnata con questa data a Bertie ma era già stata inviata a Pansa e Ciccodicola allegata a dispacci riservati del 7 febbraio (p~r Londra 6313/56, per Addis Abeba 6333/32). 3 Cfr. n. 321.

Il vice re mi domandò se la protezione della religione cattolica nell'oriente spetti tuttora alla Francia. Io mi limitai a ripetere che per parte mia ho l'ordine e il dovere di interessarmi alle missioni cattoliche italiane e che quindi gli sarò gratissimo se, come mi ha offerto, mi farà comunicare quanto possa riguardare le medesime.

Aggiunsi che l'istituzione del consolato aveva incontrato il gradimento di tali missioni e che già avevo ricevuto congratulazioni ed omaggi anche da missionari dell'interno. Poiché ali 'udienza erano presenti otto o dieci persone fra interpreti e funzionari cinesi, ho creduto bene di non soffermarmi troppo sulla questione posta dal vice re.

Intanto devo far osservare che le missioni italiane sparse nel bacino del Yangtze e cioè nelle province di Honan, Hunan, Shansi e Hopeh, sono in comunicazione più o meno diretta e frequente con Hankow, ove esiste anche la Procura francescana che tratta i loro interessi, e quindi sarebbe opportuno, anche per questa considerazione, che la giurisdizione di questo consolato si estendesse, oltreché al Hopeh, anche alle altre provincie ora menzionate.

Ma di ciò scrivo oggi alla r. legazione.

338

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 292/45. Washington, ... (per. ore 6,35 del 10 febbraio I903).

Posizione Bowen nel rifiutare priorità a Germania e per conseguenza a noi è legalmente forte. Oltre a ragioni note di ordine internazionale, egli è munito di una dichiarazione di accettazione delle sue proposte primitive che escludevano tale priorità, dichiarazione firmata dall'ambasciatore di Inghilterra e dall'incaricato di affari di Germania precedentemente all'arrivo del ministro barone Sternburg. Se Germania insiste, egli minaccia pubblicare detto documento. Avendo per sé opinione pubblica e stampa, di cui sentiamo ad ogni momento la pressione, Bowen può destare grave incidente con conseguenze durevoli. Gioverebbe assai

V.E. confermasse a Berlino tale situazione, e desse suggerimenti di conciliazione, poiché importa termini presente negoziato: non mancheranno occasioni di risollevarlo più tardi in miglior sede.

339

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 299/31. Londra, 10 febbraio I903, ore 8,30.

Ho comunicato jeri al marchese Lansdowne contenuto telegramma di V.E. 2221. Sua Signoria mi ha detto ora aver ricevuto conferma che Bowen obietta contro art. 3

del nostro protocollo, il quale viene ad assicurare per i reclami italiani trattamento pari a quelli della prima classe, che, fino ad ora, si riteneva comprendere solo certi reclami inglesi e tedeschi. Ministro degli affari esteri dichiara essere ora impossibile al Governo britannico di appoggiare codesta nostra domanda e fa viva istanza affinché vengano rimosse queste difficoltà, considerando di somma importanza che la soluzione dell'affare venezuelano possa essere annunziata nel discorso della Corona adesso in preparazione per l'apertura del Parlamento 17 corrente.

339 l Del 7 febbraio, non pubblicato.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. 235. Roma, 10 febbraio 1903, ore 20.

V.E. sa che non avevamo chiesto l'immediato pagamento delle 5.500 lire sterline, spontaneamente offerteci da Bowen. Se, quindi, ciò è necessario per raggiungere l'accordo, autorizzo V.E. dichiarare senz'altro nostra rinuncia. Ciò che a noi preme è una equa soluzione per i nostri reclami già liquidati, rispetto ai quali confermo istruzioni contenute nel mio telegramma di jeri.l Ho semplicemente comunicato a Berlino nostra rinuncia per le 5.500 lire sterline, parendomi non convenire più forte pressione, ed ho anche espresso desiderio codesto ambasciatore di Germania si tenga, per la redazione dei rispettivi protocolli, in comunicazione con V. E.

341

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, A LONDRA, PANSA, E A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATO!. Roma, l O febbraio 1903.

Il barone Pasetti per incarico del suo Governo è venuto confidenzialmente ad informarmi avere il conte Goluchowski diretto all'ambasciatore d'Austria-Ungheria in Londra una nota relativa al passaggio delle controtorpediniere russe attraverso i Dardanelli. Il ministro degli affari esteri austro-ungarico non ravvisa nel caso attuale una violazione chiara dei trattati come non la ravvisò nel caso prece

dente del 1890, ma conferma essere intendimento del Governo imperiale che sia mantenuto in vigore quanto i trattati di Parigi, di Londra e di Berlino prescrivono circa il regime degli stretti.

Lord Lansdowne si è dichiarato pago di tale dichiarazione.

Comunico quanto precede in via confidenziale alla E.V. per sua opportuna notizia.

(Per Costantinopoli) P S. Ho ricevuto il rapporto 57, in data 31 scorso2.

340 l T. 226, non pubblicato.

341 l Il dispaccio fu inviato a Costantinopoli col n. 6792/65, a Londra col n. 6793/63 e a Vienna col n. 6794/79.

342

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CONFIDENZIALE 64/27. Pietroburgo, 10 febbraio 1903 (per. il 18).

Mi è pervenuto il dispaccio confidenziale n. 5407/16 del 2 corrente! e ringrazio l'E.V. di avermi comunicato il risultato delle indagini fatte dal r. addetto militare in Vienna circa le voci riportate da alcuni giornali stranieri su armamenti straordinari da parte dell'Austria-Ungheria in vista della situazione politica nella penisola balcanica.

Per quanto riguarda questo Paese, mi consta, avendo anche interrogato il r. addetto militare, che non vi è per ora alcun sintomo di speciale preparazione. E' però da notare che le forze russe in tempo di pace sulla frontiera sud occidentale basterebbero per poter far fronte ad un'evenienza senza aver bisogno di speciale mobilizzazione.

Come espressione del sentimento generale merita di essere segnalato il qui unito articolo del Novoe Wremia riguardante i rapporti ognora migliori con l'Austria, anche in previsione dell'aumento de li'esercito austriaco.

Non mancherò di tener dietro a questa questione e d'inforrnarne l'E.V. laddove ne fosse il caso.

343

IL CONSOLE GENERALE A FIUME, LEBRECHT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CIFRATO 153/45. Fiume, 10 febbraio 1903 (per. il 12).

Facendo seguito ai precedenti rapporti sull'argomento, mi onoro di segnalare che continua alacremente da questo porto per via di mare in Dalmazia, con evidente destinazione per le provincie occupate, l'invio di armi, munizioni da guerra e materiale di provenienza austriaca.

342 l Cfr. n. 328, nota I.

Il Governo marittimo in massima parte non li denunzia alla dogana per le statistiche, facendoli, per quanto è possibile, imbarcare segretamente.

I preparativi de li'Austria-Ungheria per l'eventualità di un'azione militare nei Balcani sono però innegabili; secondo ora si afferma da fonte abitualmente bene informata, tutto sarebbe già pronto, occorrendo, per la rapida mobilitazione anche di tre corpi d'armata, uno dei quali, forse per affinità di linguaggio, si dice, sarebbe preso in Boemia, il secondo in Stiria ed il terzo in Ungheria.

Naturalmente non sono in grado di controllare l'ultima notizia che riferisco a puro e semplice titolo informativo!.

341 2 R. 129/57, non pubblicato.

344

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 309/52. Washington, ... (per. ore 6,45 dell' 11 febbraio 1903).

Colleghi Inghilterra e Germania soddisfattissimi. Sperano che R. Governo e Governo germanico accetteranno. Loro espresso consenso farà testimonianza nostro persistente accordo. Opinione pubblica non comprenderebbe rifiuto. Italia trovasi sovra un piede di assoluta parità con Inghilterra e di inferiorità, affatto secondaria, verso Germania. Otteniamo entro 60 giorni una somma netta che non pensavamo domandare. Nostro credito già liquidato dalla legazione a Caracas viene riconosciuto indiscutibile ed ammesso a pagamento dopo tre mesi. Non è forse una vittoria insigne per nessuno ma è una soluzione onorevole per tutti. Permettomi sollecitare risposta sia circa soluzione proposta, sia circa questione rilascio battelli catturati già consentito da Inghilterra.

345

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. 250. Roma, 12 febbraio 1903, ore 14,25.

Credo preferibile, e l'ho anche suggerito a Berlino e Londra!, che sia simultanea la firma dei tre protocolli. Ma è ben inteso che, essendo già perfetto il no

stro accordo, VE. deve senza indugio firmare se le consti che l'uno o l'altro dei colleghi proceda alla firma senza attendere la firma a tre.

343 l Si pubblica qui un passo del R. 159/16 da Fiume dell'Il febbraio: "...non è peraltro verosimile che a Vienna ed a Budapest si lasci così facilmente sollevare dai croati una questione di tanto momento, quale quella del trialismo, il riconoscimento cioè del Regno di Croazia (con la Slavonia e la Dalmazia), quale terzo fattore nella Monarchia. Non è ammissibile che tedeschi e magiari, i quali costituiscono la maggioranza assoluta, acconsentano a lasciar formare un Regno slavo-meridionale autonomo, che abbracci la Croazia-Slavonia, gli ex-confini militari, la Dalmazia, e possibilmente, altresì la Bosnia Erzegovina, giusta il sogno dei pancroati".

345 l T. 251, pari data, non pubblicato.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 256. Roma, 12 febbraio 1903, ore 20.

Le notizie sulla situazione in Macedonia accennando a probabili prossime agitazioni, prego VE. chiedere confidenzialmente a qual punto trovisi il compito affidato agli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia in Costantinopoli, di preparare il testo definitivo delle proposte da presentarsi alla Sublime Porta per la pacificazione e la migliore amministrazione di quella regione!.

347

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. CONFIDENZIALE 326/56. Washington, ... (per. ore 7,25 del 13 febbraio 1903).

A conferma del mio telegramma precedente ultima parte 1 , informo VE. avermi ambasciatore d'Inghilterra ora confidato che, tre giorni sono, marchese Lansdowne gli aveva dato istruzioni telegrafiche appoggiare reclami tedeschi e non appoggiare i nostri.

348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. 258. Roma, 13 febbraio 1903, ore 12.

Rispondo ai telegrammi nn. 53, 54 e 551. Quantunque i nostri reclami 1898900 siano altrettanto liquidi quanto gli analoghi tedeschi, avevamo consentito, per

347 l T. 325/55, non pubblicato. 348 l T. 324/53 del 12 febbraio e T. 325/55 del 13 febbraio, non pubblicati, T .. ./54 non rinvenuto.

amore di conciliazione, che la Germania avesse la priorità di pagamento per la metà di quei suoi reclami. La Germania chiede ora la priorità per la intera cifra, mentre per noi la priorità si limiterebbe alle 5500 sterline offerte da Bowen. Per attenuare una tanta disparità di trattamento prego V.E. insistere acciocché o ci sia consentita la priorità per una maggiore quota di quei nostri reclami, o, quanto meno, si faccia decorrere per essi un ragionevole interesse di cui lascio a lei la cura di concordare la cifra con Bowen. Telegrafo a Berlino e a Londra2 chiedendo che una così equa nostra domanda sia appoggiata dai colleghi di lei in guisa che si possa oramai addivenire alla simultanea firma dei tre protocolli3.

346 l Per la risposta di Nigra cfr. n. 351.

349

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, E A LONDRA, PANSA

T. 259. Roma, 13 febbraio 1903, ore 12.

Qui riproduco un mio telegramma al r. ambasciatore in Washington: "Quantunque i nostri reclami ..." (Vedi telegramma n. 258 a Washington)l. V.E. intende la difficile e non equa situazione che ci sarebbe fatta se fosse integralmente ammessa la domanda presentata ora dalla Germania senza che fosse quanto meno attenuata la disparità di trattamento che ne risulterebbe per i nostri analoghi reclami. Prego quindi l'E.V. fare immediate pratiche presso codesto Governo acciocché il suo ambasciatore a WashingtotJ. riceva tosto istruzione appoggiare la nostra moderata domanda. V.E. vorrà non dissimulare a codesto Governo che, mancando per noi una soddisfacente soluzione, la pubblica opinione in Italia ne farebbe certamente risalire la responsabilità anche al contegno delle due Potenze alleate2.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. CONFIDENZIALE 260. Roma, 13 febbraio 1903, ore 12.

Ad ogni buon fine, e per sua norma personale qui trascrivo un telegramma ora giuntomi dal r. ambasciatore in Washington: "(vedi telegramma n. 326 da Washing

3 Per la risposta cfr. n. 353.

2 Per la risposta da Londra cfr. n. 352. Lanza comunicò con T. 341/31 del 14 febbraio, non pubblicato, che, essendo stati firmati a Washington i protocolli, la richiesta presentata al Governo tedesco in base a questo telegramma doveva considerarsi superata.

ton)"I. Se il telegramma Mayor corrisponde alla esatta realtà, sarebbe veramente inesplicabile il contegno di lord Lansdowne il quale ha, in questi tempi appunto, non dubbie prove della nostra leale ed operosa amicizia verso l'Inghilterra2.

348 2 Cfr. n. 349.

349 l Cfr. n. 348.

351

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. CONFIDENZIALE 328. Vienna, 13febbraio 1903, ore 18,30 (per ore 20).

Risposta al telegramma di iersera!. Conte Liitzow, in assenza del conte Goluchowski che è a Budapest, mi informa di quanto segue: testo delle proposte sarà comunicato a V.E. dagli ambasciatori austro-ungarico e russo martedì prossimo, dopo arrivo a Roma del corriere russo ivi atteso. Conte Liitzow mi disse che il Gabinetto austriaco spera che il Governo italiano darà la sua approvazione e cooperazione. A Vienna ed a Pietroburgo si desidera che la presentazione delle proposte alla Turchia possa aver luogo giovedì o sabato. Dopo la presentazione il testo sarà pubblicato. Conte Liitzow mi confermò la smentita di mobilitazione di forze austro-ungariche e di atrocità commesse dai turchi in Macedonia, e, egualmente, che il Gabinetto austriaco non diede alcuna risposta alle ultime comunicazioni turche e bulgare. Mi informò che il conte Lamsdorff fece dare ancora recentemente al Governo bulgaro un severo monito avvertendolo di non contare sulla Russia, in caso di conflitto provocato dalle bande bulgare.

352

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 334/35. Londra, 14 febbraio 1903, ore 1,15.

Dietro telegramma di V.E. 2591, ho parlato subito, in assenza del marchese Lansdowne, col sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Questi mi ha detto ritenere che l'ambasciatore d'Inghilterra a Washington avrebbe firmato oggi stes

2 Per la risposta cfr. n. 352.

35 I l Cfr. n. 346.

so protocollo come gli era stato ordinato fare al più presto simultaneamente coi suoi due colleghi. Il sentimento che qua sovrasta ad ogni altro, è la brama di finirla immediatamente ad ogni modo. Essendomi stato esibito testo dell'ultimo protocollo germanico, accettato da Bowen, ove è stipulato pagamento in 5 tratte, con garanzia eventuale dei proventi generali delle due dogane, ho osservato che quest'ultima condizione potrebbe venire a trovarsi in contraddizione coll'altra cessione del 30% delle dogane stesse. Mi è stato risposto che se una simile eventualità difatti esisteva Governo britannico preferiva ancora correre rischio piuttosto che indugiare a discuterla, e che, del resto il protocollo inglese rimaneva indipendente dal tedesco, del quale non si voleva preoccupare. Qui regna infatti un certo malumore per la asprezza della Germania nel mercanteggiare le condizioni pecuniarie. Avendo questo ambasciatore di Germania sollevato testé dei dubbi circa la legalità dei poteri di Bowen, mi risulta (confidenzialmente) essergli stato significato dal Foreign Office che anche a questo rischio il Governo britannico era preparato, e che qualora Germania preferisse garantirsene continuando blocco, essa avrebbe a ciò fare per conto proprio. In tale stato di cose è fuori di questione che questo Governo voglia ora prestarsi a qualsiasi atto il quale potesse aver effetto di ritardare la firma aspettata d'ora in ora con somma impazienza. Alle mie osservazioni circa disparità tra le condizioni tedesche e le italiane, è stato obiettato che queste ultime erano in ogni modo più favorevoli di quelle accettate per sé dal Governo britannico, il quale non si riteneva responsabile di ciò che Germania aveva potuto strappare all'ultimo momento a proprio vantaggio. Circostanza, di cui è questione telegramma di V.E. 2602, deve riferirsi al nove febbraio, nel quale giorno le ho comunicato dichiarazioni di lord Lansdowne, essere impossibile al Governo britannico appoggiare nostra domanda di ottenere trattamento identico a quello per il quale Germania aveva, a suo tempo, formulato specifiche riserve accettate dal Venezuela. Mi riservo tuttavia di parlarne a Sua Signoria.

350 l Cfr. n. 347.

352 l Cfr. n. 349.

353

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 333/59. Washington, ... (per. ore 6,45 del 14 febbraio 1903).

Rispondo suo telegramma 2581. Ben comprendendo soverchia disparità trattamento, avevo fatto già a Bowen parecchie proposte, di cui corrispondenza ren

353 I Cfr. n. 348.

derà conto, ma senza risultato. Anche quelle suggerite da V.E. sono respinte. Bowen dichiara aver concesso troppo. Se alleati si dichiarassero solidali con noi rinunzierebbero a sistemazione diretta deferendo ogni cosa all'Aja. Ora inglesi hanno fretta finire volendo presentare mercoledì venturo libro azzurro sulla questione. Tedeschi pure desiderosi firmare. Ciò essendo reputo miglior consiglio non rimanere isolati, né far accusare Italia aver suscitato difficoltà ultimo momento, il che solleverebbe contro noi opinione pubblica stanca, e firmerò coi colleghi. I pagamenti per noi, gli inglesi e gli altri decorrono dal primo marzo e, finché tribunale dell'Aja non si sia pronunziato su priorità proventi dogane, saranno depositati presso succursale Banca d'Inghilterra.

352 2 Cfr. n. 350.

354

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 340. Sofia, 14 febbraio 1903, ore 10,15 (per. ore 13,25).

Questo ministro degli affari esteri ci comunicava adesso verbalmente che questo Governo principesco ha deciso e ha dato ordini in proposito perché siano soppressi amministrativamente tutti i comitati macedoni, chiusi locali, impedite questue, riunioni, propagande e sequestrate corrispondenze in tutta Bulgaria; Bulgaria internato agitatori da mettersi poi in mano della giustizia; Bulgaria raddoppiato cordoni militari e mandato pattuglie volanti alla frontiera.

355

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 265. Roma, 14 febbraio 1903, ore 13,30.

Il r. ambasciatore in Washington mi aveva già segnalato il contegno riservato del suo collega germanico. Mi telegrafa ora quanto segue: «Informo V.E. che protocollo tedesco è stato comunicato all'ambasciatore d'Inghilterra ed al plenipotenziario venezuelano, non al rappresentante di Sua Maestà. Dato i miei ottimi rapporti personali col collega tedesco, è manifesto che questa esclusione gli fu ordinata».' Desidero che V.E., senza fame oggetto di oramai inutile recriminazione, faccia costì comprendere che un così singolare procedere non ci è passato

inosservato e ne abbiamo provato la più spiacevole meraviglia, contrastando esso, non solo coi naturali rapporti tra due Governi alleati, ma altresì con le esplicite e reiterate dichiarazioni di codesto Governo in occasione del presente negoziato.

355 l T. confidenziale 332/58, pervenuto alle ore 22,50 del 13 febbraio.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, MAYOR

T. 266. Roma, 14 febbraio 1903, ore 13,30.

Ho ricevuto i successivi telegrammi di V.E., l'ultimo dei quaJil mi annuncia l'avvenuta firma del protocollo. Approvo l'operato di lei. Dispongo tosto per la levata del blocco e la restituzione delle prede.

357

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI

D. 7628/392. Roma, 15 febbraio 1903.

Ho ricevuto solo il giorno 8 la nota, n. 2533, di V.E. in data del 6 corrente!, informanteci della conferenza relativa ai fatti d'Innsbruck, che in tal giorno doveva esser tenuta a Siena.

E' evidente che non spetta a noi di decidere ciò che convenga al Governo austriaco di fare in materia della sua legislazione interna, e queste dimostrazioni frequenti turbano, più che non si crede, i buoni rapporti col Governo alleato senza alcuna utilità per noi.

Sarò grato pertanto ali' E.V. se vorrà ordinare in altra eventuale occasione, che questo ministero sia avvertito in tempo per ogni opportuno provvedimento.

358

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 290. Roma, 17 febbraio 1903, ore 16.

Come V.E. sa, sultano Obbia e figlio sono stati, a richiesta comandante in capo spedizione inglese, allontanati da Obbia e condotti ad Aden, dove furono

357 l Cfr. n. 332.

consegnati alla autorità locale, che li trattenne in arresto. Non potendo ammettere che nostri protetti siano consegnati e trattenuti da altra autorità che non sia l 'italiana, diedi istruzione al r. console in Aden di chiedere formalmente in nome R. Governo consegna due nostri protetti e custodirli con stretta vigilanza al consolato per evitare evasione e comunicazione con l'esterno 1• Con mia grande meraviglia, apprendo ora da un telegramma del r. console in Aden2 che residente inglese ha sentito il bisogno di sottoporre la nostra domanda a Londra, e, mancando risposta, procrastina consegna nostri protetti. Tutela nostra dignità e recenti dichiarazioni fatte dal sotto-segretario di Stato rispondendo interrogazione on. Chiesi3, rendono necessario che consegna sia, come di dovere, subito eseguita. Prego pertanto VE. di vedere al più presto lord Lansdowne e di pregarlo di voler impartire al residente britannico in Aden l'istruzione di consegnare al consolato italiano i due nostri protetti. Gradirò un cenno telegrafico di assicurazione al riguardo4.

356 l T. 336/61, pari data, non pubblicato.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 295. Roma, 17 febbraio 1903, ore 20.

Gli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia mi hanno oggi comunicato il progetto di riforme per i vilayets di Salonicco, Monastir e Kossovo, elaborato dagli ambasciatori dei due Imperi a Costantinopoli, da presentarsi d'urgenza al sultano. Il programma di queste riforme essendo stato già approvato in massima dal Gabinetto di Roma, i due Governi imperiali chiedono al Governo italiano di voler far conoscere, entro il più breve termine, la sua adesione, e di prescrivere all'ambasciatore di Sua Maestà in Costantinopoli di appoggiare, presso la Sublime Porta, il passo che i due colleghi stanno per fare. Ho risposto ai due ambasciatori che, dopo semplice lettura del progetto, dovevo !imitarmi a manifestare loro la mia personale impressione nulla contenervisi che possa suscitare obiezioni da parte nostra, e mi sono riservato di far loro conoscere, al più presto, possibilmente entro domani, risposta ufficiale del R. Governo. 1

2 T. 359113 del 17 febbraio, non pubblicato.

3 Cfr. Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, sessione 1902-1903, Discussioni,

vol. VI, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1903, pp. 5340-5342. 4 Per la risposta cfr. n. 364. 359 l Cfr. n. 362.

358 1 T. 255, a firma Baccelli, del 12 febbraio, non pubblicato.

360

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. CONFIDENZIALE 296. Roma, 17 febbraio 1903, ore 23,15.

Il progetto comunicatomi dagli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia, intende, come in esso è espressamente dichiarato, a completare i recenti regolamenti emanati dalla Porta per i tre vilayet macedoni ed a migliorarne l 'amministrazione. Questi ne sono i punti principali: l) l 'ispettore generale dei tre vilayet durerà in carica tre anni, né potrà, prima del termine triennale, essere revocato senza che siano preventivamente consultati i due Governi imperiali; 2) i tre valì sono strettamente soggetti agli ordini dell'ispettore generale; 3) nella gendarmeria e nella polizia la proporzione tra musulmani e cristiani sarà in ragione della rispettiva popolazione musulmana e non musulmana, abrogato l'obbligo di leggere e scrivere il turco; 4) le guardie campestri, scelte nei singoli villaggi, saranno cristiane dove predomina l'elemento cristiano; 5) saranno energicamente repressi gli eccessi degli arnauti; 6) amnistia generale, eccettuati i reati comuni, da estendersi anche agli emigrati; 7) ogni vilayet avrà il suo bilancio ed il prodotto delle imposte, versato presso la cassa provinciale della Banca ottomana, servirà in primo luogo a fronteggiare le spese del vilayet. Le decime saranno appaltate per ogni villaggio, e mancando l'appalto saranno amministrate in regia.

361

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI

T. S.N. Vienna, 17 febbraio 1903.

Goluchowski, ritornato da P est, si è mostrato molto soddisfatto dell' accoglienza fatta dalla Camera alla risposta data da V.E. all'interrogazione sugli affari balcaniciI. L'impressione è stata qui ottima.

362

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 298. Roma, 18 febbraio 1903, ore 14,45.

Faccio seguito al telegramma di ieri l. Ho risposto oggi agli ambasciatori d'Austria-Ungheria e Russia che, avendo trovato nel comunicatomi progetto di

riforma per i tre vilayet di Macedonia l'esatto sviluppo del programma a cui il R. Governo, confidenzialmente consultato, aveva dato la sua adesione, non esitavo a dichiarare che il R. Governo, per quanto lo concerne, lo accetta, e che avrei tosto telegrafato al r. ambasciatore a Costantinopoli di appoggiare, nel momento opportuno, il passo che sta per essere fatto, presso la Sublime Porta, dai suoi colleghi d'Austria-Ungheria e di Russia.

(Per Costantinopoli) V.E. vorrà, a tal fine, mettersi in comunicazione coi due colleghi.

361 l Cfr. Atti del Parlamento italiano, Camera dei deputati, sessione 1902-1903, Discussioni, vol. VI, cit., pp. 5537-5538.

362 l Cfr. n. 359.

363

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 299. Roma, 18 febbraio 1903, ore 14,50.

Nel progetto ieri comunicatomi dagli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia è espresso il desiderio che la Sublime Porta prometta di non revocare prima della scadenza del triennio l'ispettore generale dei tre vilayet di Macedonia senza essersi prima consultata con quei due Governi. Non ho creduto, nella mia risposta, doverne fare particolare rilievo, ma, coerentemente agli impegni ed alle intelligenze tra i due Governi alleati, ritengo come acquisito che eventualmente codesto Governo, chiamato a pronunciarsi sulla revoca dell'ispettore generale, non mancherebbe di avere con noi un amichevole scambio di idee in proposito. Prego V.E. esprimersi in questi termini con il conte Goluchowski l.

364

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 376/381. Londra, 18 febbraio 1903, ore 18.

Foreign Office ha telegrafato oggi al residente in Aden autorizzazione consegnare i due prigionieri al r. console. Domanda di istruzioni si riferiva al timore che non potessero prendersi misure abbastanza efficaci per prevenire qualche tentativo di evasione.

364 l Risponde al n. 358.

363 l Per la risposta di Nigra cfr. n. 367.

365

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 375/6. Pietroburgo, 18 febbraio 1903, ore 18,35 (per. ore 20,50).

Accuso ricevuta telegrammi 295 e 2961. Conte Lamsdorff ricevimento solito di oggi si è mostrato particolarmente soddisfatto accoglienza che la comunicazione Nelidow ha avuto presso V.E. aggiunse essere stato anche assicurato appoggio incondizionato Germania.

366

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 380/39. Londra, 19 febbraio 1903, ore 0,21.

Ricevetti telegrammi di V.E. n. 295 e 2961. Marchese di Lansdowne che ebbe ieri analoga comunicazione dagli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia, ha risposto riservarsi esaminare progetto del quale, egli, intanto, potrebbe approvare la linea generale, mentre Governo britannico non ha a fare proposte proprie2 . A titolo strettamente personale, ho avuto opportunità di constatare essersi qui rilevato che il punto primo del progetto tende a conferire alle due Potenze proponenti una specie di controllo privilegiato sulla posizione dell'ispettore generale. Non so, però, se si vorrà fame oggetto di obiezione.

367

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 384. Vienna, 19 febbraio 1903, ore 15,35 (per. ore 17,15 ).

Ho comunicato a conte Goluchowski contenuto del telegramma n. 299'.

S.E. mi disse che il Governo austro-ungarico sarebbe naturalmente rimasto fe

dele agli impegni reciprocamente presi circa eventuale scambio di idee. Segue rapporto2 .

365 l Cfr. nn. 359 e 360. 366 l Cfr. nn. 359 e 360. 2 Sull'atteggiamento inglese cfr. British Documents an the Origins ofthe War 1898-1914, vol. V, London, 1928, pp. 54 sgg. 367 l Cfr. n. 363.

368

IL CONSOLE A ZARA, MILAZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 385. Zara, 19 febbraio 1903, ore 18,20 (per. ore 19,40).

Club Unione zaratina è stato sciolto 1 , in base legge 15 novembre 1867, che autorizza luogotenenza sciogliere qualunque circolo, associazione, qualora non si mantiene nei limiti del suo statuto; tanto più poi se faccia manifestazioni di politica contro all'attuale stato delle cose. In quanto all'entità dei fatti occorsi ... 2 visto che furono conosciuti soltanto dall'autorità politica, che dietro denunzia, visitò locale club. D'altra parte giornale italiano locale dalmata, avendo sui fatti degli emblemi irredenti taciuto, non resta quindi che versione giornali ufficiali luogotenenza, in cui è detto essere stati trovati nella sala da ballo diversi emblemi irredenti con ritratti altissimi personaggi italiani: per cui club è stato sciolto con denunzia fatti autorità giudiziaria3.

369

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 574/223. Parigi, 19 febbraio 1903 (per. il 25).

Ho ricevuto ieri mattina il telegramma (n. 296)1, con il quale V. E. mi ha comunicato il progetto che dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia le era stato presentato circa i provvedimenti che la Sublime Porta è invitata ad introdurre nell'amministrazione dei tre vilayet compresi nella Macedonia. Nella sera

scioglimento del club.

2 Gruppi indecifrati.

3 Cfr. quanto aveva comunicato Milazzo con R. urgente riservato 255/33 del 13 febbraio: "A

quanto si assicura però, la sospensione sarebbe invece originata da un incidente sorto fra la direzione

del club ed il commissario di polizia il quale avrebbe trovato nella sala da ballo molti ornamenti dai

colori italiani insieme ai ritratti delle LL. MM. il Re Vittorio e la Regina Elena, ritratti ed ornamenti,

ch'egli avrebbe ingiunto di togliere".

mi pervenne l'altro telegramma (n. 298)2 relativo alla risposta in proposito da lei data ai due ambasciatori.

Nel frattempo, essendo ieri giorno di ordinario ricevimento dei capi di missione a questo Ministero degli affari esteri, io avea avuto un colloquio col signor Delcassé ancora imperfettamente riavutosi dalla indisposizione che lo allontanò per varii giorni dagli affari. Questo signor ministro mi disse spontaneamente di aver avuto dall'Austria-Ungheria e dalla Russia la comunicazione del progetto di riforme da introdursi dalla Turchia in Macedonia. Egli vi avea trovato presso a poco tutto ciò di cui si era fin qui parlato e che la Francia avea essa stessa consigliato come risultava dal Libro giallo recentemente presentato al Parlamento3.

Non mi trovavo, in quel momento, ancora in grado di dire al signor Delcassé l'accoglienza che il Governo di Sua Maestà avea fatto alla comunicazione dei due Governi imperiali. La conversazione si portò conseguentemente, in forma quasi privata, sul grado di fiducia che si poteva avere nell'esito dell'azione diplomatica intrapresa a Costantinopoli e nell'efficacia delle misure che il Governo ottomano avrebbe adottate. Nel corso del colloquio il ministro francese manifestò l'opinione che il Governo bulgaro avesse dato prova di grande risolutezza e coraggio nel prendere verso i comitati macedoni i provvedimenti di cui si avea avuto recente notizia. In merito ai provvedimenti dei quali si reclama alla Turchia l'applicazione, egli nulla di notevole avea osservato. Gli chiesi se avesse notato che per la revoca dell'ispettore generale dei vilayet basterebbe il consenso dell'Austria-Ungheria e della Russia alle quali due Potenze si veniva così, se io non errava, a riconoscere per la prima volta una situazione speciale nel concerto degli atti internazionali stabilito, in condizioni di assoluta uguaglianza, per la guarentigia dell'Impero ottomano. Mi affrettai naturalmente di far osservare che questa era una mia personale osservazione e, siccome l 'indole della conversazione lo comportava, il signor Delcassé mi disse che in realtà egli non si era accorto di questa innovazione e non pensava che di proposito i due Governi imperiali l'avessero introdotta per ottenerne un indiretto riconoscimento da parte degli altri Stati partecipanti al concerto creato e mantenuto dai congressi.

Dissi pure al ministro che egli avea probabilmente avuto notizia dell'interrogazione svoltasi nella Camera dei deputati in Italia il 16 di questo mese4. S. E. Baccelli, sotto segretario di Stato, ave a avuto l'occasione di mettere opportunamente in sodo come l'azione della diplomazia italiana si fosse svolta parallelamente ed in armonia perfetta con quella degli altri Stati presso la Porta ottomana. Mi avea sorpreso l'impressione che, in un senso diverso, sembrava prodursi dalla lettura del Libro giallo ed io avea posto a me stesso la domanda se qualche cosa, da me ignorata, avesse potuto autorizzarla. Io non ero incaricato menomamente di tirar in chiaro questo punto; ma la mia curiosità, non meno che il desiderio costante di eliminare le dubbiezze nello svolgimento degli ottimi nostri rapporti ufficiali e personali, mi induceva a parlargliene. Il signor Delcassé che già parve informato di tale impressione prodotta dalla raccolta dei documenti da lui pubbli

3 Documents diplomatiques. Affàires de Macédoine, Paris, Imprimerie nationa1e, 1903.

4 Cfr. n. 361, nota l.

cati, aprì davanti a sé la raccolta stessa e, soffermandosi ai n. 39 e 40 della medesima, mi disse che se, dal primo di questi documenti appariva che egli avea parlato, verso la metà di ottobre, con gli ambasciatori di Austria, Inghilterra, Russia e Turchia e non con quelli di Italia e di Germania, ciò non voleva dire che intenzionalmente egli si era astenuto dal conferire con questi due. Risultava dalle note prese in seguito ai colloqui avuti da lui con i miei colleghi, che con quei quattro soltanto egli avea effettivamente parlato. In quei giorni probabilmente io ero assente ed il principe Radolin lo era certamente. Mi trovai infatti fuori di Parigi per ordinario congedo durante la seconda metà di ottobre dell'anno passato ed è probabile che proprio in quei giorni siano avvenuti i colloqui con i soli quattro ambasciatori nominati nel Libro giallo. Si potrebbe però osservare che se quei colloqui doveano, agli occhi del ministro francese degli affari esteri, avere tale importanza da essere ricordati nel Libro giallo per determinare una situazione, gli incaricati d'affari d'Italia e di Germania avrebbero potuto essere da lui messi in grado di trasmettere il suo pensiero ai loro Governi rispettivi. Sul secondo dei sovracitati documenti le spiegazioni del signor Delcassé furono piuttosto confuse. Non era la Francia che avea proposto una conferenza. Ma di conferenza, egli disse, si era vagamente parlato. Non era certamente stato proposito suo d'imputcrne la non riuscita all'uno piuttosto che all'altro Governo. Scrivendo egli stesso il dispaccio del l o dicembre all'incaricato d'affari a Costantinopoli, quella frase gli era venuta spontanea sotto la penna, né avea mai pensato che le si sarebbe potuto dare una interpretazione che non si era affacciata alla sua mente.

Sebbene, come dissi, la conversazione, in cui queste cose furono dette, nulla abbia avuto di formale, stimo tuttavia opportuno riferime a V. E. poiché esse costituiscono una rettifica, almeno parziale, di quanto ebbi ad esporre nel mio rapporto delli 31 gennaio (n. 339/128)5 relativo alla pubblicazione del Libro giallo Macedonia. Prego pertanto VE. di voler notare che mentre le spiegazioni datemi con molta spontaneità dal signor Delcassé possono valere per darci dei propositi suoi un più esatto concetto, il carattere del colloquio in cui le medesime mi furono fornite, escluderebbe che di esse si faccia uso nella forma in cui furono espresse e sono qui riferite.

367 2 R. riservato 237/122 dello stesso 19 febbraio, non pubblicato.

368 l Risponde al T. 309 dello stesso 19 febbraio con cui Baccelli chiedeva informazioni sullo

369 l Cfr. n. 360.

369 2 Cfr. n. 362.

370

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 28. Addis Abeba, 19 febbraio 1903 (per. il 27 marzo).

A complemento della succitata notizia telegrafata a VE. il 12 correntei ho l'onore di aggiungere le seguenti spiegazioni.

369 s Non pubblicato. 370 l T. 457/5, trasmesso da Asmara il lo marzo, non pubblicato.

Credo sia l'imperatore oggi convinto esser miglior partito togliere ogni carattere privilegiato alla ferrovia di Gibuti, lasciando libertà a tutte le iniziative per nuove intraprese di tal genere, sia da Berbera che da Assab, le quali oltre a dare con la concorrenza un maggiore sviluppo al traffico di questi mercati etiopici, possono mantenere anche in giusto equilibrio le influenze politiche degli Stati qui rappresentati.

L'imperatore sarebbe quindi d'avviso di: A) Permettere agli inglesi una ferrovia Berbera-Harrar. B) Ritirare ad Ilg e Chefneux la primitiva concessione privilegiata, ad essi

accordata, per averla ceduta senza consenso, e contrariamente ai patti convenuti, ad uno Stato estero.

C) Trattare direttamente col Governo francese per la ferrovia di Gibuti sulla base dell'esclusione di ogni privilegio o garanzia, contemplata nella concessione fatta a privati.

Se dunque Menelik manterrà tali propositi credo che saranno raggiunti gli obiettivi indicati da V.E.2 e difatti: verrà tolto ogni carattere di monopolio alla ferrovia di Gibuti, sarà mantenuto equilibrio fra l'azione d'influenza politica e di traffico della Francia e dell'Inghilterra, ed avremmo favorito i francesi decidendo Menelik a desistere dal proposito di non volere trattare col Governo della Repubblica per sistemare una questione che pel prestigio stesso della Francia richiede una pronta e favorevole soluzione.

Se ho voluto anticipare a V.E. la notificazione di quanto Menelik in questo momento pensa, contrariamente al mio sistema di non accennare mai a fatti ancora soggetti al mutabile pensiero dell'imperatore, vi sono stato indotto dal valore del problema politico-commerciale che oggi cerca una soluzione che sarà tanto decisiva per le prossime future influenze straniere in Etiopia, e dalla importanza delle conseguenze di un prevedibile ritiro di llg dagli affari etiopici.

Il signor Ilg dal suo ritorno qui, si è ben accorto che non gode più la fiducia di Menelik, e vede che i suoi 25 anni di lavoro impiegati a distruggere l'opera del nostro Massaja e dell' Antonelli per sostituirsi ad essi ed acquistare influenza sono stati da lui stesso malaccortamente compendiati col palese interessato suo appoggio al Governo di Francia per la ferrovia di Gibuti. Ma non è uomo da cedere senza aver prima escogitato tutti i mezzi possibili per riconquistare il suo posto. Epperciò non sono infondate le mie preoccupazioni circa la serietà e la stabilità dei propositi attuali dell'imperatore, tanto più che ben conosco la debolezza del suo carattere.

llg, che meglio di me deve conoscere Menelik, non trascurerà di certo ogni mezzo per agire su quella [indole] tanto docile e pieghevole al peso dei talleri. Intanto mentre non tralascio di seguire, e possibilmente continuare a condurre lo svolgimento degli avvenimenti, non trascurerò del pari ogni cautela per appa

rire indifferente in causa innanzi ad Ilg ed Harrington. Questi oggi esigono sorveglianza oculata e diligente perché ambedue, spinti dalla importanza della lotta nella quale sono impegnati, impiegheranno tutti i mezzi ed espedienti di cui possono disporre per sopraffarsi, e questi mezzi ed espedienti è necessario che siano a noi in precedenza noti per scongiurare soluzioni dannose ai nostri interessi.

E difatti Harrington mira a fare accettare a Menelik un prestito per fargli costruire il tratto di ferrovia della linea di Berbera compreso nel territorio etiope fino ad Harrar.

Il prestito sarebbe garantito con i 200 mila talleri annui che il Governo britannico consente pagare all'imperatore se ottiene il libero sfruttamento delle acque del lago Tzana.

Su tale progetto, che lo stesso Menelik confidenzialmente mi ha fatto noto per avere un consiglio, ho creduto opportuno fargli comprendere la necessità di non prender impegni immediati e di studiare e misurare prima, molto cautamente e diligentemente, l'entità del valore della concessione che gli si chiede.

Questa è la situazione a tutt'oggi. Voglio augurarmi che non muterà e che potrò avere la forza e la fortuna di continuare a mantenere l'imperatore nei suoi propositi, che se posti in atto costituiranno la riuscita completa degli obiettivi da

V.E. indicati e voluti.

370 2 Cfr. n. 245.

371

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 392/8. Pietroburgo, 20 febbraio 1903, ore 16,55 (per. ore 17,55).

Ambasciatore di Germania è venuto chiedermi se fosse vero che a Roma fosse stata chiesta dilazione qualche giorno per comunicazione circa passi da farsi presso Sublime Porta. Risposi che fin dal 18 erasi aderito senza riserva l. Mi confidò essergli stato detto che Governo italiano avrebbe fatto osservare che, in caso revoca ispettore generale, doveva essere anch'esso consultato. Risposi non essermi stato nulla comunicato proposito2. Stamane giornali danno in extensum risposta sotto segretario di Stato al deputato Cirmeni3.

2 Per la risposta cfr. n. 375.

3 Cfr. n. 361, nota l.

371 l Cfr. n. 362.

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATO 321. Roma, 20 febbraio 1903, ore 22.

Da rapporti ora giunti risulterebbe non fondata accusa fatta Jusuf avere inibito vendita cammelli agli inglesi, accusa che fu una delle cause determinanti suo allontanamento. Risulta inoltre che, in occasione arresto Jusuf, comandante Lovatelli, mal corrispondendo alla fiducia i_n lui posta dal Governo, ha consentito che generale Manning procedesse direttamente ad atti ingiustificati e che, ad ogni modo, dovevano in territorio di protettorato italiano essere riservati all'azione diretta del r. console generale presente sul luogo. Di tutto ciò le scriverò particolareggiatamente, ma intanto prego V.E. enunciare presso Lansdowne le nostre riserve ed avvertirlo che ho stimato opportuno richiamare Lovatelli con istruzioni di passare le sue funzioni al capitano Ajroldi. E' superfluo aggiungere che questo provvedimento non muta per nulla il nostro atteggiamento ed il nostro vivo desiderio di agevolare la spedizione inglese nei limiti del nostro potere e dei doveri che ci impone la tutela della nostra dignità per la condizione di Stato protettore che l'Italia ha in Somalia.

373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE AL CAIRO, SALVAGO RAGGI

D. 8482/49. Roma, 20 febbraio 1903.

Ho il rapporto 4 febbraio corrente n. l 00/311.

V.S. mi riferisce la conversazione avuta con lord Cromer, durante la quale egli confermò quanto già ella ci aveva scritto circa il progettato tracciato della ferrovia da costruirsi fra la valle del Nilo ed il Mar Rosso, tracciato che non passerebbe per Cassala.

Nel dispaccio 19 gennajo u.s. n. 2795/162 in base alla notizia che la progettata ferrovia passasse per Cassala, si affermava che il Governo sudanese avrebbe potuto trovare di sua utilità di congiungere il Sudan col Mar Rosso passando per l'Eritrea.

Ora aggiungo, per il caso che non sia ancora irrevocabile la decisione di adottare il tracciato Berbera-Atbara-Suachin (ciò che non risulta in modo esplicito dal suo rapporto), che il tracciato più a sud, passante per Cassala, sebbene più lungo del precedente, parmi debba presentare per la natura del terreno e per le condizioni della regione, maggiori vantaggi di sfruttamento.

373 l Non pubblicato. 2 Cfr. n. 320, nota l.

Lord Cromer non ha, del resto, escluso che in un non lontano avvenire un altro tronco ferroviario possa staccarsi dal Nilo e giungere a Cassala; V.S. esprime il pensiero che qualora una ferrovia eritrea arrivasse fino alla frontiera sudanese, il progetto di allacciare Cassala colla detta linea, avrebbe probabilità di essere accolto.

E' evidente però, che le due cose non possono essere considerate separatamente, e un progetto di questo genere perché abbia possibilità di attuazione dovrebbe essere previamente concordato tra le due parti per evitare che una di queste corra l'alea di costruire una ferrovia che non avesse poi il suo riallacciamento.

E' mio desiderio, pertanto, che ella tenga vivo presso lord Cromer il ricordo dell'interesse reciproco che il Sudan sia unito all'Eritrea con una linea ferroviaria, e che ella segua con grande cura un argomento che, come questo, interessa grandemente la Colonia Eritrea, cogliendo ogni occasione per riprendere la questione e avviarla alla soluzione da noi desiderata.

374

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 609/247. Parigi, 20 febbraio 1903 (per. il 25).

La questione delle scuole in Tunisia è fra quelle di cui maggiormente si preoccupano in Francia coloro che s'interessano alla colonizzazione di quel protettorato. L'impossibilità di neutralizzare il carattere nazionale della sempre crescente popolazione fornita dali 'Italia, con elementi europei di nazionalità francese si rende ognor più evidente. Ma molti aderiscono al concetto che i coloni originari d'Italia potrebbero agevolmente trasformarsi in cittadini francesi mercé l'opera principalmente deile scuole. Da parte nostra è mestieri non dissimularci la situazione che, in conseguenza di questo ordine di idee che si va profondamente radi cando in Francia, si prepara per il momento non lontano -l o ottobre 1905 in cui verranno a scadenza le convenzioni che ci permisero di conservare le nostre scuole in Tunisia. A rischio di ripetere cose già più volte dette, stimo mio dovere di segnalare ali'attenzione del Governo di Sua Maestà questa sorgente di future difficoltà, nell'occasione in cui si annunzia, per i giorni 12, 13 e 14 marzo prossimo, la riunione a Tunisi del 23° congresso della Lega dell'insegnamento. Il programma del congresso comprende, fra gli altri soggetti, "l'ufficio della educazione laica nella assimilazione degli stranieri".

N o n sarei inclinato ad attribuire ali'opera di questa riunione di qualche centinaio di persone che affluiranno in tale circostanza a Tunisi, un'efficacia esagerata. Ma stimo che si debba in essa vedere un sintomo non dubbio di una agitazione destinata a crescere contro il mantenimento delle scuole italiane.

Vedrà codesto r. ministero se e quali istruzioni convenga dare al r. console generale in Tunisia affinché da parte nostra, e voglio dire soprattutto da parte del personale insegnante italiano, s'abbiano ad evitare, in vista del congresso, manifestazioni intempestive che potrebbero acuire le difficoltà prevedibili, ma certamente non risolverle.

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 325. Roma, 21 febbraio 1903, ore 11,50.

Sono infondate entrambe le notizie accennatele dal collega germanico!. Non chiedemmo dilazione né pretendiamo essere consultati per eventuale revoca ispettore generale. Solo aggiungo per notizia personale di V.E. che, in vista delle particolari nostre intese con l'Austria-Ungheria, stimiamo naturale che questa abbia nella predetta eventualità uno scambio di idee con noi e ciò abbiamo fin d'ora dichiarato a Goluchowski che non fece obiezione alcuna.2

376

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 8809/96. Roma, 22 febbraio 1903.

Col rapporto n. 80, in data del 3 corrente! V. E. mi ha cortesemente fornito notizie in modo speciale importanti circa le voci di preparativi militari che l'Austria-Ungheria starebbe facendo in previsione di avvenimenti che eventualmente si verificassero nella penisola balcanica.

Le cose da lei esposte in quel rapporto tendono a dimostrare che l'AustriaUngheria non cerca né vuole complicazioni, e che il suo precipuo intento è il mantenere lo statu quo territoriale, militare e politico.

A quest'ultimo riguardo, per maggiore mia intelligenza di quanto ella mi ha scritto, conviene fare una distinzione. Per quanto concerne il Sangiaccato di Novi Bazar intende l'Austria-Ungheria limitarsi a mantenere lo statu quo di fatto, ovvero è sua intenzione di far coincidere il fatto con lo statu quo di diritto? In altre e più chiare parole, è intendimento del Governo imperiale e reale di approfittare delle presenti circostanze per procedere alla occupazione militare di tutto quel Sangiaccato, spingendosi fino ed oltre Mitrovitza, come il Trattato di Berlino le ne accorda espressamente la facoltà?

Mi riuscirà particolarmente gradito di conoscere come ella la pensi a questo riguardo. La ringrazio fin d'ora della risposta che vorrà darmi2 ...

2 Cfr. nn. 363 e 367.

2 Per la risposta cfr. n. 3 84.

375 l Cfr. n. 371.

376 l Cfr. n. 329.

377

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 422/7. Pechino, 23 febbraio 1903, ore 4,18 (per. ore 12,35).

Ministro degli affari esteri mi ha avvertito che questa legazione di Francia gli ha chiesto passaporto per tutti i missionarii Shan-si settentrionale: ho veduto lettera ministro di Francia, il quale fa appello ai trattati fra i due Paesi e dice missione invoca protezione Governo della Repubblica dietro espresso ordine pontefice. Promesso rispondere negativamente in base impegno preso con noi. Momento critico. Potrebbe anche darsi ministro di Francia abbia agito propria iniziativa. Ma se Governo della Repubblica accoglie domanda missione questa si può considerare perduta per noi, malgrado nostro accordo con Governo chinese che avrà praticamente ben poco pesol.

378

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 110/41. Pechino, 23 febbraio 1903 (per. il 7 aprile).

Ho l'onore di confermare il telegramma odiernol col quale ho avvertito l'E.V. della domanda diretta al Governo imperiale da questa legazione di Francia pel rilascio di passaporti ai missionari dello Shan-si' settentrionale.

Codesta informazione mi è stata data da uno dei ministri del Ouai-ou-pu venuto appositamente da me questa mattina. Egli non si è ritenuto autorizzato a !asciarmi prendere copia della lettera colla quale il ministro di Francia rivolgeva detta domanda al Ministero imperiale degli esteri, ma me la lesse abbastanza lentamente perché io ne rammenti quasi testualmente il contenuto che qui in seguito trascrivo:

"Je prie V.E. de faire viser !es passeports ci-joints destinés aux missionaires catholiques du Shan-si septentrional dont les noms suivent : (Mgr. Fiorentini, Ottone Bartolini, Sacconi, etc., etc.,). Ces missionaires ont invoqué la protection de

la République française d'après les instructions formelles de S.S. le Pape et cette protection leur est d'ailleurs assurée par les traités en vigueur entre la France et la Chine. Veuillez agréer, etc., etc.".

Fin da quando si manifestarono le prime tergiversazioni della missione circa la sottomissione al protettorato italiano, ed in parecchie circostanze, avevo rammentato ai ministri del Ouai-ou-pu il loro impegno di non ammettere per la missione dello Shan-si settentrionale altra ingerenza all'infuori di quella della r. legazione e ne avevo sempre avuto assicurazioni soddisfacenti. La correttezza di questo Governo in proposito, mi è confermata dall'attuale suo passo e dalla promessa che mi venne fatta di rispondere negativamente alla richiesta del signor Dubail. Non bisogna però dare a questo suo atteggiamento un valore pratico maggiore di quello che ha realmente, né ci si può nascondere la gravità del momento. E' possibile che il signor Dubail, intimamente legato d'antica data con monsignor Favier e deciso fautore anch'esso del protettorato religioso francese, abbia approfittato di una certa latitudine che gli venga lasciata dal proprio Governo nella sua azione per accogliere senz'altro la domanda rivoltagli dalla missione; può essere invece che egli abbia agito dietro autorizzazione da Parigi. Il punto è importante e vuoi essere chiarito. Il Ouai-ou-pu avendomi caldamente raccomandato di tener come confidenziale la fattami comunicazione, non credo che mi convenga comprometterlo venendo a spiegazioni col mio collega francese; ma sarà facile all'E.V. di informarsi come stiano le cose.

Per risolvere realmente la questione del protettorato è indispensabile una intesa coi missionari stessi i quali, col tacito consenso della Curia, il solo che possono sperare, si accostino a noi, come era avvenuto appunto per la missione dello Shan-si nel 1900. Però l'atteggiamento del Governo francese nel conflitto attuale può far sì che la questione stessa rimanga in sospeso in modo più o meno soddisfacente pel nostro amor proprio. Ove adesso non si tenga vincolato dai presi accordi a respingere la formale domanda di protezione che gli viene fatta dalla missione, ci rimarrà il solo concorso del Governo cinese e su di questo non conviene fare troppo assegnamento. Ritorneremmo, infatti, alla situazione esistente dopo i noti accordi del 1881 fra la r. legazione e lo Tsung-li-Yamen, analoghi agli attuali e che rimasero nel fatto sempre lettera morta. Davanti a lusinghe oppure a minacce che la Francia ha qui mille mezzi di fargli semplicemente per la sua posizione di Potenza limitrofa in Indocina, il Governo cinese non esiterebbe a mutare condotta a meno che non lo garantissimo da temibili conseguenze; o meglio, riprendendo il metodo già una volta adottato, continuerebbe a darci le stesse assicurazioni, evitando finché gli sarà possibile qualunque atto palese in opposizione con queste, ma accettando, dietro le scene, di trattare colle autorità francesi. Ed una siffatta situazione che durò già dai formali accordi del 1881 fino a quando, nel 1900, la missione stessa si pose sopra un'altra via, sarebbe per noi la meno decorosa.

Nella nostra attuale posizione di fronte al Vaticano, per la quale il massimo che possiamo sperarne nella questione del protettorato è una benevola neutralità, era necessario di agire efficacemente presso i missionari stessi, e temo che l' Associazione non si sia resa un esatto conto della situazione e dell'entità dell'impegno assunto accettando di regolare le vistose indennità attribuitele specialmente per la missione dello Shansi. Dall'epoca della partenza di padre Albasini, cioè da oltre nove mesi, l'Associazione non ebbe qui altro rappresentante che il padre Geroni, ottimo sacerdote, ma non pari al compito che gli doveva spettare, il quale sta a Tientsin come cappellano delle truppe, e non ha del resto né autorità né istruzioni speciali per fare altro. Ho chiamato ripetutamente l'attenzione d eli' Associazione sulla necessità di aver qui un mandatario intelligente e svelto che sapesse trattare coi missionari e regolare con essi la questione della indennità in modo da stornare il pericolo di una rottura che si faceva di giorno in giorno più evidente. Tali pratiche, che non potevano esser condotte dalla legazione non solo per la lontananza dalla sede della missione, ma principalmente per l'indole speciale delle pratiche stesse che sconsigliava recisamente un diretto intervento della

r. autorità, dovevano farsi sul luogo e per quelle stesse vie per cui la missione era già stata condotta a noi. Temo altresì che I'Associazione si lasci lusingare da vaghe promesse e ne venga così diminuita la sua attività. Mi en~. stata annunciata da molti mesi la partenza per Pechino di due cappellani, uno dei quali doveva essere un missionario che si diceva qui esser stato richiamato dalla Cina per aver parteggiato in favore del protettorato italiano. La sua venuta avrebbe utilmente sfatata quella diceria e la sua opera avrebbe potuto esser efficace ora come già lo era stata prima. Ma poi, né egli né altri vennero essendo Propaganda ritornata, a quanto mi risulta, sulle fatte nomine. Mi si era annunziato che monsignor Passerini aveva preso impegno coll'Associazione di chiedere i passaporti per i suoi missionari pel tramite dell'autorità italiana e mi si era chiesto di mandare ad Hankow quattro passaporti per quattro suore italiane e questi mi furono rimandati indietro dal dott. di Giovanni perché, giunto ad Hankow, monsignor Passerini stesso si era diretto, per averli, al console di Francia. Monsignor Agapito Fiorentini mi fu indicato come un valido sostegno per la nostra causa, le ultime lettere dell'Associazione esprimono la maggior fiducia nell'avvenire ed abbiamo ora una prova che non lascia alcun dubbio sul come vadano realmente le cose.

Temo pur troppo che sia tardi per rimediare.

Se non altro, ove per la questione delle indennità la missione volesse sollevare qualche scandalo, come ne ha ripetutamente fatta minaccia, il R. Governo è al riparo da qualsiasi censura. Sebbene non si ignori da alcuno come siano andate le cose nel 1900, come e perché l 'indennità intestata ali' Associazione di Firenze sia stata ottenuta dal R. Governo, nessuno potrebbe fargli un appunto di mutare le proprie disposizioni verso la missione sapendo del voltafaccia di questa e troverebbe anzi ingenuo che desso continuasse a lasciar godere dei suoi benefici chi da lui così apertamente si ritrae e ne disconosce l'autorità.

Sarebbe però sempre da desiderarsi caldamente l'evitare una decisiva rottura; forse un atteggiamento a noi favorevole della Francia potrebbe ancora far recedere la missione dalla via in cui si è messa, forse potrebbe riuscirvi l'Associazione con un'azione pronta e intelligente. Alla r. legazione rimane il compito di tenere il Governo imperiale nelle stesse disposizioni dimostrateci finora e mi adopererò per conto mio, come meglio mi sarà possibile2.

377 l Si pubblica qui un appunto confidenziale per il ministro di Mattioli, privo di data, ma che si riferisce a questo telegramma: "Il cardinale Gotti ha detto al prof. Schiapparelli che non esiste alcun ordine della S. Sede ai missionari inteso a collocarli sotto la protezione della Francia dopo quello dell'aprile 1901. Al prof. Schiaparelli risulta direttamente dal cardinale Gotti e indirettamente dal cardinale Rampolla che la Francia ha smentito presso le LL.EE. l'esistenza dell'accordo negativo itala-francese relativo alla protezione dei missionari italiani in China". Per la risposta a Gallina cfr. n. 382.

378 l Cfr. n. 377.

378 2 Cfr. n. 440.

379

IL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 419/23. Asmara, 24 febbraio 1903, ore 8,30.

Operazioni determinazione confini eritreo-sudanesi presso Setit terminate comune accordo. Segue rapporto 1•

380

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 424. Vienna, 24 febbraio 1903, ore 15,10 (per. ore 17,30).

Conte Goluchowski mi ha informato che il sultano aveva accettato i suggerimenti delle Potenze, ringraziando per l'interesse da esse mostrato per il suo Impero. In questa occasione il ministro degli affari esteri austro-ungarico mi partecipò la buona impressione in lui prodotta dalla lettura della risposta di V.E. alle interrogazioni direttele nella Camera de' deputati sugli affari di Macedonia'; anche la stampa viennese commenta oggi, favorevolmente, le di lei dichiarazioni.

381

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 667/268. Parigi, 24 febbraio 1903 (per. il 13 marzo).

L'agenzia Havas ha pubblicato prima in sunto e poscia in extenso, un articolo comparso il 20 di questo mese nel giornale lo Standard di Londra relativamente al Marocco. Pare che l'articolo sia da attribuirsi al signor Fairman, uno dei pochi corrispondenti delle gazzette inglesi ricevuti nella intimità al Ministero francese degli affari esteri.

In sostanza l'articolo dice che, se pure riesce al sultano di vincere la ribellione, la pacificazione del Marocco non potrà facilmente conseguirsi dal sovrano attuale. Parecchi Stati europei hanno interessi al Marocco. Quelli della Francia hanno base e carattere speciale nella contiguità territoriale. di quel Paese con l' Algeria. Lo scrittore dell'articolo osserva esservi qualche ragione di credere che i progetti del pretendente siano stati incoraggiati dai funzionari algerini sebbene questi abbiano probabilmente agito senza riferime ai loro superiori. Dopo di aver accennato al partito che gli orientali sanno trarre dalle gelosie reciproche degli Stati europei, l'articolo osserva che la Francia, sotto la condotta prudente del signor Delcassé, non è disposta a precipitarsi ali'estero in temerarie avventure; ma ciò nondimeno l'attuale ministro francese degli affari esteri è un convinto credente dell'idea mediterranea della quale il signor Hanotaux è un brillante campione letterario. Quest'idea ha fatto recentemente in Francia progressi de' quali in Inghilterra non si tiene abbastanza conto. E lo scrittore dello Standard esalta qui l'influenza del partito che spinge alla formazione del grande Impero africano che oltre alla Tunisia, ali'Algeria ed al Sahara, deve comprendere anche il Marocco. Queste cose premesse, l'articolo entra nel vivo della questione che in esso è evidentemente posta intenzionalmente e così presso a poco si esprime: Delcassé sa che gli inglesi non possono rimanere indifferenti a tutto ciò che direttamente od indirettamente indebolirebbe la loro posizione ali 'ingresso del Mediterraneo. L'Inghilterra non potrebbe tollerare che la costa meridionale dello stretto sia fortificata. Il corrispondente a Parigi dello Standard è in grado di affermare che Delcassé è già intervenuto presso lord Lansdowne per chiedergli di definire gli interessi rispettivi della Francia e dell'Inghilterra in quella regione. Il pensiero del ministro francese è che la striscia di costa che fiancheggia lo stretto fino a Ceuta, potrebbe essere considerata come una zona neutra nella quale nessun stabilimento europeo sarebbe accettato e nella quale nessuna fortificazione potrebbe essere eretta qualunque fossero gli avvenimenti che si producessero ne li 'hinterland. Vi è molto da dire in favore di un 'intesa amichevole stabilita anticipatamente per ciò che riguarda il Marocco, sebbene ogni progetto di spartirsi i dominii di Abdul-Aziz sia manifestamente prematuro. Dippiù il mercato come è offerto, sarebbe alquanto ineguale. Se la Francia deve avere carta bianca al Marocco, sarebbe desiderabile sapere ciò che essa offrirebbe in compenso all'Inghilterra sia a Terra-nuova, sia neli'Africa occidentale. Le conclusioni de li'articolo mettono in sodo che non esistono controversie fra i due Paesi che non possano essere agevolmente composte e che non sarebbe difficile alla diplomazia di trasformare un'amicizia passiva in una attiva cordialità.

Malgrado la posizione dello Standard nella stampa londinese non sarei inclinato ad attribuire soverchia importanza all'articolo messo in straordinaria evidenza dalla agenzia Havas se, appunto in questi giorni e non da fonte francese, non fossemi pervenuta la notizia che posso ritenere sicura, di due conversazioni avute dall'ambasciatore francese col ministro inglese degli affari esteri per indurre la Gran Bretagna ad una intesa in vista delle eventualità che si potrebbero verificare al Marocco. L'intesa avrebbe per base la designazione di zone d'influenza che la Francia e l'Inghilterra si riconoscerebbero reciprocamente. Lord Lansdowne si è espresso con il signor Cambon appunto nei termini che lo Standard impiega. Il ministro degli affari esteri britannico avrebbe infatti risposto essere tutto ciò prematuro.

Ma il primo passo è fatto. Lo Standard a Londra, l'Havas a Parigi ebbero evidentemente lo stesso scopo di renderlo palese nell'intento di promuovere un movimento di opinione che, in altri tempi, forse già si sarebbe vivacemente pronunziato e che ora invece pare assai lento a prodursi. Ma anche in questa apatia, od indifferenza che sia, vi è un sintomo che interessa osservare.

Chi poi ha potuto avere l'idea di suggerire allo Standard l'articolo? Volle lord Lansdowne sondare l'opinione pubblica inglese in vista di probabili insistenze da parte della Francia? Oppure il tentativo di gettare la questione nella polemica della stampa dei due Paesi appartiene ad altri? Ciò sarebbe interessante di conoscere sovra tutto per determinare quale sia stata realmente la condotta del signor Delcassé negli ultimi tempi rispetto all'avvenire del Marocco. E' noto che il signor Paul Cambon, fin da quando era mio collega a Madrid, si era fatta della spartizione del Marocco una specialità. Allora egli l'offriva alla Spagna. Ora è abbastanza spiegabile che, trovandosi egli a Londra, la proponga all'Inghilterra. Sentii a dire che si ha di lui l'opinione di un diplomatico attivo ed assai personale nella sua azione. Avrebbe forse la di lui condotta giustificato tale opinione anche in questa circostanza?

Incontrandomi, la sera del 21 corrente, casualmente con il signor Delcassé, gli feci cenno dell'articolo dello Standard e mi parve ch'egli dimostrasse qualche sorpresa di tale pubblicazione.

379 l Con R. 292 del 14 marzo, non pubblicato, Martini trasmise gli atti relativi.

380 l Cfr. Atti del Parlamento italiano, Camera dei aeputati, sessione 1902-1903, Discussioni, vol. VI, cit., pp. 5806-5808.

382

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, AL MINISTRO A PECHINO, GALLINA

T. 347/6. Roma, 25 febbraio 1903, ore 20.

Rispondo al telegramma n. 71. Indagheremo qui cautamente disposizioni Vaticano e Governo francese. Intanto ella deve adoperarsi acciocché costì questione rimanga impregiudicata.

383

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CONFIDENZIALE 337/130. Berlino, 2 7 febbraio 1903 (per. il 7 marzo).

Nel corso di una visita che, in questi ultimi giorni, l'imperatore ha fatto al mio collega l'ambasciatore di Russia, Sua Maestà gli esprimeva il suo compiaci

382 I Cfr. n. 377.

mento sia per la nota austro-russa inviata al sultano per gli affari di Macedonia, sia, ancora più, per una lettera molto efficace che il sovrano di Russia avrebbe scritto al principe di Bulgaria, lettera di cui la conseguenza sarebbe stato l'arresto, da parte delle autorità del Principato, dei capi delle bande che si preparavano a irrompere nella Macedonia.

L'imperatore Guglielmo dichiarava poi al conte Osten Sacken -e lo pregava di far ciò sapere a Pietroburgo -che l'iniziativa presa dalla Russia nel doppio intento di giovare alle popolazioni macedoni e di evitare, a un tempo, qualunque possibilità di conflagrazione, incontrava tutta la sua maggiore approvazione. Desiderando, quindi, vivamente che i passi fatti a Costantinopoli per iniziativa delle due Potenze e, con l'appoggio delle altre, fossero coronati dal successo che meritano, Sua Maestà non si era accontentato delle istruzioni date al suo ambasciatore, ma aveva, per di più, telegrafato direttamente al sultano raccomandandogli di tradurre, senz'altro, in atto i provvedimenti escogitati dai Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo.

L'imperatore conchiudeva la sua conversazione col conte Osten Sacken manifestando la sua fiducia che l'imperatore Nicola e il suo Governo avrebbero apprezzato questa novella testimonianza del suo desiderio di fare cosa grata alla Russia e della sua ferma intenzione di mantenere con essa rapporti sempre più cordiali.

Il messaggio imperiale fu immediatamente trasmesso al sovrano di Russia, il quale, di rimando, incaricò questo suo ambasciatore di esprimere all'imperatore Guglielmo le più vive e più sentite grazie per il suo amichevole ed efficace intervento diretto in questa circostanza.

Senza volere diminuire l'importante significato di quest'ultima manifestazione dei sentimenti tradizionali che animano questo sovrano all'indirizzo della Russia, è pure permesso di affermare che l'imperatore sia stato mosso ad agire direttamente, siccome ha fatto, dal desiderio altresì di non essere chiamato a recitare una parte di semplice corista, anche allorquando si tratta di questione che ha, dopo tutto, per la Germania un interesse secondario.

384

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 299/150. Vienna, 10 marzo 1903 (per. il 7).

Col dispaccio confidenziale del 22 febbraio scorso n. 8809/961 codesto r. ministero, rilevando l'assicurazione da me espressa, con rapporto del 3 dello scorso mese2, circa il proponimento dell'Austria-Ungheria di evitare ogni complicazione

384 l Cfr. n. 376. 2 Cfr. n. 329.

e di mantenere lo status quo territoriale, militare e politico nei Balcani, mi chiese se, per quanto riguarda il Sangiaccato di Novi-Bazar, il Governo austro-ungarico intenda come conciliabile con lo status quo, un'occupazione militare eventuale di tutto il Sangiaccato, spingendola anche oltre a Mitrovitza, come il Trattato di Berlino gliene accorda espressamente la facoltà.

Qui importa di ben precisare. Io credo che non si possa aver dubbio sul proponimento ben fermo del Governo austro-ungarico di conservare lo status quo attuale territoriale, militare e politico nella penisola orientale. Ma è parimente indubitato che, se questo status quo è turbato da altri (suppongasi una occupazione d'un punto qualunque dei Balcani per parte di altra Potenza o un 'insurrezione che minacci la frontiera orientale de li'Impero) il Governo austro-ungarico si crederà in diritto di valersi della facoltà attribuitagli dalle Grandi Potenze europee di estendere la sua occupazione nel Sangiaccato predetto.

Il Governo austro-ungarico userà di questo diritto? L'E.V. comprenderà che ad una questione ipotetica non si può dare che una risposta ipotetica, e qui si entra nella politica congetturale che eccede la mia competenza.

Tutto quanto posso dire in proposito si restringe alle considerazioni seguenti.

L'Austria-Ungheria da un quarto di secolo possiede la Bosnia e l 'Erzegovina, col diritto di guarnigione, nel Sangiaccato di Novi-Bazar, per concessione fattale prima dall'imperatore Alessandro II di Russia (vedi la nota annessa "a")3 e poi dalle Grandi Potenze d'Europa, convocate al Congresso di Berlino.

Da un quarto di secolo tiene una guarnigione di 4 battaglioni con uno squadrone di treno di montagna a Plevlie e a Priepolje, dove è mantenuta una guarnigione turca di pari forza. Le due guarnigioni sono rispettivamente comandate da un tenente-generale austro-ungarico e da un generale turco di ugual grado. In tutto questo periodo la guarnigione austro-ungarica fu tenuta collo stesso effettivo; malgrado la guerra tra la Serbia e la Bulgaria scoppiata nel novembre del 1885, non fu mossa né alterata. Il Governo austro-ungarico si limitò allora ad imporre la pace ai belligeranti con una minaccia d'occupazione, seguita dali 'invio d'una commissione militare europea, convenuta colle Potenze, la quale si interpose tra i due eserciti, li fece allontanare l 'uno dali 'altro, fissò gli accampamenti, e dettò l'armistizio (vedi la nota annessa "b"). In questa occasione, se i belligeranti non avessero ottemperato alla minaccia, il Governo austro-ungarico sarebbe forse stato tentato di usare del suo diritto. Non si lasciò vincere dalla tentazione e si potè ristabilire la pace senza ricorrere ad occupazioni. Questo fatto prova che il Governo austro-ungarico si rende conto degli inconvenienti ed anche dei pericoli ai quali potrebbe esporsi esercitando il suo diritto senza una necessità ineluttabile. Questo era vero nel 1885, quando, cioè, l'Austria-Ungheria era in condizioni politiche interne meno critiche di quelle in cui ora si trova. E' da supporsi che nelle circostanze attuali ed in presenza dell'attitudine dell'Ungheria decisamente avversa ad ogni ingrandimento della Cisleitania, una mossa delle forze austro-ungariche nella direzione dei Balcani presenterebbe pericoli ben maggiori per la compagine dell'Impero di quanto sarebbe accaduto diciott'anni or sono.

La conclusione logica che si può dedurre, non soltanto dalle assicurazioni costanti del Gabinetto di Vienna, ma dai fatti e dali'interesse stesso dell'Impero austro-ungarico, è dunque questa: il Governo austro-ungarico mantiene il suo diritto d'occupazione nei limiti fissati dal Congresso di Berlino; il suo proposito circa il mantenimento dello status quo è saldo e sincero, ma è naturalmente condizionato ad identici proponimenti delle altre Potenze; nello stato presente, un allargamento dell'occupazione di Novi-Bazar non è nelle previsioni del Gabinetto di Vienna, come non lo è nelle sue intenzioni.

Aggiungo per ogni buon fine una carta delle dislocazioni dell'esercito i. e r., nella quale l'E.V. vedrà i punti occupati dalle guarnigioni austro-ungariche da venticinque anni.

384 3 Gli allegati non si pubblicano.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 374. Roma. 2 marzo 1903, ore 20.

Telegrammi da Costantinopoli annunciano che codesti ambasciatori d'AustriaUngheria e di Russia stanno elaborando istruzioni per i loro rispettivi consoli nei tre vilayet di Macedonia acciocché sorveglino l'applicazione delle riforme accettate dalla Porta. Desidero che anche V.E. impartisca analoghe istruzioni ai rr. consoli in Monastir e Salonicco. Provvederò io stesso per il r. console ad Uskub marchese Soragna, testè nominato, che si recherà al posto verso la metà del mese.

386

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 375. Roma. 2 marzo 1903, ore 20.

Telegrammi ufficiali da Costantinopoli annunciano che gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia saranno chiamati a dare il loro parere sullo schema di regolamento che la Banca ottomana ha avuto ordine di compilare per lo speciale servizio di cui essa sarà incaricata nei tre vilayet di Macedonia. Ritengo che, coerentemente alle precedenti nostre intese, testè riconfermate rispetto alla eventuale revoca dell'ispettore generale dei tre vilayet, codesto Gabinetto non avrà obiezioni a che l'ambasciatore i.e r. in Costantinopoli, prima di dare il suo parere circa il predetto schema di regolamento, ne conferisca col collega italiano. Prego V.E. fare in tale senso opportuni uffici presso il conte Goluchowski e telegrafarmi sua risposta I.

386 I Cfr. n. 392.

387

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATISSIMO 257/121. Costantinopoli, 2 marzo 1903 (per. l' 8).

La premura colla quale la Sublime Porta ha aderito al memorandum austrorusso e le dichiarazioni dei principali uomini di Stato ottomani, che rispecchiano le idee del sultano, denotano che le riforme per i vilayet macedoni, raccomandate dai due Governi imperiali ed appoggiate dalle Potenze, sono state qui accolte con soddisfazione.

La Sublime Porta ritiene che l'accordo fra l'Austria-Ungheria e la Russia, i cui interessi politici rivali in Macedonia costituiscono, date le anormali condizioni di quella regione, una continua minaccia per l'integrità dell'Impero ottomano, non ha potuto stabilirsi che sulla base dello statu quo e che pertanto ogni pericolo di mutamenti territoriali travasi per ora scongiurato.

La Sublime Porta, attenendosi alla lettera del memorandum, reputa inoltre che il diritto d'intervento diretto delle due Potenze nella questione delle riforme, concerne unicamente la revoca dell'ispettore generale e ch'essa conserva tutti i suoi diritti circa la scelta dei valì e dei funzionari e circa le misure locali che si riserva di adottare, come in passato, all'infuori di ogni ingerenza straniera, per l'esecuzione delle riforme.

Gli apprezzamenti del Governo imperiale, relativamente alla base dell'accordo austro-russo, sembrano fondati, dappoichè tutto induce a pensare che se un'insurrezione generale dei macedoni, o una violenta reazione dei musulmani contro i cristiani dei tre vilayet non venga all'improvviso a scoppiare, ogni azione concertata fra l'Austria-Ungheria e la Russia si eserciterà sinceramente, nelle attuali circostanze, per il mantenimento dello statu quo nella penisola dei Balcani.

Ma in quanto concerne la portata dell'accordo austro-russo nella questione della esecuzione delle riforme, la Turchia non tarderà a constatare che gli impegni da essa assunti, sebbene non riflettano che domande apparentemente moderate e che non ledono la sua indipendenza e la sua sovranità, aprono l'adito all'ingerenza delle due Potenze in tutte le questioni relative all'amministrazione della Macedonia. Ed invero malgrado la forma ufficiosa colla quale il memorandum è stato presentato ed i termini in cui è concepito, la Sublime Porta non potrà contestare a queste due Potenze, dati i mezzi eccezionali di pressione di cui dispongono, la facoltà di controllare con autorità, per mezzo dei rispettivi consoli, l'applicazione delle riforme, di suggerire e far decretare, occorrendo, provvedimenti complementari ed ottenere la revoca o la nomina di funzionari e di magistrati nelle provincie macedoni.

E' da notare che l'Austria-Ungheria e la Russia avendo dichiarato nel memorandum che prendevano atto delle riforme precedentemente decretate dalla Sublime Porta, hanno con ciò dimostrato eh' esse intendono assicurare l'esecuzione delle riforme prese nel loro complesso. La risposta della Sublime Porta non contenendo a questo riguardo alcuna riserva, riconosce implicitamente ·an'AustriaUngheria ed alla Russia il diritto di esigere l'esecuzione integrale delle riforme, indipendentemente dal fatto che siano state o meno da esse proposte.

Se si consideri, d'altro lato, le tradizioni politiche e gli speciali interessi di quelle due Potenze, i mezzi d'azione di cui dispongono nella penisola dei Balcani e soprattutto la situazione creata, a loro favore, dall'adesione delle altre Potenze al progetto di riforme, non si può disconoscere che l'Austria-Ungheria e la Russia sono quelle che avranno ormai ad esercitare un'influenza preponderante nelle questioni macedoni.

La tendenza dei rappresentanti dei due Governi ad agire unitamente presso la Sublime Porta, in base a previ accordi speciali e senza richiedere il concorso degli altri ambasciatori, si era già manifestata nel periodo che ha preceduto l'elaborazione delle riforme, sì come ebbi occasione di segnalarlo all'E.V. in precedenti rapporti. L'omissione nel memorandum di un accenno al Trattato di Berlino ed ali' adesione delle Potenze alle riforme proposte, parrebbe quindi avere avuto per iscopo di affermare il carattere speciale di queste riforme e dell'azione che l'Austria-Ungheria e la Russia intendono esercitare per assicurarne l'esecuzione.

Non si può contestare che una tale azione può avere risultati immediati più soddisfacenti che se tutte le Grandi Potenze fossero state chiamate a concertarsi e ad esigere dalla Sublime Porta le riforme previste dal Trattato di Berlino. Ma non è men vero che, ove avvenimenti imprevisti non vengano a sciogliere gli accordi austro-russi o a dar loro un altro carattere, la questione macedone potrebbe essere gradatamente avviata verso soluzioni meno conformi alle vedute od agli interessi delle altre Potenze.

In quanto più specialmente concerne l'Italia, è evidente che i suoi interessi e la sua influenza avrebbero a soffrire se l 'azione dell'Austria-Ungheria e della Russia venisse, per la forza delle cose, estesa oltre ai limiti fissati dal memorandum, se cioè le due Potenze fossero condotte ad occuparsi dell'Albania, stante la ripercussione che lo stato di cose nei vilayet di Scutari e di Janina può avere nei vilayet macedoni.

Una tale azione potrebbe, per giunta, esercitare una grande influenza sulla futura soluzione della questione albanese. Sebbene i nostri accordi coll'Austria escludano soluzioni che non convengano all'Italia, non deve perdersi di vista che l'Albania confina al nord col Montenegro, Stato slavo, ed al sud colla Grecia, Stato ortodosso, che le rivendicazioni di quest'ultima in Macedonia sembrando ormai irrevocabilmente scartate, le sue aspirazioni si portano attualmente verso il sud dell'Albania e che la Russia potrebbe vagheggiare combinazioni future atte a dare qualche soddisfazione a questi due Stati.

Ad ogni modo il regime creato in Macedonia dalle attuali riforme avendo carattere transitorio, rimane dubbio se la soluzione definitiva della questione macedone permetterà il mantenimento dello statu quo in Albania.

Di fronte a questa situazione, mi permetto esprimere l'avviso essere interesse dell'Italia di prevenire gli avvenimenti e di preparare fin d'ora, in Albania, mediante opportune intelligenze coll'Austria-Ungheria, lo stato di cose che meglio risponda agli accordi esistenti.'

Sul complesso delle riforme proposte dall'Austria-Ungheria e dalla Russia non si può portare che un giudizio favorevole. Osserverò soltanto che nel memorandum non si accenna ai provvedimenti da adottarsi per reprimere gli eccessi degli albanesi. Quanto poi all'efficacia delle riforme stesse, sembrami dubbio che la Sublime Porta sia in grado di eseguirle integralmente e sollecitamente e che le buone intenzioni da cui il sultano si è dimostrato animato e l'azione delle autorità imperiali riescano a ristabilire in Macedonia una situazione normale.

387 l Cfr. sull'argomento il n. 404.

388

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 262/119. Londra, 4 marzo l903 (per. il l 2).

Ho chiesto oggi al marchese di Lansdowne se avesse avuto in questi ultimi giorni notizie dalla Somalia. Egli mi ha risposto nulla avere più saputo d'interessante dopo la marcia in avanscoperta della colonna Cobbe s'ignora il luogo dove si trova esattamente il Mullah, ma pare che egli sia non lontano da Mudug e si spera che il corpo principale di spedizione, ormai sulle mosse verso l'interno, possa forse raggiungerlo.

Nel corso della conversazione, ho parlato a Sua Signoria nel senso del telegramma n. 321' e del dispaccio 25 scorso febbraio, n. 882, circa il richiamo del conte Lovatelli, determinato fra altro da motivi di salute, e la scelta del capitano Ajroldi a suo successore, non mancando di accennare a quanto è occorso recentemente ad Obbia in occasione dell'allontanamento del sultano e di suo figlio ed ali'operato del generale Manning di fronte agli indigeni. Sua Signoria non ha mostrato di avere informazioni in proposito; né ho potuto troppo insistere, tanto più che se da un lato non risulta provata in modo assoluto la colpabilità di Yusuf Alì nel proibire agli inglesi l'acquisto di cammelli, dali' altra parte neppure si desume dal rapporto del comandante Finzi, annesso al citato dispaccio, che il sultano sia innocente delle accuse fattegli. Il comandante Finzi nella prima parte dello stesso rapporto afferma invero essere cosa assodata che i cammelli esistevano e che Yusuf Alì, il quale li aveva comprati per poche rupie, voleva essere il solo a venderli agli inglesi a prezzi proibitivi, con il risultato di costringere il generale Manning a far venire quei quadrupedi da Berbera. Ciò che soltanto rileva il capitano Ajroldi (come è mentovato in fine del detto rapporto) è che, durante la marcia di esplorazione della colonna Cobbe nell'interno, questa poté una volta ottenere senza difficoltà alcuni cammelli.

Ho profittato del!' occasione per confermare al segretario di Stato, giusta il telegramma n. 3533, che V. E. non vedeva difficoltà che una colonna abissina

2 Non pubblicato.

3 T. riservato 353 del 26 febbraio, non pubblicato.

movesse dall'Barrar verso l'Uebi Scebeli, ma che era desiderabile che ciò avvenisse in modo da evitare il pericolo di spingere il Mullah verso il Ben~dir. Sua Signoria era stata informata di questa risposta da lei data a sir Rennell Rodd e mi ha detto di essere perfettamente intesa e d'accordo con l'E.V.

Il marchese di Lansdowne ha poi le stesse notizie che ha inviate al ministero il maggiore Ciccodicola (dispaccio 25 febbraio n. 87)4 circa il poco assegnamento che si potrebbe fare su di un'attiva cooperazione abissina. Egli mi ha detto però che, se non altro, la dimostrazione della nostra comune intesa con Menelik può produrre un effetto salutare, nel senso che il Mullah si troverà ostacolato a cercar rifugio verso l'Etiopia. Una vera azione militare etiopica, ha aggiunto Sua Signoria, non sarebbe del resto desiderabile, anche per gli inevitabili danni che recherebbe in quelle regioni il troppo avanzarsi degli abissini.

388 l Cfr. n. 372.

389

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 264/120. Londra, 4 marzo 1903 (per. il 12).

Ho l'onore di confermare i telegrammi scambiati con V.E. riguardo alla comunicazione che gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia hanno qui eseguita il 17 febbraio u.s. del progetto di riforme da raccomandarsi al sultano per i vilayet di Salonicco, Monastir e Uskub.

Il marchese di Lansdowne, che io vidi l'indomani, mi disse avere risposto ai due ambasciatori che il Governo britannico non avendo proposte proprie da presentare, era disposto in principio ad accogliere quel progetto, pur riservandosi la facoltà di suggerire modificazioni od eventuali aggiunte, dietro un ulteriore e più accurato esame dei suoi particolari.

Essendomi nello stesso giorno pervenuto, col telegramma n. 296 di V.E.I, il sommario del progetto austro-russo, aveva in esso attirato la mia attenzione la clausola del punto primo, secondo la quale l 'ispettore generale dei tre vilayet, da nominarsi per tre anni, non avrebbe potuto essere prima della scadenza revocato senza che fossero previamente consultati i due Governi imperiali. Se -in vista delle urgenti circostanze e della maggiore facilità pratica di una pronta intesa fra due anziché fra sei ambasciatori in Costantinopoli -quei due Governi avevano ottenuto una specie di tacito mandato dalle altre Potenze firmatarie dei trattati per la preparazione del contemplato progetto, non sembrava doverne seguire che il suo disposto dovesse riservare ad esse sole una posizione privilegiata in materia

389 I Cfr. n. 360.

così importante quale quella dei poteri dell'alto funzionario otto mano incaricato della sua esecuzione. Di questa osservazione credetti poter far cenno, con la debita cautela e a titolo puramente personale, al marchese di Lansdowne ed al sotto segretario di Stato che si occupa al Foreign Office degli affari di Oriente. Ne rilevai che quella clausola era stata da essi pure notata e di ciò stimai non inutile dare avviso a V.E. col mio telegramma n. 39 dello stesso giorno 182.

Essendo qui giunto di poi l 'annuncio dell'accettazione del progetto per parte dei Gabinetti di Roma, Parigi e Berlino, questo ministro degli affari esteri non indugiò a confermare per iscritto la propria adesione, con una più esatta specificazione delle riserve già espresse verbalmente ai due ambasciatori. Il testo di questa comunicazione essendo oggi stesso stato pubblicato fra i documenti presentati in proposito al Parlamento, sono in grado di trasmetterne qui unito il testo3.

Durante alcuni giorni però si rimase qui in dubbio circa l 'identità del testo del progetto di riforme effettivamente consegnato alla Sublime Porta il 21 febbraio; in quanto che i giornali ufficiosi di Vienna pubblicavano in data del 25, un documento non intieramente conforme a quello rimesso dai due ambasciatori al Foreign Office il giorno 17. Il testo pubblicato a Vienna, a differenza del primo, che aveva piuttosto la forma di memorandum, riproduceva la sostanza del suo contenuto nella forma più concisa di disposizioni tassative. Ma soprattutto vi si notava che invece di stabilire a tre anni la durata dei poteri dell'ispettore generale, subordinando la sua revoca all'assenso soltanto dei due Governi imperiali, esso non determinava precisamente quella durata e prescriveva che la revoca non potrebbe farsi se non previo consulto colle Potenze. Dalle informazioni sollecitate in proposito dal Foreign Office e dai miei colleghi conte Deym e conte Benckendorff, risultò poi che il testo ufficiale, comunicato a Costantinopoli era effettivamente quello pubblicato a Vienna. Infatti il Blue Book oggi comparso non riproduce il memorandum consegnato il 17 febbraio al Foreign Office (sebbene quel documento vi sia annunciato come annesso a un dispaccio di quella data), ma rimanda al resumé dello schema di riforme, qui comunicato soltanto il 27 febbraio dal conte Deym, che è appunto la nuova versione modificata nel senso predetto.

Non so se questo emendamento abbia forse potuto venire promosso dal telegramma col quale V.E. interessava il r. ambasciatore a Vienna a far riconoscere il diritto del Governo italiano a pronunciarsi anch'esso sull'eventuale revoca dell'ispettore generale. Il marchese di Lansdowne mi disse avere egli parlato coll'ambasciatore di Austria-Ungheria di quel testo modificato. Il conte Deym gli aveva esposto che i due Gabinetti proponenti sarebbero dapprima stati mossi dalla considerazione che in progetto formulato in proprio nome essi potevano correttamente parlare soltanto per se stessi e non per conto di terzi, ma che probabilmente si era poi stimato che la parola Potenze era più opportuna come quella che si poteva ugualmente riferire a tutte o a due sole fra esse.

389 2 Cfr. n. 366. 3 Non si pubblica.

Checchè possa valere questa spiegazione, l'adottato emendamento non parrà certamente inutile. La primitiva versione avrebbe in vero introdotto in un importante atto internazionale quasi una consacrazione ufficiale della nuova posizione che gli eventi hanno creata a due Potenze rispetto al regime della Turchia che da oltre mezzo secolo fu ed ancora è dichiarato dai Trattati come oggetto di uguali diritti per tutti i firmatari di questi. E' noto come l'attuale associazione austrorussa abbia avuto per modesta origine lo scambio d'idee avvenuto fra i due Governi nel 1897, quando, temendosi che la guerra turco-greca potesse produrre un pericoloso contraccolpo nei Balcani, essi si diedero reciproca assicurazione di astenersi a Belgrado e a Sofia da azioni separate, per propri scopi politici, evitando ogni atto suscettibile di venire interpretato da quegli Stati come incoraggiamento ad una qualunque aggressione. Siffatta intesa, in allora appena avvertita e che si presentava come una semplice cautela a favore del mantenimento della pace in quei Paesi, venne in seguito ad acquistare crescente importanza coll'essere citata ed invocata ogni qual volta si manifestò durante l 'ultimo quinquennio una qualche inquietudine rispetto alla Macedonia. Ma perché quell'accordo accidentale e per così dire negativo abbia potuto svilupparsi in una cooperazione attiva dei due Imperi, che ora tende quasi a costituire un loro monopolio degli affari balcanici, si richiedeva il concorso delle circostanze diverse che condussero alla dedizione della Francia e alla semi-indifferenza dell'Inghilterra rispetto a quelle questioni. Quanto all'Inghilterra, il motivo principale del suo contegno deriva senza dubbio dalla mole straordinaria e ogni giorno crescente delle responsabilità che incombono a questo Governo in ogni parte del mondo. Se si considera che la fase sovra accennata della questione macedone si trovò a coincidere col triennio della guerra sud-africana -per tacere degli affari in Cina, delle questioni coll'America, della carestia delle Indie e di tre o quattro piccole guerre simultanee non è invero a meravigliarsi che i ministri di Downing Street non abbiano potuto dedicare un maggiore coefficiente di attenzione ai casi dell'Impero ottomano che, cinquanta anni or sono, fornivano il pasto principale all'attività politica di lord Palmerston. Malgrado le mutate condizioni, non sarebbe però esatto il conchiudere, anche adesso, a un volontario disinteresse del Governo britannico nelle questioni di Turchia, le quali conservano tuttora per esso un effettivo valore, non fosse altro per la loro connessione con la questione generale dell'influenza russa e dei suoi effetti minacciosi per la situazione nel golfo Persico. Anzi, il marchese di Lansdowne, come ebbi altra volta a riferirlo, si difende, quando ne ha occasione, con un certo calore dali' accusa di indifferenza nel far valere l'osservanza dei trattati ai quali l'Inghilterra ha apposto la sua firma. Ali' atto pratico si trova però che l'Inghilterra, la quale non è più oggi in grado di agire da sola, cerca invano chi la sostenga nell'azione che pur sarebbe disposta ad esercitare per la propria parte. Ciò si vide anche recentemente in occasione delle proteste contemplate contro il passaggio di quattro contro-torpediniere russe per i Dardanelli. Il conte Goluchowski, dopo di avere quasi preso l 'iniziativa, o almeno essere entrato con grande zelo nell'idea di un'azione comune, rallegrandosi col marchese di Lansdowne del ridestarsi dell'interesse del Foreign Office nelle cose di Turchia, abbandonò ali 'ultimo momento la partita per non compromettere i propri negoziati con la Russia; e la sua ritirata, avendo trascinato l'astensione dell'Italia, che ave

va anticipatamente fatto dipendere i suoi passi da quelli delle altre due Potenze, ne risultò che l'ambasciatore britannico a Costantinopoli si trovò solo a presentare la divisata protesta. Nel dispaccio di V. E. del l O febbraio (n. 63)4 è detto che lord Lansdowne si è dichiarato pago della dichiarazione spiegativa fattagli in proposito da questa ambasciata austro-ungarica. Il vero è che il marchese di Lansdowne, dopo di essersi invano adoperato a Vienna -ed anche un poco con noi -per averci compagni nelle sue comunicazioni a Costantinopoli, rinunciò ad ulteriori insistenze quando egli ne scorse l'inutilità e si rassegnò a dar corso, per proprio conto, alla notificazione presso la Sublime Porta che egli era troppo avanzato per poter dignitosamente ritirare. Ma sebbene, con la riserva che gli è abituale, Sua Signoria si sia astenuta da ogni lagnanza, ho ben potuto comprendere che la condotta del Governo di Vienna in questa circostanza lasciò in lui un'impressione poco favorevole; né qui si dimenticherà, credo, quell'incidente, quando si trattasse in avvenire di qualche altro simile impegno col Gabinetto di Vienna. Del resto -e astrazione fatta da questo caso di valore accidentale -non è l'attitudine già scontata dell'Austria Ungheria quella che determina l'attuale cautela del Governo inglese rispetto alla vecchia questione di Oriente. Vi contribuisce ben più la dedizione della Francia, sui motivi della quale sarebbe qui superfluo insistere. Fu il contegno della Francia che nel 1896 durante i massacri armeni, paralizzò ogni iniziativa del Governo inglese e si può dire che quello fu il momento storico nel quale risultò disciolta la compagine degli interessi occidentali rispetto alle cose dell'Impero ottomano. Non è men vero che la sostituzione, quale oggi tende ad affermarsi, di un'azione a due austro-russa, è meritevole di maggiore attenzione che non sembrino prestarvi il pubblico e gli stessi Governi d'Europa.

Quanto al risultato che otterranno le riforme progettate per i tre vilayet, il marchese di Lansdowne si mostra assai dubbioso nelle sue previsioni. Ciò che se ne può di meglio augurare, egli mi disse, è che l'impressione morale del loro annuncio sugli elementi rivali della penisola riesca a far guadagnare tempo, prevenendo per questo anno ancora la temuta conflagrazione.

388 4 Non pubblicato.

390

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. PERSONALE. Parigi, 4 marzo 1903.

Ella vede perfettamente come la vedo io nel! 'impiccio macedone. Tutto il sistema edificato dal Trattato di Parigi e dippoi mantenuto e rinnovato in quello di Berlino (malgrado l'enorme strappo della Bosnia ed Erzegovina) è rovesciato; e quel che peggio è, un fatto di tanta gravità si compie quasi incoscientemente.

Non capisco niente nelle dichiarazioni più o meno reticenti fatte alla nostra Camera circa accordi speciali nostri con l'Austria! Ne sa ella qualche cosa? Se lo può, me lo dica, per norma mia. Un patto di eventuali compensi con l'Austria sarebbe un vero marché des dupes. Con l'Austria potevamo soltanto accettare un'intesa sulla base di tenere reciprocamente le mani a casa. Speriamo che i casi di Macedonia non precipitino e che vi sia tempo anche per noi di orientarci.

La avviso, se mai non lo sapesse, che Cambon ha, a due riprese, proposto a lord Lansdowne un riparto per zone d'influenza fra la Francia e l'Inghilterra del Marocco per l'eventualità che questo Paese cada nell'anarchia. Lansdowne rispose essere la cosa prematura. Resta a sapere se Cambon abbia agito di sua testa, o per istruzione di Delcassé. Quest'ultimo è scosso tanto che non capisco come faccia a reggersi. Il gruppo coloniale con il signor Etienne ed il signor Doumer in vedetta, si fa avanti e ci lascia prevedere disturbose novità. Eppure trovai ultimamente Monson quasi contento di veder Delcassé prossimo alla caduta! Non so di che cosa gli inglesi abbiano tanto a lagnarsi nel ministro travicello! La pacifica Russia aspetta con impazienza la venuta dell'Etienne e compagnia al Governo.

Mi faccia il piacere di dirmi se sia tutt'ora all'ambasciata un ritratto del generale Roberts che il pittore Franchi dette da vendere al signor Delfrate. Il pittore è morto. La vedova e figli sarebbero più che mai ansiosi di trovare acquisitore perché sono rimasti in miseria.

389 4 Cfr. n. 341, nota l.

391

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

D. 106971106. Roma, 5 marzo 1903.

Con parecchi telegrammi, in questi ultimi giorni, ebbi a porgerle notizie ed istruzioni circa le riforme che, a complemento di quelle spontaneamente decretate dal sultano, sono state proposte alla Sublime Porta dagli ambasciatori di AustriaUngheria e di Russia in nome dei rispettivi Governi, e dalla Sublime Porta furono accettate, tostoché anche gli altri ambasciatori, in nome dei Governi rispettivi, ne ebbero raccomandato l'integrale e pronto accoglimento. A migliore chiarimento di quei telegrammi, ed acciocché V. E. abbia esatta conoscenza deli 'atteggiamento del R. Governo in questo importante argomento, desidero qui aggiungere, circa gli scambi di idee che precedettero e determinarono il nostro assenso alle proposte austro-russe, alcuna confidenziale informazione.

Non appena la recente visita del conte Lamsdorff a Belgrado ed a Sofia, e la successiva sua sosta a Vienna, ci fecero presumere che, di fronte ai possibili nuovi moti nei Balcani, a primavera, si sarebbe, tra i ministri degli affari esteri dei due Imperi, trattato dei rimedii opportuni e dei provvedimenti da prendersi, il R. Governo ebbe cura di mettersi in comunicazione con l'alleato Governo austro-ungarico, e poté così ottenere la promessa che la formola sostanziale delle proposte da presentarsi, in nome dei due Governi imperiali, alla Sublime Porta ci sarebbe stata confidenzialmente comunicata ancora prima che ai due ambasciatori impe

riali in Costantinopoli fosse affidato l 'incarico di tradurre quella formo la in proposizioni specifiche e concrete; né il Gabinetto di Vienna poteva negarsi al nostro desiderio, che traeva titolo legittimo ed incontrastabile dalle stipulazioni del trattato di alleanza e dalle intese intervenute tra i due Governi in occasione della rinnovazione del trattato stesso.

I due ambasciatori, quello d'Austria-Ungheria e quello di Russia, avendo, in conseguenza, comunicato a S. E. il ministro Prinetti, la formola sostanziale delle divisate proposte, il R. Governo poté, fin da quel momento, convincersi che queste corrispondevano ai nostri concetti; di guisa che quando, più tardi, le proposte ebbero assunto, mercè l'opera di codesti due ambasciatori imperiali, forma precisa e più particolareggiata, ed in tal forma furono comunicate a noi come alle altre grandi Potenze, noi fummo in grado, come le telegrafai I, di dichiararci senz'altro assenzienti e di autorizzare l 'E.V. ad appoggiare, presso la Sublime Porta, gli uffici dei due colleghi.

Non è dubbio, dopo quanto è per tal modo occorso, che, nel presente argomento, spetta, e dai due Imperi è stata riconosciuta, al R. Governo una posizione speciale, che, del resto, ha piena giustificazione nei più diretti interessi che l'Italia ha, rispetto agli affari balcanici, in confronto della Germania e delle due Potenze occidentali.

Come corollario di questa nostra speciale posizione, abbiamo già fatto conoscere a Vienna2, senza incontrarvi obiezione alcuna3, che, in relazione colle precedenti intese noi ritenevamo come acquisito l'impegno di uno scambio di idee, tra Vienna e Roma, quante volte il Gabinetto imperiale e reale avesse ad essere consultato dalla Sublime Porta circa l'eventuale richiamo, prima che scada il triennio, de li'ispettore generale dei tre vilayet di Macedonia; e del pari abbiamo ora chiesto a Vienna4 che codesto ambasciatore austro-ungarico si metta in comunicazione con V. E. per l'esame dello schema di regolamento che, come annunciano telegrammi officiosi, si sta costì elaborando per lo speciale servizio affidato alla Banca imperiale ottomana per le finanze dei tre vilayet.

A questo nostro atteggiamento si connette del pari la preghiera che le rivolsi5 di volere, ella stessa, raccomandare ai due consoli di Sua Maestà ora presenti in Macedonia (a quello di Uskub, tuttora in Roma, provvederò io stesso), la maggiore vigilanza circa i modi con cui la Sublime Porta vorrà e saprà svolgere praticamente le riforme da essa accettate.

In una parola, il concetto nostro, che V.E. ben conosce, si riassume in ciò: che, nelle cose dei Balcani, l'Italia apparisca vigile ed operosa in quella maggiore e più efficace misura che corrisponde, non solo ai diritti che ci sono conferiti da patti generali e da particolari accordi, ma altresì dai notevoli interessi che la prossimità della regione e le reciproche relazioni creano per noi nella penisola balcanica. A questo compito, che soprattutto all'opera di lei è affidato, non sono impari la diligenza e l'abilità di V.E.

2 Cfr. n. 363.

3 Cfr. n. 367

4 Cfr. n. 386.

s Cfr. n. 385.

391 l Cfr. n. 362.

392

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. RISERVATO 480. Vienna, 6 marzo I903, ore 9, 05 (per. ore 11,55).

Appena ricevuto il telegramma di VE. I andai ad esporre a conte Liitzow, in assenza di Goluchowski, il di lei desiderio perché il regolamento della Banca imperiale ottomana fosse comunicato alla ambasciata italiana a Costantinopoli prima di essere approvato. Conte Liitzow mi impegnò attendere il ritorno di Goluchowski da Budapest e di esporre a lui personalmente la nostra domanda, ciò che feci. Conte Goluchowski osservò che nel regolamento non si trattava di questioni di massima, né d'altre questioni importanti, ma di minuti particolari da lui stesso ignorati e che la previa comunicazione di quel documento ad uno o più ambasciatori oltre quei di Russia e di Austria-Ungheria ne ritarderebbe l 'applicazione e condurrebbe ad una conferenza di ambasciatori, ciò che si vuole evitare nell'interesse comune. Egli pregava quindi V.E. di non insistere nella sua domanda.

393

L'AMBASCIATORE. A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 484/10. Pietroburgo, 6 marzo I903, ore I6,40.

Ministro degli affari esteri mi incarica annunziare a V.E. che S.M. l'Imperatore di Russia, trattenuto nell'Impero per molteplici affari di governo, non potrà recarsi visitare S.M. il Re a Roma in questa primavera, come era sua intenzione, e che rimanda sua visita prossimo autunno.

394

L'ONOREVOLE SONNINO AL DIRETTORE DEL GIORNALE D 'ITALIA, BERGAMINI 1

L. PERSONALE. Roma, 7 marzo I903.

Raccomando vivamente la massima calma e cortesia nel rispondere alle punzecchiature dei giornali francesi e specialmente del Débats ali 'indirizzo del Gior

naie d'Italia. Esse muovono da Roma, e sono meditate, per provocarci a polemiche e acidumi; volendo far risultare artificiosamente che io sono un francofobo, volendo attizzare contro di me le suscettibilità francesi, e volendo in Italia sostenere che ogni mio avvento al potere renderebbe difficili le relazioni nostre con la Francia specialmente nei riguardi della conversione della rendita.

Tutto questo farebbe un gran piacere ad alcuni colleghi di Montecitorio: e il corrispondente del Débats non scrive che per istruzioni di palazzo Farnese.

Ti prego quindi di non raccogliere questi attacchi, o meglio di rispondervi col tuono più benevolo e cortese e meno combattivo possibile. Ieri le due frasi che ti sottolineo in rosso potevano utilmente tacersi, sostituendole con qualche altra più conciliativa. E poiché il tuono vivace e talvolta un po' sarcastico dei tito letti irrita le suscettibilità in Francia, e in genere all'estero, ti prego di raccomandare agli scrittori di metterei un po' meno sale quando si tratta dell'estero. Bisogna pensare che noi in Italia ci irritiamo pure quando si adopera un tuono simile nei giornali esteri; e un giornale serio come il nostro ha una grande responsabilità e può far molto bene o male nell'acuire o addolcire le relazioni con l'estero.

Con la Francia raccomando una grande cortesia di intonazione, evitando ogni commento acre, anche nei tito]i2.

392 l Cfr. n. 386.

394 1 Da Biblioteca comunale di S. Giovanni in Persiceto, Carteggio Bergamini; ed. in S. SoNNINO, Carteggio 1891-1913, a cura di B.F. Brown e P. Pastorelli, Bari, Laterza, 1981, pp. 378-379.

395

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. RISERVATISSIMO PERSONALE S.N. Roma, 8 marzo 1903, ore 12.

Ho ricevuto il telegramma relativo alla visita degli imperiali di Russial. La pubblica opinione, qui, si era talmente abituata a considerare certa la visita in primavera, che l'indugio farà, io temo, sfavorevole impressione. Naturalmente non è il caso di fare osservazione alcuna. Piuttosto sarebbe grandemente desiderabile che l'annuncio della visita nel prossimo autunno, in Roma, uscisse costì, in forma ufficiosa, fin da ora, in guisa da eliminare ogni dubbio o spiacevole commento. Mi affido, per tale intento, al tatto ed alla abilità di V.E.2

395 J Cfr. n. 393.

2 Per la risposta di Morra cfr. n. 397.

394 2 Barrèrc riferì il l O marzo a Delcassé che Sonnino aveva incaricato Luzzatti di fargli la seguente dichiarazione: «La France n'a pas aujourd'hui de plus sincère ami que moi; non seulement j'approuve le rapprochement survenu entre nos deux Pays, mais si je reviens au pouvoir, tous mes efforts tendront à maintenir et à resserrer ces liens amicaux. Pour ce qui est des articles relevés dans mon joumal, c'est le hasard seui qui les a rassemblés de manière à lcur donner une physionomie peu bienveillante pour la France et cela ne se reproduira plus». DDF, 2ème série, tome III, cit., n. 128.

396

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 818/319. Parigi, 8 marzo 1903 (per. il 12).

Da una indiscrezione, volontaria o non, ma in ogni caso proveniente sicuramente e direttamente da questa nunziatura apostolica e sovra la quale prego pertanto sia mantenuto il segreto il più assoluto, mi risulta che Sua Eminenza il cardinale Perraud, durante una visita da lui fatta al presidente della Repubblica, avrebbe avuto da quest'ultimo delle dichiarazioni relative alla questione pendente fra la Curia vaticana ed il Governo francese circa la formula delle bolle pontificie di nomina dei vescovi e la eventualità di un viaggio di questo capo dello Stato a Roma.

Sul primo di questi due soggetti il signor Loubet avrebbe detto che, sebbene egli sia alieno di arrivare fino alle ultime conseguenze, non si trovava però in grado di transigere.

Sul secondo -ed è quello che ci tocca più da vicino -il presidente avrebbe rivelato al cardinale che nel mese di ottobre ultimo egli avrebbe dovuto subire la necessità di restituire al re d'Italia la visita in Roma; ma che di poi le cose erano mutate. Se Sua Maestà, recandosi in Inghilterra passerà per Parigi, qui gli saranno usati quegli stessi onori e riguardi che sono ormai di consuetudine per i sovrani esteri che viaggiano in Francia senza compiervi una visita ufficiale. Ciò non comporterà l'obbligo di una restituzione di visita da parte del presidente della Repubblica.

Il cardinale Perraud avrebbe portato a Roma queste dichiarazioni.

397

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. RISERVATO S.N. Pietroburgo, 9 marzo 1903, ore 21,18 (per. ore 7 del l0).

Duolmi non poter nulla fare nel senso desiderato da V.E.I La pubblicazione ufficiosa di un atto futuro dell'imperatore è cosa affatto contraria alle consuetudini di questo Governo e l 'accennarvi, anche velatamente, oltre che inutile, sarebbe dar prova di diffidenza ingiustificata. Difatti, l'imperatore annunziò verbalmente a S.M. il Re visita per maggio, od autunno e, dopo ciò, più non prese

impegno alcuno, di modo che, non trattasi veramente di differimento, ma piuttosto di conferma della promessa fatta. Non so perché opinione pubblica considerasse costì come certa la visita in ...2, non avendo io mai scritto in questo senso e, avendo per la prima volta, parlato del viaggio per incarico del conte Lamsdorff col telegramma del 63. Lo confermo, convinto che la visita avrà luogo quest'autunno in Roma.

397 l Cfr. n. 395.

398

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CIFRATO RISERVATISSIMO 281/1371. Costantinopoli, 9 marzo 1903 (per. il 14).

Il cavalier Cangià primo interprete di questa r. ambasciata è riuscito a recarmi la prova di una nuova attitudine che l'Inghilterra è disposta a prendere di fronte la Turchia nelle attuali contingenze. Questa prova consiste in un telegramma con cui l'ambasciatore di Turchia a Londra ha riferito al primo segretario del sultano alcune aperture fattegli da lord Lansdowne.

Debbo prevenire l'E.V. che tale documento è stato comunicato al cavaliere Cangià alla condizione che, ove il suo contenuto fosse recato a cognizione del R. Governo, questo dovrà essere avvertito che l'ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli ed il Palazzo imperiale mantengono il segreto più assoluto sulla questione accennata nel documento stesso.

Il telegramma di Musurus pascià al primo segretario del sultano datato del 19 febbraio scorso, riferisce, nella sua prima parte, alcune dichiarazioni di lord Lansdowne, circa la questione della delimitazione anglo-turca presso Aden, e quindi continua testualmente così:

"Profitant de l'occasion lord Lansdowne m'a assuré que J'ambassadeur d'Angleterre à Constantinople, dont le retour à son poste aurait lieu ces jours-ci, était chargé par S.M. le Roi à foumir à S.M.I. le Sultan !es assurances les plus amicales et l es plus cordiales de l' Angleterre à l'égard Empire ottoman. Changeant conversation le ministre m'a dit que certaines informations parvenues à Londres laissaient entrevoir au Cabinet anglais la possibilité d'une intervention plutòt armée que morale de certaines Grandes Puissances dans la question de la Macédoine, qu'entre autres on avait appris que la Russie notamment se proposait prendre l'initiative d'une forte pression militaire sur la Turquie au cas où les troubles en Macédoine auraient, en dépit des reformes sérieuses que l'on espérait voir la

3 Cfr. n. 393.

398 I Annotazione a margine di Malvano: "Visto da S.E. il ministro Morin".

Sublime Porte appliquer, une nouvelle récrudescence, et qu'enfin !es rapports des consuls anglais en Russie tendaient tous à démontrer chez cette Puissance une grande activité à parfaire les préparatifs militaires déjà entrepris.

Lord Lansdowne, sans me cacher nécessité absolue pour la Sublime Porte à renoncer à des demi-mesures pour entrer dans la voie des reformes larges énergiques, m'a déclaré par ce que S.M. le Roi avait déjà envisagé possibilité d'une entrée en scène de la Russie conjointement avec l'Autriche-Hongrie et qu'en conséquence le roi, toujours partisan intégrité territoriale de la Turquie, avait chargé sir N. O' Conor de porter à la haute connaissance de S.M. le Sultan que le Gouvernement impérial pouvait compter sur le concours de la Grande Bretagne en cas de danger. Le ministre m'a déclaré que le passage par !es détroits des torpilleurs russes avait porté aux traités, qui interdisent le passage bàtiments de guerre par les Dardanelles et le Bosphore, une grave atteinte contre laquelle le Gouvernement anglais avait dù protester, tout en se réservant le droit de réclamer et d'obtenir de pareils avantages lorsque !es circonstances I'exigéraient. Il m'a fait remarquer qu 'aujourd'hui l'Angleterre était heureuse que cette violation d es traités lui ait constitué un précédent dont elle pourra éventuellement tirer parti dans la défense des intérèts de la Turquie. Lord Lansdowne a ajouté que sur l'ordre du roi il me priait télégraphier d'urgence et à titre confidentiel ces déclarations à notre auguste souverain et que le roi espérait voir son ambassadeur reçu en audience par S.M. le Sultan immédiatement après son arrivée dans la capitale ".

Non mi è stato dato di conoscere il testo della risposta data a lord Lansdowne, né delle dichiarazioni fatte dal sultano a sir N. O'Conor ali 'udienza che questi ebbe da Sua Maestà Imperiale subito dopo il suo ritorno, ma dalle informazioni che il cavalier Cangià è riuscito a procurarsi, senza però poter affermare che esse siano completamente esatte, risulterebbe che il sultano avrebbe fatto favorevole accoglimento alle aperture del Governo britannico, ed avrebbe lasciato intendere al Gabinetto di Londra ed a sir N. O'Conor che egli sarebbe disposto in massima a concludere un accordo speciale nel senso di tali aperture, e che questo accordo potrebbe prendere la forma di una revisione della convenzione di Cipro. In una successiva comunicazione di cui non è stato possibile di avere il testo, l'ambasciatore di Turchia a Londra avrebbe fatto sapere che il Governo britannico pensa che la convenzione di Cipro debba rimanere estranea all'intesa attuale, che la revisione di quella convenzione solleverebbe delicate questioni che la durata stessa dei negoziati, in tal caso, potrebbe, col pericolo che ne susseguirebbe di possibili indiscrezioni, comprometterne l'esito, e che, a parere del Gabinetto stesso, la sola forma pratica di questa intesa sarebbe che confermasse l'accordo intervenuto.

E' possibile che l'idea messa avanti dal sultano di una revisione della convenzione per Cipro non abbia altro scopo che di cercare di prendere tempo di fronte ad apertura di cui egli sente l'estrema gravità; d'altro lato è naturale che l 'Inghilterra non desideri mutare uno strumento diplomatico di cui essa è soddisfatta e che preferisca, se mai, un accordo speciale da farsi mediante scambio di note. Del resto se l'Inghilterra ravvisi interesse suo addivenire ad un accordo, non v'ha dubbio che avrebbe da scegliere un mezzo rapido e segreto quale è uno scambio di note e ciò per non dar tempo alla Russia di esercitare sull'animo del sultano la sua preponderante influenza.

Ho motivo di credere che queste ambasciate di Austria-Ungheria, Francia e Germania ignorano assolutamente le aperture del Governo britannico, ma non potrei assicurare che l'ambasciata di Russia, dati gli eccezionali mezzi di informazione di cui dispone a Palazzo, non abbia o non avrà informazioni in proposito.

Data l'estrema delicatezza dell'argomento, l'E.V. converrà meco che ogni divulgazione riguardo ai negoziati in corso potrebbe avere gravi conseguenze; mi permetto quindi di pregarla -ove ella stimi di dar notizia al r. ambasciatore a Londra -di volergli far notare che il Governo britannico mantiene, come sopra ho riferito, il più assoluto segreto sulle trattative in discorso.

PS. Malgrado le più attive indagini non è stato possibile di conoscere se i negoziati abbiano progredito o no; né ho grande probabilità a riuscire a saperlo in avvenire, dato il segreto da cui sono vieppiù circondati. Credo però che se il Governo russo venisse a conoscerli, avrebbe interesse a far loro dare pubblicità.

Mi permetta l'E.V. di aggiungere, per debito di giustizia, che il r. ministero ha ora dinanzi a sé una nuova prova della vigilanza indefessa e della rapida intuizione di questo ambiente politico, che sono precipue doti del cav. Cangià. Nell'interesse del servizio, ora più che mai gravoso, sarei riconoscentissimo all'E.V. e a S.E. l'on. A. Baccelli di voler tosto far attuare le disposizioni già fissate dall'on. sotto segretario di Stato in favore di quel funzionario in seguito ad una mia lettera particolare del 20 dicembre scorso2 a S.E. il ministro Prinetti.

397 2 Nota del decifratore: "Gruppo omesso, forse primavera".

399

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. RISERVATISSIMO .. ./401. Berlino, 10 marzo 1903, ore 12,30 (per. ore 13,30).

Ringrazio l'E.V del telegramma di ieri2. Come già saprà a quest'ora, imperatore di Germania si propone giungere Roma due maggio, trattenendovisi tre giorni e ripartirà 5 a sera o 6 a mattina, per la Germania, senza fermarsi in alcun'altra nostra città.

2 T. riservatissimo personale s.n. col quale si comunicava che, essendo la visita dello zar prevista per l'autunno, l'imperatore di Germania avrebbe potuto fissare per la visita ai reali d'Italia la data di suo gradimento.

398 2 Non rinvenuta.

399 l Il telegramma non è stato registrato in arrivo.

400

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 520/24. Parigi, 11 marzo 1903, ore 23,20 (per. ore 6,40 del 12).

Discussione sulla politica estera della Francia occupò due intere sedute. Oratori autorevoli di tutti i gruppi vi presero parte. E' emerso l'unanime convincimento essere le buone relazioni con l 'Italia un fattore principale della politica francese. Quasi tutti gli oratori, perfino nel campo nazionalista, se ne dissero persuasi e soddisfatti. Furono particolarmente notevoli nella seduta di oggi le dichiarazioni di Ribot. Trasmetto, in chiaro, parole pronunziate da Delcassé I. In sostanza, due eccellenti giornate per il consolidamento delle nostre buone relazioni con la Francia.

401

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 521/25. Parigi, 11 marzo 1903, ore 23.

Dans le discours d'aujourd'hui, en parlant du retablissement des relations entre la France et l'Italie, le ministre des affaires étrangères s'est exprimé ainsi: «Nous nous y sommes pour notre part résolument appliqués. La tàche était d'autant plus délicate en ce qui concerne la France et l'Italie que leur éloignement avait paru moins justifié. Il a fallu de part et d'autre beaucoup de bonne volonté, un sentiment profond des intérèts nationaux, beaucoup de persévérance, quelque tact, aussi l'application incessante à saisir chaque occasion favorable de faire un pas en avant, et mème soin à éviter !es impatiences qui auraient pu provoquer un recul. Ainsi préparée, l'entente s'est enfin parachevée à la commune satisfaction des deux Pays. A quoi bon essayer de convaincre !es quelques esprits chagrins qui ne veulent pas ètre convaincus et qui exagèreront toujours le but pour pouvoir diminuer le résultat? Le résultat n'en est pas moins là, qu'on appréciera d' autant mieux si l'on se reporte à vingt ans en arri è re, si l'on se rappelle certains mots, certaines attitudes et !es préoccupations qui en étaient découlées. Eh bien! Est-ce une chose indifférente de pouvoir constater aujourd'hui plus encore que hier, que tout cela est le passé et que !es mèmes intérèts au nom desquels on avait séparé la France et l'Italie et qui pouvaient !es mettre face à face, conspirent aujourd'hui à entretenir l'amitié et à consolider l'accord si heuresement établi?». (Vifs applaudissements).

400 l Cfr. n. 401.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 432. Roma, 12 marzo 1903, ore 11,30.

Ho letto con interesse il discorso di Delcassé segnatamente la parte relativa ai rapporti tra l 'Italia e la Francia, da V. E. testualmente telegrafatami l. Prego l'E.V. di manifestare al signor Delcassé il nostro grato animo e vivo compiacimento per le cordiali e particolarmente gentili parole da esso rivolte al nostro indirizzo2.

403

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 50. Addis Alem, 12 marzo 1903 (per. il 17 aprile).

Accuso ricevuta del dispaccio 7 febbraio c.a. n. 6333/32 riservato 1•

Se il colonnello Harrington ha ricevuto istruzioni per procedere d'accordo con me, perché, nei negoziati coll'imperatore Menelik pei confini tra l'Abissinia ed il Protettorato britannico dell'Africa orientale, non siano pregiudicati i nostri interessi, si fa sempre più vivo da parte mia il desiderio di conoscere dall'E.V. quali devono essere gli interessi che il Governo intende e vuole tutelare ed in quale maniera devo ciò fare.

Intanto, ed in attesa di quelle istruzioni che dovrò fra breve ricevere, credo utile notificare ali 'E.V. la presente situazione delle cose. La missione Butler procede verso sud e traccia sulla carta i confini voluti dal Governo britannico.

Il capitano Colli accompagna la missione collo scopo apparente della caccia, ma ha ordine di sorvegliare e riferirmi i dettagli del tracciato della frontiera inglese.

Finora so, da Colli, che gli inglesi seguono la linea che ho indicata sullo schizzo qui unito, e cioè, dal Ganale, comprendendo la regione dei Tartall, vanno al Rodolfo.

Menelik è informato di quanto fa la missione e sostiene con me che egli non intende cedere alle pretese inglesi ma insisterà invece sulla linea che ho segnata con tratti rossi e neri nello schizzo predetto.

2 Cfr. n. 411. 403 l Cfr. n. 336, nota 2.

Qualunque sarà il risultato delle trattative fra Menelik ed Harrington, e cioè, otterrà Harrington la linea da lui voluta o cederà a quella indicata da Menelik è certo che gli inglesi, prendendo possesso di zone a monte di Lugh, potranno con ben scelte stazioni in (l) (2)2, intercettare il traffico di tutte le regioni esplorate dal capitano Bottego, tra il Margherita ed il Rodolfo, rendendo inutile il mercato di Lugh, o per lo meno facendolo soggetto ai nuovi loro mercati.

La ideata e voluta ferrovia Berbera-Harar attirerà ogni traffico dell'Ogaden e degli Arussi, le nuove stazioni inglesi sul Ganale raccoglieranno quei pochi e miseri negozi che si fanno nei mercati dei Boran e regione lago Margherita, sicché Lugh resterà un mesto ricordo di tramontate illusioni e speranze.

Combattere, scongiurare questo pericolo, trovare nuove soluzioni ed accordi, non credo sia possibile. Gli inglesi colle loro attuali esigenze non contrastano né modificano i protocolli 24 marzo e 15 aprile I 89 I.

In questo stato di cose, e prevedendo che in qualunque modo sarà risolta la questione fra Menelik e gli inglesi noi finiremo egualmente per vedere lesi i nostri interessi, mi sono permesso di segnalare alla E.V., in data 7 febbraio c.a., col telegramma n. 23, la mia subordinata opinione sulla opportunità di tentare d'ottenere qualche vantaggio per l'Eritrea a parziale compenso d eli' evidente danno che prevedo fatale dalla parte del Benadir.

402 l Cfr. n. 40 l.

404

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 12434/127. Roma, 15 marzo 1903.

VE. ben sa con quale sollecitudine il Governo del re, premuroso del mantenimento dello statu quo nella penisola balcanica, abbia appoggiato, presso la Sublime Porta, il memorandum austro-russo per le riforme in Macedonia, e con quanta attenzione esso segua la esplicazione delle riforme stesse, sollecito altresì di coadiuvare l'azione delle due Potenze più direttamente interessate in quella regione, prescrivendo un atteggiamento vigile ai rr. consoli.

Se pertanto havvi a sperare, malgrado i dubbi contrari, che tale azione, col suffragio delle Grandi Potenze, e date le buone intenzioni dalle quali il sultano e le autorità imperiali si dimostrano animati, possa non sortire un risultato inefficace, non è però men vero che il Governo del re debba seriamente preoccuparsi della corrente di aperta ribellione palesatasi nello elemento albanese-macedone contro le riforme indette, della ripercussione che siffatta agitazione, non agevolmente doma, accenna ad avere nelle popolazioni dei vilayets dell'Albania, alla quale gli interessi italiani sono maggiormente connessi, e delle conseguenze che abbiano a derivare dal contraccolpo.

403 2 Sic, allude a località segnate nello schizzo allegato. 3 T. 403/2 trasmesso da Asmara il 22 febbraio, non pubblicato.

Sebbene la nostra intesa con l'Austria-Ungheria, diretta al mantenimento dello statu quo in Albania, escluda che, rispetto a questa regione, possa verificarsi un mutamento a detrimento nostro, pur tuttavia, per le accennate preoccupazioni, il Governo del re è tratto a considerare se la intesa esistente basti a fronteggiare temibili eventualità, o se non sia piuttosto il caso pei due Governi alleati, in previsione di possibili avvenimenti, di avvisare ai mezzi meglio rispondenti agli accordi per la efficace tutela dello statu quo in Albania.

La E.V., cogliendo una propizia opportunità, vorrà richiamare la attenzione del conte Goluchowski su quanto precede, e, qualora codesto ministro mostri di condividere le nostre preoccupazioni, ella potrà insinuargli la favorevole disposizione del Governo del re per un confidenziale scambio di vedute al riguardo!.

405

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 455. Roma, 16 marzo 1903, ore 17,55.

Il deputato De Marinis ha affermato oggi, alla Camera, che gli inglesi hanno costituito un deposito di carbone a Bomba, sulla costa di Cirenaica e vi compiono ripetuti atti dimostranti l'intenzione di stabilirvisi. Sarebbe desiderabile che la smentita di tale notizia certamente insussistente, apparisse in un giornale di Londra. Prego V.E. di volere, previi gli opportuni accertamenti, ciò ottenere telegrafandomi non appena la smentita sia uscita l.

406

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 569. Londra, 18 marzo 1903, ore 21,47 (per. ore 6,40 del 19).

Marchese Lansdowne, che ho veduto ora, alludendo di sua iniziativa alle notizie pervenute gli da Roma circa nota interpellanza De Marinis1 , mi ha detto avere già telegrafato a codesto incaricato d'affari britannico trattarsi di ridicola invenzione, esprimendo sorpresa che alcuno abbia potuto prestarvi fede. Ho detto a

405 l Cfr. n. 406. 406 l Cfr. n. 405.

Sua Signoria che non si trattava del R. Governo, il quale ben conosceva lo stato delle cose, ma della impressione prodotta sul pubblico, impressione che conveniva dissipare con metodi appropriati, e, quindi, ho suggerito inviare una smentita per mezzo della agenzia Reuter che, ritengo, comparirà domani.

404 l Per la risposta cfr. n. 409.

407

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 12912/56. Roma, 18 marzo 1903.

Ho ricevuto il rapporto 1° gennaio 1903, n. 3, ed i telegrammi 7 e 12 febbraio u.s.l, relativi alle relazioni attuali tra la Francia e l 'Etiopia e alla questione delle linee ferroviarie in codesto Paese.

Sulla condotta che ella deve tenere non posso che riferirmi ai dispacci del 30 settembre 1902, n. 141 e 13 dicembre 1902 n. 1782. Ella deve mantenere il massimo riserbo in una posizione tanto delicata, anche per evitare che sorgano sentimenti di diffidenza nell'ingegnere Ilg verso la S.V., poiché all'ingegnere Ilg potrebbero aver fatto credere che ella abbia contribuito a creargli l'attuale penosa situazione. E su questo punto desidero che la S.V. mi rassicuri.

Quanto più specialmente all'argomento che forma oggetto del telegramma del 7 febbraio, debbo dirle che, purtroppo, secondo le nostre informazioni, lord Cromer ha espressamente dichiarato che la ferrovia sudanese dal Nilo dovea volgere verso Suachin. Abbiamo fatto qualche ufficio al Cairo presso lord Cromer per conoscere come stessero le cose e per rappresentare la reciproca convenienza di una linea che per Cassala si riallacciasse all'Eritrea, ma finora non abbiamo nessuna ragione di sperare che quegli uffici possano raggiungere il desiderato scopo, ed è evidente che se si effettuerà la costruzione della ferrovia per Suachin verranno troncate le nostre legittime speranze di veder passare per Cassala e Massaua il commercio del Sudan.

Non mancano, per verità, ragioni che potrebbero piegare l 'Inghilterra a preferire il tracciato Cartum-Cassala-Massaua (antica e naturale via del commercio del Sudan) al tracciato Berbera-Suachin. Le maggiori spese di costruzione sarebbero, a nostro modo di vedere, compensate da minori spese di esercizio e manutenzione, avuto riguardo alle migliori condizioni del porto di Massaua, in confronto di quello di Suachin, alla miglior natura della regione (isola di Meroe) che attraverserebbe, ed all'abbondanza d'acqua, alla fertilità ed alla densità della popolazione.

Tutto ciò del resto riconoscono gli inglesi stessi, essendo anche idea di lord Cromer di congiungere, con una ferrovia, Cartum a Cassala, e se a questo tronco si desse la preferenza non sarebbe forse improbabile che se ne decidesse il riallacciamento per l'Eritrea invece che per Suachin.

407 1 Cfr. n. 284. I telegrammi non sono pubblicati. 2 Cfr. nn. 120 e 245.

Ma non solamente dal nord noi prevediamo pericoli per il commercio dell'Eritrea. Anche dal sud la ferrovia francese Gibuti-Harar già costruita, e la progettata ferrovia inglese Addis Abeba-Nilo Bianco assorbendo quasi completamente il commercio dell'Abissinia, ne taglieranno fuori la nostra colonia, togliendo agli accordi del 15 maggio 19023 il valore che, dal punto di vista dell'avviamento del commercio dell'Etiopia sud-occidentale verso l'Eritrea, ce ne ripromettevamo.

Sarebbe quindi di vitale interesse per la colonia che si ottenga il riallacciamento delle ferrovie del Sudan per Cassala in modo da eliminare gli effetti per noi dannosi di una linea Scioa-Nilo Bianco.

E però, onde scongiurare il pericolo di vedere insieme perduti per l'Eritrea i commerci del Sudan e dell'Etiopia, non potendo si sperare in private iniziative che a quel pericolo si oppongano con diretta azione, con separate imprese che valgano ad eliminare la concorrenza delle linee francese ed inglese, ci sembra che il terreno pratico per tentare di raggiungere lo scopo sia quello di agire costì col mezzo di Harrington lasciando comprendere che noi saremmo disposti ad appoggiare la concessione di una linea Berbera-Harar e Scioa-Nilo Bianco alla condizione che essa si riallacci poi per Cassala alla Colonia Eritrea, salvo poi a stabilire le condizioni alle quali quel riallacciamento dovrebbe avvenire.

Credo anche che l'importante recente scambio di note 29 gennaio -9 febbraio4 (già comunicate alla S.V.) tra Inghilterra e Italia per il protocollo del 24 marzo 1891 per le regioni dell'alto Giuba, ci possa porgere occasione di reciproche concessioni, non solo per la quistione di Lugh, ma anche per la quistione che forma oggetto di questo dispaccio.

La S.V. nel riferirmi su quanto ella scrive nell'ultima parte del suo rapporto del l 0 gennaio 1903, quando la questione tra Menelik e Harrington per la ferrovia Berbera-Harar sarà chiarita, vorrà anche riferirmi quale probabilità di riuscita avrebbe l 'azione della S.V. presso Harrington nel senso da me indicato.

Credo opportuno, per sua informazione e norma, comunicarle copia della corrispondenza scambiata con la r. agenzia al Cairo a proposito della ferrovia sudanese per Suachin.s

/

408

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 473. Roma, 19 marzo 1903, ore 20.

Interrogazione deputato Cirmeni ha dato occasione ad informare oggi stesso la Camera delle dichiarazioni del Governo inglese! che furono accolte da vivissi

4 Cfr. nn. 321 e 336.

s Cfr. n. 373.

408 I Cfr. n. 406.

me e generali approvazioni. Il Governo italiano non aveva prestato alcuna fede alla notizia data dall'on. De Marinis a proposito della baja di Bomba; ora esso è ben grato al Governo inglese per l'amichevole spontanea premura con cui questo, in armonia con le sue precedenti dichiarazioni al ministro Prinetti, ha voluto dare categorica smentita alla notizia stessa. Prego VE. significare a lord Lansdowne i ringraziamenti del Governo del re.

407 3 Cfr. serie III, vol. VI, n. 477.

409

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 381/191. Vienna, 19 marzo 1903 (per. il 23).

In conformità delle istruzioni che VE. m 'impartì con dispaccio del 15 corrente n. 12434/1271, ho esposto oggi a S.E. il conte Goluchowski le preoccupazioni destate nel Governo del re dalla corrente di ribellione manifestatasi negli albanesi-macedoni contro le riforme consigliate dalle Potenze, e dal contraccolpo che tale agitazione potrebbe produrre nelle popolazioni di quella parte dell'Albania che è più prossima ali' Italia. Il Governo del re, dissi al conte Goluchowski, sa che l'accordo tra l'Italia e l'Austria-Ungheria esclude che si possano produrre in Albania mutamenti dello status quo a detrimento dell'una o dell'altra delle due predette Potenze, ma pure, in presenza delle agitazioni a cui s'è accennato, si chiede e chiede al Governo austro-ungarico se per i due Stati alleati non sia forse il caso d'avvisare fin d'ora ai mezzi meglio rispondenti agli accordi presi per l'efficace tutela dello status quo in quella regione. Soggiunsi che avevo ragione di credere che, per parte sua, il Governo del re sarebbe disposto a procedere col Governo alleato ad uno scambio d'idee in proposito.

Il conte Goluchowski mi rispose dicendomi che l'attitudine dell'elemento albanese a Skoplie ed altrove era certamente un fatto deplorevole, ma non se ne mostrò preoccupato, ed espresse la fiducia che il Governo ottomano riuscirebbe, se non a vincerne l'opposizione alle riforme, almeno a paralizzar! a in parte, e ad impedire che si estenda alle altre parti d eli' Albania. Osservò poi che non stimava opportuno di procedere senza necessità a degli scambi d'idee circa l'Albania in un momento, in cui importa essenzialmente di semplificare e non complicare l'azione diplomatica delle Potenze, e di evitare che si sollevino altre questioni nelle altre parti dell'Impero turco, poste all'infuori dei tre vilayet macedoni.

Il conte Goluchowski non vuoi prevedere un avvenire lontano. Per ora non gli pare che la situazione dell'Albania sia in giuoco, poiché le tendenze di quelle

popolazioni sono piuttosto nel senso che non si modifichi lo status quo a loro riguardo. Intanto le due Potenze più interessate in Albania, cioè l 'Italia e l'AustriaUngheria, hanno posto la loro situazione al sicuro, non solo per mezzo del trattato di alleanza, ma coll'accordo speciale, col quale le due Potenze guarentiscono l'una verso l'altra lo status quo, e la tutela reciproca degli interessi rispettivi nella misura d'una perfetta uguaglianza. Se, contro le previsioni, la situazione in Albania diventasse pericolosa, e vi fosse minaccia d'un turbamento dello status quo, i due Governi alleati avrebbero naturalmente ad intendersi. Ma questo pericolo, secondo il conte Goluchowski, ora non c'è, e non par probabile che sorga in un avvenire prossimo. Gli sembra, quindi, conveniente che i due Governi aspettino con calma e con fiducia reciproca il risultato dell'applicazione delle riforme nei vilayet macedoni.

409 l Cfr. n. 404.

410

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CONFIDENZIALE 325/144. Londra, 21 marzo 1903 (per. il 28).

Col dispaccio che V.E. mi fece l'onore di dirigermi in data del 16 corrente

(n. 111 )l ho ricevuto oggi comunicazione di un rapporto di S.E. il conte Tomielli del 24 febbraio scorso2 contenente interessanti notizie e considerazioni sui disegni che si coltiverebbero in Francia riguardo al Marocco, in connessione ad una possibile intesa coll'Inghilterra. V.E. m'invita a cautamente indagare e riferirle intorno a quanto le viene così segnalato.

Le osservazioni del r. ambasciatore in Parigi prendono per punto di partenza un articolo comparso nello Standard di Londra il 20 febbraio, ponendolo in rapporto con due conversazioni che l 'ambasciatore francese qui avrebbe avute col ministro degli affari esteri per indurlo ad accogliere l'idea di un riparto di zone di influenza tra la Francia e l'Inghilterra nel Marocco.

Il concetto esposto ne li'articolo dello Standard consiste sostanzialmente nel lasciare carta bianca alla Francia sovra l 'intero Marocco, salvo la costa lungo lo stretto, in corrispettivo di compensi che la Francia consentirebbe all'Inghilterra in altre parti del mondo. Circa le aperture attribuite a M. Cambon, non risulta con uguale chiarezza da quanto fu riferito al conte Tomielli, se l'ambasciatore francese avrebbe qui suggerito un progetto su quelle stesse basi, oppure sulla base di una spartizione di sfere di influenza nel Marocco stesso. Questa seconda interpre

410 l Non pubblicato. 2 Cfr. n. 381.

307 tazione sembra avvalorata da quanto è accennato nel rapporto del mio collega, circa le offerte di una spartizione del Marocco altra volta fatta dallo stesso M. Cambon a Madrid ed ora forse a Londra. La differenza fra i due progetti parmi abbastanza importante per essere rilevata, trattandosi di determinare l'oggetto di una proposta di tanto momento come quella che si afferma essere stata formulata dallo ambasciatore di Francia.

Sulla questione del Marocco, io ho avuto qui due conversazioni, l'una dieci giorni or sono col sotto segretario di Stato per gli affari esteri, l'altra ieri stesso col mio collega M. Cambon. Su entrambe mi proponevo appunto riferire con questo corriere, e l'esatta riproduzione che qui appresso cercherò di farne, fornirà a V.E. le informazioni che, per ora, mi trovo in grado di dare in risposta al suo dispaccio giuntomi stamane.

Discorrendo con sir Thomas Sanderson, degli eventi del Marocco, che in quei giorni si annunciavano come nuovamente aggravati, gli feci allusione a certi articoli di giornali che avevano parlato di proposte qui messe innanzi da M. Cambon per un'intesa franco-britannica sulla sorte di quel Paese, nell'eventualità che venisse a dichiararvisi uno stato permanente di anarchia. Premetto che già qualche tempo prima, io avevo avuto occasione d'intrattenermi sullo stesso argomento col marchese di Lansdowne, il quale mi si era mostrato completamente tranquillo circa le intenzioni del Governo francese, dacchè l 'ambasciatore della Repubblica gli aveva fornito su di esse le più positive assicurazioni, nel senso dell'astensione da ogni atto di intervento separato nelle cose interne di quell'Impero. Ma ciò si riferiva al primo periodo della ribellione, nel gennajo, né poi escludeva che M. Cambon avesse potuto dire qualcosa di più. E dovevo tener presente la grande riserva che suole osservare nel suo linguaggio il marchese di Lansdowne, il quale, franco e preciso in tutte le comunicazioni che gli occorre fare in materia d'affari, non prende volentieri l'iniziativa di conversazioni generiche o non necessarie e, se interrogato direttamente, risponde, ove Io possa, in modo egualmente diretto, ma non discorsivo. Più abbondante si dimostra -con chi gli inspira fiducia -sir Thomas Sanderson, il quale, inoltre, per avere durante lunghi anni avuto familiarità con tutti gli affari trattati nel Foreign Office, è, forsanco più che il suo capo, sicuro di ciò che si può dire o non dire. Sir Thomas adunque, da me interrogato confidenzialmente, se l'ambasciatore francese avesse fatto alcuna proposta circa un eventuale riparto di sfere d'influenza nel Marocco, mi rispose senza esitare in modo formalmente negativo. Anzi, avendo io alluso alla possibilità che la cosa fosse rimasta nei termini di un privato colloquio fra l'ambasciatore ed il ministro, il mio interlocutore insistette sulla sua denegazione, aggiungendo che tale non poteva essere il caso per una comunicazione di quella natura, della quale certamente egli avrebbe avuto conoscenza: altro non vi era stato, secondo la sua convinzione, che un reciproco scambio di assicurazioni nel senso del mantenimento dello statu quo.

Ieri poi, vidi M. Cambon appunto di ritorno da una gita di alcuni giorni a Parigi, dove egli mi disse esser andato ad incontrare un suo figlio attualmente segretario presso la legazione francese in Tangeri e venuto con lui a Londra in licenza. L'occasione per entrare a discorrere delle cose del Marocco si offriva così abbastanza naturalmente. Il mio collega mi disse averne lungamente parlato ap

punto negli scorsi giorni a Parigi, col suo fratello ora ambasciatore a Madrid, il quale per essere stato già governatore generale dell'Algeria, possiede una speciale esperienza degli affari di quell'Impero. Secondo M. Jules Cambon le idee correnti in Europa sull'attuale ribellione sono esagerate ed inesatte, basandosi sui principii dei Governi occidentali affatto inapplicabili a quei Paesi; il Marocco non è uno Stato organizzato, ma una agglomerazione amorfa di diverse tribù le quali vedono nel califfo soltanto un comune capo religioso, la cui autorità non si è mai esercitata se non in modo precario ed erratico; l'attuale agitazione non è un fatto nuovo ma il periodico ribollimento di uno stato di cose che ha sempre più o meno esistito ed è un errore il parlarne come di una rivoluzione avente un principio ed un fine. Alla interrogazione che feci al mio collega, se egli credesse praticabile un eventuale spartimento del territorio marocchino, egli rispose che la sola divisione indicata dalla natura era quella dei due versanti della catena dell'Atlante che percorre obliquamente dal sud-ovest al nord-est la regione fra l'Oceano ed il Mediterraneo; ma il suo pendio verso il Sahara ed in genere tutta la parte montuosa era già fin d'ora praticamente sottratta all'autorità del sultano; quando l'anno scorso si trattò di mandare colà la commissione marocchina incaricata di determinare coi delegati francesi quali tribù dovessero dipendere dall'uno o dall'altro Stato, quella commissione non potè recarsi sul luogo se non facendo il giro pel territorio algerino; e del resto si era dovuto riconoscere alla Francia il diritto di esercitare la polizia su tutte quelle tribù direttamente e senza distinzione di nazionalità. Data la posizione della Francia in quella parte dell'Africa, dove essa possiede col Marocco una frontiera comune di un migliajo di chilometri, non aveva bisogno di dimostrazione, soggiunse M. Cambon, l'impossibilità per il suo Governo di vedervisi insediare qualunque altra Potenza. Nella recente discussione sulla politica estera nel Parlamento francese, un deputato, M. Delafosse, aveva parlato delle cose del Marocco con spirito di conciliazione; ma bisognava distinguere due punti del suo discorso, quello cioè relativo ad una eventuale neutralizzazione dello stretto di Gibilterra e quello di un possibile controllo collettivo o condominio della Francia dell'Inghilterra e della Spagna sull'amministrazione del Marocco; questa idea di un condominio era secondo lui (M. Cambon) impraticabile. Non così l'altra, concernente la neutralizzazione dello stretto. Se la Francia né altri poteva mai permettere che la Gran Bretagna già padrona di Gibilterra, si impiantasse anche sull'altro lato dello stretto, bisognava riconoscere che l'Inghilterra, dal canto suo, non si adatterebbe a veder stabilirsi la Francia od alcuna altra Potenza sopra un punto qualunque della costa marocchina del Mediterraneo: era questa una riserva di generale interesse e che si applicava anche ad altri. Avendo io, a questo punto, creduto comprendere che le parole del mio collega contenevano una qualche speciale allusione, gliene domandai schiarimento; ed egli mi rispose aver voluto riferirsi alla Germania, la quale a un dato momento aveva accarezzato il progetto di acquistare una stazione di carbone sulla costa marocchina appunto del Mediterraneo. Dissi che avevo udito una volta parlare di un simile progetto tedesco relativamente a Mogador, cioè sull'Atlantico e non sul Mediterraneo; ma M. Cambon insistette nell'affermare che si era trattato di un porto situato fra Ceuta e la frontiera algerina; quel disegno essendo stato sventa

to, si negava ora a Berlino di averlo concepito, ma il fatto era positivo. Il tratto di costa fra il confine algerino e Tangeri dovrebbe dunque, secondo il mio collega, considerarsi intangibile per riguardo non soltanto all'Inghilterra ma a tutte le Potenze interessate alla libertà dell'accesso al Mare Mediterraneo; e le sue parole non mi parvero lasciar dubbio che la proibizione si estendeva, nel suo intendimento, anche alla Francia. Quanto infine alle comunicazioni da lui scambiate col ministro britannico degli affari esteri allo scoppiare degli attuali avvenimenti, M. Cambon mi disse avere egli avuto incarico soltanto di porre in sodo, per reciproca quiete, che nessuno dei due Governi -d'accordo in ciò anche colla Spagna avrebbe cercato d'ingerirsi in alcuna guisa nei casi interni del Marocco, e che

o ve l'uno o l'altro dei Governi stessi si fosse a un dato momento trovato nella necessità di procedere a un qualunque atto di protezione delle proprie colonie o simili, nulla si sarebbe fatto senza preavviso e se non col leale proposito di rispettare lo stato politico esistente.

Queste sono le dichiarazioni fattemi, in modo sia pure accademico ma affatto spontaneo dall'ambasciatore di Francia. Collegandole a quelle più sopra riferite del sotto segretario di Stato, non ne risulterebbe, come si vede, confermata l'informazione pervenuta a S.E. il conte Tomielli.

D'altra parte l'avvertenza da lui fatta di averla ricevuta da fonte non francese e sicura, permette di congetturare che la notizia sia venuta dali'ambasciatore britannico di Parigi e cioè indirettamente dal Foreign Office. In questo caso, ci troveremmo di fronte ad una contraddizione non facile a chiarirsi. Che idea personale di M. Cambon sia di preparare il riavvicinamento della Francia e dell'Inghilterra mediante la graduale soluzione, a base di reciproci compensi, delle diverse questioni che dividono i due Paesi, è un fatto che ho più di una volta avuto occasione di segnalare nella mia corrispondenza. Per vero, quando egli ebbe talvolta a parlarmene, ho creduto osservare che egli non comprendeva nella serie la questione del Marocco -della quale anzi egli mi disse un giorno che essa non esisteva. Ma ciò non toglie che dopo i recenti eventi i quali richiamarono su quelle regioni la generale attenzione, egli non abbia potuto connetterla nella sua mente a una qualche combinazione. Se così fosse, non è escluso che egli ne abbia forse fatto un cenno nell'una o l'altra delle sue conversazioni col marchese di Lansdowne; ma anche in tal caso, pare difficile che ciò abbia potuto prendere la forma di una proposta.

Dopo di aver così esposto a V.E. quanto posso dire finora sull'argomento della fattami comunicazione, non ho mestieri di aggiungere che la terrò presente nelle indagini che ulteriormente mi riuscisse di fare sull'importante materia.

Mentre restituisco qui unita la lettera comunicatami, mi pregio di avvertire che, approfittando dell'attuale corriere, stimo opportuno far passare per via il presente rapporto sotto gli occhi del mio collega di Parigi3.

410 3 Il capo della missione militare in Marocco, colonnello Ferrara, scriveva a Ma1musi (R. 162/36 da Tangeri del 26 marzo): "La lotta d'influenza tra Francia ed Inghilterra ferve sempre vivace: a Corte l'elemento inglese è sempre il preferito ma si accarezza e si mantengono buoni rapporti coll'elemento francese guardandosi bene dal ferirne le suscettibilità".

411

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 984/376. Parigi, 21 marzo 1903.

La sera dell' 11 corrente ho potuto trasmettere telegraficamente a V.E. il testo delle parole pronunziate nella tornata di quel giorno alla Camera dei deputati, dal signor Delcassé per definire le presenti relazioni della Francia con l 'Italia l. Ebbi la soddisfazione di accompagnare tale trasmissione con poche osservazioni che mettevano in sodo come dalla discussione che durò due giorni ed a cui presero parte oratori autorevoli dei vari partiti, fosse emerso il convincimento ormai unanime in Francia che, nelle buone relazioni con l'Italia, questo Paese trova un potente fattore della sua politica estera2. Il ministro raccolse da tutte le parti dell' Assemblea approvazioni e segni non dubbi di soddisfazione per l'opera sua consacrata al ravvicinamento dei due Paesi. Sicché mi fu lecito conchiudere che le due giornate potevano essere considerate come eccellenti per il consolidamento delle nostre buone relazioni con la Francia.

L'E.V. mi segnalò tosto il vivo compiacimento suo per le cordiali e gradite parole di questo ministro degli affari esteri3 ed io mi resi delle medesime interprete verso di lui in conformità delle istruzioni impartitemi4.

Era la prima volta questa, dopo il rinnovamento della Triplice Alleanza, che si presentava l'occasione di portare nei dibattimenti del Parlamento francese la questione delle relazioni della Francia con l'Italia. Si poteva temere che qualche oratore apprezzasse tale evento in termini dispiacevoli, o dimostrasse per lo meno il dispetto di deluse, benché non giustificate aspettazioni. Nulla di tutto ciò si è prodotto. Nessuno pensò di cercare nelle precedenti dichiarazioni fatte alla Camera dal signor Delcassé, argomento per imputarlo di inavvedutezza, o d'imprevidenza.

Della Triplice Alleanza parlò per il primo nella recente discussione l'on. Luciano Millevoye, campione dei nazionalisti. Ne affermò il rinnovamento e disse sarebbe cosa ingenua il giudicare con troppo ottimismo le modificazioni, d'altronde incerte, oscure, che hanno potuto essere introdotte nelle nuove convenzioni; ma nel tempo stesso egli mise in sodo che da tutte le parti si assicurava essere stato il trattato corretto in senso risolutamente pacifico ed avere il medesimo perduto ogni significato bellicoso ed aggressivo. Il focoso principale estensore del giornale La Patrie non ci aveva abituati a così equanimi giudizi, ed ancor meno si potevano aspettare da lui, spesso inclinato a non dissimulare il suo malanimo contro l'Italia, le vigorose smentite opposte a coloro che vorrebbero rappresentare

411 l Cfr. n. 401. 2 Cfr. n. 400. 3 Cfr. n. 402. 4 Cfr. DDF, 2èmc série, tome III, cit., n. 145.

311 la Nazione francese come avversaria della nostra. «Il faut le dire assez haut -così egli si espresse -non pas tant pour la France qui n'a pas besoin d'ètre convaincue, mais pour l'Italie qui a encore quelques doutes: jamais la France n'a médité aucune agression envers ses frères d'armes de Magenta et de Solferino; jamais aucun piège n'a été tendu par nous à l'unité italienne; jamais nous n'avons songé à contester à la Nation affranchie au prix de notre sang, sa personnalité politique, son droit, ses aspirations, sa part d'influence et de grandeur dans le monde. La France, -esclamò l'oratore -songeant à découronner l'Jtalie en lui enlevant Rome? Mensonge! La France jalouse et inquiète de l'expansion italienne? Mensonge! La France cherchant à s'immiscer dans !es affaires intérieures de sa voisine? Mensonge! La France ambitionnant le role de suzeraine et voulant reduire la situation de l'Italie à celle d'une vassale? Mensonge! Mensonge! Mensonge!» Il resoconto ufficiale aggiunge a queste parole: «applaudissements sur divers bancs».

Ma il signor Millevoye vuole "l'union latine", perché egli vede nella disunione della Francia de li'Italia e della Spagna il pericolo della decadenza e della morte. Perciò egli augura che il ritorno della Francia e dell'Italia alle buone tradizioni sia definitivo; eh'esso riceva il suo complemento in atti diplomatici de' quali il ministro possa dare conoscenza al Parlamento.

L'on. Carlo Benoist, che siede al centro verso la destra, ha, a sua volta, voluto tracciare il quadro generale della situazione politica della Francia di fronte alla Triplice Alleanza che egli considera come un contratto di assicurazione reciproca sovra la base dello statu quo territoriale e definisce una convenzione militare di tre, o forse di quattro Potenze se è vero che un memorandum anglo-italiano preveda il caso della cooperazione dell'Italia e della Inghilterra per la conservazione dello statu quo nel Mediterraneo e nei mari adiacenti. Siccome per il signor Benoist la Duplice Alleanza ha avuto per sicuro effetto di modificare sostanzialmente il primitivo carattere della Triplice, togliendole il carattere aggressivo, così egli ammette volentieri che le relazioni della Francia con il nostro Paese subirono un sensibile miglioramento e riconosce che, cessando la tensione dei rapporti commerciali, è pure cessata quella delle relazioni diplomatiche. «C'est-là -egli dice --, un résultat dont on ne peut que se réjouim. Non vorrebbe però l'oratore della destra che da ciò si traessero esagerate conseguenze, né che sovra di ciò si innestassero troppo presto illusioni soverchie. Il miglioramento dei rapporti franco-italiani è del resto la sola cosa di cui il signor Benoist, pur non attribuendone il merito al presente ministro degli affari esteri, si sia rallegrato, mentre tutto il suo discorso altro non fu che una requisitoria contro la mancanza di linee direttive nella politica praticata dal signor Delcassé durante i cinque anni del suo ministero.

Che il signor Marcello Sembat, dai banchi d eli'estrema sinistra, abbia domandato al ministro degli affari esteri di proseguire nella politica di pace secondo un programma di atti che dimostrino chiaramente aver essa per iscopo finale l'accordo ed il concerto dei diversi Paesi, la limitazione degli armamenti, poi la progressiva, concertata e simultanea diminuzione de' medesimi, non può sorprendere poiché questa è la linea direttiva della politica estera patrocinata dal partito socialista francese. Ma è notevole che come un primo passo, da compiersi subito in tale via, l'on. Sembat, abbia additato la stipulazione della Francia con l'Inghilterra, con gli Stati Uniti, con l 'Italia e con la Spagna, di trattati di arbitraggio, simili a quello che i Gabinetti di Londra e di Washington avevano negoziato alcuni anni addietro. Crede l'oratore della sinistra socialista che si darebbe con ciò una felice sanzione al movimento di ravvicinamento proseguitosi negli ultimi tempi con le Nazioni latine ed egli ritiene che l'attuale ministro degli affari esteri abbia fatto abbastanza per tale ravvicinamento per esser d'accordo con lui sovra questo punto.

Portavoce del gruppo coloniale, in questa discussione, è stato il signor Francesco Deloncle. Pare che l'on. Etienne si ritenga troppo vicino ad assumere il potere per compromettersi con dichiarazioni inspirate dalle idee del gruppo di cui egli è il capo: Salvo il singolare accenno incidentale ad una pretesa azione che l'Italia si preparerebbe ad esercitare sulla costa di Odeida, il signor Deloncle, nel non breve suo discorso, nulla disse del nostro Paese. Vero è che egli si è sovratutto occupato di questioni, non certamente indifferenti per l'Italia, ma nelle quali la nostra partecipazione non apparisce forse pari agli interessi che vi potremmo avere in un non lontano avvenire. Delle alleanze esistenti in Europa egli parlò soltanto per esagerare gli obblighi della Francia verso la Russia e per proclamare l'incompatibilità dell'alleanza con la Russia con l'intesa cordiale con l'Inghilterra.

Ebbe una ben diversa importanza, dal punto di vista delle nostre relazioni con la Francia, il discorso sotto ogni rispetto rimarchevole, dell'on. Ribot.

Egli non ha voluto interrogare direttamente il ministro degli affari esteri sovra la maggiore estensione data alla alleanza franco-russa. Di essa si limitò a dire che la medesima deve essere praticata nello spirito in cui fu fatta e che la sua forza obbligatoria non deve estendersi a tutti i problemi che possono sorgere ed a tutte le ipotesi diplomatiche. Bisogna, perché l'alleanza sia durevole, secondo il signor Ribot, che ciascuno degli alleati conservi uguale indipendenza in tutte le questioni non prevedute. E' così che l'esimio oratore ha preparato la dimostrazione del fatto che la Duplice Alleanza ha permesso alla Francia di migliorare le sue relazioni con le diverse Potenze ed è in questo quadro generale che egli ha consacrato un notevole spazio ai rapporti con l'Italia, conchiudendo con queste parole: "Nos relations se sont clone améliorées, franchement améliorées avec 1'1talie; j'en rends gràce à M. le ministre des affaires étrangères et je m'en réjouis avec lui". Con la padronanza della sua parola, il signor Ribot non ha esitato a toccare i punti più delicati della questione dei rapporti franco-italiani cercando naturalmente la giustificazione della propria condotta durante i suoi Ministeri. Trovo utile che di questo brano del discorso del signor Ribot sia conservata memoria completa in questo carteggio, epperò ne unisco qui la copias. Di esso mi basterà di dire che l'ambiente in cui fu attentamente ascoltato, deve essersi ben modificato negli ultimi anni perché egli abbia potuto chiamare Crispi un ministro eminente ed illustre senza che nel!' Assemblea si producesse neppure un sussurro. Chiedo venia a V.E. di essermi così lungamente soffermato ad analizzare un dibattimento di cui il testo è alla portata di tutti; ma mi parve di poter ciò fare per

411 s Non si pubblica.

trame argomento a conchiudere che dalla discussione della politica estera della Francia, insolitamente continuata durante due intiere sedute della Camera dei deputati, emerge a parer mio essere ormai penetrata in questo Paese la giusta opinione che la Triplice Alleanza, per effetto di circostanze di fatto avveratesi nella condizione generale dell'Europa, più che per determinata volontà di persone, ha cessato di essere una minaccia per la Francia, resta un elemento importante di equilibrio e per ciò stesso una guarentigia di sviluppo normale della politica di pace. Questa persuasione, rafforzandosi nella opinione pubblica francese, metterà questa a riparo di quei subitanei scatti ai quali altrimenti la esporrebbero le impressioni che sovra di essa manifestamente tendono a produrre certe dichiarazioni ancora di recente ripetute in Parlamenti stranieri.

412

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 432/212. Vienna, 28 marzo 1903 (per. il 3 aprile).

L'agente diplomatico di Bulgaria in Vienna dottor Costantino Pomianow, è stato jeri a farmi visita, e m'intrattenne, in una conversazione puramente accademica, degli affari del suo Paese. Egli mi disse che il principe Ferdinando era ben deciso a fare e che faceva quanto era in suo potere per impedire la formazione ed il passaggio di bande bulgare nei vilayet macedoni, e per scoraggiare l'agitazione alla frontiera. Ma non mi celò che tale compito era estremamente difficile, poiché le cause dell'agitazione erano all'infuori del potere del principe e del suo Governo. Poiché egli me ne offriva l'occasione, non mancai di esprimere al signor Pomianow la mia personale convinzione, dicendogli che, nello stato delle cose, la sola condotta saggia da tenersi dal Principato bulgaro mi pareva dovesse essere quella di ascoltare i consigli delle Potenze, e di non porre ostacoli all'esperimento di riforme nei vilayet macedoni, che era stato raccomandato da esse alla Turchia, ed il cui risultato avrebbe pur dovuto essere un miglioramento nella condizione delle popolazioni di quella regione.

Nel corso della conversazione il dottor Pomianow osservò che le popolazioni di razza albanese, che abitano in certo numero nei vilayet di Skoplie e di Monastir, si mostravano ostili ad ogni riforma, ed accennò alla convenienza che vi sarebbe di consigliare una nuova delimitazione che avesse per effetto di separare in quei due distretti l'elemento slavo dall'albanese, al quale ultimo le riforme proposte sarebbero difficilmente applicabili senza modificazioni.

E' chiaro che una nuova delimitazione dei vilayet macedoni nel senso predetto sarebbe desiderabile sotto varj aspetti, e segnatamente per l'applicazione delle riforme. Ma io non credetti opportuno di seguire il signor Pomianow in questo discorso. Mi limitai ad osservare che una separazione territoriale de li'elemento albanese dallo slavo parrebbe soltanto possibile nel primo dei detti vilayet, dove le due razze vivono in regioni distinte, mentre nell'altro vivono commiste. Aggiunsi, però, che, siccome le Potenze intendono evitare di complicare le questioni, non è probabile che vogliano esaminare nelle presenti circostanze la questione della circoscrizione territoriale. Tutt'al più si può presumere che nell'applicazione delle riforme raccomandate dalle Potenze alla Turchia si tenga conto, in certe località, delle esigenze imposte dalle differenze di razza e di religione. Ad ogni modo, dissi al dottor Pomianow, è importante per il Principato bulgaro, e per i bulgari in generale, che si guardino bene dall'ostacolare le riforme o dal promuovere moti insurrezionali, mettendosi così dalla parte del torto, e suscitando contro di loro stessi la disapprovazione dell'opinione pubblica dei Paesi civili.

413

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA l

T. 5402. Roma, 29 marzo 1903, ore 20, 15.

Mi riferisco telegramma S.V. 7 febbraio scorso n. 23. Come ella avrà appreso da mio dispaccio 18 marzo n. 564, costruzione ferrovia da Berber a Suachin è decisa. Circa negoziato tra Inghilterra e Etiopia per frontiera verso protettorato britannico Africa orientale, prego vigilare attentamente dichiarandosi con Harrington informato dello scambio di note gennaio febbraio scorso comunicatole con dispaccio 7 febbraio u.s. n. 325 affinché nulla sia fatto senza il consenso nostro, secondo è stato con dette note convenuto.

414

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 1100/427. Parigi, 29 marzo 1903 (per. il 2 aprile).

Il signor Delcassé accompagnerà il presidente della Repubblica nel suo viaggio che comincerà il 12 aprile e comprenderà, come già scrissi, l'Algeria e la Tu

2 Il telegramma fu trasmesso via Massaua.

3 T. 403 del 7 febbraio, trasmesso da Asmara il 22 febbraio, non pubblicato.

4 Cfr. n. 407.

s Cfr. nn. 321 e 336, nota 2.

nisia. Insieme al capo dello Stato viaggeranno i presidenti del Senato e della Camera dei deputati.

La visita ufficiale del capo dello Stato alla colonia nord-africana è rimasta, dopo quella fatta in gran pompa dall'imperatore Napoleone III, una tradizione. Ne formarono il progetto i predecessori del signor Loubet e non arrivarono in tempo ad eseguirlo. L'attuale presidente della Repubblica manifestò il proposito di una sua visita in Algeria assai prima che gli eventi determinassero la presente condizione politica del Marocco. Non è certamente un fatto indifferente che questo capo dello Stato riceva in Algeria l'omaggio che gli recherà un'ambasceria speciale marocchina.

Ma un altro fatto nuovo si produrrà nel corso di questo viaggio. La visita alla Tunisia avrà, lo si voglia o non, il carattere di una solenne manifestazione della sovranità della Francia sovra quel Paese.

La sostanza delle cose non se ne troverà alterata. Fin tanto che prevarrà il concetto che la Tunisia si amministra meglio nella forma di protettorato che in quella di un dipartimento dippiù aggiunto ai tre esistenti in Africa, la parvenza della sovranità del bey vi sarà conservata. Né è prevedibile che il viaggio del signor Loubet modifichi il punto di vista che fin qui è prevalso nei poteri pubblici francesi. La presenza stessa del signor Delcassé significa che tale punto di vista non è abbandonato, poiché egli accompagnerà il signor Loubet in Tunisia appunto in qualità di ministro nella competenza del quale sta l'amministrazione dei protettorati.

Sarebbe cosa dispiacevole che in questa circostanza l'opinione pubblica italiana si fuorviasse e desse, per esempio, alla presenza del ministro degli affari esteri a fianco del presidente in Tunisia, un significato completamente diverso di quello che gli si può correttamente attribuire.

Se il signor Delcassé mi avesse egli stesso parlato della sua partecipazione al viaggio, forse avrei trovato l'occasione di fargli io stesso comprendere tutti i riguardi che una situazione la quale, in tempo relativamente recente, fu delicatissima, tutt'ora impone. Dovetti invece fargli pervenire questo mio avvertimento per indiretta via. Ho esortato il signor Barrère, presentemente in Parigi, a raccomandare che nulla sia abbandonato all'improvvisazione nei discorsi che l'elemento coloniale francese, del quale l'attuale residente, signor Pichon, ha forse esagerato l'importanza, potrà provocare. Non credo che, nell'opinione dominante in Italia, vi sia il recondito pensiero di rimettere in causa i rapporti nostri con la Francia per le cose di Tunisi; ma io mi rendo perfettamente conto che il difficile e penoso assetto attuale delle medesime è di data relativamente troppo recente per avere completamente mutato il sentimento italiano in proposito. Il Governo francese, all'epoca delle trattative, mantenne con grande ostinazione la brevità della durata delle vigenti convenzioni. Un novennio non è termine sufficiente perché un mutamento completo si faccia, ancorché per certo sensibile sia la modificazione prodottasi nell'opinione pubblica italiana. Ora che di tale termine sono decorsi solo sette anni, è naturale che la situazione sia ancora molto delicata. Il farlo qui rammentare mi parve convenisse e stimo che VE. approverà che io l'abbia fatto.

413 l Ed. in F. MARTIN!, Il diario eritreo, vol. III, cit., p. 155.

415

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. CONFIDENZIALE 257/108. Belgrado, 30 marzo 1903 (per. il 3 aprile).

In previsione di dovermi prossimamente assentare da Belgrado per ragioni di salute, avevo domandato, come di uso, a S.M. il Re una udienza, che con gentile premura mi è stata immediatamente concessa. La Maestà Sua mi ha ieri ricevuto trattenendomi circa un'ora nel suo Gabinetto per parlarmi della questione macedone.

Brevemente qui riassumo, nei punti principali, quanto al riguardo mi è stato detto dali' augusto interlocutore.

La Serbia, secondo i concetti manifestatimi da re Alessandro, deve, per ora, desiderare, e sinceramente desidera, il mantenimento dello status quo; assiste perciò, con sentimenti favorevoli, allo svolgimento dell'azione austro-russa, in quanto la medesima tenda a tale scopo. La Serbia è stata, ed ama continuare ad essere, un elemento di pace. Ma, quando il palliativo delle riforme venisse a risultare insufficiente; quando spuntasse il momento della liquidazione radicale; quando venisse ad imporsi, come ineludibile, la necessità di dare un assetto definitivo e stabile alla situazione politica delle regioni conosciute sotto il nome di Macedonia, la soluzione che, sotto il punto di vista serbo, appare la sola atta ad assicurare la pace nella penisola balcanica, sarebbe quella di una ripartizione territoriale fatta col criterio fondamentale: che Serbia, Bulgaria e Grecia venissero a trovarsi costituite in eguale misura di forza, di guisa che, pareggiate le rispettive forze dei tre Stati, si avesse quel perfetto equilibrio, che sarebbe il migliore, forse l 'unico, mezzo per prevenire efficacemente ogni pericolo di perturbamenti. Una grande Bulgaria, secondo l'idea cui diede vita il Trattato di Santo Stefano, e che venne poi eliminata dal Trattato di Berlino, alterando l'equilibrio degli Stati balcanici, avrebbe costituito, e sempre costituirebbe, un grave pericolo per la pace. Ma una nuova entità politica, che sorgesse mediante la concessione di un'autonomia alla Macedonia, non potrebbe non riuscire meno pericolosa, inevitabilmente involgendo il germe di continue agitazioni, sia nel seno stesso del nuovo Stato formato da elementi non omogenei, sia fra gli altri Stati balcanici i quali, dalle proprie aspirazioni nazionali, dai propri interessi politici ed economici, si sentirebbero fatalmente trascinati ad impegnarsi in una continua lotta d'influenze.

Vi sarebbe motivo di ritenere -giusta il pensiero espressomi dal re di Serbia -che i circoli dirigenti della politica estera in Vienna non si mostrerebbero ostili ad un eventuale ingrandimento della Serbia verso il mezzogiorno, per la considerazione che la Serbia, anche così ingrandita, continuerebbe a rimanere entro la sfera dell'espansione commerciale austriaca. Vero contrasto d'interessi, difficili a conciliarsi, esisterebbe soltanto dal lato occidentale. Una unione politica del Regno di Serbi a cogli elementi serbi esistenti lungo le coste dell'Adriatico, ed anche solo una semplice via di comunicazione che desse alla Serbia uno sbocco su quel mare, sarebbero in urto colla situazione di fatto creata dal Trattato di Berlino e colla nuova corrente d'interessi austriaci che conseguentemente è andata sviluppandosi. "Ma non è saggia politica -disse, conchiudendo, re Alessandro, -toccare questioni che devono considerarsi a priori d'impossibile favorevole soluzione; ed appunto perciò trovo che il partito radicale serbo non fece, e non farebbe, della buona politica, praticamente utile, seguendo verso l'Austria una politica di rivendicazioni, una politica non improntata da sensi di fiduciosa amicizia. Volga per ora la Serbia lo sguardo soltanto al mezzogiorno, riservandosi di pensare poi all'occidente, quando col mutar dei tempi se ne offrisse l'opportunità".

L'ultima parte delle confidenze, di cui il sovrano serbo mi volle spontaneamente onorare, ha chiamato particolarmente la mia attenzione. Non mi veggo però ancora in possesso di bastevoli elementi per poter affermare, se trattisi puramente di un discorso accademico a base di apprezzamenti personali, o se vi si debba invece scorgere l'indizio di affidamenti o di scambi di vedute, risultato di quel carattere di intimità che in questi ultimi mesi sembrano aver realmente assunto le relazioni tra la Serbi a e l'Austria-Ungheria, non rimanendo vi nemmeno estranea la situazione politica interna.

416

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE 554. Roma, 31 marzo 1903, ore 15.

E' nostra intenzione mandare ad Algeri una divisione della squadra complimentare il presidente. La notizia della venuta di re Edoardo alla Spezia per rivista navale è infondata r.

417

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, AGLI AMBASCIATORI A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E A VIENNA, NIGRA

T. 557. Roma, l° aprile 1903, ore 14.

Dal r. ambasciatore in Costantinopoli ricevo i seguenti due telegrammi: «l)

R. console in Salonicco mi telegrafa ... (vedi telegramma n. 670 da Costantinopoli). 2) Ambasciatore d'Austria-Ungheria mi comunica ... (vedi telegramma n.671 da

Costantinopoli)»'. Queste notizie mi sembrano gravi e tali da meritare tutta l'attenzione delle Potenze sollecite di vedere mantenuto l'ordine in Macedonia. Prego VE. indagare quale impressione se ne abbia costà, e se codesto Governo intenda fare, rispettivamente a Costantinopoli ed a Sofia, opportuni passi, a cui saremmo, da parte nostra, disposti ad associarci2.

416 l Risponde al T. 662 del 30 marzo, non pubblicato.

418

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 684/27. Pera, l0 aprile 1903, ore 15,50 (per. ore 20).

Giusta ultime notizie qui giunte, rivolta albanesi segnalata mio telegramma

n. 241 , ebbe luogo in seguito riunioni capi albanesi a Pristina ed a Vucitrin nelle quali vennero decise dimostrazioni albanesi armate. Dopo occupato domenica Vucitrin ed arrestato gendarmi cristiani albanesi si diressero numerosi su Mitrovitza ove ebbe luogo combattimento contro le truppe. Ricevo dal r. console Salonicco telegramma seguente: «Combattimento fra albanesi truppe Vucitrin dura da ieri: dicesi 200 morti: albanesi rivoltati pure Mitrovitza, Jacova, Pristina, si adoperano cannoni; partono stasera per colà due battaglioni da Salonicco. Disordini scoppiati Cumanova; partito oggi battaglione da Uskub per colà». Circa estensione agitazione albanese a Jacova Pristina ed a Cumanova segnalata da Revel non ho finora conferma; ma se notizia esatta, situazione assumerebbe carattere grave. Avvenimenti destano viva apprensione Sublime Porta e specialmente sultano. 16 battaglioni Redif vilayet Smirne chiamati sotto le armi, saranno inviati Macedonia.

419

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL PREFETTO DI MILANO, ALFAZIO 1

T. 7747. Roma, 2 aprile 1903, ore 11,50.

Pregola recarsi subito dal console russo e dichiarargli che il Governo è dolentissimo di quanto è avvenuto2. Prenda poi severissime misure per non lasciare

2 Per le risposte cfr. nn. 421 e 422. 418 l Cfr. n. 417, nota l. 419 l Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., p. 288.

che fatto possa ripetersi e vieti qualunque pubblica riunione che voglia tenersi per la quistione Goetz.

417 l T. 670/24 e T. 671125 del 31 marzo, non pubblicati, relativi ad incidenti in Macedonia e in Albania.

420

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AI PREFETTI 1

T. 7748. Roma, 2 aprile 1903, ore 12.

Decifri da sé. A Milano essendosi fatta dimostrazione contro il consolato russo occorre evitare che possa simile fatto ripetersi in codesta provincia. Prenda misure necessarie ad impedire qualunque fatto di tal genere.

421

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 695. Vienna, 2 aprile 1903, ore 17,20 (per. ore 19).

Conformemente telegramma di V.E. di jeril, ho domandato oggi a conte Goluchowski se il Governo austro-ungarico, in seguito dei fatti di Mitrovitza, intendeva fare qualche passo, nel qual caso Governo italiano sarebbe disposto ad associarvisi. Conte Goluchowski, ringraziandomi, mi disse che Governo austro-ungarico non intendeva, per ora, fare alcun passo, non vedendone la necessità: egli si limitò a chiamare seriamente l'attenzione del Governo bulgaro sull'attentato contro il ponte della ferrovia orientale, esercitata da compagnia austriaca, essendo, apparentemente, constatato che l'attentato fu commesso da una banda bulgara venuta dalla Bulgaria orientale, e che perciò la responsabilità cade sul Governo bulgaro. Furono pure fatte raccomandazioni a Costantinopoli dali' ambasciatore d'AustriaUngheria, perché la ferrovia sia meglio custodita2.

Goetz.

2 Sul colloquio con Goluchowski Nigra riferì più ampiamente con R. riservato 447/231 dello stesso 2 aprile, non pubblicato.

419 2 Allude a una dimostrazione di repubblicani c socialisti contro l'arresto del socialista russo

420 1 Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., p. 288.

421 l Cfr. n. 417.

422

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 697/12. Pietroburgo, 2 aprile 1903, ore 18,40 (per. ore 20,50).

Ieri m'intrattenni lungamente con il conte Lamsdorff sui fatti segnalatimi dalla E.V. coi telegrammi nn. 557 e 5581 e che naturalmente gli erano già noti. Le pubblicazioni fatte dai giornali ufficiosi di qui, di cui mio rapporto di ieri2, indicano chiaramente modo pensare di questo Governo, e devono essere incoraggiamento alla Turchia per attuare sollecitamente riforme concretate e reprimere rigorosamente ogni movimento insurrezionale, e di monito alla Bulgaria perché risulti chiaramente la sua disapprovazione per tali moti. Consolidamento Ministero Daneff e allontanamento ministro Paprikoff sono considerati dal conte Lamsdorff come garanzia a tale disapprovazione, e sono convinto che egli non farà altro che insistere tanto Costantinopoli quanto a Sofia nei passi già fatti, ai quali, naturalmente, ci siamo fin da principio associati.

423

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

N. Roma, 2 aprile 1903.

H.M. Government would desire to show towards French President the same courtesy at Algiers as the Italian Government in regard to the despatch of ships of war to Algiers to meet him. They would therefore be greatly obliged if the Italian Government would tell them how many ships they intend to send.

The British Squadron will howewer be in attendance on the King and the harbours accomodation at Algiers is not large so that it would not be possible to send any large number of vessels l.

424

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 571. Roma, 3 aprile 1903, ore 20.

La ribellione degli albanesi nel vilayet di Kossovo costituisce, in questo momento, il lato più pericoloso della situazione. Importa che la Sublime Porta lo in

tenda e provveda prontamente a rimuovere l'ostacolo all'opera pacificatrice ad essa raccomandata dalle Potenze sollecite di veder ristabilito l'ordine e mantenuto lo statu quo in Macedonia. È poi singolare che, in circostanze già così difficili, la Sublime Porta lasci che Essad pascià, come VE. mi riferisce nel suo rapporto del 27 marzo!, intraprenda fra le tribù cattoliche albanesi del vilayet di Scutari una azione che potrebbe suscitare nuove complicazioni. Prego V. E. di richiamare, con amichevole ma fermo linguaggio, l'attenzione della Sublime Porta sopra quanto avviene nei due vilayet acciocché non tardino i provvedimenti finché ne è tempo ancora2.

422 l Cfr. n. 417; il T. 558 non è pubblicato. 2 Non pubblicato. 423 l Allegato al documento è il seguente appunto, redatto su carta intestata "Ministero della Marina Gabinetto": «Nave ammiraglia Sicilia con vice ammiraglio Frigerio navi "Garibaldi" "Varese"».

425

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 711/31. Pera, 4 aprile 1903, ore 17,48 (per. ore 18,30).

In conformità telegramma di V. E. in data di jeri I ho richiamato oggi attenzione ministro degli affari esteri sovra pericolo ribellione albanese nel vilayet Kossovo e sulla necessità Sublime Porta provveda prontamente ristabilire ordine, pacificare animi giusta raccomandazioni Potenze, le quali desiderano status quo Macedonia. Ho parlato con ministro esteri anche lagnanze provocate dalla spedizione Essad pascià fra le tribù cattoliche albanesi vilayet Scutari d'Albania cui si riferiscono mio rapporto 27 marzo nonché due rapporti Leoni del 21 e del 28 marzo2, facendo rilevare quanto fosse inopportuno e pericoloso, nelle circostanze attuali, creare nuovo centro agitazione. Tewfik pascià mi ha assicurato che, oltre misure pacificazione spiriti, nuove truppe sarebbero inviate nel vilayet Kossovo di cui una parte sostituiranno battaglioni albanesi che si intende traslocare. Circa Essad, il ministro mi ha risposto che egli credeva questi era stato già richiamato, ma in ogni modo, mi ha promesso riferirebbe la mia comunicazione al gran vizir facendo valere considerazioni da me svoJte3.

426

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 578. Roma, 4 aprile 1903, ore 20.

Mentre, per la ribellione degli albanesi nel vilayet di Kossovo, sempre più cresce il pericolo che l'agitazione si estenda agli albanesi del [ vilayet] di Scutari, da Duraz

2 Per la risposta cfr. n. 425.

2 Non pubblicati.

3 Per la risposta cfr. n. 427.

zo e da Costantinopoli ci è segnalata l'azione di Essad pascià, capo della gendarmeria di Scutari, contro i montanari cattolici del vilayet. Di fronte a queste cagioni di possibili nuove complicazioni, sentiamo il debito di rinnovare, presso codesto Governo, la proposta di uno scambio di idee intorno a quello che sia da farsi con lo scopo del mantenimento di quello stato quo che sta, in primo luogo, nel comune programma dei due Governi rispetto all'Albania. Desidero che V.E. nuovamente ne intrattenga il conte Goluchowski parendomi che l'astensione, di fronte ad una situazione sempre più critica, implichi una troppo grave responsabilità 1 .

424 l R. 452/173, non pubblicato.

425 l Cfr. n. 424.

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 586. Roma, 5 aprile 1903, ore 13, 15.

Ho ricevuto il suo telegramma n. 311. Prendo nota delle assicurazioni a lei date da codesto signor ministro degli affari esteri. Giova sperare che l'evidenza del pericolo induca codesto Governo a pronti energici provvedimenti. V.E. non deve tralasciare di insistere in ogni propizia occasione, facendo ben comprendere che l'insistenza nostra si ispira ad un sentimento schiettamente amichevole verso la Turchia non meno che alla nostra disinteressata sollecitudine per il mantenimento dell'ordine e dello stato quo nei Balcani.

428

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. CONFIDENZIALE RISERVATO 714. Vienna, 5 aprile 1903, ore 17,45 (per. ore 19,30).

Sarò ricevuto domani dal conte Goluchowski e gli rinnoverò proposta di scambio di idee!. Pel caso in cui egli mi chieda quali sono le nostre idee sarebbe utile che V.E. me le comunicasse in tempo. Quanto a quelle di Goluchowski sulla

427 l Cfr. n. 425. 428 l Cfr. n. 426.

Albania, egli mi disse che si riducono, conformemente al nostro accordo, al mantenimento dello statu quo territoriale, che ora non è minacciato, ed alla astensione per parte dell'Austria-Ungheria e dell'Italia da ogni intervento in questa parte della Turchia. Quanto al nuovo consiglio da darsi alla Sublime Porta, Goluchowski mi disse, come informai VE., che non crede utile prodigare la sua azione diplomatica avendo più volte raccomandato a Costantinopoli l'energia accompagnata dalla moderazione nel reprimere le rivoJte2.

426 l Per la risposta cfr. n. 428.

429

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE RISERVATO 593. Roma, 6 aprile 1903 ore 11,10.

Rispondo senza indugio al suo telegramma di ieri l. Il programma per l'Albania, comune ormai ai due Gabinetti, è precisamente quello a lei indicato da Goluchowski, né ha bisogno di ulteriore conferma. Ma, a nostro avviso, potrebbe essere utile, di fronte agli attuali e possibili avvenimenti, uno scambio di idee inteso a concordare istruzioni conformi da impartirsi ai rispettivi agenti in Albania acciocché si tengano in reciproco cordiale contatto, sia per un migliore servizio di informazioni a vantaggio dei due Governi, sia per una efficace azione presso le autorità locali nell'interesse delle popolazioni; tutto ciò con l'obiettivo di sempre meglio assicurare quello statu quo che era il primo punto dell'accordo tra i due Governi2.

430

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, BORGHESE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 718. Sofia, 6 aprile 1903, ore 13,04 (per. ore 18,30).

Da persona degna di fede mi é assicurato che durante gli ultimi giorni crisi, generale Papricoff sia riuscito a far passare la frontiera 1500 fucili, 3500 kg dinamite, 60 uomini e che sia stata dagli insorti decisa distruzione di Uskub per Pasqua greca. Regna qui seria apprensione, ritenendosi certo che l'Austria provocherà disordini nella vecchia Serbia, ed in Albania, progettando prossimo intervento armato e conquiste in quelle provincie.

429 I Cfr. n. 428. 2 Per la risposta cfr. n. 431.

428 2 Per la risposta cfr. n. 429.

431

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. CONFIDENZIALE 720. Vienna, 6 aprile 1903, ore 17,50 (per. ore 21).

Ho esposto oggi al conte Goluchowski il contenuto del telegramma di V.E. n. 593'. Mi affretto a trasmetterle la di lui risposta, che è in sostanza la seguente: «La rivolta si produsse non già in Albania, ma nella vecchia Serbia dove gli albanesi resistono ordini del sultano. Gabinetto di Vienna fece fare premurose raccomandazioni al sultano perché agisca con energia contro i ribelli e spera che ciò sarà fatto con successo. Governo italiano può, dal suo canto, fare eguale raccomandazione, se lo crede opportuno. Ma l'Albania, circa la quale è in vigore accordo tra Italia e Austria-Ungheria, non è ora in questione. Conte Goluchowski non vede bene quali istruzioni si potrebbero dare ai consoli rispettivi. I consoli Austria Ungheria hanno per istruzione di informare il proprio Governo, ma di tenersi possibilmente tranquilli e di non agitarsi. Non crede utile cambiare, per ora, tali istruzioni. Il conte Goluchowski considera con molta calma la situazione, senza dissimularsi le difficoltà, ma senza esagerarle. Se la situazione in Albania venisse a modificarsi, egli si dichiara sempre pronto ad uno scambio di idee col Governo italiano2.

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 599. Roma, 7 aprile 1903, ore 20.

Ricevo suo telegramma di ieri circa Albania'. Non è certamente il caso di insistere. Prendo intanto nota che conte Goluchowski dichiarasi sempre pronto, se la situazione in Albania venisse a modificarsi, ad uno scambio di idee col Governo italiano. Circa la urgenza di agire contro i ribelli albanesi della Vecchia Serbia, già il r. ambasciatore a Costantinopoli fece, per mia istruzione, premurose raccomandazioni alla Sublime Porta2.

2 Per la risposta di Morin cfr. n. 432.

2 Cfr. n. 425.

431 l Cfr. n. 429.

432 l Cfr. n. 431.

433

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 606. Roma, 8 aprile 1903, ore 13, 15.

Un telegramma da Pietroburgo annuncia prossima venuta costì del granduca Wladimiro ed il Pester Lloyd suppone che ciò si connetta con affari di Macedonia. Prego telegrafarmi se la notizia è vera e quale ne sia realmente l'importanza'.

434

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. PERSONALE. Roma, 8 aprile 1903.

Ricevo la tua lettera del 3 aprile; ed avevo pur ricevuto, dopo averti spedito la precedente mia, quella con cui mi parlavi della visita, da te promossa opportunamente, di re Edoardo. Questa faccenda fu qui trattata personalmente dal Bertie' fattosi intermediario tra i due sovrani. Qui, al ministero, non ne avemmo notizia precisa che a fatto compiuto, e cioè la vigilia del comunicato Reuter: né fummo in grado di informartene preventivamente. Del resto, «tout est bien qui finit bien». La visita, visita ufficiale, sarà certo una buona cosa.

Mi rincresce che i malintesi circa quel certo scambio di note2 ti abbiano tolto di andare a Parigi incontro alla signora Pansa. Oramai più non monta di parlarne: certo è, però, che il tuo secondo telegramma3 col "pro rata fra i tre Governi" qui, da tutti, compreso il semi-matematico Morin, fu capito nel senso che si dovessero fare le tre porzioni uguali, il che sarebbe stato sovranamente ingiusto.

Prinetti va positivamente meglio ed è risoluto a tornare tra breve alla Consulta. Potrà reggere alla fatica? Qui è la questione. Se mai si ritirasse, non vedo proprio quale sarebbe il probabile successore. Non mi pare che il presidente Zanardelli voglia mutare il colore e neppure la nuance del suo Gabinetto.

Poco conosco il giovane Godio che tra breve avrai costì. Posso soltanto dirti che è un giovane di garbo e che conosce perfettamente l'inglese.

2 Allude ad uno scambio di note avvenuto il lo aprile con i Governi britannico e tedesco relativo alla vertenza con il Venezuela. 3 Si tratta del T. 643/54 del 28 marzo, non pubblicato.

P.S. Il giovane Brambilla ha desiderato rimanere al ministero: nè si poteva contrastargli la cosa, il regolamento prescrivendo la sosta di un anno a Roma durante il triennio.

433 l Per la risposta cfr. n. 436.

434 l Al momento della destinazione di Bertie quale ambasciatore di Gran Bretagna a Roma Pansa aveva telegrafato: "Mi risulta, inoltre, che, già anteriormente alle recenti nostre intese, egli ha in diverse occasioni sostenuto interesse politico de li 'Inghilterra di porre particolare cura nel coltivare amicizia coli" Italia. Ritengo quindi, in complesso. che la sua candidatura sia altamente raccomandabile". (T. 9/11 O del l o gennaio 1903).

435

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 61. Addis Abeba, 8 aprile 1903 (per. il 14 maggio).

Ho l'onore di accusare ricevimento del dispaccio di VE. in data l O marzo corrente anno n. 11519/531.

Anche nelle mie precedenti lettere ho espresso il dubbio circa l'efficacia dell'azione inglese per impedire al Mullah di gettarsi nei nostri protettorati, nonchè relativamente a quella degli abissini che è molto problematica; e confesso che ancora vi persisto.

Intanto mi preme far rilevare ali 'E.V. che il permesso agli inglesi, per gli abissini, di muovere verso l'Uebi nell'hinterland del Benadir potrà essere, in un prossimo avvenire, origine di pretese etiopi su quei territori pel fatto che li percorsero e li razziarono. Parlo di razzia giacchè V.E. ben sa come muovono e guerreggiano gli abissini, e come questa, per loro, indica presa di possesso ed atto di sovranità.

Mi duole di non aver potuto in tempo prevenire l'E.V. su tale oggetto, non essendone stato informato prima d'ora, e ritenendo quasi certo che gli abissini, per loro iniziativa e volontà, non si sarebbero spinti in quei territori, come del resto anche l'imperatore me ne aveva rassicurato. Ora può darsi che gli ufficiali inglesi che accompagnano quelle truppe ve le spingano ed allora ciò sarà per noi quasi sicura causa di non poche preoccupazioni, alienandoci anche quelle popolazioni che si vedranno razziate e prese in schiavitù dalle orde etiopi che più che al Mullah pensano a far bottino.

Per mio conto non tralascio di agire sull'imperatore Menelik per indurlo, in caso di necessità, ad una azione efficace in difesa di Lugh purchè restino salvaguardati tutti i nostri diritti.

In questi giorni, feste abissine per la Pasqua, è assolutamente impossibile intrattenere l'imperatore su cose d'importanza, egli è troppo preso ed occupato dai preparativi per le feste nonchè per le prossime nozze di una sua nipote. In ogni modo, VE. può essere sicura che da parte mia non mancherà nè la vigilanza nè la persistenza per cercare di compiere quanto l'E.V desidera2.

435 I Non pubblicato. .

2 Allegato al rapporto è il seguente appunto di Agnesa: "Nella forma in cui il permesso ci era chiesto non potevamo rifiutarci. Il fatto che noi abbiamo consentito costituisce una affermazione di autorità. Purtroppo gli amhara hanno già altre volte razziato quei paesi. La presenza di ufficiali inglesi dovrebbe essere garanzia che non si commettano razzie su popolazioni tranquille. Informare delle ultime notizie della Somalia, riferendoci all'ultima situazione e dando le ultime notizie su Obbia".

436

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 736. Vienna, l0 aprile 1903, ore 12,10.

Risposta al telegramma 6061. Granduca Wladimiro è andato direttamente da Pietroburgo a Nizza per otto giorni; passò per Vienna il 4 corrente e non vi si fermò che durante l'intervallo dei treni senza occuparsi di politica. Non è annunciato che nel ritorno egli passi da Vienna e vi si fermi. A mia notizia, imperatore Nicola non fece mai fare la sua politica con l'Austria dai granduchi, bensì dai suoi ministri ed ambasciatori. In questo momento, all'infuori dell'azione a Costantinopoli concordata nel senso che VE. sa, non vi è nessuna trattativa politica speciale tra i Governi russo e austro-ungarico, e l'ambasciatore di Russia a Vienna è ancora in congedo per circa due settimane.

437

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 739/32. Pera, 10 aprile 1903, ore 16,55 (per. ore 22).

Ambasciatore d'Inghilterra, venuto iersera vedermi, mi comunicò, in via ufficiosa, che il suo Governo, preoccupato dell'invio 32 battaglioni turchi in Macedonia e degli eccessi che, eventualmente, si potrebbero verificare, lo aveva incaricato presentire opinione personale dei suoi colleghi, circa opportunità inviare vilayet Kossovo, ove maggiore parte truppe saranno concentrate, gli addetti militari di queste ambasciate, la presenza dei quali potrebbe, forse, prevenire gli eccessi e i disordini; aggiunse avere fatto poche ore prima analoga comunicazione ambasciatore di Russia, il quale gli rispondeva tale misura parergli prematura, e non scevra di difficoltà e pericoli. Avendo sir O'Conor insistito conoscere mio parere personale, dichiarandomi che lo avrebbe chiesto agli altri colleghi, gli ho risposto che, se ritenuto opportuno dalla maggioranza delle Potenze, anche il mio Governo, probabilmente, avrebbe adottato tale misura; ma che la mia prima impressione era che nelle circostanze attuali, inviare addetti militari poteva assumere presso comitati bulgari apparenza inizio intervento europeo da loro desiderato e, quindi, dar loro argomento nuova forza presso popolazione macedone. V.E. converrà con me che tale misura non sarebbe da prendersi che in caso di bisogno riconosciuto, tantopiù che invio addetti militari vilayet Kossovo, potrebbe suscitare nuove agitazio

436 I Cfr. n. 433.

ni contro albanesi, che interpreterebbero tale venuta come ispirata solo favorire cristiani. Potendo tuttavia richiedersi da un istante all'altro presenza addetti militari colà, ravviserei opportuno che il nuovo addetto militare ricevesse ordini ministro della guerra rimandare ad epoca ulteriore visita Bucarest, Atene, rimanendo ora qui a disposizione per eventuali incarichi nell'interno!.

438

IN MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. 761/18. Addis Abeba, l0 aprile 1903 (per. ore 10 del 14)1.

Oggi stesso Menelik ha fatto telegrafare Governo britannico per sapere: se egli toglie privilegio ferrovia Gibuti, Governo britannico vorrà sostenerlo di fronte Governo francese. Harrington crede che se Governo rifiuta Menelik firma convenzione francese. Sarebbe il caso appoggiare Harrington presso l'ambasciatore inglese2.

439

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 614. Roma, 11 aprile 1903, ore 22, 15.

Approvo risposta da lei data al collega d'Inghilterra circa invio degli addetti militari nel vilayet di Kossovol e concordo pienamente con VE. rispetto agli inconvenienti che un simile provvedimento avrebbe nel momento attuale. Siccome, poi, indipendentemente da ciò, la presenza costì del nostro addetto militare è senza dubbio opportuna nelle presenti circostanze, prego senza indugio il mio collega della guerra di telegrafargli ordine differire a miglior tempo la visita a Bucarest e Atene2.

437 I Per la risposta cfr. n. 439. . 438 I Il telegramma fu trasmesso da Gibuti alle ore 9 del 14 aprile. Altra copia ne pervenne da Massaua il 25 aprile (T. 847). 2 A questo e ai precedenti documenti sulle questioni ferroviarie Morin rispose con T. confidenziale 847 del 25 maggio ed. in MARTIN!, Il diario eritreo, vol. III, cit., p. 197. 439 I Cfr. n. 437. 2 Con T. 746/34 dell' 11 aprile, non pubblicato, Malaspina comunicò che anche i rappresentanti di Austria, Francia e Germania non ritenevano opportuna la proposta inglese.

440

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL SEGRETARIO GENERALE DELL'ASSOCIAZIONE PER LA PROTEZIONE DEI MISSIONARI ITALIANI ALL'ESTERO, SCHIAPARELLI

D. CONFIDENZIALE 17180/484. Roma, 13 aprile 1903.

Riferendomi alla nostra recente conversazione le invio qui entro e con preghiera di cortese restituzione un rapporto del conte Gallina concernente la questione della protezione dei missionari dello Shansi settentrionale (rapporto n. 41 del 23 febbraio u.s.)I.

Oramai non è più dubbio, lo scritto del ministro francese essendo passato sotto gli occhi del conte Gallina, che monsignor Fiorentini, allegando formali istruzioni della Santa Sede, ha espressamente chiesto per sé e per i missionari suoi dipendenti, i passaporti francesi. Questo fatto e le considerazioni opportunamente esposte dal r. ministro a Pechino meritano di esser presi in attenta considerazione, lasciando chiaramente vedere quanto sia urgente che l'Associazione agisca nel modo più efficace possibile perchè la politica italiana in Cina, in materia di protezione dei religiosi nazionali, non abbia a perder nulla di quanto in questi ultimi anni ha guadagnato.

La cosa è tanto più necessaria ed urgente in quanto che l'iniziativa presa da monsignor Fiorentini, presso la legazione di Francia ci toglie il modo di invocare, presso il Gabinetto di Parigi, il modus vivendi che durante i recenti torbidi era stato concordato e che consisteva, sostanzialmente, nel lasciare che i missionari si rivolgessero a quella Potenza a cui stimassero di dare la preferenza.

Ad avvalorare poi l'azione, per quanto le circostanze permettono, energica e sollecita che ella svolgerà, p armi necessario che l'Associazione sospenda intanto ogni invio di soccorsi pecuniari alla missione dello Shansi: invio, che, come avrebbe però da lasciarsi chiaramente intendere, dovrebbe venir ripreso tostochè quella missione sia ritornata a più saggio e patriottico consiglio2.

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 622. Roma, 14 aprile 1903, ore 19,25.

L'ambasciatbre di Russia mi ha fatto la seguente comunicazione: «Il principe Giorgio ha fatto conoscere a Pietroburgo la situazione difficile in cui si trova

440 I Cfr. n. 378. 2 Per il seguito cfr. n. 491.

330 per la pressione della pubblica opinione in Creta verso l'annessione alla Grecia, chiedendo consiglio sul da farsi. Il Governo imperiale ha risposto che sarebbe altamente inopportuno il sollevare una simile questione ed esortando il principe a resistere fermamente contro ogni velleità di tale natura». L'ambasciatore avendomi chiesto quale fosse, a tale riguardo, il pensiero del R. Governo, gli ho detto essere noi dello stesso avviso come il Governo russo. Ogni novità, in Creta, sarebbe tanto più deplorevole in questo momento, mentre già si hanno, nei Balcani, non lievi complicazioni che dall'inevitabile contraccolpo ne sarebbero vieppiù aggravate I.

442

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, AL REGGENTE LA LEGAZIONE A BELGRADO, DE SARNO

T. 629. Roma, 15 aprile 1903, ore 12,30.

Telegrafai Uskub per notizie dragomanno!. Ma intanto faccia immediatamente smentire da Beogradske Novine notizia pubblicata che da Italia giungano istruzioni agli albanesi di non cedere a nessun costo sulla questione delle riforme e che si mettano loro in vista fucili e munizioni. Tale notizia è manifestamente falsa, essendo a tutti noto che Italia appoggia riforme e coopera lealmente perché statu quo penisola balcanica sia mantenuto. Esiga dunque una pronta e perentoria smentita.

443

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

L. PERSONALE. Roma, 15 aprile 1903.

Ti scrivo breve: tra pochi giorni sarai qui! ed a voce sarà cosa più gradita il discorrere.

Non dubito menomamente che i nostri sovrani restituiranno la visita a Londra entro quest'anno; probabilmente subito dopo la chiusura delle Camere. Ma l'epoca, anche solo approssimativa, non sarà fissata, io penso, che in occasione della visita imminente di re Edoardo.

Anche a me pare che il giovane Godio abbia tutta la ingenuità della gioventù: però mi si assicura che è colto ed intelligente. Certo, poi, deve sapere l'inglese, essendo questa la ragione per cui l'amico Barilari lo stimò adatto per Londra.

441 l Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Vienna e al consolato a Canea con T. 623, pari data.

442 l Risponde al R. 306/134 del 9 aprile di De Samo. Il Beogradske Novine aveva pubblicato, fra l'altro, che il dragomanno del consolato italiano ad Uskub era partito per Prizrendi e Djakovitza. 11 console ad Uskub, Soragna, cui Baccelli telegrafò con T. 630 dello stesso 15 aprile, smentì la notizia con T. 777, pari data.

443 l Pansa era stato convocato a Roma per la visita di Edoardo VII.

444

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

T. RISERVATO 799/36. Pera, 18 aprile 1903, ore 0,01 (per. ore 6,40).

Reca tomi oggi Selamlik, vi ho trovato ambasciatori d'Austria e di Russia i quali dopo la cerimonia ebbero udienza dal sultano ma, contrariamente consuetudini, vennero ricevuti insieme da S.M. Imperiale. Terminata udienza barone Calice si limitò a dire che egli e Zinovieff avevano in nome dei loro imperatori raccomandato sultano di agire con prontezza e di reprimere ogni opposizione ovunque si presenti nei tre vilayets macedoni. Incaricato d'affari di Germania pure si trovava presente cerimonia, da me interpellato, mi disse aveva istruzione appoggiare comunicazione fatta dai due ambasciatori. Ricevuto subito dopo i due ambasciatori, trovai sultano molto preoccupato. S.M. Imperiale mi parlò subito degli affari macedoni e delle diuturne cure che quegli affari le danno. Stimai opportuno giusta istruzioni che VE. mi ha date segnalare a Sua Maestà i pericoli della attuale situazione che richiedeva pronte efficaci misure affine di prevenire disordini, calmare agitazione ed affrettare applicazione effettiva riforme; aggiunsi che in questo indirizzo sultano poteva fare assegnamento sulla approvazione delle Potenze e specialmente de !l 'Italia, amica leale della Turchia e che desidera sinceramente mantenuto statu quo. Accennai particolarmente pericolo agitazione albanese e necessità di misure e anche nei vilayet di Monastir e di Salonicco dove le bande terrorizzano popolazioni, e di precauzioni nelle grandi città, dove, come a Salonicco, si fa correre voce di prossimi generali disordini. Sultano replicò che aveva concentrato nel vilayet di Kossovo numerose truppe che dovevano servire ristabilire ordine e far rispettare le decisioni del Governo; e che la recente chiamata sotto le armi di soldati dell'Asia Minore gli permetterebbe rafforzare guarnigioni vilayets Monastir e Salonicco reprimere le bande e prevenire i temuti disordini. In quanto alle riforme, Sua Maestà dichiarò molto essere stato già fatto, specialmente date le circostanze, e che non sarebbe stato possibile fare di più in così breve tempo. Incaricato di affari Germania fu ricevuto dal sultano subito dopo di me. La mia impressione è che l'odierna comunicazione fatta insieme al sultano da Calice e Zinovieff ed appoggiata dall'incaricato di affari di Germania stesso giorno [sia stata] concertata fra i Gabinetti di Vi enna e Pietroburgo e tenda a spingere sultano ad una repressione militare immediata specialmente contro gli albanesi.

445

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 652. Roma, 18 aprile 1903, ore 20, 15.

Per incarico di loro Governi gli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia sono venuti a comunicarmi che gli ambasciatori dei due Imperi in Costantinopoli hanno avuto istruzione di fare, presso il sultano, le più severe premure acciocché provveda alla pronta attuazione delle riforme e soprattutto all'energica repressione della ribellione armata, non senza !asciargli comprendere che altrimenti si esporrebbe a gravi pericoli contro i quali i due Governi già fin d'ora dichiarano di non poterlo eventualmente premunire. I due ambasciatori avevano incarico di esprimere il desiderio che il R. Governo appoggi a Costantinopoli il passo dei loro Governi non appena compiuto ed io ho loro risposto che tosto ne avrei telegrafato a

V.E. Usciti i due ambasciatori, ebbi il telegramma speditomi dall'E.V. nella notte scorsa', dal quale rilevo che il desiderio dei due Governi già si trova anticipatamente soddisfatto. Non mi rimane quindi che approvare il linguaggio da lei tenuto al sultano, augurando che i provvedimenti annunciati da Sua Maestà abbiano sollecita esecuzione e se ne ottenga l'effetto che è nel voto comune delle Potenze.

446

IL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN, AL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI

T. 654. Roma, 18 aprile 1903, ore 20,50.

Mi riferisco al mio telegramma del 14 di questo mese'· L'ambasciatore di Russia, facendomi conoscere che anche le altre Potenze protettrici dividono, circa la situazione in Creta, il pensiero del suo Governo, mi ha altresì soggiunto che il suo Governo ritiene conveniente che rispettivi consoli costì abbiano istruzione di esprimersi nello stesso senso presso il principe. Autorizzo quindi la S.V. ad intendersi con i tre colleghi per concordare il linguaggio da tenersi eventualmente al principe nel momento opportuno2.

445 l Cfr. n. 444. 446 l Cfr. n. 441, nota l. 2 Questo telegramma fu comunicato con T. 656, pari data, alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna.

447

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. 316/115. Madrid, 18 aprile 1903 (per. il 24).

Ho l'onore di trasmettere qui unito a V.E. un annesso cifrato.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO

Ieri ministro di Stato mi disse che dalle notizie ambasciatore Santa Sede, appariva che il papa andava declinando, e si poteva prevedere prossima morte. S.E. mi disse che, in previsione conclave, desiderava adoperarsi per evitare nomina di un pontefice ligio politica cardinale Rampolla. Governo spagnuolo si concerterà subito, a tale proposito, col Governo austro-ungarico per combinare azione comune loro ambasciatori, che agiranno sui cardinali loro connazionali. Ministro diffida cardinale di Curia spagnuolo Vives che ritiene devoto Rampolla. Ministro spera che il R. Governo, nel modo migliore che potrà, vorrà appoggiare la sua azione. Risposi a S.E. nel senso delle mie istruzioni consigliandolo di seguire la via scelta d'intendersi col Governo austro-ungarico. Il ministro si crede sicuro dei cardinali spagnuoli, ma io ritengo, invece, che essi si lasceranno guidare dal cardinale Ram polla.

448

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATISSIMO 77. Addis Abeba, 20 aprile 1903 (per. il 29 maggio).

Nell'accusare ricevuta del dispaccio di V.E. in data 18 marzo c.a. n. 12922/591, ho l'onore di significare che circa la questione della ferrovia Kartum-centro Abissinia (Addis Abeba) nulla v'è di vero, come già ne riferisco nel mio rapporto n. 76, in data d'oggi2.

La concessione della stazione di Itang sul fiume D aro (convenzione di Addis Abeba del 15 maggio u.s.) ha per obiettivo il futuro transito della ferrovia Kartum-Uganda, che è nel pensiero del Governo britannico, e che potrà, in un tempo non lontano, acquistare forma concreta e pratica.

448 I Non pubblicato. 2 Cfr. n. 565, nota l.

La ininterrotta ed efficace azione inglese, che senza economia di mezzi e di energie, si sviluppa in Etiopia, intesa ai veri concetti moderni di politica coloniale, cioè: non nel campo astratto delle ipotetiche conquiste armate, e nemmeno in quello troppo ideale ed illusorio delle influenze basate su amicizie passeggiere ed occasionali, ma col pratico intendimento e col determinato scopo di acquistare mercati, e stendere relazioni ed influenze effettive di veri interessi di commercio e di transito, finirà per far morire d'anemia la nostra Eritrea, e per conseguenza annullerà anche ogni ragione d'essere di una legazione in Addis Abeba, che sarebbe ridotta ad intrattenere solamente dispendiose relazioni personali con Menelik essendo priva di obbiettivi pratici ed utili agli interessi italiani.

A V.E. è già noto, ed ora meglio si rileva e si spiega il perché e la vera ragione che mi indusse ad iniziative un po' ardite, sia per la questione del Seti t come per quella delle concessioni minerarie oltre Mareb. Esse tendevano a non far strozzare, dagli inglesi, la nostra colonia nei suoi confini. Occorre però trarre subito profitto di quel poco che materialmente ci era possibile ottenere, e che abbiamo ottenuto, per non vederci a brevissima scadenza, completamente esclusi dalla gara che altre Nazioni, e più specialmente l'Inghilterra, hanno impegnato, in Etiopia per contrastarsi a vicenda i possibili sfruttamenti.

Lo statu quo inerte, è morte -ogni progresso e vantaggio inglese qui si spiega, per ora, esclusivamente a danno nostro. Occorre perciò intendersi con essi, e dirò, addirittura contrattare a modo loro per assicurarci un vero equilibrio e pareggio fra quello che a loro diamo e quello che essi concedono.

Io non posso che vigilare e segnalare i danni che ci minacciano, ma non posso sorpassare i limiti del mio compito; intanto di quanto vedo e constato comincio a preoccuparmene per un prossimo avvenire.

Non voglio, ad arte, attenuare il mio giudizio ed i miei timori, e per rispetto alle rigide e corrette forme di un linguaggio diplomatico, offuscare e ridurre ogni efficacia della verità.

Credo, e sempre più me ne convinco, di dovere nuovamente insistere nel ricordare quanto già altre volte mi sono permesso di esprimere, e cioè essere necessario ed urgente precisare bene e chiaramente ed una volta per sempre, quali devono e possono essere le nostre relazioni con gli inglesi, ed i nostri comuni interessi con loro, negli affari d'Africa. Determinare e definire nettamente e senza equivoco o sottintesi in che cosa essi intendono concretare quei loro continui appelli alla troppo invocata comunanza di interessi con noi in Etiopia.

A me pare che finora noi abbiamo fatto il loro giuoco, che se appena ci permettiamo di affacciare qualche obiezione per voler tutelare gl'interessi della nostra Colonia, che ogni giorno più ce la vediamo tagliata fuori dall'Africa, circoscritta ed isolata da ferrovie inglesi e francesi, in costruzione od in progetto, immiserita dalle energiche attività commerciali degli altri, ci sentiamo rispondere vaghe ed ingenue promesse, come quelle del Cromer a scadenza lontana e condizionata.

Quanto, per la questione della frontiera meridionale dell'Etiopia, il Rodd assicurava costì che Harrington aveva ricevuto precisi e speciali ordini per procedere d'accordo con me per non danneggiare i nostri interessi, questi mi dichiarava, in via del tutto confidenziale ed amichevole, che nessun ordine gli era pervenuto, tranne la copia, a stampa, del consueto bollettino che il ministero comunica settimanalmente a tutti i rappresentanti all'estero ov'è contenuto il riassunto delle questioni in corso e delle varie relazioni con le Potenze. Così apprese l'assicurazione che il Rodd ci aveva fatta.

Non credo necessario di entrare in altri particolari per trovare, presso VE. completa giustificazione e somma benevolenza nella interpretazione che vorrà dare a questa mia poco diplomatica manifestazione del mio pensiero.

Per me, dire all'E.V. il vero costituisce il primo dovere di riconoscenza per quella fiducia che mi si accorda, epperciò mi lusingo che tali miei sentimenti e principi sono sufficienti per scagionare il mio ardimento3.

449

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 1373/534. Parigi, 21 aprile 1903 (per. il 24).

Dopo la spedizione del mio rapporto delli 6 aprile (n. 12111470)1 relativo al passaggio per Parigi di Sua Maestà il Re di Inghilterra, e l'invio dei telegrammi delli 8, 9, 14 e 17 di questo stesso mese sovra il medesimo soggetto2, ebbi occasione di sapere da buona fonte che i primi passi per stabilire le condizioni dell'incontro del re Edoardo col presidente Loubet datano da alcuni mesi. Si fece dapprima circolare la voce di un probabile soggiorno di Sua Maestà a Cannes durante il quale l 'incontro avrebbe luogo. Poscia si parlò di Parigi senza precisare la forma del viaggio. Poi quando si ebbe dal presidente della Repubblica la formale dichiarazione che il re riuscirebbe ospite gradito al quale i parigini farebbero ottima accoglienza, Sua Maestà dichiarò la sua intenzione di venire qui in forma ufficiale con il cerimoniale seguito dallo czar nel 1898.

Le prime pratiche furono condotte in via quasi ufficiale. Il ministro francese degli affari esteri intervenne soltanto quando, fra il 6 e 1'8 aprile, sir Edmund Monson ebbe l'incarico di dichiarare che il suo sovrano farebbe la sua visita al presidente nell'anzidetta forma solenne ed ufficiale. L'ambasciatore di Russia non conobbe questa dichiarazione prima che essa divenisse pubblica.

Per rendersi conto dei motivi che possono avere indotto a così procedere, è mestieri ricordarsi che, in seguito ad inopportune manifestazioni popolari in favore dei boers, ad intemperanze della stampa ed a sconcezze dei caricaturisti, i principi inglesi, benché avessero l'anno prima assunto ufficialmente la presidenza del

commissariato britannico per la esposizione mondiale del 1900, si astennero dal venire a Parigi, l'alta società inglese ne seguì l'esempio e l'assenza di essa fu una delle principali cause alle quali allora si attribuì il relativo insuccesso della grande mostra universale. Sarebbe stata cosa difficile per il re Edoardo il riprendere la consuetudine sua di frequenti viaggi in Francia senza che le porte di questo Paese ch'egli sembrò aver chiuso dispettosamente innanzi a sé or sono tre anni, non gli venissero ufficialmente e solennemente aperte; ed io non credo errare nell'ammettere facilmente che personalmente Sua Maestà debba essersi prestata con piacere alla combinazione che favoriva i suoi propri desideri.

L'ambasciatore francese a Londra, signor Cambon, di cui l'azione è spesse volte affatto personale, ha certamente contribuito assai a predisporre le cose per guisa che la combinazione anzi detta potesse effettuarsi. Quel diplomatico non professa, come parecchi colleghi suoi, l'idea dell'alleanza russa necessaria alla Francia. Appoggiandosi ai centri d'influenza commerciale inglesi egli riuscì perfettamente a produrre in Inghilterra un movimento di opinione molto favorevole alla intesa cordiale con questo Paese. Ne segnalai un sintomo notevole nel rapporto delli 11 dicembre ultimo (n. 3778/1594)3. È molto probabile che il signor Cambon non rallenterà l'opera sua, ora che si tratta di condurre il presidente della Repubblica a Londra e di produrre, in tale occasione, una di quelle manifestazioni che eccedono, lo si voglia o non, l 'importanza di un atto di cortesia fra i capi di Stato dei due grandi Paesi.

Puossi porre la questione se l'ambiente francese sia stato ugualmente ben preparato?

Come dissi, il Governo di qui è stato tenuto quasi intieramente infuori dalle prime pratiche. Dubitavasi forse delle influenze che avrebbe potuto mettere in azione la Cancelleria russa? Si aspettò per certo di annunziare la visita che il presidente Loubet avesse, in un colloquio con sir Edmund Monson, dichiarata la sua certezza che re Edoardo riceverebbe a Parigi una buona accoglienza. Però, appena fu lanciata nel pubblico la notizia della prossima venuta del re di Inghilterra a Parigi, alcuni giornali nazionalisti fecero sentire note discordanti. Fashoda ed i boers furono il motto d'ordine per eccitare un movimento d'opinione che non preparerà e forse neppure favorirà qualche manifestazione in piazza sul passaggio del re Edoardo, ma per certo ha già raffreddato assai l'ambiente e potrà risolversi in ultimo in una accoglienza piuttosto riservata. Rochefort nell'Jntransigeant, Drumont nella Libre Parole di concerto con l'organo massimo dei nazionalisti La Patrie inculcano ogni giorno ai loro lettori che la dignità del popolo francese richiede che il ricevimento del re d'Inghilterra sia ghiacciale. Il linguaggio di questi giornali ha ritrovato l'intonazione del 1900 parlando della politica britannica e della persona del re Edoardo.

In queste condizioni più che mai s'imponeva la necessità di dare alla venuta del re tutta la solennità di un viaggio in forma ufficiale. Bisognava che questa compensasse ciò che potesse mancare nella cordialità dell'accoglienza popolare. Sento a dire da varie parti che inconvenienti gravi non sono da prevedersi ed in

realtà se pur in un punto qualsiasi del lungo percorso che S.M. Edoardo VII avrà da fare entrando in Parigi fra le truppe schierate, riuscirà ad un capannello di nazionalisti, subito disciolti dalla polizia, di emettere qualche grido sconveniente, di tale incidente nessuno si accorgerà ed il pubblico avrà notizia soltanto per il vanto che ne trarranno le gazzette nazionaliste.

Dipenderà cionondimeno in qualche parte dali'esito di questa visita che la medesima abbia ad avere dal punto di vista delle indirette conseguenze politiche una maggiore o minore importanza per l'avvenire.

Non mi pare dubbio che se il re d'Inghilterra sarà bene ricevuto in Francia ed il signor Loubet sarà, a suo tempo, applaudito a Guild-Hall, un passo, se non decisivo, importante, sarà fatto per il ravvicinamento dell'Inghilterra alla Francia. Non occorre intravvedere diggià il ritorno alla politica del 1854, né misurare fin d'ora la distanza che tale passo creerà fra l'Inghilterra e la Germania. Ma sarebbe cosa poco previdente il non darsi conto che un mutamento esiste, poiché la visita si fa, e che una maggiore evoluzione nella politica dei due Paesi potrebbe prepararsi se la visita riuscirà in modo soddisfacente.

448 3 Cfr. n. 565. 449 ' Non pubblicato. 2 T. 729 del 7 aprile, T. 733 del 9 aprile, T. 768 del 14 aprile e T. 793 del 14 aprile, non pubblicati.

449 3 Non pubblicato.

450

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI AD INTERIM, MORIN

R. RISERVATO 1376/535. Parigi, 21 aprile 1903 (per. il 24).

In un altro mio rapporto d'oggi! ho riferito a V.E. circa le disposizioni del pubblico parigino in attesa della prossima visita di S.M. il Re d'Inghilterra a Parigi ed in quel rapporto ho esposto le ragioni che fecero attribuire a tale visita il carattere ufficiale. Avrei voluto poter annunziare simultaneamente che una decisione ferma è già stata presa circa la restituzione della visita da farsi in Londra dal presidente della Repubblica; ma sovra di ciò non ho attualmente informazioni sicure.

La visita ufficiale che, or è appena una quindicina di giorni, venne sostituita all'incontro dei due capi di Stato per il quale erano in corso da qualche tempo ufficiose trattative, costituisce un fatto nuovo di cui l 'importanza può essere considerevole per risolvere a suo tempo le prevedute difficoltà che sorgeranno quando Sua Maestà, il Nostro Augusto Sovrano, recandosi in Inghilterra dovrà o traversare la Francia, od evitare il territorio francese.

Nel mio rapporto delli 8 marzo (n. 818/319)2 segnalai ciò che per indiscrezione volontaria od involontaria della nunziatura apostolica di Parigi si era saputo circa una dichiarazione fatta dal presidente Loubet al cardinale Perraud allora da poco tempo partito per Roma circa la previsione di una sua visita al re d'Italia.

450 l Cfr. n. 449. 2 Cfr. n. 396.

In quel momento la venuta in forma ufficiale del re d'Inghilterra e la eventualità della visita del presidente a Londra, non erano probabilmente nelle previsioni del signor Loubet il quale, se si troverà costretto di subire la necessità di una restituzione di visita a Londra, non potrà, cred'io, declinare uguale necessità quando si tratterà della visita del re d'Italia.

Sarebbe cosa prematura e forse non conveniente il parlare di ciò finchè non sia fermamente stabilita la restituzione della visita a Londra da parte del presidente della Repubblica francese; ma non sarà troppo presto per prendere nota di circostanze di fatto che pur hanno qualche importanza.

Non vi è giornale in Francia che, parlando della venuta del re d'Inghilterra a Parigi, non abbia simultaneamente annunziata anche quella ormai prossima del re d'Italia. Nessuna gazzetta, neppure quelle che si dimostrano ostili alla venuta del re Edoardo, ha mosso una semplice abbiezione contro l'eventualità della visita del nostro sovrano nella capitale francese. Quasi tutti i giornali hanno indicato che la visita del re d'Italia comporta la restituzione a Roma. Mentre alcuni hanno inoltre osservato che tale restituzione suscita delle difficoltà con il Vaticano, io non ho letto, in un qualsiasi periodico, che siffatte difficoltà siano di quelle che non possono essere superate.

Se da questi indizi è lecito trarre fin d'ora una conclusione, bisognerebbe ritenere che l'ambiente di Parigi è assai più favorevolmente predisposto per l'eventualità della venuta di S.M. il Re nostro che non lo sia per l'imminente arrivo del re Edoardo VII.

451

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 529/266. Vienna, 23 aprile 1903 (per. il 6 maggio).

Mi pregio di segnar ricevimento dei telegrammi di V.E. del 14 e 19 aprile corrente relativi agli affari di Creta 1 .

Avendo avuto occasione di parlare col conte Goluchowski circa il consiglio ultimamente chiesto dal principe Giorgio al Gabinetto di Pietroburgo relativamente alla pressione esercitata dalla pubblica opinione in Creta per l'annessione dell'isola al Reame di Grecia, ho creduto utile d'informare questo ministro della comunicazione fatta a V.E. dall'ambasciatore di Russia a Roma, riferita nel citato telegramma del 14 corrente, e della risposta da lei data, secondo la quale il Governo italiano, al pari del Governo russo, ritiene opportuno che non si sollevi in questo momento una simile questione, e che si debba anzi esortare il principe Giorgio a resistere ad ogni pressione in proposito.

Il conte Goluchowski dal suo lato m'informò che l'incaricato d'affari di Russia gli aveva fatto una comunicazione identica a quella fatta a V.E. dal signor Nelidoff, in seguito alla quale egli aveva impartito al ministro austro-ungarico in Atene ed al console austro-ungarico in Canea l'istruzione di tenere un linguaggio uguale a quello che sarebbe tenuto, intorno ai desiderj dei cretesi, dai loro rispettivi colleghi di Russia.

Il ministro i. e. r., nell'informarmi di ciò, aggiunse che aveva creduto opportuno di rilevare una frase della comunicazione russa, che non era corretta. Egli mi disse che la comunicazione cominciava colla frase che suonava press'a poco così: «Benchè il Governo austro-ungarico si mostri disinteressato nella questione cretese ecc.». Il conte Goluchowski osservò che tale espressione non rispondeva alla verità. Egli pregò quindi il barone di Budberg di spiegare al suo Governo come l'Austria-Ungheria non abbia mai inteso e non intenda di disinteressarsi della questione cretese. Il Governo austro-ungarico, disse egli all'incaricato d'affari di Russia, ritirò le sue truppe dall'isola, e si disinteressò degli affari d'amministrazione interna del Governo cretese, per le ragioni che furono a suo tempo esposte nella circolare diretta agli ambasciatori austro-ungarici nella primavera del 1898. Ma esso non rinunziò punto ai diritti che gli competono, come firmatario del Trattato di Berlino, ed intende partecipare ad ogni passo dell'azione delle Potenze rispetto al mantenimento od alla modificazione dello stato politico di Creta, stabilito dal Trattato stesso. Secondo il pensiero del conte Goluchowski sarebbe inoltre inesatto il parlare di Potenze protettrici applicando questa denominazione soltanto alle quattro Potenze che mantengono guarnigioni nell'isola.

Ho ragione di credere che il conte Goluchowski ha comunicato queste osservazioni agli ambasciatori austro-ungarici, perchè, occorrendo, le facciano conoscere ai Governi delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, presso le quali sono accreditati2.

451 l Cfr. n. 441, nota l e n. 446, nota 2.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 685. Roma, 24 aprile 1903, ore 22.

Il moto albanese, che codesto Gabinetto stesso ha riconosciuto grave e pericoloso, facendone espressamente l'oggetto del recente suo passo concordato con la Russia, non accenna a mitigarsi; anzi, secondo i rapporti del r. ambasciatore a Costantinopoli sembra estendersi al distretto di Dibra ai confini del vilayet di Scutari e già presso la Porta si ha il timore che l'Austria-Ungheria ne tragga argomento per spingere fino a Mitrovitza la sua occupazione militare. A noi preme di non essere sorpresi dagli avvenimenti; epperò prego V.E. di voler sentire dal

conte Goluchowski se non creda ora opportuno, circa le cose di Albania, quello scambio di idee che finora gli era parso prematuro. In ogni modo, poi, a noi preme soprattutto di avere notizia degli intendimenti di codesto Gabinetto in vista delle possibili eventualità albanesi rispetto alle quali i due Governi imperiali, nella loro recente comunicazione, hanno chiaramente detto che, qualora la Sublime Porta esitasse, essi si troverebbero nella necessità di rinunciare alla politica seguita finora'

451 2 Per la risposta cfr. n. 485.

453

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, BORGHESE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 325/112. Sofia, 25 aprile 1903 (per. il 29).

Da parecchi mesi trovasi qui come corrispondente del Times il signor Baucher, il quale da 12 anni si occupa in questi Paesi di Oriente e che a dire di tutti è uomo benissimo informato e in grado di conoscere a fondo gli affari della Macedonia. Egli mi disse ieri che tornando dal monastero di Rilo dove aveva passato due o tre giorni, mi poteva assicurare che ivi in questi ultimi tempi le autorità bulgare avevano scoperto un grande deposito di armi, munizioni e dinamite, destinati a passare la frontiera. Con minore sicurezza egli aggiunse che tutto fu sequestrato, ma pare certo che il vice superiore del convento fu allontanato dalla frontiera.

Lo stesso signor Baucher giorni sono mi diceva essere sua convinzione che il viaggio del re Edoardo in Italia e in Francia avesse come scopo principale politico, di stringere una lega occidentale fra questi tre Stati per controbilanciare l'azione austrorussa, nella penisola balcanica.

Ho creduto necessario di esporre questa supposizione a V.E., perchè in questi ultimi giorni la stampa bulgara si occupa molto della politica inglese nei Balcani, notando in essa un accentuato risveglio, ed esprimendo la speranza di una energica azione da sua parte. Anche fu scritto, che l'Inghilterra vorrebbe proporre un contropiano alle riforme austro-russe, aventi come base l'autonomia della Macedonia, e l'elezione di un principe come governatore generale. Il principe Giuseppe di Battenberg sarebbe l'eleggendo.

Della politica italiana si occupa pure questa stampa, ed oggi vi era un articolo sulle dichiarazioni che il prof. Moneta, avrebbe fatto ad un corrispondente bulgaro a Milano.

Debbo poi informare V.E. che l'altro giorno, parlando con il signor Daneff, egli mi chiese, per quanto incidentalmente, se la politica del R. Governo era pur sempre e decisamente per il mantenimento dello statu quo. Gli risposi che le ul

time istruzioni che avevo ricevuto' erano tali da non !asciarmi alcun dubbio su questo indirizzo della politica del Governo del re, e che a questo scopo appunto ero stato incaricato ultimamente di fargli amichevoli raccomandazioni per evitare qualsiasi complicazione che avrebbe potuto sorgere da un mutamento dell'attuale situazione politica, e che non avevo nessun motivo per credere che tale indirizzo fosse per cambiare. Il signor Daneff allora, con aria dubitativa, accennò nuovamente alla questione dell'Albania dove l'Italia certamente ha gravi interessi -e si passò ad altro argomento.

Sarei per ogni eventualità grato a VE., se volesse farmi conoscere se le poche parole che risposi a questo presidente del Consiglio e ministro per gli affari esteri sono conformi al pensiero e intendimento del R. Governo ed hanno l'approvazione di V.E.2

452 l Per la risposta cfr. n. 454.

454

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 850. Vienna, 26 aprile 1903, ore l 5, 40.

Ho comunicato a conte Goluchowski contenuto del telegramma confidenziale di VE. n. 685', chiedendogli di nuovo se non credesse opportuno scambio d'idee sull'Albania. Conte Goluchowski rispose che non lo credeva. Egli conferma e completa quanto esposi col mio telegramma del 6 corrente2, insistendo sui punti seguenti: l) lo stato territoriale e politico d eli'Albania non è in questione; il vilayet di Uskub, nel quale si trovano albanesi mescolati con gli slavi, non fa parte delle provincie albanesi, ma della Macedonia. 2) Governo austro-ungarico intende rimanere fedele agli impegni da esso presi, verso l'Italia e le altre Potenze, col Trattato di Berlino, con quello di alleanza e coll'accordo austro-italiano suli'Albania, non crede siavi bisogno confermarlo. 3) Governo austro-ungarico non rinunzia al diritto riconosciutogli dal Trattato di Berlino di spingere occupazione su Mitrovitza, ma non intende profittame, a meno che si minacci la frontiera da esso occupata, la quale è tranquilla. 4) Se gli eventi forzassero Governo austro-ungarico a tale estensione di occupazione, esso dovrebbe intendersi con la Turchia, secondo il disposto del Trattato di Berlino, e ne darebbe notizia alle Potenze firmatarie, ma conte Goluchowski ripete che intende evitare tale estremità e che non si può dubitare della sincerità di tali proponimenti dettati dali 'interesse de II' Austria-Ungheria. 5) La minaccia fatta dagli ambasciatori d'Austria-Ungheria e di Russia di rinunziare, in caso di esitazione della Turchia, alla politica seguita finora devesi interpreta

re nel senso che, nel caso predetto, l'Austria-Ungheria e la Russia si terrebbero sciolte dalla promessa di esercitare la loro azione diplomatica presso i Governi di Serbia e Bulgaria per impedirli di favorire l'insurrezione. 6) Lo statu quo nei Balcani, stabilito dal Trattato di Berlino, è il caposaldo della politica de li'Austria-Ungheria e delle altre Potenze, e non potrebbe modificarsi senza il loro comune consenso, ma conte Goluchowski non prevede una tale modificazione, e non stima opportuno speculare anzi tempo sopra ipotesi improbabile o lontana. Ho veduto Kapnist, tornato dal suo congedo. Egli mi disse essere convinto che Governo austro-ungarico non ha intenzione occupare Mitrovitza, e soggiunse essere certo che imperatore di Russia e conte Lamsdorff escludono assolutamente ogni occupazione russa nei Balcani e rimangono fedeli allo statu quo. Tanto conte Goluchowski, come ambasciatore di Russia considerano la situazione con molta calma, senza ottimismo e senza sfiducia.

453 l T. 584 del 5 aprile, non pubblicato. 2 Non risulta risposta telegrafica. Il 3 maggio il Ministero telegrafò a Borghese di chiedere il gradimento del Governo rumeno per la nomina di Imperiali ad agente e console generale a Sofia. 454 l Cfr. n. 452. 2 Cfr. n. 431.

455

IL MINISTRO AD ATENE, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 853/23. Atene, 27 aprile 1903, ore 9,40.

Ministro di Inghilterra ha rimesso ieri personalmente al principe Giorgio comunicazione scritta collettiva firmata dai ministri delle quattro Potenze, redatta conformemente istruzioni nostri Governi.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 6911. Roma, 27 aprile 1903, ore 14,45.

Creta -L'ambasciatore di Russia, per incarico del suo Governo, mi ha richiesto la mia opinione in vista delle singole eventualità che qui verrò enumerando e rispetto alle quali ho risposto nei seguenti termini: l) qualora l 'assemblea cretese, votata una mozione per l'annessione, volesse comunicarla direttamente ai consoli, questi dovrebbero dichiararsi nella impossibilità di ricevere una comunicazione qualsiasi da autorità con cui non hanno rapporti di sorta; 2) se la mozione fosse

456 t Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi e Vienna, alla legazione ad Atene e al consolato generale a Canea con T. 692, pari data. Per la risposta di Morra cfr. n. 469.

per essere loro comunicata dal principe alto commissario, non potrebbe del pari essere accettata; però, per un riguardo verso il principe, converrebbe che, non appena votata la mozione, od anche prima se la votazione è preveduta, i consoli officiosamente ed anticipatamente facessero pervenire a Sua Altezza un avviso della impossibilità, in cui si troverebbero, di accettare la sua comunicazione; 3) se l'Assemblea votasse addirittura la annessione i consoli potranno limitarsi a considerare il fatto come non avvenuto; 4) infine, se il principe sanzionasse l'annessione votata dall' Assemblea, i consoli dovrebbero, del pari, considerare il fatto come non avvenuto, facendo conoscere al principe, nella forma che sarà stimata la più opportuna, che essi non possono avere rapporti con Sua Altezza che nella sola sua qualità di alto commissario mandatario delle quattro Potenze protettrici, e non mai come se egli fosse un rappresentante del Regno di Grecia. Di quanto precede informo V. E. per sua notizia ed anche con la preghiera di indagare e riferirmi le risposte che codesto Governo avrà ottenuto dalle altre Potenze da esso del pari interrogate.

457

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 695. Roma, 27 aprile 1903, ore 18,15.

Ricevo suo telegramma di jeriI e ne la ringrazio. Prego V.E. ringraziare, a sua volta, il conte Goluchowski per le importanti sue dichiarazioni, e per la spiegazione fornitaci circa la portata della avvertenza fatta dall'Austria Ungheria e dalla Russia alla Sublime Porta come conclusione del loro recente passo. Delle une e dell'altra prendo nota con compiacimento non dubitando che qualora, mutando la situazione, dovessero del pari mutare gli intendimenti di codesto Governo, noi ne saremmo avvertiti in tempo per opportuno scambio di idee.

458

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 867. Vienna, 29 aprile 1903, ore 12 (per. ore 13,20).

Per informazione di V.E. questo ambasciatore di Russia mi ha detto che il suo Governo fedele al principio dello statu quo nei Balcani, ha ripetutamente fat

457 I Cfr. n. 454.

to dichiarare Sofia Belgrado e Costantinopoli che se, per avventura, scoppiassero ostilità tra questi Stati, il risultato finale sarebbe pure sempre stato che le Potenze non avrebbero permesso alcuna modificazione dello statu quo territoriale come fecero nella guerra greco-turca. Conte Goluchowski mi ha espresso la sua soddisfazione per la nomina di V.E. e la speranza che i Gabinetti di Roma e di Vienna procedano in ogni questione con reciproca fiducia.

459

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CAETANI

T. S.N. Roma, 29 aprile 1903, ore 16, 15.

Telegrafi oggi stesso particolari della risposta Balfour Camera Comuni escludente proposta per accordo generale tendente a diminuire spese navali l.

460

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLAI

T. 7042. Roma, 29 aprile 1903, ore 22,15.

Da rapporto V.S. 9 marzo u.s. n. 483, apprendo che concessione Leontieff è stata revocata. Nell'interesse del commercio del Benadir sarebbe utilissimo che territorio già concesso a Leontieff entrasse nella nostra sfera di azione mediante concessione analoga a quella già fattaci oltre Mareb. La concessione potrebbe essere fatta o ad un privato o ad un sindacato italiano secondo che meglio voglia Menelik. Questi ha interesse a controbilanciare l'accerchiamento che Inghilterra fa attorno all'Etiopia, mettendo in mezzo l'Italia. Prego V.S. voler agire con rapidità e prudenza, informandomi del risultato dei suoi ufficii.

2 Il telegramma fu trasmesso via Aden.

3 Non pubblicato.

459 l Caetani rispose con T. 875/64 dello stesso 29 aprile che Balfour aveva dichiarato: "Le idee del Governo britannico sono pubblicamente espresse nella Camera dei Comuni, ma non riteniamo che sia necessario di fare veruna comunicazione formale su questo argomento agli altri Governi; nè riteniamo che si otterrebbe nessun risultato col fare tale comunicazione".

460 l Ed. in MARTIN!, Il diario eritreo, vol. III, cit., p. 172.

461

IL CONSOLE GENERALE A SALONICCO, THAON DI REVEL, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 876110. Salonicco, 29 aprile 1903, ore 22,50 (per. ore 23,25).

Banca imperiale ottomana completamente distrutta con dinamite. Bulgari gettarono bombe per strada, anche contro stabilimenti italiani. Colonia in preda panico; sua sicurezza esigerebbe invio immediato nave da guerra.

462

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 881/45. Pera, 30 aprile 1903, ore 8,30 (per. ore 14,50).

In presenza gravi notizie dal r. console a Salonicco e da me trasmesse a V.E. col mio telegramma n. 44 della scorsa notte 1 , ho incaricato primo interprete della

r. ambasciata di recarsi immediatamente alla residenza privata del gran vizir per chiedergli formalmente: primo che oltre alle misure generali per la tutela della vita e degli averi dei rr. sudditi siano prese d'urgenza misure speciali per la protezione del r. consolato, scuole, istituti beneficenza, stabilimenti italiani fra gli altri banche Allatini, Modiano, Molino, fabbrica Allatini, nonché case commerciali italiane; secondo che in caso di insufficienza di truppe nella città, guarnigione sia, senza ritardo aumentata; terzo che sia provveduto con mezzi efficaci a scongiurare il pericolo che l'azione degli agenti dei comitati bulgari provochi eccessi di una parte della popolazione contro l'altra; quarto che essendosi già sparsa la voce di possibili attentati in Monastir e Uskub siano prese in quelle città analoghe misure. Nel fare questa comunicazione, Cangià richiamò attenzione gran vizir eccezionale gravità situazione, lasciando comprendere che i fatti occorsi a Salonicco potrebbero avere conseguenza indurre Potenze assumere protezione diretta dei loro sudditi. Gran vizir mi ha assicurato, per mezzo Cangià , cui diede visione vari telegrammi ricevuti spediti, che tutte le misure necessarie protezione consoli, sudditi esteri, stabilimenti stranieri, erano state già prese; che due battaglioni redifs Smirne erano giunti ieri Salonicco, e che due altri battaglioni vi erano attesi oggi. Sua Altezza aggiunse popolazione non aveva commesso eccessi, che ordini categorici erano stati dati prevenirli e che probabilmente sarebbe stato dichiarato stato d'assedio Salonicco. Concluse insistendo responsabilità Bulgaria, ove si organizzano le bande e si concertano attentati e sulla necessità Potenze esercitino energica pressione sul Principato.

462 l T. 877/44 del 30 aprile che ritrasmetteva le notizie già inviate direttamente al ministero dal console generale a Salonicco col n. 461.

463

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 716. Roma, 30 aprile 1903, ore 18.

Approvo fermo linguaggio da lei tenuto con la Porta per i gravi fatti di Saloniccol. Ritengo che avranno fatto analoghe rimostranze i colleghi coi quali importa che V.E. si tenga in costante comunicazione. Fu intanto disposto perché r. nave "Garibaldi" senza indugio si rechi a Salonicco2.

464

IL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 891/20. Canea, 30 aprile 1903, ore 21,30 (per. ore 9,30 del 1° maggio).

Oggi ho parlato col principe Giorgio esprimendomi nel senso dei telegrammi di V.E. 623, 6921, d'intesa coi colleghi che hanno fatto identiche dichiarazioni. Sua Altezza Reale mi disse avere avuto già le stesse comunicazioni dai ministri in Atene e di avere loro dichiarato farebbe il suo possibile per impedire dimostrazione favorevole all'apertura del Parlamento: è sicuro Assemblea Nazionale voterà unanimamente mozione in favore dell'unione di Creta alla Grecia e l'incaricherà di comunicarla ai consoli. Alto commissario chiede siano autorizzati consoli generali ricevere tale comunicazione ed a trasmetterla ai loro Go~ verni, anche se questi non possono prenderla in considerazione. Se si rifiuta sua comunicazione, Sua Altezza prevede Camera dei deputati telegraferà direttamente Potenze voto unanime annessione; se le Potenze negano assistenza in questa occasione Sua Altezza teme che la sua situazione di alto commissario rimanga compromessa perché apparirà manifestamente il suo disaccordo coi Governi, dei quali è mandatario e diminuita autorità necessaria pel mantenimento dell'ordine pubblico. Colleghi hanno telegrafato in questo senso ai loro Governi. Per opportuna notizia dell'E. V. aggiungo consoli di Austria-Ungheria e di Germania fanno pratiche analoghe contro le manifestazioni annessioniste, e che principe Giorgio se ne dimostra malcontento.

2 T. 883 del Ministero della marina dello stesso 30 aprile, non pubblicato.

463 l Cfr. n. 462.

464 l Cfr. n. 441, nota l e n. 456, nota l.

465

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 557/278. Vienna, 30 aprile 1903.

Quasi tutti i principali giornali odierni di questa città hanno pubblicato degli articoli nei quali commentano molto favorevolmente la visita fatta da S.M. il Re d'Inghilterra al nostro augusto sovrano, rilevando gli antichi rapporti di amicizia e i sentimenti di simpatia esistenti tra i due popoli e richiamando in modo particolare l'attenzione dei lettori sul tenore dei brindisi scambiati tra i due sovrani per quella parte in cui accennano alla tradizione e all'indirizzo liberale dei due Paesi e al loro costante cammino sulla via del progresso e della civiltà.

Questa unanimità di giudizio nella stampa austriaca è degna di nota e ho creduto quindi opportuno di portarla a cognizione dell'E.V.

466

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 357/157. Belgrado, 30 aprile 1903 (per. il 5 maggio).

Nel precedente ricevimento ebdomadario questo signor ministro degli affari esteri diceva al signor Bordonaro (rapporto del 23 corrente, n. 147') che la Serbia non poteva rimanere indifferente di fronte alle numerose forze turche concentrate in prossimità della sua frontiera.

Ed effettivamente in questi ultimi giorni il Governo serbo ha manifestato il proposito di mobilizzare una parte del suo esercito, quale misura di precauzione in vista di eventuali complicazioni.

Oggi però il signor Denitch, intrattenendomi su questo argomento, mostrò un diverso modo di apprezzamento dichiarandomi che, ben considerata la situazione, si erano modificate nell'animo dei governanti serbi le prime impressioni, e che, calmatesi le preoccupazioni del primo momento, era stata assolutamente abbandonata l'idea di una mobilizzazione o di altre misure militari che avessero potuto per avventura essere interpretate quale atto non di pura prudente precauzione.

Ma siffatto mutamento di attitudine non sarebbe avvenuto spontaneamente e soltanto per mero effetto di un più maturo esame delle circostanze.

Mi consta che in questi giorni da Pietroburgo e da Vienna, simultaneamente e concordemente, furono rivolti al Gabinetto di Belgrado severi consigli anzi, più che consigli, esplicite raccomandazioni che avrebbero avuto piuttosto la forma di

vere imposizioni, soprattutto da parte russa, essendosi fatto conoscere a re Alessandro, che una politica, la quale creasse in qualche modo ostacoli allo svolgimento dell'azione che forma il programma dell'accordo austro-russo, esporrebbe la Serbia a gravi pericoli, a quello principalmente di trovarsi poi isolata nel caso di un conflitto colla Turchia, non senza aggiungere che anche le sorti stesse della dinastia ora regnante potrebbero essere compromesse. Mi consta pure che contemporaneamente è avvenuto un attivo scambio di osservazioni e spiegazioni tra Costantinopoli e Belgrado.

Nel corso della stessa conversazione oggi avuta col ministro degli affari esteri, questi mi diede comunicazione di inquietanti notizie testè ricevute da Salonicco, ove, secondo tali informazioni, per opera dei comitati bulgari, sarebbero avvenuti fatti gravissimi. Colla dinamite si sarebbe fatto saltare in quel porto un vapore delle "Messageries Maritimes", e nella città stessa, in vari punti, si sarebbero fatte scoppiare delle bombe producendo la distruzione della sede della Banca ottomana e parecchi altri danni, anche a persone rimaste uccise o ferite.

466 l Non pubblicato.

467

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA, E AL CONSOLATO GENERALE A SALONICCO

T. 724. Roma, l° maggio 1903, ore 12,45.

In seguito ai gravi fatti di Salonicco, fu disposto che la seconda divisione della squadra permanente parta immediatamente a quella volta per la protezione dei nostri connazionali.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AGLI AMBASCIATORI A PARIGI, TORNIELLI, E A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CAETANI

T. 727. Roma, 1° maggio 1903, ore 18,50.

Il r. console in Canea telegrafa quanto segue: "Oggi ho parlato col principe... (vedi telegramma n. 891 in arrivo)!. Dal momento che lo stesso principe Giorgio ammette che la mozione per l'annessione, comunicata dai consoli ai ri

spettivi Governi, possa da questi non essere presa in considerazione, non vedrei, dal canto mio, difficoltà di autorizzare i consoli ad accettarla, se consegnata loro dal principe, a titolo di semplice trasmissione materiale ai Governi rispettivi. Tuttavia, prima di rispondere al r. console desidero conoscere l'opinione degli altri tre Governi e prego V.E. di telegrafarmi quella di codesto Governo.2

468 l Cfr. n. 464.

469

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 907/15. Pietroburgo, 1° maggio 1903, ore 19,50 (per. ore 7 del 2).

Rispondo suo telegramma 691'. Conte Lamsdorff non ha ancora ricevuto risposta categorica dagli altri due Governi interrogati: ebbe solo scambio idee in proposito ambasciatore di Francia testé partito in congedo. Conte Lamsdorff, basandosi idea emessa dal principe, tanto ad Atene che alla Canea, è portato ad escludere dalle eventualità probabili quella di cui è cenno nn. l, 3 e 4 telegramma di VE. Presentandosi eventualità contemplata n. 2, egli ritiene non essere il caso di respingere in modo assoluto, comunicazione alto commissario. Governo imperiale opina che i consoli debbano accoglierla per comunicarla rispettivi Governi, facendo tuttavia osservare, che nel momento attuale, una simile mozione rimane assai inopportuna. Conte Lamsdorff rivolgerà proposta in tal senso Governi tre Potenze protettrici.

470

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 920/16. Pietroburgo, 2 maggio 1903, ore 20,40.

Mio telegramma ieri n. 15' risponde telegramma di VE. 7272, giuntomi stamane, circa pensiero questo Governo nella eventualità che principe Giorgio trasmetta ai consoli voto Assemblea cretese annessione isola alla Grecia. Telegramma VE. facendo menzione di dichiarazione analoga fatta dai consoli di Germania e Austria-Ungheria, debbo aggiungere che conte Lamsdorff conversazione ieri, ac

2 Cfr. n. 468.

cennò anche egli eventualità intromissione Germania e Austria-Ungheria, ma soltanto nel caso assolutamente improbabile in cui principe Giorgio avesse sanzionato annessione, poiché per tale fatto quattro Potenze cessavano loro ufficio di protettrici alto commissario.

468 2 Per la risposta da Pietroburgo cfr. n. 470. Tomielli (T. 912/41 'del 2 maggio) e Caetani (T. 921/68 del 2 maggio) riferirono che i Governi francese e britannico erano d'accordo con l'opinione di Morin.

469 l Cfr. n. 456.

470 l Cfr. n. 469.

471

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 566/283. Vienna, 2 maggio 1903 (per. il 6).

Approfitto dell'occasione del corriere, che parte domani, per ripetere in chiaro il telegramma che ebbi l'onore di spedire a V.E. il 26 aprile ora scorso! e che annetto al presente rapporto.

Questo telegramma contiene, si può dire, il programma della politica austroungarica nei Balcani, quale è apertamente professata dal Gabinetto di Vienna. Esso può anche considerarsi come costituente quello scambio di idee, invocato dal Governo del re, secondo le promesse fatte dal Governo austro-ungarico. Ma non contiene che le idee del Gabinetto di Vienna. Ben è vero che le idee del Governo del re non possono essere molto diverse, poiché anche queste debbono avere per base il Trattato di Berlino, quello d'alleanza e l'accordo tra l'Italia e l'AustriaUngheria circa l'Albania. Se, però, l'E.V. avesse idee, non dico diverse da ciò che stabiliscono i trattati da noi firmati, ma in certa guisa completive, ella potrà farle conoscere al Gabinetto di Vienna per mio mezzo, o per mezzo di codesto ambasciatore austro-ungarico. lo debbo qui constatare che noi abbiamo sempre parlato di scambio di idee, ma le idee non le abbiamo mai fatte conoscere. Credo, poi, dovere del mio ufficio di sottoporre a questo proposito un'avvertenza all'E.V. Non è certamente da supporsi che lo scambio d'idee, invocato dal Governo, si riferisca ad un cangiamento qualunque immediato dello statu quo territoriale-politico dei Balcani, facenti parte dell'Impero ottomano. Ho appena bisogno di dire che ciò non è qui ammissibile. Ma è possibile che il Governo di Sua Maestà pensi a scambiare fin d'ora le proprie idee col Governo alleato per meglio precisare la reciproca azione, ed eventualmente i rispettivi compensi, completati dai loro impegni reciproci per il caso in cui lo statu quo dei Balcani e dell'Albania, malgrado ogni sforzo delle Potenze, non potesse essere mantenuto. Ora su questo soggetto il conte Goluchowski si è costantemente rifiutato ad entrare in discorso. Egli crede non solo poco conveniente, ma pericoloso per la tranquillità europea, il contemplare senza necessità impellente lo sfasciamento più o meno parziale dell'Impero ottomano. Questa necessità egli oggi non la vede. Se essa apparirà domani, sarà allora, ma non prima, il caso di occuparsene.

Questa riserva sarà mantenuta, secondo ch'io posso giudicare, dal conte Goluchowski anche per quanto riguarda le due divisioni navali, italiana ed austro-ungarica, ancorate nel porto di Salonicco, il cui ufficio deve essere, a suo avviso, la protezione dei rispettivi nazionali.

A questo proposito mi pregio di far sapere all' E.V. che, siccome il conte Goluchowski ci aveva informati dell'invio di navi austro-ungariche in quelle acque, così ho creduto conveniente d 'informarlo, alla mia volta, dell'invio della nostra divisione navale. Questa informazione fu da lui accolta come cosa prevista e ben naturale.2

471 l Cfr. n. 454.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI

T. 733. Roma, 3 maggio 1903, ore 13.

Dopo reciproco scambio di idee i quattro Governi protettori si trovano consenzienti nel ritenere che i rispettivi consoli possano ricevere dal principe comunicazione della eventuale mozione dell'Assemblea per l'annessione, ma unicamente a titolo di trasmissione ai rispettivi Governi. La S.V. potrà, quindi, a tal fine concordarsi coi colleghi nel momento opportuno. I

473

IL CONSOLE GENERALE A CANEA, NEGRI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 933/23. Canea, 4 maggio 1903, ore 14, l O.

Dopo discorso del principe Giorgio Camera nella seduta odierna ha votato mozione per l'annessione. Ordine perfetto.

tinopoli, Londra, Pietroburgo e Vienna e alla legazione ad Atene.

471 2 Con R. 772/276 del 6 maggio Imperiali comunicò da Berlino il seguente passo di una corrispondenza da Vienna al Berliner Tageblatt: "Qui si capisce perfettamente che una tale divisione delle sfere d'influenza sarebbe bene accetta agli italiani. Però essi debbono ben togliersi dalla testa una tal cosa. E dal momento che la possessione di Vallona minaccia di diventare una vera c propria parola d'ordine della politica italiana, io vorrei fare osservare al riguardo che, secondo la conoscenza che ho della situazione, l'Austria-Ungheria non consentirebbe mai a una occupazione italiana di Vallona, imperocché una tale occupazione lascerebbe all'Italia la libertà di chiudere il Mare Adriatico quando le piacesse. L'Italia possiede una delle due coste dell'Adriatico, e di essa deve accontentarsi. L'altra appartiene all'Austria-Ungheria e alla Turchia, e mai la nostra Monarchia permetterebbe che l'Italia mettesse piede anche sull'altra costa, per imprigionare la potenza navale austro-ungarica in un vero mar chiuso italiano".

472 l Questo telegramma fu comunicato con T. 732, pari data, alle ambasciate a Berlino, Costan

474

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 768/273. Berlino, 5 maggio 1903 (per. l '8).

I giornali tutti pubblicano, in questi giorni, diffuse informazioni sui particolari della visita dell'imperatore e re ai nostri augusti sovrani, facendo con speciale compiacimento rilevare l'accoglienza entusiastica che i cittadini della capitale hanno fatto a Sua Maestà Imperiale e Reale. Non mancano naturalmente i commenti sulla importanza politica della visita, la quale, come si fa osservare, viene, in buon punto, a dimostrare come, malgrado le notizie tendenziose replicatamente venute fuori nella stampa estera, la Triplice Alleanza -rinnovata l'anno scorso senza cambiamenti -nulla abbia perduto della antica efficacia.

Sembrami superfluo il trasmettere a V.E. il testo degli articoli che ho letto nei diversi giornali, quali la Post, la Vossische Zeitung, la National Zeitung ecc., articoli che hanno intonazione identica. Non voglio tuttavolta omettere di segnalare un comunicato ufficioso comparso nella Nord Deutsche Allgemeine Zeitung di ieri sera, comunicato di cui ho l'onore di inviare, qui unito, la traduzione a V.E.l

475

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1514/584. Parigi, 5 maggio 1903 (per. il 10).

Durante la riunione dei capi delle missioni diplomatiche, invitati dal signor Delcassé a colazione il 3 corrente al Ministero degli affari esteri, per far corona a

S.M. il re Edoardo VII, questo sovrano, trattomi in disparte, mi parlò con effusione delle liete accoglienze avute a Roma e manifestò sensi di viva gratitudine verso S.M. il Re. Indicando, in termini generali le cordiali relazioni esistenti fra il suo ed il nostro Paese, egli espresse marcatamente la fiducia che il nuovo ambasciatore sir F. Bertie saprebbe, conformemente alle istruzioni espressamente impartitegli, rendersi persona grata ed ebbe pure parole di encomio per il primo segretario dell'ambasciata britannica sir J. Rennell Rodd. Il desiderio personale di Sua Maestà per lo sviluppo della intimità e cordialità delle relazioni dell 'Inghilterra con l'Italia non poteva essere manifestato in termini più formali e siccome era evidente l'intenzione sua che de' medesimi V.E. fosse da me informata, così di tale incarico mi è grato lo sdebitarmi con questo rapporto.

474 J Non si pubblica. Sulle conversazioni politiche svoltesi durante la visita dell'imperatore Guglielmo cfr. la relazione di Biilow ed. in GP, 18/2, cit., n. 5775.

476

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1516/586. Parigi, 5 maggio 1903 (per. il 10).

Con il mio rapporto del 21 aprile n. 1373/5341 ho fatto conoscere a V. E. in quali condizioni si sarebbe effettuata la visita ufficiale del re d'Inghilterra in Francia. I fatti corrisposero alle previsioni in quel rapporto formulate. Le accoglienze ufficiali furono perfette. Quelle della popolazione, fredde assai il primo giorno, migliori nelle giornate seguenti, non dettero luogo ad incidenti notevoli. Se qualche discordante od irriverente manifestazione di poche persone si è prodotta, come alcune gazzette affermarono, ben pochi furono coloro che se ne accorsero e certamente qualche grido incomposto non bastò a turbare l'ordinata urbanità dei ricevimenti. Il programma e il cerimoniale di questi non si discostarono sensibilmente da quelli seguiti per la visita fatta in Parigi dallo czar nel 1896. Non vi fu però la serie di brindisi con la calcolata progressione della effusione dei sentimenti reciproci. Un solo brindisi fu scambiato fra il presidente della Repubblica e il re in occasione del banchetto offerto al palazzo dell'Eliseo. Le parole del signor Loubet furono singolarmente sobrie. Pare che quelle improvvisate dal re Edoardo avessero un carattere sensibilmente diverso. Non ne era stato comunicato il testo anticipatamente e non si era provveduto a raccoglierlo con la stenografia. Non fu che il dì seguente che la versione ufficiale potè essere comunicata ai giornali e questa parve dare un colore assai più pallido alle parole del sovrano. Esse conservano tuttavia un significato che non si trova nel brindisi del presidente della Repubblica. Unisco qui il testo dei due brindisi come furono pubblicati dalla agenzia Havas.2

La Repubblica, non avendo un palazzo in Parigi nel quale dare conveniente ed intera ospitalità ai sovrani esteri, il re Edoardo, come già aveva fatto lo czar, prese dimora e tenne corte nella residenza della sua ambasciata durante parte di quattro giorni in cui si svolsero i festeggiamenti dati in suo onore. Ancorché fatta in questa forma, la visita del re, conformemente all'opinione invalsa tanto qui che in Inghilterra, comporta la restituzione da farsi dal signor Loubet a Londra. Non mi pare ne dubitassero coloro che formavano qui il seguito del re ed è in questo senso che si sono nei giorni scorsi espressi i principali diari di Francia e d'Inghilterra. Avendo però io, in privato colloquio con il signor Delcassé lasciato cadere la domanda: quando avverrebbe la restituzione di visita? Questo ministro si atteggiò a sorpresa e mi rispose che nulla se ne sapeva. Per vari motivi procurerò di essere in proposito informato presto ed esattamente. Ma, dovendo io mettere nelle mie indagini una certa riservatezza, potrà forse riuscire più agevole a V.E. di avere da Londra tali informazioni.

Circa gli effetti politici della visita poco assai trovo da aggiungere a ciò che già scrissi. Npn bisogna esagerarsene l 'importanza; ma non gioverebbe negar! e ogni valore. E per se stesso un fatto di alto significato politico che i rapporti fra

476 l Cfr. n. 449. 2 Non si pubblica.

la Francia e l 'Inghilterra siano stati giudicati dalle due parti tali da permettere una serie di pubbliche manifestazioni che si sono compiute con perfetta convenienza. L'attenzione dei due Paesi ha avuto l'occasione di concentrarsi una volta dippiù sovra ciò che il mutuo loro indubitabile interesse richiede. La vastità dei rapporti . commerciali esistenti fra i due Paesi (2 miliardi e l/4 in commercio generale) era certamente nota a Parigi come a Londra anche senza che avvenisse questa manifestazione di ravvicinamento pvlitico. Ma la medesima fu l'occasione di metter la in grande evidenza. Se si tiene calcolo che nella enorme somma rappresentata dagli interessi commerciali non figura il colossale capitale che rappresenta i comuni interessi finanziari ai quali partecipano i due Paesi, ben si può affermare che a fianco della base immensa che le condizioni economiche dei due popoli offrono al perfetto accordo nel mantenimento costante della pace, sono singolarmente rimpicciolite le proporzioni delle questioni politiche nello apprezzamento delle quali può esistere una divergenza di vedute e di interessi fra le due Nazioni. Di queste situazioni, nuove nella storia dei grandi Paesi, nelle quale la preponderanza degli interessi economici è innegabile, è impossibile non tener conto e ciò che in questi giorni si è veduto a Parigi contiene a tal riguardo un sicuro insegnamento. *3 Le diatribe politiche con le quali si vollero intimidire le masse popolari per impedire che re Edoardo fosse festeggiato, non impedirono la classe che rappresenta il commercio ricco di questa città di prendere le iniziative che altrove sono riservate ai poteri pubblici. Gli addobbi e le luminarie che nei quattro giorni della presenza del re Edoardo rallegrarono i quartieri centrali furono fatti a sottoscrizione pubblica e rappresentavano non soltanto un segno di rispetto per l'ospite augusto, ma anche un atto di amichevole deferenza verso la ricca clientela britannica frequentatrice di quelle vie.4

477

IL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, PESTALOZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 408175. Zanzibar, 5 maggio 1903 (per. il 5 giugno).

A tutt'oggi il piroscafo "Kilwa" non ha ancora fatto ritorno dal Benadir e in conseguenza manco di notizie. Intanto col "Safari", piroscafo germanico partito il 22 aprile, e con velieri partiti il 23, 28 e 30 aprile, ho comunicato al comm. Dulio tutte le notizie tele

4 Si pubblica qui il commento fatto da Pansa nel R. 82/307 del 9 luglio sulla visita a Londra del presidente della Repubblica francese Loubet dal 6 al 9 luglio: "Ma non è a porsi in dubbio la mutata disposizione di animo che ha reso possibili le visite del re d'Inghilterra a Parigi e del presidente Loubet a questa Corte, 5 anni dopo l'incidente di Fashoda. Per quanto concerne l'Inghilterra, ho avuto abbastanza spesso opportunità di segnalare come l'opinione pubblica fosse già da tempo preparata a codesto ravvicinamento. Il suo più o meno pronto effettuarsi dipendeva dalle disposizioni della Francia e qui si ritiene che anche la Nazione vicina si sia ormai resa conto dell'alta importanza degli interessi non solo economici ma morali che la rendono solidale della libera Inghilterra. Sarà ora interessante il seguito e lo sviluppo che potrà avere questo avvenimento nel campo delle relazioni politiche dei due Stati."

grafiche dell'agenzia Reuter, che man mano ci informarono, dapprima, dei successi della colonna Cobbe e Plunkett a Wolmal e delle difficoltà per l'avanzamento da Galadi del generale Manning a causa della mancanza d'acqua -e poi, pur troppo, del disastro della colonna Plunkett, (lO ufficiali uccisi, 180 soldati morti -2 maxim presi) e del ritiro della colonna Cobbe in Galadi, appoggiata dal Manning che gli era andato in soccorso.

Il telegramma del 27 annunziava pure che il colonnello Gough aveva avuto combattimento presso Donop, verso Bohodle, e dal dettaglio è da supporsi che anche lì vi fu sorpresa, a danno degli inglesi.

Altro telegramma, accennando alla spesa di 500 mila sterline già pagate o in bilancio per le operazioni nel Somaliland a tutto giugno, annunzia che l'inseguimento del Mullah dovrà essere provvisoriamente sospeso a causa delle piogge -e finalmente nel telegramma del l o maggio corrente Mr. Brodrick sotto l'apparenza di amichevoli parole ha l'aria di attribuire all'Italia di non aver preso in considerazione le difficoltà incontrate dagli inglesi in Mudug, coadjuvando ad appianarle.

Di tutto ciò ho informato il comm. Dulio, ma, non mi faccio illusioni e temo che i vantaggi ottenuti contro gli inglesi rendano i somali sempre più baldanzosi. Auguro che la colonna abissina sia più fortunata dell'inglese e riesca a sorprendere e catturare il Mullah, poiché diversamente il prestigio di quest'ultimo prenderà sempre più consistenza, in tutta la Somalia, e mentre gli inglesi, sotto pretesti diversi, si ritireranno per ora sulla loro linea di confine, fortificandovisi, resterà nell' anarchia tutto il nostro hinterland.

Il malumore che ha potuto creare in Lugh, e in Bardera specialmente, l'attitudine di quelle autorità per la repressione della tratta, fomenterà il fanatismo musulmano ancora latente e provocherà il richiamo dei mullisti verso quel confine, ove sanno che la loro presenza sarà causa di allarmi e di disturbi per gli inglesi.

Auguro sinceramente di essere pessimista, ma se lo scek Mohamed Abdullahi non è preso, tosto o tardi quello che prevedo succederà.

476 3 Il passo fra asterischi è ed. in E. DECLEVA, Da Adua a Sarajevo, Bari, Laterza, 1971, p. 252.

478

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 506/208. Londra, 6 maggio 1903 (per. l' 11).

S.M. il Re Edoardo ha fatto ieri ritorno in questa metropoli, dopo cinque settimane di assenza impiegate nelle sue visite a Lisbona, Roma e Parigi I.

Colla accoglienza anche più del consueto calorosa, fatta al sovrano dalla popolazione di Londra, questa si è resa interprete del compiacimento della intera

Nazione per il successo del viaggio reale felicemente compiuto e dell'intimo sentimento generale che esso non rimarrà senza frutto per le relazioni internazionali dell'Impero britannico.

Il cordiale ricevimento avuto da Sua Maestà dalla Corte, dal Governo e dalla popolazione italiana, è salutato con riconoscenza da tutta la stampa inglese: per l'Italia, come già per il Portogallo, essa vi scorge la naturale riaffermazione della tradizionale amicizia che non ha mai cessato di unire la Gran Bretagna ad ormai antichi alleati.

Un significato, se non inatteso certamente più nuovo, si attribuisce all'onorevole accoglienza fatta al re Edoardo dal Governo e dal popolo francese ed unanime è la soddisfazione per un avvenimento che promette di vieppiù consolidare le relazioni fra i due Paesi che nessuna grave questione ormai divide mentre la comunanza dei loro enormi interessi economici crea fra di essi una solidarietà quasi obbligatoria. Ho avuto più di una volta occasione di segnalare l'azione esercitata in questo senso dall'ambasciatore francese signor Cambon, del quale fu mira costante l'adoperarsi a quello scopo facendo speciale assegnamento sulla propaganda dei rappresentanti delle classi commerciali dei due Stati. A codesta influenza si debbono ascrivere, fra l'altro, gli indirizzi che anche nella attuale circostanza furono promossi da diverse Camere di Commercio e il rinnovarsi delle loro raccomandazioni a favore di un accordo generale di arbitraggio fra la Repubblica francese e la Gran Brettagna. I fautori della proposta temono di vederla piuttosto compromessa che non aiutata ddl'altro progetto ora rimesso innanzi in Francia per l'estensione dei poteri del tribunale dell'Aja, progetto che per la sua stessa ampiezza è necessariamente esposto a molte difficoltà, mentre un limitato accordo anglo-francese sarebbe, essi ritengono, di più agevole attuazione. Questo disegno è probabilmente da considerarsi come ancora prematuro, ma è evidente il favore col quale esso viene generalmente accolto.

Ho riferito a suo tempo la risposta incoraggiante data dal marchese di Lansdowne a un'istanza presentatagli l'anno scorso a tale effetto. In termini non meno benevoli lo stesso ministro ha ora accusato ricevuta di una lettera indirizzatagli a quello scopo dalla Camera di commercio di Manchester, dicendo che "egli non dimenticherà l'approvazione data da quella Camera al progetto in questione". Sta di fatto che da parte inglese gli spiriti sono aperti ad ogni più amichevole proposta e se i promotori dei progetti tendenti a darvi una forma concreta procedono con una certa cautela, questa è loro consigliata più che altro dall'intento di non precipitare anzi tempo le cose di fronte alle suscettibilità tuttora esistenti in una parte del pubblico francese; e si vuole eziandio evitare tutto ciò che potrebbe venire interpretato come un tentativo di alterare gli impegni politici della Repubblica verso la Russia.

Qualunque abbia ad essere la sorte di codesti progetti, è evidente la presenza di una nuova e potente corrente pacifica nelle disposizioni di questo Paese verso

di sincera simpatia facendo dimenticare così ogni più lieve nube che era nata nell'amicizia anglo-italiana anni fa, per alcuni malintesi, e ristabilire quella buona e sincera amicizia fra l 'Italia e l'Inghilterra che è nelle nostre tradizioni politiche sin dal 1860 ed anche prima".

l'antica rivale e vari indizi rivelano un accrescimento della popolarità del sovrano in seguito a questo viaggio, dovuto alla sua personale iniziativa e dal quale si sperano effetti favorevoli all'effettuazione di quei voti2.

478 1 Si pubblica qui un passo del R. confidenziale 168/87 di Sonnaz da Lisbona del 12 aprile sugli scopi delle visite del re Edoardo in Portogallo, Italia e Francia: "Recandosi in seguito in Italia a rendere visita a S. M. il Re Vittorio Emanuele III Nostro Augusto Sovrano, dargli una testimonianza

479

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 578/292. Vienna, 6 maggio 1903 (per. il 9).

Tutta la stampa di qui si è occupata della visita di S.M. l'Imperatore di Germania al nostro augusto sovrano commentandola favorevolmente e traendone un sicuro auspicio pel mantenimento della pace.

Il Fremdenblatt dichiara che le visite del re d'Inghilterra e dell'imperatore di Germania a Roma hanno prodotto dappertutto ottima impressione e che i brindisi scambiati in questa occasione fra i sovrani sono una manifestazione evidente in favore del mantenimento della pace.

La Neue Freie Presse dice che il brindisi portato dal nostro augusto sovrano a S. M. l'Imperatore di Germania è perfettamente conforme alle premesse storiche e politiche sulle quali è basata l'alleanza tra i due Paesi innestata su quella dell'Austria colla Germania.

Solo l'Extrablatt dopo aver constatato che dai brindisi pronunciati dai due sovrani si desume che le relazioni tra i due Paesi non furono mai migliori di adesso trova che in essi non fu mai pronunciata la parola «Triplice Alleanza» e che ciò potrebbe esser trovato strano dal terzo alleato, dali' Austria-Ungheria.

480

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 955/51. Pera, 7 maggio 1903, ore 7 (per. ore 20,05).

Capo di Gabinetto ministro degli affari esteri ha fatto oggi al primo interprete della r. ambasciata per incarico ministro assente comunicazione verbale seguente: "Governatore generale Salonicco fa osservare che nell'attuale circostanza, presenza navi da guerra straniere non può che maggiormente eccitare bulgari residenti in quella città. D'altra parte ambasciatore d'Austria ha dichiarato Sublime Porta che

358 stante ristabilimento ordine Salonicco e le misure prese, presenza navi da guerra austro-ungariche colà non essendo più necessaria, queste saranno, quanto prima, richiamate. Così stando le cose, Sublime Porta prega ambasciatore d'Italia fare d'urgenza presso il Governo opportune comunicazioni affinché anche le navi da guerra italiane ricevano istruzione lasciare Salonicco e sia così evitato ogni inconveniente"!. Mi riservo interpellare, appena possibile, Calice, circa le sue dichiarazioni2.

478 2 Cfr. quanto scriveva Martini sui dissensi italo-inglesi in una lettera al senatore Vigoni del 9 marzo (ACS, Carte Martini): "Mesi sono (questo certamente ella ricorda) rimproverandosi nel Parlamento inglese al Gabinetto Salisbury di avere in più occasioni ferite le suscettibilità italiane, il marchese di Lansdowne rispose che tra Londra e Roma non si ebbero se non due occasioni di dibattiti, due ragioni di dispiaceri: l'una relativa all'uso della lingua italiana in Malta, l'altro concernente i confini dell'Eritrea".

481

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 762. Roma, 8 maggio 1903, ore 15.

V.E. può verbalmente rispondere al ministro degli affari esteri l nei seguenti termini: "Il R. Governo non crede che la presenza delle sue navi a Salonicco con lo scopo, apertamente dichiarato, di proteggere i nostri connazionali, possa avere l'inconveniente temuto dalla Sublime Porta. Ad ogni modo, appunto perché tale è lo scopo esclusivo dell'invio di quelle navi, non avremo difficoltà a ritirarle non appena avremo sicura notizia che sia cessato ogni pericolo e Salonicco sia rientrata in condizioni normali". Prego V.E. di tenersi, su questo punto in comunicazione col r. console generale e di telegrafarmi non appena ella creda potersi procedere al richiamo delle nostre navi, riservandomi di considerare, di concerto col collega della Marina, se una di esse debba rimanere a Salonicco e quale destinazione debba assegnarsi alle altre in vista di possibili ulteriori eventualità.

482

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE RISERVATA. Roma, 9 maggio 1903.

La risposta che V.E. dàl alla postilla scritta sul dispaccio del ... corrente2 mi obbliga a fornirle qualche spiegazione, che la ponga in grado di apprezzare quanto io ebbi a scrivere.

2 Con T. 957/52 pari data, Malaspina comunicò: «Calice mi ha aggiunto che le ultime notizie da lui ricevute dal suo console a Salonicco sono rassicuranti e che quindi pensa che la partenza squadra non tarderà. Mi ha detto altresì che in questo caso una nave da guerra austro-ungarica rimarrà pel momento a Salonicco».

2 Il giorno manca. Si tratta del D. 20368/202 del 30 aprile. La postilla di mano di Baccelli era

L'attuale trattato fra l'Austria-Ungheria e l'Italia è senza dubbio più vantaggioso per la prima che per la seconda. La sostituzione quindi di un trattato nuovo, nel suo complesso anche più dell'attuale a nostro danno, non è possibile. Il nuovo trattato dovrà essere sulle stesse basi, salvo i compensi per le voci che si dovessero modificare, o non sarà, almeno secondo l'avviso mio. La ripugnanza del Governo austro-ungarico ad entrare in trattative è stata fino ad oggi manifesta; e frattanto il 31 dicembre, data che la denuncia ha reso fatale, si avvicina. L'Austria ha più volte significato, e indirettamente per mezzo di qualche giornale che ha rapporti noti con essa e direttamente pel suo ambasciatore, che volentieri acconsentirebbe a tirare innanzi col trattato presente, salvo a modificare la clausola dei vini. Ciò a noi non conviene perché peggiora il trattato attuale, togliendoci parte degli utili della clausola senza altri compensi: quindi abbiamo detto sempre di no. Ora viene innanzi l'idea del modus vivendi, alla fine dell'anno, se non si fosse peranco riusciti a mettersi d'accordo. Ma su quali basi il modus vivendi? Me lo lasciò intendere il barone Pasetti quando mi disse che il modus vivendi non impegnava pel nuovo trattato, che se anche la posizione nostra nel modus vivendi, per le necessità del momento e via dicendo, avesse dovuto essere peggiore, la si sarebbe potuta poi rendere migliore nel trattato etc. Migliore nel trattato! Non occorre essere consumati nella diplomazia per intendere che una volta perduta una posizione non si riacquista. Perciò io dissi chiaramente e ripetutamente al barone Pasetti che noi non ci saremmo mai e poi mai lasciati indurre a cedere nel modus vivendi su ciò su cui non intendevamo cedere nel trattato, che quindi le stesse difficoltà esistevano così per l'uno come per l 'altro e non sarebbe stato prudente far assegnamento, all'ultima ora, sopra facilità e correntezze che invece non si sarebbero trovate.

Dopo ciò, V.E. troverà che non era del tutto inutile l'avvertenza che io stesso ebbi a scrivere in calce al citato dispaccio.

Profondamente convinto che nella Triplice Alleanza stia la miglior tutela dei nostri interessi, profondamente convinto che noi dobbiamo fare ogni sforzo per rendere quanto più si può intime e cordiali le nostre relazioni coli' Austria, non posso però non vedere il danno che la mia patria soffrirebbe, economicamente, da un regime meno dell'attuale favorevole al suo commercio coll'Austria e per quanto è da me fo del mio meglio perché il danno sia evitato.

Nell'incidente di San Gerolamo, in tutto il corso della politica balcanica, nelle varie dichiarazioni che ho dovuto fare alla Camera, V.E. sia certa che il mio pensiero e le mie parole furono sempre per mantenere con l'Austria le relazioni migliori. Lo stesso barone Pasetti potrebbe farne a lei testimonianza e meglio di lui possono farla quei giornali che più d'una volta mi hanno chiamato i. e r. luo

la seguente. "È da sperare che, in armonia con le assicurazioni date, il Governo austro-ungarico possa essere in condizione di stringere il trattato prima del 31 dicembre. Ma se così non fosse, il modus vivendi, cui accennava il conte Goluchowski, pur non dovendo durare che transitoriamente, non potrebbe mai essere concluso che sulle basi eque sulle quali può concludersi il trattato. È da escludere che l'Italia, sotto la pressione della scadenza imminente, possa indursi ad ammettere in un regime transitorio ciò che non ammetterebbe in un trattato. Di ciò sarà utile che, a suo tempo e nel modo che a V.E. parrà migliore, codesto Governo sia informato, perché non abbia a trovarsi di fronte a difficoltà che non si attendeva".

gotenente austriaco. Non me ne importa nulla delle contumelie giornalistiche, perché ho la coscienza di aver servito agli interessi del mio Paese; ma non vorrei che V.E. mi credesse diverso da quel che sono e mi confondesse con quei pazzi che vorrebbero una politica fredda e diffidente verso l'Austria, mentre io di una simile politica sono stato e sono aperto e risoluto nemico. Non vorrei, poiché io tengo alta stima di V.E. e comprendo che se ella mi ha in conto di anti-austriaco in questo momento mi ha in conto di uomo che non vede e non intende quale è il vero interesse dell'Italia.

Mi scusi la lunga cicalata ... 3

480 l Per la risposta di Morin cfr. n. 481.

481 l Risponde al n. 480.

482 l R. 563/281 del 3 maggio del quale si pubblica il passo seguente: «Posso assicurare V.E. che per quanto mi consta, il Governo austro-ungarico non fu mai e non è autorizzato a credere che il Governo italiano, in qualsiasi circostanza, transitoriamente o definitivamente, possa accettare tale o tal altra stipulazione, tale o tal altro temperamento».

483

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

MEMORANDUM CONFIDENZIALE. Roma, 9 maggio 1903.

The French Government are pressing the Emperor Menelek to agree to a convention in regard to the Gibuti Harrar railway.

His Majesty's Government would be glad to be favoured with information as to the reports which the Italian Government may have received from Adis Abeba as to the position of the question and the disposition of the Emperor Menelek and what attitude the Italian Government are disposed to observe in regard to the matter.

It is evident that the possession of rights over the portion of the railway lying within Abyssinian territory would give the French Government a predominant influence detrimental to British and Italian interests.

484

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 797/287. Berlino, 9 maggio 1903 (per. il 12).

In seguito al telegramma spedito da Roma all'agenzia Ha vas e riprodotto nei giornali francesi, relativo alla penosa impressione che la forma della visita impe

riale al sommo pontefice avrebbe prodotto nei circoli ufficiali d'Italia, la Norddeutsche Allgemeine Zeitung ha pubblicato ieri sera il comunicato, di cui ho l'onore d'inviare, qui entro, una traduzione alla E.V.

ALLEGATO

Alcuni circoli politici esteri non hanno nemmeno potuto aspettare che S.M. l'Imperatore lasciasse di nuovo il suolo italiano, senza uscire un'altra volta in campo con i loro soliti pettegolezzi fra Germania e Italia. Oltre ad un telegramma di un giornale parigino, l'agenzia Havas dirama dispacci datati da Roma, i quali pretendono di assicurare che la forma in cui è seguita la visita imperiale al papa abbia destato nei circoli ufficiali italiani una impressione penosa, che tende a divenire sempre più acuta. In conseguenza di che, l'effetto politico del viaggio imperiale sarebbe completamente nullo, per ciò che si riferisce al Governo italiano.

Se la divulgazione di simili telegrammi tendenziosi abbia luogo nell'intento d'indurre in errore l'opinione pubblica francese, la cosa può passare inosservata. Se poi ciò fosse collegato con l'intenzione di sollevare in Italia del malumore contro la Germania, allora il tentativo andrebbe completamente fallito.

Infatti le forme esterne della visita di S.M. l'Imperatore al papa, non potevano suscitare a Roma che un'impressione affatto contraria, a quella descritta dall'agenzia Havas, giacchè, grazie alle forme solenni osservate per la visita al Vaticano, si è venuto a mostrare al cospetto di tutto il mondo quanto poco sia limitato nel pontefice il godimento dei diritti sovrani che gli spettano.

Le divulgazioni francesi assumono dunque, per effetto delle circostanze, un'impronta speciale, quella cioè di essere propalate dall'agenzia Havas, la quale-com'è noto -tiene nella pubblicità francese un posto affatto speciale.

482 3 Cfr. quanto aveva comunicato Baccelli a Nigra con D. riservato 17686/170 del 14 aprile: "La prego, ... di continuare ad insistere nella nostra proposta, valendosi di ogni propizia occasione. S'intende, però, che le insistenze non debbono costì indurre la persuasione che da noi si abbia a temere, più che da loro, una interruzione di trattato, essendo, invece, assai più vero l'opposto, come può conoscersi esaminando l'attuale bilancia commerciale dei due Paesi".

485

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 21936/214. Roma, l0 maggio 1903.

Segno ricevuta a V.E. e la ringrazio del suo rapporto n. 266, in data del 23 aprile u.s.I, intorno agli affari di Creta.

Approvo la comunicazione da lei fatta al conte Goluchowski, essendo nostro intendimento di tenerci, anche per gli affari di Creta, in comunicazione col Gabinetto austro-ungarico. L'avvertenza del conte Goluchowski circa il non disinteres

se dell'Austria-Ungheria è esatta, e ci fu fatta qui anche dal barone Pasetti. La sola differenza di situazione, in confronto delle quattro Potenze così dette protettrici (locuzione entrata nell'uso, ma non avente un significato giuridico), consiste in ciò che l'Austria-Ungheria non ha partecipato né partecipa ai successivi atti delle quattro Potenze, le quali accettarono, come in deposito, l'isola, affidarono al principe Giorgio il mandato di governatore in qualità di alto commissario e vi tengono guarnigione. Il che non impedisce che quanto possa accadere nell'isola sia di interesse europeo, e segnatamente abbiano eguale diritto di interloquire tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino quante volte gli avvenimenti di Creta tocchino il principio della integrità dell'Impero ottomano.

485 l Cfr. n. 451.

486

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. CONFIDENZIALE 21937/215. Roma, l0 maggio 1903.

Ringrazio in particolar modo l'E.V. per ciò che nel suo rapporto n. 283, in data del 2 maggio corrente l, ella mi ha riferito circa le previsioni e gli intendimenti di codesto Governo nella fase attuale della questione balcanica.

Prendo nota delle importanti dichiarazioni a lei fatte dal conte Goluchowski; non abbiamo, da parte nostra, osservazioni da fare rispetto alle medesime, essendo esse in piena consonanza coi trattati che formano parte del diritto pubblico europeo e coi nostri accordi speciali.

V.E. nota che, pur desiderando uno scambio di idee con codesto Gabinetto, noi non abbiamo finora manifestato le nostre idee circa la presente situazione e le eventualità che potrebbero ulteriormente affacciarsi; il che è vero, non essendoci sembrato, come non sembra al conte Goluchowski, ancora venuto il momento di procedere a nuovi accordi in vista di uno stato di cose che fosse notevolmente mutato in confronto di quello in cui gli attuali accordi furono stretti tra i due Governi. Però lo scambio di idee da noi desiderato, come mi sono studiato di chiaramente esprimere nel telegramma del 6 aprile2, non avrebbe dovuto avere per tema le ulteriori e forse remote eventualità a cui V.E. accenna; esso avrebbe dovuto avere per oggetto un tema più modesto, la ricerca cioè dei provvedimenti atti a meglio assicurare, in Albania, la preservazione di quel programma di statu quo per cui i due Gabinetti sono concordi. Ed a tale riguardo abbiamo anche enunciate in forma generica le nostre idee: che, cioè, i rispettivi agenti dovrebbero avere

486 l Cfr. n. 471. 2 Cfr. n. 429.

per istruzione di tenersi in reciproco cordiale contatto, sia per un migliore servizio di informazioni a vantaggio dei due Governi, sia per una più efficace azione presso le autorità locali nell'interesse delle popolazioni. Il conte Goluchowski non ha stimato necessario, almeno per ora, di dare seguito a questa nostra iniziativa, e noi, da parte nostra, non desideriamo insistere oltre, bastandoci di avere messo al coperto la nostra responsabilità per il caso in cui da una insufficienza di concordi istruzioni derivasse incertezza o minore efficacia nell'opera dei nostri rispettivi agenti in Albania3.

487

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 780. Roma, 12 maggio 1903, ore 14,45.

In seguito a rapporti dei rispettivi consoli in Salonicco il r. ambasciatore in Costantinopoli ed il suo collega austro-ungarico sono concordi nel ritenere potersi ritirare da Salonicco le navi colà inviate, !asciandovene una sola l. Il barone Calice deve avere costì telegrafato analogamente. Essendo desiderabile che il ritiro sia simultaneo prego V.E. di chiedere al conte Goluchowski se ed in quale giorno avverrebbe il ritiro delle navi austro-ungariche acciocché io possa, di concerto col collega della marina, provvedere analogamente. Nostra intenzione sarebbe di lasciare a Salonicco oltre una grossa nave, anche una contro-torpediniera per le eventuali comunicazioni2.

488

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1003. Vienna, 12 maggio 1903, ore 18,50 (per. ore 22).

Oggi fu spedito alla squadra austro-ungarica ordine di abbandonare Salonicco, !asciandovi un solo bastimento.!

486 3 Sull'originale pervenuto a Vienna Nigra ha annotato: «Scritto con lettera particolare del 2 giugno 1903». Cfr. n. 530. 487 1 T. 99/57 dell'Il maggio di Malaspina, non pubblicato. 2 Per la risposta di Nigra cfr. n. 488. 488 1 Analogo ordine venne impartito alla divisione navale italiana (T. 785 del 13 maggio alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna, non pubblicato).

489

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DELLA CASA IMPERIALE E REALE E DEGLI ESTERI AUSTRO-UNGARICO, GOLUCHOWSKI

L. PERSONALE. Vienna, 12 maggio 1903.

J'espère que vous profiterez de votre séjour à Pest pour persuader les ministres hongrois de la nécessité d'initier au plus tòt les pourparlers commerciaux avec l'Italie, mème en voie officieuse. Le temps qui nous reste n'est pas de trop, et il ne faut plus en perdre. Les négociations, mème pour un arrangement transitoire, ne seront pas sans difficultés. Il ne faut pas que !es ministres hongrois, pas plus que les autrichiens du reste, puissent penser que l'Italie, sous l'étreinte de l'échéance prochaine, s'accommoderait de tout ce qu'on lui proposera. Ce serait là une grande illusion.

Je sais que je prèche à un converti. Aussi je ne vous en écris pas plus long et vous souhaite de ne pas vous laisser trop fatiguer par les fètes de Pest.

490

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE l007/71. Berlino, 13 maggio 1903, ore 11,53 (per. ore 12,55).

Questo ambasciatore di Turchia attirava ieri attenzione sotto-segretario di Stato per gli affari esteri sull'esistenza a Milano di un comitato pro-Armenia e Macedonia, il quale ha per scopo incoraggiare, aiutare popolazione ribellarsi. Ambasciatore di Turchia lasciava intravedere desiderio che Governo imperiale interponesse suoi buoni uffici presso quello del re a fine di ottenere accurata sorveglianza comitato.

Miihlberg naturalmente replicò essere questo un affare esclusivamente riguardante Governo italiano, nel quale questo Governo non intendeva mischiarsi in alcun modo. Miihlberg mi prevenne di tutto ciò a titolo esclusivo di informazione amichevole in via privata e confidenziale.

491

IL VICE PRESIDENTE DELL'ASSOCIAZIONE PER SOCCORRERE I MISSIONARI ITALIANI ALL'ESTERO, BASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

L. 2862. Firenze, 19 maggio 1903 (per. il 21).

Il rapporto del r. ministro conte Gallina 1 , che qui accluso mi fo pregio restituire, e più ancora la risposta fattaci da monsignor Fiorentini per mezzo del padre

Geroni e della quale VE. si è compiaciuta telegrafare il testo al professar Schiaparelli, non lasciano dubbio che monsignor Fiorentini, o abbia formalmente presentata la domanda a cui allude la nota del ministro di Francia a Pechino, o almeno voglia farci credere di essere disposto a farlo per intimidire questa associazione e costringerla a riconoscere come spettante al solo Shansi settentrionale l'intera indennità intestata all'associazione stessa.

Sia nell'un caso come nell'altro, la condotta di monsignor Fiorentini sarebbe grandemente deplorevole e frattanto, come accenna VE. nella riverita sua del 13 aprile p.p.2 questa associazione soprassiederà dal rimettere a monsignor Fiorentini ulteriori erogazioni fino a che la situazione sia bene chiarita.

A questo scopo, come bene è noto a VE. si adopera il padre Gaudenzio Piccoli, procuratore delle missioni ad Hankow; né questa presidenza saprebbe trovare in Cina persona che con più intelligenza e con più efficacia di lui possa agire nel senso desiderato. Pregai inoltre il segretario generale professar Schiaparelli a recarsi prossimamente in Cina; e da parte di questa presidenza lo si munirà delle più larghe facoltà per addivenire prontamente a quelle risoluzioni che sono desiderabili.

Come è noto a codesto r. ministero, dal momento che la nostra associazione si trovò interessata nella liquidazione delle indennità cinesi, non ha mai cessato dali 'adoperarsi con tutto lo zelo che le è stato possibile per corrispondere da parte sua ai gravi doveri che era venuta ad assumere; e certo se l'operato nostro fosse bene conosciuto dal r. ministro conte Gallina, egli non avrebbe insistito nel suo rapporto nell'attribuire all'inerzia di questa associazione la responsabilità di una situazione che deriva in parte da circostanze da noi indipendenti, e in parte da errori non nostri e sui quali non insisto, perché ben noti a questo r. ministero.

D'altra parte, l'impossibilità in cui questa associazione si è fino ad ora trovata di avere o tutto o parte del suo credito verso la Cina, mentre le missioni ed i privati di altre nazionalità già ne sono entrati o stanno per entrarne in possesso, non ha potuto non intralciare le trattative di questa presidenza col vicariato dello Shansi, il quale attribuiva a poco buon volere di questa associazione un ritardo di cui non abbiamo alcuna responsabilità.

Che se, come vivamente confido, avranno almeno la desiderata soluzione le pratiche fatte da codesto r. ministero e dal Ministero del tesoro per ottenere a questa associazione una anticipazione di due milioni di lire dalla Banca d'Italia, questa presidenza si troverà in grado di proseguire le avviate pratiche colla necessaria serietà ed efficacia.

Frattanto mi fo pregio di assicurare VE. che questa associazione, come ha fatto sempre per il passato, così anche per l'avvenire, farà quanto più le sarà possibile per corrispondere alla fiducia dimostrata dal R. Governo ed ai complessi doveri che per essa derivano)

491 l Cfr. n. 378.

491 2 Cfr. n. 440. 3 Alla lettera è allegato il seguente appunto di Malvano: "Comunicare la parte essenziale al r. ministro a Pechino per sua informazione e norma. Si astenga intanto da ogni azione verso monsignor

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IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 411/181. Belgrado, 20 maggio 1903 (per. il 25).

Nel pomeriggio di ieri, mentre mi trovavo al Ministero degli affari esteri, ove eromi recato per parlare al segretario generale di alcuni affari d'ufficio, il signor ministro ad interim, venuto a salutarmi, mi condusse nel proprio Gabinetto manifestandomi il desiderio di meco intrattenersi.

Debbo premettere, che, dacché il signor Denitch ha l'interim degli esteri, solo una volta ebbi l'occasione di discorrere con lui in uno dei soliti ricevimenti ebdomadari, ma che da molti mesi ero con lui in relazione, avendolo conosciuto prima che esso entrasse a far parte del Governo.

Egli mi disse che era suo desiderio rimanere al Ministero del lavori pubblici, posto per il quale ritenevasi più adatto, attesa sua qualità di antico ufficiale del genio, che però, per volere del re, molto probabilmente avrebbe dovuto accettare definitivamente il portafoglio degli esteri, benché, per coprire tale carica, non avesse altro titolo che quello di conoscere la questione macedone per esser stato console in Salonicco.

Entrò quindi a parlare dell'attuale situazione nei Balcani per quel che concerne la Serbia.

Toccando innanzitutto l'argomento dei preparativi militari austro-ungarici, di cui, in questi giorni tanto si occupa la stampa locale, mi disse il suo Governo, anche senza essere in possesso di dati molto chiari e precisi, sa perfettamente che il vicino Impero tutto ha già disposto per poter concentrare, in tempo brevissimo, sulla frontiera del Sangiaccato di Novi Bazar, e far poi avanzare rapidamente, quando ne fosse il caso, una massa di forze assai considerevole.

Discorrendo in seguito delle truppe turche presentemente agglomerate nella Vecchia Serbia, si mostrò al riguardo ampiamente informato e mi fece vedere un recente lungo e particolareggiato rapporto del console serbo in Uskub, secondo cui appare che il numero di soldati ottomani ivi riuniti ascenderebbe a circa settantamila. Una sì ingente concentrazione, osserva il signor Denitch, sicuramente non potrebbe avere soltanto l 'unico scopo di tenere a segno gli ar-

Fiorentini lasciando che abbiano effetto le pratiche della associazione. Notare, intanto, che se veramente, come purtroppo risulterebbe oramai, monsignor Fiorentini si è rivolto alla legazione di Francia, noi non abbiamo, in base ali' accordo del 1900, base o titolo per reclamare verso il Governo francese, bensì veda il r. ministro di adoperarsi opportunamente presso il Governo cinese acciocché la questione rimanga impregiudicata. Rispondere, ringraziando e confidando che le pratiche della associazione valgano a modificare l'atteggiamento della missione. La trattativa per il prestito era rimasta intanto sospesa. Gioverebbe che l'associazione ci faccia ora conoscere in termini precisi il suo pensiero, acciocché la questione possa essere ripresa in esame, ed eventualmente si possa procedere". Non si pubblica il D. 24531/1043 del 25 maggio inviato all'associazione sulla base della seconda parte di questo appunto.

nauti; la Porta comincerebbe a mostrarsi seriamente impensierita delle intenzioni finali dei due Imperi, né si sentirebbe senza timori dal Iato serbo, nella previswne che, in caso di una guerra della Turchia colla Bulgaria, la Serbia si trovasse dalle circostanze forzata ad inoltrarsi nella Vecchia Serbia.

«Ad ogni modo, soggiunse il signor Denitch, il momento per noi è molto grave. Da Vienna e da Pietroburgo si ebbero le più rassicuranti dichiarazioni. Quando noi pensavamo a prendere qualche provvedimento militare per metterei in misura di far fronte ad eventuali complicazioni, ci fu rivolto severo monito di rimanere tranquilli, di non armarci e di non agitarci, per evitare tutto ciò che in qualsiasi modo avesse potuto, direttamente od indirettamente, intralciare, o disturbare, lo svolgimento dell'azione austro-russa; ma in pari tempo ci fu data l'assicurazione, che, mantenendo noi un'attitudine tranquillamente passiva, non avevamo a temere, dacché Austria-Ungheria e Russia intendevano, e ben potevano, garantirci la conservazione dello status quo. Se non che l 'ulteriore succedersi degli avvenimenti non può non destare in noi acute preoccupazioni. In Sofia e in Belgrado cominciasi a sussurrare, e con insistenza, che l'accordo austro-russo possa davvero racchiudere in fondo una qualche brutta sorpresa tanto per la Bulgaria quanto per la Serbia. Parlasi di una specie di spartizione che già sarebbe stata convenuta, od in massima combinata, fra i due Imperi, venendo riservata all'espansione dell'uno una zona all'oriente ed all'espansione dell'altro una zona all'occidente. Noi ciò non vogliamo credere; noi amiamo aver fede nella sincerità e lealtà dei due Governi imperiali. Questa fede però non toglie che s'imponga imperiosamente alla nostra considerazione l'ipotesi, che lo statu quo, malgrado tutti gli sforzi che si stanno facendo per conservarlo, venisse ad infrangersi, e che allora i due Imperi, o di comune accordo od isolatamente, facessero poi ciò che fosse loro suggerito dai rispettivi interessi, interessi che, come ogni giorno con maggiore evidenza appare, non agevolmente potrebbero armonizzarsi con quelli delle nazionalità balcaniche. La Serbia, conscia della relativa esiguità delle proprie forze, non si fa certo I 'illusione che possa, da sola, efficacemente opporsi colle armi ad un'ulteriore avanzata degli austriaci nei territori compresi entro la sfera della nazionalità serba. Tuttavia il popolo serbo, di fronte ad una questione per lui vitale, difficilmente potrebbe rassegnarsi ad una pusillanime inerzia. E qualora la soluzione dei conflitti balcanici dovesse essere abbandonata alla sorte delle armi, avrebbesi pure da tener conto del contingente non trascurabile, che verrebbe presumibilmente offerto dai moti insurrezionali di tutti gli elementi serbi, non esclusi quelli della Bosnia e dell'Erzegovina, i quali, ad onta dei benefici materiali loro arrecati dall'opera civilizzatrice dell'amministrazione austriaca, egualmente sarebbero sempre rimasti fedeli agli ideali nazionali. La Serbia, costretta a mirare con diffidente pessimismo l'attuale svolgimento della politica austro-russa, rivolge sue migliori speranze verso le altre Grandi Potenze, i cui interessi sembrerebbero meglio accordarsi con quelli dei popoli balcanici. Solo forse non potrebbe sperare, che le si rendesse favorevole l'atteggiamento della Germania, la quale, come vide il proprio interesse nello spingere l'Austria verso oriente, così difficilmente potrebbe trovare il proprio tornaconto nel cooperare per arrestarla su tal cammino». Benché trattisi semplicemente di parole statemi dette in conversazione privata e con un carattere, più che altro, accademico, qualunque ne sia il merito intrinseco che io del resto non mi troverei in grado di valutare -stimo non potermi dispensare dall'informame, ad ogni buon fine, l'E.V.

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IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1065/33641. Roma, 21 maggio 1903, ore 11,35.

Comunico V.E. seguente telegramma di ieri del prefetto di Parma 18834: «Ieri studenti università presentarono commissariato P.S. manifesto invitante compagni a riunirsi per protestare a favore studenti italiani ad Innsbruck. Manifesto, presentando forma sconveniente, ne proibii affissione. Stasera ore 20 un centinaio di studenti riunitosi atrio università per la manifestazione di protesta, e dopo aver formulato telegramma compagni Innsbruck concepito così: «studenti ateneo parmense riuniti comizio sono con voi protestando violenze studenti tedeschi, vi abbracciano nell'uscire dall'università». Aumentati di un altro centinaio, hanno percorso in corteo strada Cavour fino ufficio telegrafi, cantando inni Garibaldi, Mameli e goliardico, e gridando: «Viva Trento Trieste, viva l'Italia», e qualche «Abbasso Austria». Intervennero funzionari ed agenti P.S. e rr. carabinieri e con l'aiuto anche rettore università ottennero che corteo si disciogliesse. Ho disposto che si accertino contravventori autori grida sediziose per deferire gli stessi eventualmente autorità giudiziaria. Dimostrazione durata in tutto 20 minuti».

494

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1701/658. Parigi, 22 maggio 1903 (per. il 27).

Riferendomi ai miei rapporti 8 marzo e 21 aprile (n. 818/319 e 1376/535)1, relativi entrambi alla eventualità della venuta in Francia di S. M. il Re Nostro

494 t Cfr. nn. 396 e 450.

nell'occasione, probabilmente ormai prossima, del suo viaggio a Londra, occorre che io informi V.E. che la manifestazione del sentimento pubblico francese, in quanto può risultare dal linguaggio della stampa e da conversazioni d'indole strettamente privata, si andò, anche durante quest'ultimo mese, affermando nel senso da me riferito nel secondo di quei rapporti.

In alcune gazzette invero di non molta autorità, si sono recentemente precisati i particolari del viaggio e del soggiorno a Parigi del nostro augusto sovrano. Altri diari hanno compiacentemente accettata e ripetuta una nota così concepita: «Nous apprenons de source absolument autorisée que les négociations relatives au voyage du roi d'Italie en France se poursuivent directement entre M. Barrère, ambassadeur de France auprès du Quirinal et M. Morin ministre des affaires étrangères d'Italie. L'ambassade d'Italie à Paris n'a reçu encore aucune communication officielle à ce sujet».

Malgrado l'intonazione officiosa che questa nota pretenderebbe di avere, suppongo che, come tutto ciò che fin qui fu detto su questo proposito, abbia origine soltanto nella fantasia di colui che per il primo l'ha pubblicata.

Sarebbe però nell'ordine naturale delle cose che, trattandosi di un'intesa da prendersi nella quale la Francia sarebbe chiamata ad assumere un impegno preciso, questo venisse a risultare da una dichiarazione esplicita e formale dell'ambasciatore francese accreditato a Roma, perché, nella incertezza inerente sempre alla durata dei Ministeri, le dichiarazioni, sovra tutto se verbali, che si raccogliessero qui, avrebbero minor peso di quelle ben assodate che pervenissero al R. Governo per il tramite di S.E. Barrère2.

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IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 852/84. Innsbruck, 22 maggio 1903 (per. il 24).

Malgrado il medico mi consigliasse di fermarmi ancora qualche giorno a Torino; pure, in vista delle notizie riportate dai giornali italiani, sono partito non appena eseguita l'operazione chirurgica a mio figlio e giunsi oggi, 22 corrente mese, ad Innsbruck.

Se contrariamente a quanto venne esposto dai giornali del Regno non vi è nessuna eccitazione contro gli operai regnicoli, è però vero invece che dalla stampa locale vengono in modo assai severo giudicate e riprovate le continue svariate e ingiustificate dimostrazioni, anche di scuole primarie e secondarie del Regno, le quali danno un carattere reciso e spiccato di irredentismo ad una questione che dovrebbe invece restare estranea affatto alle agitazioni e discussioni politiche degli studenti del Regno, trattandosi in realtà di cosa di ordine puramente interno e di interessi affatto locali.

Continuando tali dimostrazioni è evidente che verrà pregiudicata la questione a danno dei trentini non solamente; ma che anche i giornalieri regnicoli finiranno per soffrirne e ad essere meno accetti nei lavori nei quali sono ora impiegati, perché cominciano pur troppo a prendere la cattiva abitudine di associarsi a dimostrazioni locali, senza tener conto dei doveri che loro sarebbero invece imposti dalla qualità di stranieri, anche se, come nel caso presente, tratt1s1 di questione che nulla [ha] a che fare cogli operai, e sopra tutto cogli operai regni coli.

Circa i fatti narrati dai giornali del Regno, in modo assai esagerato, posso fornire le seguenti informazioni. Gli operai Camerlengo Aurelio, da Verona, e Santarossa Antonio, da Pordenone, feriti a Wilten, sono completamente guariti; le ferite erano del resto affatto insignificanti, e, come risultò dalle informazioni assunte dal signor cavalier dottor Gottardi, essi erano ubriachi quando avvenne il fatto e non escludono di aver fatto, essi, per i primi, un gesto di minaccia impugnando una sedia; gesto che dai tedeschi, superiori in numero, può fors'anche essere stato interpretato troppo estensivamente, tanto più che eravi anche, a quanto pare, complicata una certa irritazione provocata da gelosia per una cameriera che serviva nel locale dell'osteria.

Circa il fatto dell'italiano, allontanato da una fabbrica presso l'hotel Tyrol (riportato dali' Alto Adige e dal Popolo) esso si riduce a ciò che un operaio italiano, alquanto avvinazzato, si presentò per chiedere lavoro e gli venne risposto che si attendevano altri operai, già precedentemente impegnati, e che quindi non si poteva impiegarlo; egli allora insistendo rimase a parlare cogli operai che lavoravano; invitato a desistere ed andarsene, si rifiutò, ed allora venne spinto fuori dal cantiere con un urto nelle spalle. Eccitato da alcuni studenti detto operaio si presentò a reclamare in consolato, e dietro consiglio avuto stese un'istanza alla polizia la quale lo fece sottoporre ad una visita medica che dimostrò affatto insussistente l'allegazione avanzata di ferite e contusioni.

Infine per quanto concerne l'arresto del Bardi, devo osservare che trattasi di persona appartenente al partito socialista rivoluzionario, ed anzi segnalata da Trieste (alle autorità locali) come anarchico. Detto individuo, il quale è attualmente sprovvisto di lavoro, si occupa quasi esclusivamente di fare propaganda sovversiva e vive, come si dice e come è forse credibile, con fondi datigli dalla direzione del partito: esso era di già ricercato dalla polizia quale promotore principale dei disordini avvenuti al primo maggio, e come si fece trovare ancora in mezzo agli studenti e sulla porta della università a commettere atti di violenza, venne naturalmente tratto in arresto.

E' persona abbastanza intelligente, parla con qualche facilità e cerca di crearsi una popolarità ed è forse a tale scopo che provocò quasi si può dire il suo arresto: ad ogni modo venne ora lasciato libero.

La polizia locale, come mi risulterebbe, ne proponeva lo sfratto immediato; però la luogotenenza forse per non inacidire troppo la cosa in questo momento eccitando le ire dei socialisti trentini, pare non abbia confermato tale decisione: non è però da escludere il caso che un tale provvedimento sia da considerarsi come solamente differito e possa ancora venir preso in seguito in momento più tranquillo ed opportuno.

494 2 Il 16 maggio Morin aveva avuto un colloquio con Barrère nel quale aveva fatto pressioni per la restituzione a Roma da parte di Loubet della visita a Parigi del re. Cfr. L. ALBERTINI, Venti anni di vita politica, parte I, L'esperienza democratica italiana dal 1898 al 1914, vol. I, 1898-1908, Bologna, Zanichelli, 1950, p. 174.

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. RISERVATISSIMO 835. Roma, 23 maggio 1903, ore 15,55.

Le più recenti notizie recano bensì che le imponenti forze concentrate nei distretti albanesi dei vilayets macedoni procedono innanzi senza incontrare grande resistenza, ma non si ha indizio che quelle popolazioni si pieghino alle progettate riforme e queste rimangano intanto lettera morta nell'intera Macedonia, compromettendosi così l'opera di pace che le Potenze raccomandano alla Porta. In tale stato di cose si presenta spontaneo il problema se non sarebbe cauto partito separare nettamente la questione macedone dalla questione albanese, aggregando ali'Albania i distretti refrattari alle riforme; le quali, dovendosi applicare alla sola Macedonia propriamente detta, non avrebbero più da contrastare se la Porta è ferma e sincera nel suo proposito, con altre difficoltà all'infuori di quelle che possano essere suscitate dall'agitazione bulgara. Non intendo fare, almeno per ora, proposta alcuna, e neppure intendo mettere innanzi l'idea. Desidero solo che V.E. studii l'argomento e me ne riferisca, con rapporto riservato, sotto tutti gli aspetti suoi, chiarendo soprattutto, rispetto all'eventuale trapasso dei distretti albanesi dalla Macedonia all'Albania, i punti seguenti: l) se veramente, ed in quale misura il provvedimento gioverebbe alla causa dell'ordine e della pace; 2) se e quali difficoltà di ordine amministrativo sarebbero eventualmente da superarsi; 3) se siano da prevedersi gravi riluttanze da parte della Porta, per quali ragioni e con quanta probabilità di vincerle; 4) quale sarebbe, di fronte ad un simile progetto, il probabile atteggiamento delle Potenze, soprattutto della Russia e dell'Austria-Ungheria; 5) qualora questi varii punti fossero suscettibili di soluzione affermativa, o quanto meno constasse che dal tentativo non sarebbero da temersi inconvenienti per la situazione generale o per la situazione speciale dell'Italia, quale dovrebbe essere il procedimento pratico da seguirsi per porre il problema e promuoverne I'attuazione. Sono temi ardui e complessi; ma V.E. ha oramai così larga esperienza nella materia, che non le sarà malagevole di maturare e manifestarmi indi, intorno ai medesimi, considerazioni e previsioni sicure.!

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IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

MEMORANDUM CONFIDENZIALE. Roma, 23 maggio 1903.

Circa l'argomento oggetto del memorandum confidenziale del 9 corrente dell'ambasciatore d'Inghilterra in Romal, le più recenti notizie inviateci dal r. ministro in Addis Abeba recano:

l) che l'imperatore Menelik potrebbe essere indotto a ritirare al signor llg la primitiva concessione ad esso fatta il 9 marzo 1894 per il monopolio delle ferrovie etiopiche da Gibuti ad Harrar, da Harrar ad Entotto, e da Entotto al Caffa e al Nilo Bianco, per aver ceduta la detta concessione senza consenso e contrariamente ai patti convenuti, ad uno Stato estero: salvo a trattare direttamente col Governo francese per la ferrovia di Gibuti sulla base dell'esclusione di ogni privilegio o garanzia contemplati dalla concessione fatta al signor Ilg; 2) che l'imperatore Menelik, per indursi a sostenere questi due punti, sente di avere soprattutto bisogno dell'appoggio del Governo britannico che è il maggiormente interessato alla questione.

E' sempre stata opinione del R. Governo che si dovesse evitare il pericolo di mettere in mano di una sola Potenza gli sbocchi della Etiopia verso il mare, e si dovesse quindi mirare a questi scopi:

l) eliminare ogni clausola di monopolio nelle concessioni fatte e da farsi relative alle vie di comunicazione fra Addis Abeba e la costa; 2) lasciare libero il campo alla iniziativa e al capitale di tutti gli Stati per la costruzione di altre linee ferroviarie in Etiopia, compresa quella che congiungerà Harrar con Addis Abeba.

Muovendo da questo concetto, il R. Governo è disposto ad adoprarsi presso Menelik acciocché sia fatto buon viso al progetto inglese della costruzione di una linea ferroviaria che da Zeila o da Berbera giunga ad Harrar. Anzi, nella intera questione ferroviaria, di grande interesse per l'Inghilterra, il Governo del re è disposto ad impartire al maggiore Ciccodicola precise istruzioni perché si valga della sua influenza presso Menelik per far prevalere i concetti qui sopra espressi.

497 l Cfr. n. 483.

Però, nella presente circostanza, il R. Governo esprimerebbe al Governo britannico la sua fiducia che la progettata ferrovia sudanese dal Nilo verso il Mar Rosso non tagli fuori l'Eritrea ma, per Cassala, si riallacci alla nostra Colonia.

Il R. Governo, poi, rappresenterebbe la convenienza che, nel comune interesse in Etiopia avrebbero l 'Inghilterra e l 'Italia di addivenire ad intese concrete di ordine generale in cui per il presente e per l'avvenire siano reciprocamente salvaguardati gli interessi delle due Potenze amiche ed alleate, su basi da concordarsi avuto riguardo, da una parte, alla posizione dell'Italia in Eritrea e in Somalia e dall'altra alla posizione dell'Inghilterra nel Sudan, in Somalia e nell'East Africa Protectorate.2

496 l Cfr. n. 529.

498

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, SQUITTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

R. RISERVATO 1882. Trieste, 23 maggio 1903.

Allo scopo di protestare contro i recenti fatti di Innsbruck e di invocare la fondazione di una università italiana a Trieste si è tenuta in questa città una imponente riunione indetta dal circolo degli studenti, con l'intervento di ogni ceto di persone, del podestà e delle rappresentanze di varie associazioni e corporazioni cittadine.

Non potrei dare all'E.V. su di essa maggiori e più particolari ragguagli di quelli contenuti nel Piccolo di ieri di cui le trasmetto il foglio relativo.

Per fortuna l'ordine pubblico non è stato in alcun modo turbato, come si temeva per via della grande eccitazione degli animi, fomentata e resa più viva dalla presenza e dai calorosi discorsi dei giovani.

Ma prevalsero i consigli di prudenza e furono così evitati incidenti deplorevoli.

Simili proteste d'indignazione contro il contegno degli studenti tedeschi di lnnsbruck verso gli italiani e reclami per ottenere una università italiana a Trieste furono fatte negli scorsi giorni tanto in pubbliche sedute di consigli municipali nei principali centri dell 'Istria, quanto in appositi comizi.

Il consiglio municipale di Trieste fu il primo ad accogliere con voto quasi unanime la proposta dell'on. Venezian di formulare la stessa protesta e di riaffermare il diritto degli italiani soggetti ali'Austria di avere in questa città un loro istituto nazionale d'istruzione superiore.

497 2 Il contenuto di questo memorandum fu comunicato a Ciccodicola con T. 847 del 25 maggio con le seguenti raccomandazioni: "Comunico quanto precede in via confidenziale alla S.V. per norma di linguaggio con Harrington, il quale però deve ignorare l'azione che finora la S.V. ha spiegato e continuerà a spiegare presso Menelik secondo le precedenti istruzioni di questo ministero di modo che l'azione di lei lo riveli a suo tempo come conseguenza del recente scambio di comunicazioni col Governo britannico".

499

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1083/49. Parigi, 24 maggio 1903, ore 3,15.

Corrispondente Tribuna ha saputo dal direttore di una agenzia giornalistica che a questa fu comunicato dall'Eliseo che Sua Maestà farà visita al presidente della Repubblica nell'andata a Londra alla metà di luglio, festa nazionale commemorativa della presa della Bastiglia. Dalla stessa fonte è stato saputo che dopo lunga resistenza Loubet si è persuaso della necessità di restituire visita a Roma, non come atto obbligatorio, ma come dimostrazione di cortesia e che la restituzione avrebbe luogo principio dell'anno prossimo. Corrispondente della Tribuna prima di trasmettere quanto precede al suo giornale, interrogò questo ministro affari esteri, il quale rispose ignorare la cosa. Avendo corrispondente domandato se si dovesse smentire, gli fu risposto negativamente. Essendo al buio di tutto, prego

V.E. -informarmi per mia norma confermando intanto mio rapporto del 22 corrente n. -658 1 •
503

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO SEGRETO S.N. Roma, 24 maggio 1903, ore 14,20.

In vista del prossimo viaggio delle Loro Maestà a Londra, ho avuto, con ambasciatore Barrère, confidenziali ed officiosi colloquii, in seguito dei quali sono oggi in grado di impartire a V.E., rispetto alla visita di Sua Maestà al presidente Loubet ed alla restituzione della visita stessa, le seguenti confidenziali istruzioni.

V.E. vorrà adunque annunciare al signor Delcassé che S.M. il Re verrà a Parigi per far visita al presidente della Repubblica in giorni da meglio precisarsi della prima quindicina di luglio. Nel tempo stesso V.E. vorrà prendere atto, presso il signor Delcassé, della dichiarazione fattami dall'ambasciatore Barrère che il presidente restituirà, a sua volta, la visita ai nostri sovrani in Roma. V.E. potrà fare la duplice comunicazione in forma ufficiale, ma verbalmente, dovendosi la visita e la controvisita considerare come atti spontanei dall'una e dall'altra parte, esclusa naturalmente ogni idea di reciproca stipulazione. Quanto alla data precisa della venuta a Parigi mi riservo di telegrafarle tostochè si sarà fissata l'esatta epoca del viaggio di Londra. I

à prendre acte d'une si heureuse entente». Le ministre des affaires étrangères en ayant exprimé le désir, j'ai consenti à ajouter à ce qui précède les paroles suivantes: «Il demeure entendu que pour laisser aux deux visites leur caractère de spontanéité on n'annoncera pas la restitution de la visite à Rome avant que la visite à Paris n'ait eu liem>.

499 l Cfr. n. 494. Per la risposta di Morin cfr. n. 500.

500 l Per la risposta cfr. n. 502. Cfr. sull'argomento DDF, 2ème série, tome III, cit., nn. 245, 246, 251' 257, 258.

504

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1732/674. Parigi, 26 maggio 1903.

Nel colloquio che ebbi ieri con il signor Delcasséi emerse con la massima evidenza la vivissima preoccupazione di questo ministro degli affari esteri che abbia a rimanere ignorato, per il maggior tempo possibile, dal pubblico che la visita del nostro re a Parigi sarà restituita dal presidente della Repubblica in Roma. Per rendersi conto dei motivi di tale preoccupazione, basta avere presenti le grosse difficoltà nelle quali questo Governo si trova attualmente impegnato in conseguenza della sua politica ecclesiastica. I miei rapporti a V.E. sovra questo soggetto, hanno informato il R. Governo dello stato di effervescenza di una parte dell'opinione pubblica e le notizie stesse dei giornali circa ciò che avviene da qualche tempo in questo Paese sono sufficienti per comprendere che questo Governo possa avere interesse a lasciare la Curia pontificia, il più lungo tempo possibile, nella incertezza delle determinazioni del signor Loubet relative alla restituzione della visita in Roma. Finché tale incertezza sussiste si può infatti credere che la Curia stessa possa indursi ad esercitare in Francia un 'azione pacificatrice degli animi che valga a facilitare il transito del burrascoso periodo presente; più tardi questo interesse potrebbe cessare, o per lo meno diminuire.

Pur rendendoci conto di ciò che da un siffatto stato di cose risulta in modo manifesto e delle necessità che da esso sono imposte ai governanti di questo Paese, non possiamo, a parer mio, dal canto nostro, trascurare le necessità che a noi pure si impongono. Fin da quando il progetto di visita di Sua Maestà a Parigi fu ventilato per la prima volta, non cessai di far presente che le condizioni costituzionali della Francia non permetterebbero mai di avere la certezza del mantenimento degli impegni relativi alla contro-visita da farsi dal presidente della Repubblica, se questa non dovesse effettuarsi nel breve periodo delle vacanze parlamentari estive, quando cioè una crisi ministeriale non è prevedibile.

La visita di S.M. il Re, dovendo aver luogo nella prima metà di luglio, cioè al momento in cui la sessione del Parlamento finisce, a noi deve premere che la

restituzione della visita in Roma abbia luogo non dopo ottobre di questo stesso anno. In caso diverso ci esporremmo a procrastinazioni che riuscirebbero deplorevolmente nocive agli interessi nostri politici con la Francia.

Sarei pertanto del subordinato avviso che ora ci convenga di mantenere il segreto il più assoluto circa le concordate intelligenze relative alla controvisita; che anche più tardi non dovremmo dimostrarci impazienti di divulgare ciò che al Governo francese può interessare che non sia saputo; ma che ciò non ci deve impedire di insistere, al momento voluto, perché il presidente Loubet venga a Roma non dopo ottobre prossimo.

Stimo che il presidente, dopo le tergiversazioni che pare abbiano in lui durato fino a questi ultimi giorni, saprà mantenere i suoi impegni ora che sono da lui presi. Anche per la sua visita in Inghilterra, per la quale è stata fissata la seconda metà di luglio, subito dopo la festa nazionale del 14 di questo mese, qui si vuole conservare ancora il segreto. Questo non potrà ormai durare molto; ma il signor Delcassé mi raccomandò ieri vivissivamente di considerare ciò che in proposito mi diceva, come strettissimamente confidenziale.

Questo ministro degli affari esteri mi ripetè a più riprese che dai telegrammi del signor Barrère risultava che V.E. accompagnerebbe Sua Maestà. Si vedeva che egli avrebbe voluto che io gliene confermassi la notizia in forma ufficiale e che giustamente qui si annette molta importanza a questa circostanza del viaggio della Maestà Sua.

504 l Cfr. n. 502.

505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 863. Roma, 27 maggio 1903, ore 17,40.

Il marchese Malaspina telegrafa 1 avere avuto dal Governo ottomano la preghiera di rappresentare al Governo del re la convenienza di ritirare da Salonicco la nave che ancora vi staziona, allegando la ragione della tranquillità ormai assicurata in quella città e dell'eccitamento che la presenza di navi da guerra estere manterrebbe tra la popolazione bulgara. Il R. Governo non avrebbe difficoltà a compiacere il Governo ottomano in questa richiesta, non ritenendo più necessaria la presenza di una nave in quel porto, quantunque non divida le apprensioni del Governo turco circa l'eccitamento ad essa attribuito. Però desidererebbe conoscere, in proposito, le vedute del Governo i.e r., al quale simile comunicazione sarà stata certamente fatta.2

505 I T. 1099/61 del 26 maggio, non pubblicato. 2 Per la risposta cfr. n. 508.

506

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1105/54. Parigi, 27 maggio 1903, ore 19,05 (per. ore 21,55).

Agente diplomatico Bulgaria ha presentato da pochi giorni la domanda di essere appoggiato dalla Francia nelle trattative che intende aprire a Costantinopoli per stabilire un accordo relativo alla pacificazione della Macedonia. Delcassé non avendone ancora parlato in Consiglio dei ministri, non ha ancora risposto alla Bulgaria. Mi pare però inclinato ad assecondarla dicendosi egli pronto a appoggiare tutto ciò che può contribuire alla conciliazione; egli sembra convinto che, a determinare la Bulgaria a trattare a Costantinopoli, possa avere contribuito intimidazione risultante dalla concentrazione forze militari imponenti della Turchia in prossimità della frontiera bulgara.

507

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, SQUITTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

R. RISERVATO 1937. Trieste, 27 maggio 1903.

Dopo le dimostrazioni cui dette luogo nell'anno 1888 la rappresentazione dell'opera «Emani» non è stata più permessa nei teatri di Trieste, per timore dell'effetto morale che suole produrre su questo pubblico il coro del terzo atto, specialmente con le parole: «Siamo tutti una sola famiglia».

L'autorità di polizia ha creduto ora di togliere il divieto, e ieri sera, per la prima volta dopo quindici anni, l'opera venne eseguita al Politeama Rossetti, riboccante di spettatori.

Le dimostrazioni, come era facile prevedere, non mancarono; anzi sorpassarono forse l'attesa, trovandosi lo spirito pubblico in questo momento più del solito eccitato per la penosa impressione ricevuta dai fatti di Innsbruck, e dall'eco da essi sollevata.

Così, durante la rappresentazione, un pubblico numerosissimo, vibrante di patriottismo, prorompeva ad ogni istante in fragorosi applausi significativi, e con grida ed acclamazioni manifestava l'unanime suo sentimento. La provocazione di pochi dissidenti fece nascere qualche disordine, per cui lo spettacolo dovette essere sospeso, d'ordine dell'autorità.

Ulteriori rappresentazioni dell'opera sono state vietate. Qui unito ho l'onore di trasmettere all'E.V. l'esatto resoconto della serata, quale è stato pubblicato con molti particolari dal Piccolo di stamanel .

507 ' Non si pubblica.

508

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1111. Vienna, 28 maggio 1903, ore 16,25 (per. ore 17,30).

Ho informato conte Goluchowski di quanto V.E. mi telegrafava ieri'. Egli mi disse che il Governo ottomano gli fece fare per il richiamo delle navi da guerra da Salonicco le stesse osservazioni fatte al r. ambasciatore a Costantinopoli. Conte Goluchowski chiederà oggi a Calice il suo avviso, e se questi non è contrario, egli proporrà all'imperatore il richiamo delle navi da guerra austro-ungariche da quel porto tra sette od otto giorni.2

509

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 882. Roma, 29 maggio 1903, ore 12.

Ambasciatore Tornielli telegrafa: (trascrivere telegramma n. 541 fino alla parola conciliazione). Prego V.E. farmi conoscere quale sia a questo proposito il pensiero del conte Lamsdorff, essendo in tale eventualità utile uno scambio di vedute fra le Potenze interessate.2

510

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 883. Roma, 29 maggio 1903, ore 12.

Ambasciatore Tomielli telegrafa: (trascrivere telegramma n. 54' fino a conciliazione). Prego V.E. prevenire confidenzialmente di ciò conte Goluchowski e chiedere quale sarebbe eventualmente in proposito il suo pensiero. Desidero che

2 Si pubblica qui un passo del T 1143/18 di Del Vaglio da Pietroburgo del 3 giugno: "Conte Lamsdorff mi ha dichiarato non dare grande importanza alle pratiche che la Bulgaria fa attualmente a Costantinopoli."

381 codesto e questo Governo procedano di perfetta intesa in ogni particolare della politica balcanica, perciò reputerei opportuno uno scambio di vedute sull'argomento di cui sopra.2

508 l Cfr. n. 505. 2 Con T. 901 del 2 giugno, non pubblicato, Morin richiese al Ministero della marina di ritirare la nave italiana da Salonicco. 509 l Cfr. n. 506.

510 l Cfr_ n. 506.

511

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, NASII

T. URGENTE. Roma, 29 maggio 1903, ore 17,20.

Studenti della università di Roma indissero per domani un comizio nella università per protestare contro l'Austria per i fatti di Innsbruck. Non essendosi dato preavviso a termini legge pubblica sicurezza i promotori saranno denunziati come contravventori. Spetta ora a te di impedire che locale università serva per comizio illegale. Fuori dei locali universitari la forza pubblica scioglierà qualunque assembramento.

512

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1115. Vienna, 29 maggio 1903, ore 19,10.

Il Tagblatt annunzia che io sono stato incaricato R. Governo di esprimere al conte Goluchowski il rammarico per le dimostrazioni contro l'Austria-Ungheria. Appena necessario che io dica a V.E. che un tale incarico non fu da me ricevuto, né compito.

513

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI

D. CONFIDENZIALE 25163/449. Roma, 29 maggio 1903.

VE. ha già preso conoscenza del telegramma da me diretto il 25 corrente al maggiore Ciccodicolai relativamente alla questione della ferrovia Gibuti-Barrar.

5 I I 1 Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., p. 297. 513 l Cfr. n. 497, nota 2.

Credo sia opportuno, per sua completa informazione, comunicarle copia dei memorandum confidenziali scambiati a questo proposito con l'ambasciata inglese in Roma2. Mi è sembrato fosse giunta la propizia occasione di tentare di ottenere dal Governo britannico qualche assicurazione circa la direzione delle progettate linee ferroviarie sudanesi in relazione ai traffici che non vorremmo andassero perduti per l'Eritrea ciò che avverrebbe se la ferrovia sudanese giunta al Nilo proseguisse verso il Mar Rosso tagliando fuori la nostra Colonia. Non so quali risultati potranno avere questi nostri uffici. Il Governo del re doveva fare ed ha fatto, come V.E. non ignora, al Cairo e ad Addis Abeba quanto era in suo potere per giovare al commercio della Eritrea dalla parte del Sudan. Attendiamo la risposta del Governo britannico su questo punto. Ma, intanto il R. Governo, come ella leggerà nel nostro memorandum, ha rappresentato la convenienza che, nel comune interesse in Etiopia, Italia e Inghilterra addivengano ad intese concrete di ordine generale in cui, per il presente e per l'avvenire, siano reciprocamente salvaguardati gli interessi delle due Potenze amiche su basi da concordarsi avuto riguardo, da una parte, alla posizione dell'Italia in Eritrea e in Somalia e, dall'altra, alla posizione dell'Inghilterra nel Sudan, in Somalia e nell'East Africa Protectorate. Niun altro meglio dell'E. V. è in grado di indicare su quali basi potrebbe addivenirsi ad intese concrete con l'Inghilterra per quanto riguarda il presente e l'avvenire della Etiopia in relazione alla nostra posizione in Eritrea. La prego pertanto di voler esaminare il delicato argomento in tutta la sua importanza e espormi le sue idee al riguardo.

510 2 Per la risposta cfr. n. 5 I 6.

514

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLAI

L. RISERVATISSIMA 335. [Asmara], 29 maggio 1903.

Ho ricevuto le copie dei rapporti nn. 7 6, 77, 79 e 81 da lei inviati testé a

S.E. il ministro degli affari esteri.2

La ringrazio della cortese partecipazione ma più la ringrazio dello avere con grande saviezza e libertà esposto le condizioni che si preparano ai commerci eritrei-etiopici per opera di chi bandisce e vanta una comunanza d'interessi dalla quale deriva la fortuna sua e il nostro danno: quasi che dalla stessa sorgente possano scaturire ad un tempo acque per l'uno salubri e micidiali per l'altro.

Porgendosene l'occasione, ho ricordato al ministro quanto scrissi in questo proposito durante cinque anni: non per avvalorare le affermazioni di V.S. di per sé indiscutibilmente autorevoli, ma per dimostrare come gli atti che si meditano o si

514 I Da ACS, Carte Martini.

2 Cfr. n. 448 e n. 565, nota l. I R. 79 e 81 non sono pubblicati.

compiono in danno nostro non debbano attribuirsi a personali iniziative di questo o quell'agente britannico; ma sieno il portato di un disegno unico che si svolge così nella capitale dell'Impero etiopico come verso le sponde del Gasc o del Setit.3

ALLEGATO

Copia della lettera 29 maggio 1903 n. 334 riservatissima diretta al R. Ministero degli affari esteri4 con la seguente aggiunta dopo alle parole onde chiudevo il mio telegramma dai pozzi di Timasa il 26 marzo 190 l:

E' da sperare che gli agenti del Governo britannico non sieno fedeli interpreti del suo pensiero perché nessun Governo che ci fosse nemico potrebbe meditare e preparare alla Colonia danni maggiori.

513 2 Cfr. nn. 483 e 497.

515

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AI PREFETTI 1

T. 4225. Roma, 30 maggio 1903, ore 15,20.

Bisogna far cessare assolutamente agitazione per fatti Innsbruck che può compromettere gravi interessi Italia. Perciò valendosi facoltà date da articoli 7 e 8 della legge pubblica sicurezza ella vieterà qualunque pubblica passeggiata o assembramento di studenti o altri cittadini che abbiano per iscopo proteste per quei fatti. Quanto ai comizi in luogo chiuso se non vi sono gravi ragioni ordine pubblico li permetterà ma con ordine di scioglierli appena si pronunci qualche parola che possa suonare offesa a una Potenza alleata. Mi informi telegraficamente di qualunque incidente avvenga.

516

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 1121. Vienna, 30 maggio 1903, ore 16,05 (per. ore 17,40).

Conte Goluchowski mi ha detto che ignorava i passi fatti a Parigi dall'agente diplomatico bulgaro!. Egli non sa immaginare su quale base diversa dal program

4 Non pubblicata.

ma raccomandato dalle Potenze la Bulgaria possa proporre un accordo colla Turchia sotto gli auspici della Francia. Se si tratta di consigli di moderazione e giustizia nella repressione e nelle sentenze, l'accordo di tutte le Potenze può dirsi fin da ora unanime. Ad ogni modo io pregai conte Goluchowski d'informare il Governo del re di quanto perverrà a sua notizia in proposito, affinché i Governi italiano e austro-ungarico possano procedere d'accordo. Conte Goluchowski ringrazia V.E. della comunicazione e promise di tenerci informati a tempo d'ogni nuovo incidente giunto a sua notizia.

514 3 Concetti analoghi Martini comunicò a Ciccodicola con T. confidenziale 78, pari data, non pubblicato.

515 l Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti. vol. II, cit., p. 299.

516 l Risponde al n. 510.

517

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

MEMORANDUM. Roma, 30 maggio 1903.

Con la nota del 29 gennaio scorsoi l'ambasciata d'Inghilterra in Roma dichiarava il Governo inglese vivamente desiderare di agire d'accordo col Governo italiano nei negoziati per determinare i confini fra l'Abissinia e il Protettorato britannico dell'Africa orientale e di non procedere ad alcun accordo che possa riuscire di pregiudizio agli interessi dell'Italia. Assicurava inoltre che il Governo britannico non avrebbe fatta alcuna stipulazione implicante mutamento nella linea di frontiera stabilita dal protocollo anglo-italiano del 24 marzo 1891 senza informare il Governo italiano delle progettate modificazioni e ottenerne il suo assenso.

Il Governo del re prendeva atto con compiacimento di queste dichiarazioni con nota 9 febbraio 19032, e informava di tutto il maggiore Ciccodicola perché la delimitazione dei confini fra Inghilterra e Etiopia avvenga senza lesione degli interessi italiani nello hinterland del Benadir.

Premesso che qualsiasi modificazione di confine fra Etiopia e Inghilterra verso il Giuba e il Rodolfo non potrebbe aver luogo se non mediante lo stato di fatto e di diritto risultante dal protocollo anglo-italiano del 24 marzo 1891, riteniamo necessario che una estesa zona attorno a Lugh sia riservata all'azione commerciale dell'Italia.

Il Governo del re riterrebbe pertanto opportuno che alla delimitazione tra Etiopia e Inghilterra verso il Giuba e il lago Rodolfo precedesse un accordo tra Italia e Inghilterra sulle seguenti basi:

l) che la linea di confine tra Italia e Inghilterra sia segnata, secondo gli articoli l e 2 del protocollo 24 marzo 1891, in base ai risultati delle ultime esplorazioni geografiche lungo tutto il corso del Daua, fino a raggiungere il 6°parallelo latitudine nord;

517 I Cfr. n. 321. 2 Cfr. n. 336.

2) che il rappresentante inglese in Addis Abeba abbia istruzioni di appoggiare, se il maggiore Ciccodicola lo creda opportuno, l'azione italiana presso Menelik per acquistare alla sfera d'azione commerciale dell'Italia la zona di confluenza dei tre fiumi Daua-Ganale Doria e Ueb con relative dipendenze onde assicurare il rifornimento commerciale di Lugh. Circa il primo punto si ricorda lo scambio di note avvenuto tra questo ministero e l'ambasciata britannica 9 maggio-28 giugno 1897, per accertare che il corso inferiore del Giuba, incominciando dal parallelo di Dolo, è costituito almeno da tre rami, il Daua, il Ganale Doria e l'Ueb ma che il ramo che, secondo le due esplorazioni del Bottego deve considerarsi continuazione del corso principale è il Daua, mentre gli altri sono da considerarsi come affluenti; quindi il confine itala-britannico dovendo, secondo il protocollo del 24 marzo 1891 correre lungo il Thalweg del Giuba fino al 6° parallelo, deve prima rimontare il corso inferiore del Giuba propriamente detto fino a Dolo, e poi il Daua fino al 6° parallelo.

Circa il secondo punto, il Governo del re, sapendo che l'Inghilterra trova difficoltà non lievi ad intendersi con Menelik sulla linea di confine a sud del 6° parallelo, è disposto, da parte sua, a far appoggiare dal r. ministro in Addis Abeba l'azione del rappresentante britannico.

La necessità di tutelare gli interessi commerciali del Benadir per la via di Lugh, tutela che dipende ora dagli accordi che possono conchiudersi tra Etiopia e Inghilterra e Italia, ci ha indotto a esporre quanto precede affinché le istruzioni da impartirsi dal Governo britannico e dal Governo italiano ai rispettivi rappresentanti in Addis Abeba siano tali da rafforzare la comunicazione presso Menelik per la salvaguardia dei reciproci diritti ed interessi.

518

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. SEGRETO .. ./60 1. Parigi. 31 maggio 1903, ore 10,55 (per. ore 18,45).

Oggi alle corse ambasciatore d'Inghilterra ha dato a me e a Delcassé separatamente notizia telegrafatagli da un paio di giorni da Londra, secondo la quale re Edoardo ha invitato nostro augusto sovrano recarsi in Inghilterra alla stagione della caccia. Delcassé, visibilmente contrariato, mi chiese se io avessi qualche informazione e se, a parer mio, questo ritardo del viaggio di Sua Maestà in Inghilterra influirebbe sulla data della sua visita al presidente della Repubblica. Gli dissi non essere in grado di rispondergli. Stimo però dovere mio far conoscere, acciocché

non manchino a Sua Maestà ed al Governo tutti gli elementi di un perfetto apprezzamento, malgrado che ambasciata di Sua Maestà abbia serbato il massimo riserbo fino quasi al punto di lasciar nascere la supposizione che personalmente io non sia favorevole alla visita a Parigi, la notizia che questa è decisa e che deve effettuarsi nella prima metà di luglio è diventata pubblica ed ha creato una simpatica aspettazione generale della quale bisogna, a parer mio, tener conto. So che in vista della visita del nostro re si sono presi concerti fra i ministri ed i presidenti delle due Camere per procurare di far finire la sessione nei primi giorni di luglio invece di dopo la metà, come si prevedeva. Oltre che il far dipendere visita alla Francia dalla restituzione di quella del re di Inghilterra non sarebbe cosa molto lusinghiera per l'amor proprio francese, conviene poi per parte nostra riflettere che il Parlamento riprenderà qui i suoi lavori nella prima metà di ottobre, e che è prima di tale epoca che il presidente della Repubblica dovrà aver restituito visita a Roma se non vogliamo correre rischio che in conseguenza di un cambiamento di Ministero tutto diventi incerto.2

518 l Il telegramma non è stato protocollato in arrivo.

519

IL PREFETTO DI PALERMO, DE SETA, AL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI 1

T. Palermo, 31 maggio 1903, ore 20,15 (per. ore 22,25).

Ieri tra studenti università si sparse notizta riportata dai giornali cittadini che studenti università italiani Duratti e Pitacco fossero stati arrestati a Graz per aver preso precedentemente parte comizio Corda Fratres in Palermo. Per tale notizia, che mise in grande agitazione studentesca, stamane con manifesto a stampa diffuso clandestinamente tra studenti s'invitava cittadinanza riunirsi ore 16 in piazza Castelnuovo per protestare contro nuovi arbitri polizia austriaca. Autorità ha avuto sentore progettata riunione predispose analogo servizio per impedire illegali assembramenti. Essendosi riunite parecchie centinaia di persone in gran parte studenti, furono fatte legali intimidazioni scioglimento. Sbandati tentarono riunirsi con la forza. Nella colluttazione la folla, ingrossata, fece violenza ai carabinieri ed alle guardie, percuotendoli con bastoni. Guardie Guzzetta Giuseppe e Bordonali Vincenzo riportarono lesioni contuse alla testa guaribili in 5 giorni. Rimase altresì ferito Sofia Antonio reporter del giornale l'Ora che riportò ferita da taglio alla testa guaribile in 10 giorni. Non ha saputo precisare se fu ferito da un carabiniere o da una guardia. Dimostranti dispersi in piazza Vigliena tornarono a riunirsi in piazza Giovanni Meli presso consolato austro

519 l Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. Il, cit., pp. 299-300.

ungarico. Anche qui funzionari ed agenti che trovansi serviziO tutela consolato fecero legali intimidazioni per scioglimento. Furono lanciati sassi contro la forza e ne restarono contusi leggermente due bersaglieri ed un vice brigadiere carabinieri. Poscia la forza pubblica potè sciogliere assembramento ed intervenuti si allontanarono definitivamente. In ordine tali manifestazioni *credo opportuno informare VE. che attivissimo centro agitazione si è resa università, dove studenti incoraggiati qualche professore tengono comizi permanenti ed illegali, proponendo ed organizzando pubbliche riunioni e dimostrazioni violente*2. Tanto riferisco per conoscenza.

518 2 Per la risposta cfr. n. 522.

520

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, AL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITT 1

L. PERSONALE. Roma, 31 maggio 1903.

Dal prefetto Reichlin ricevo il telegramma che ti mando in copia. Giudicando da quanto tu mi riferisti, mi sembra che egli non abbia ragione di allarmarsi tanto.

Nel telegramma egli accenna all'entità ed al carattere della dimostrazione, mentre tu mi dicesti che avevi disapprovato il suo contegno verso i dimostranti per essersi presentato al balcone per ringraziarli. Su questa circostanza di fatto mi sembra che prima di deliberare sia opportuno e conforme ai principi di giustizia udire le spiegazioni e giustificazioni che il Reichlin crederà di poter dare.

ALLEGATO

IL PREFETTO DI PIACENZA, REICHLIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI

T. Piacenza. 30 maggio 1903, ore 18,45.

Ministro dell'interno mi telegrafa censurandomi per dimostrazione fatta qui per fatti Innsbruck e che fu assai meno accentuata di molte altre. Prego V.E. interessarsi perché almeno mi si conceda chiedere collocamento a riposo, in coscienza non credo meritare quella censura.2

519 2 Il passo fra asterischi è ed, anche in G. NATALE, Giolitti e gli italiani, Milano, 1949,

p. 545.

520 1 Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., pp. 300-301. 2 Per la risposta cfr. n. 523.

521

CIRCOLARE DEL COMITATO D'AGITAZIONE PRO ITALIA IRREDENTA

Trieste, ... maggio 19031 (per. il 31).

Ci rivolgiamo ai ministri, senatori e deputati del Regno, alla stampa, a tutti gli enti morali, perché si degnino di prendere in benigna considerazione la nostra parola.

L'ora è solenne.

Nei Paesi balcanici i popoli da lungo si agitano minacciosi e una soluzione dell'intricato problema non è forse lontana.

La dignità dell'Italia esige che in un'eventuale regolazione della questione balcanica siano presi in seria considerazione i diritti sacrosanti della Nazione nostra sulle sue terre ancora irredente.

Il Trentino, il Friuli orientale, Trieste e l'Istria devono essere ricongiunte alla madre patria.

È ingiusto ed illogico che, mentre l'Italia si è ricomposta a Nazione, abbia le porte sfondate e lo straniero in casa.

Noi troppo soffrimmo e troppo aspettammo: passano gli anni e quasi non si parla più di noi.

E sì che col combattere incessantemente, giorno per giorno, per l'italianità delle nostre terre, coll'eleggere in modo plebiscitario deputati e consiglieri di salda fede nazionale, con le continue manifestazioni patriottiche, coll'affrontare persecuzioni, arresti e carcere, dimostriamo chiaramente chi siamo e che cosa vogliamo.

I nostri fratelli del Regno quasi ci ignorano, ed è doloroso, doloroso assai: ma non sia più così!

Noi alla patria diamo ogni nostra migliore energia, per lei facciamo sacrifici enormi di denaro: sarà tutto per niente? Non lo crediamo, perché la vittoria arride ai forti ed ai perseveranti.

Le nostre terre, per unanime consenso di tutti i geografi del mondo, sono terre d'Italia: la storia nostra è tutta italiana: alle patrie lettere ed alla scienza abbiamo dato e diamo tuttora ingegni preclari.

L'Austria che ci opprime e ci perseguita in tutti i modi, ci nega ogni nostro diritto: informi la questione dell'università, negataci insistentemente ... L'Italia poi deve avere le sue frontiere naturali, anche per motivi strategici importanti: così non la può durare: sarebbe viltà. L'Impero mosaico, roso da lotte intestine, sta per isfasciarsi: la Germania, pe

ricolo gravissimo per l'avvenire d'Italia, con cupido occhio mira a Trieste.

Il mare Adriatico, che fu mare nostrum, tale deve rimanere.

Se lo ricordino tutti in ogni occasione, e, nel Parlamento, nei Consigli provinciali e comunali, nelle società, nella stampa, intraprendano una campagna valida e incessante per la nostra causa, che è causa d'Italia.

521 I li testo dice "nel maggio 1903".

Abbiamo fede ancora nel senno dei ministri del re e speriamo che sapranno tutelare e far valere gagliardamente i diritti del Paese: guai se non fosse così! Senza le Alpi Retiche e le Giulie, senza Trieste e Trento, l'Italia non è e la Nazione non avrà mai pace.

Energia ci vuole; noi siamo pronti ad assecondare ogni movimento al nostro pro; i nostri fratelli del Regno facciano il loro dovere e avranno la nostra gratitudine.

In nome dell'Italia che tanto amiamo, in nome di quella libertà che invochiamo invano da trent'anni, noi ci rivolgiamo oggi a tutti gl'italiani, senza distinzioni di partito, con le lagrime agli occhi e le mani giunte e diciamo:

«Ricordatevi una bella volta, e seriamente, di noi, ricordatevi di queste vostre terre che gemono schiave del più infame dei Governi!

Porgeteci la mano, mandateci una parola di conforto!»

Viva l'Italia! Viva Trieste e Trento!

522

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO SEGRETO S.N. Roma, 1° giugno 1903, ore 20,30.

Apprezzo grandemente la considerazione di V.E. esposta nel suo telegramma di jeri seral. Siamo ancora in trattative con Londra per l'epoca della visita alla Corte d'Inghilterra, che, per ragioni che V. E. intende, si vorrebbe possibilmente collegare colla visita a Parigi. In ogni modo, però, sono in grado di assicurare V.E. per sua norma confidenziale, che, qualora fosse inevitabile il differimento del viaggio di Londra, io procurerei tuttavia che rimanesse fermo per luglio il viaggio a Parigi.

523

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLII

L. PERSONALE. Roma, 1° giugno 1903.

Il contegno del prefetto Reichlin fu così scorretto2 che lo invitai ad esaminare se credeva sostenibile il suo ufficio di prefetto. Egli mi rispose che era disposto a chiedere il riposo, ed io replicai che faceva bene a farlo prima che io portassi la sua questione in Consiglio dei ministri. Con telegramma ricevuto testè egli annunzia che domani manderà la domanda di collocamento a riposo.

Non vi sarà altro da fare che darvi corso.

2 Risponde al n. 520.

522 l Cfr. n. 518.

523 l Da ACS Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., p. 301.

524

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI 1

L. PERSONALE. Roma, l° giugno 1903.

*Ti rinnovo la preghiera di convocare per domani mattina il Consiglio dei ministri*.

Non posso restare di fronte alla inazione del Ministero della pubblica istruzione. Siamo di fronte a un movimento che può creare gravi imbarazzi internazionali e occorre che il Governo faccia sentire la sua parola.

525

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI 1

L. PERSONALE. Roma, 1° giugno 1903.

Ti prego di leggere l'unito telegramma del prefetto di Palermo2.

Ciò che ivi si dice dei professori di Palermo può dirsi di moltissimi professori di altre università.

Evidentemente i professori sono mossi da intenti politici. Se il Ministero della pubblica istruzione continua a non dar segno di vita e a non disapprovare neppure lo stolido movimento verrà la necessità di sanguinose repressioni o di trovarsi in condizioni di dover fare delle scuse all'Austria.

Credo sarebbe bene per tagliare corto al movimento avvisare che saranno chiuse fino a novembre le università nelle quali continuassero i disordini.

526

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AI PREFETTI DI MESSINA, SERRAO, DI NAPOLI, TITTONI, E DI PALERMO, DE SETA 1

T. 4437. Roma, 2 giugno 1903, ore 9,30.

Decifri da sé. Occorre far cessare in modo assoluto agitazione irredentista e impedire a qualunque costo qualsiasi sfregio a consolato austriaco. Prenda concer

ti con autorità scolastica per far chiudere se occorre l 'università e vieti in modo assoluto qualunque comizio od assembramento. Assuma precise informazioni per sapere se vi sono sobillatori e chi sono e donde ricevano ispirazione. Su quest'ultimo punto gradirei molto precise informazioni.

524 l Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. Il, cit., pp. 301 -302, e con omissione del passo fra asterischi, in NATALE, Giolitti e gli italiani, cit., p. 545. 525 l Da ACS, Carte Giolitti, ed. in NATALE, Giolitti e gli italiani, cit. p. 545. 2 Si tratta del passo fra asterischi del n. 519. 526 l Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. Il, cit., p. 302.

527

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 25869/114. Roma, 2 giugno 1903.

Ringrazio la S.V. del suo rapporto del 16 aprile, n. 71 1•

Malgrado ella non abbia potuto ancora conoscere il testo della convenzione del marzo 97 tra Francia ed Etiopia, pure da quanto ella scrive risulta chiaramente come il negus Menelik abbia resistito e resista ad ogni pressione per la modificazione dello statu quo nei suoi territori e ne abbia data assicurazione formale alla S.V. E di questo punto importante noi prendiamo atto.

Occorre però che la S.V. non si stanchi di agire in questo senso presso il negus, e sorvegli l'azione di rappresentanti esteri tendente ad ottenere concessioni di territorii, o modificazioni a protocolli, che in qualunque modo o località riuscirebbero di danno ai nostri interessi.

Questo ministero non mancherà, frattanto, di raccomandare al r. commissario per l'Eritrea, che da Assab si vigili e si assumano informazioni da comunicarsi prontamente alla S.V.

528

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. 25870/115. Roma, 2 giugno 1903.

Nel suo rapporto delli 16 aprile n. 721, la S.V. tratta delle ragioni che possono aver indotto il Governo russo ad inviare presso la Corte etiopica una missione importante come quella che ha per capo il signor Lichin.

Mentre non posso a meno di accettare le conclusioni del suo rapporto, pure stimo utile aggiungere che non dobbiamo dimenticare la esperienza del passato che ci ammonisce che, se l'Impero russo non ha pel momento interessi diretti in Etiopia, può sempre giovarsi della sua influenza a danno o a vantaggio di una o di un'altra delle Potenze che hanno interessi in Etiopia. E benché le nostre relazioni con la Russia siano ora mutate, da quelle che erano in passato, e siano anzi improntate a cordialità, pure io ritengo sempre necessario che non scemi la vigilanza di codesta legazione sull'attitudine e sulla posizione che la rappresentanza russa potrebbe prendere presso Menelik, affinché si possa, in tempo, contrapporre la nostra azione a salvaguardia degli interessi italiani.

527 l Non pubblicato.

528 l Se ne pubblica il passo seguente: « ... è ignoto ed inconcepibile il movente vero o plausibile che spinge Impero russo a mantenere relazioni e rapporti politici coll'Etiopia. E se ancora questi motivi sono avvolti nel fitto velo di un segreto impenetrabile, molto probabilmente è che reali e determinanti motivi non ve ne sono. Gli obiettivi politici russi sono ancora, probabilmente, in uno stato embrionale, e forse solo col tempo e cogli avvenimenti futuri arriveranno ad acquistare forma concreta e riconoscibile».

529

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 690/280. Costantinopoli, 2 giugno 1903 (per. il 7).

Prima di procedere all'esame dei quesiti postimi dall'E.V. col suo telegramma riservato n. 835 del 23 maggio scorsoi circa l'opportunità di addivenire ad una netta separazione della questione macedone da quella albanese, aggregando all'Albania i distretti albanesi dei vilaiet macedoni refrattari alle riforme, stimo utile sottoporre all'E.V. alcune osservazioni generali circa le riforme stesse.

Se la promulgazione delle riforme dovute all'iniziativa dell'Austria-Ungheria e della Russia ed appoggiate dalle altre Grandi Potenze, ha causato da una parte il sollevamento degli albanesi, è ormai evidente che le riforme stesse non hanno, dall'altro lato, dato soddisfazione all'opinione pubblica in Bulgaria e in Serbia, né hanno rassicurato le popolazioni slave della Macedonia, come non han servito ad arrestare il corso dei gravi avvenimenti svoltisi in questi ultimi mesi.

Sembra ormai assodato, infatti, che e slavi della Macedonia e albanesi sono ugualmente contrari, sebbene per ragioni differenti, alle riforme e decisi a intralciame l'esecuzione.

Gli albanesi non vedono in esse che una pericolosa innovazione, un tentativo di toccare la loro situazione privilegiata e sminuire i vantaggi materiali che l'attuale abusivo ordine di cose assicura loro a danno dell'elemento cristiano. Con speciale diffidenza ed apprensione essi osservano l 'intervento delle Potenze, sovra tutte della Russia, in favore dei cristiani, giacché pensano che questo intervento non potrebbe avere altro scopo che di indebolirli e paralizzare i loro mezzi di azione, preparando per tal modo l'annessione agli Stati balcanici delle regioni che essi han tolto agli slavi colla forza e delle quali si considerano come gli assoluti padroni. Il loro fanatismo islamitico, che le autorità ottomane seppero eccitare do

po la guerra turco-russa e che emissari speciali del sultano hanno spinto ad un estremo limite, si accorda con i loro materiali interessi per spingerli a rivoltarsi contro delle misure che consacrano il principio dell'eguaglianza dei diritti fra musulmani e cristiani.

Quanto ai bulgari macedoni la loro mancanza di fede nelle riforme e i mezzi estremi cui si sono appigliati, e che ne han reso impossibile l'esecuzione, si collegano a delle cause che è utile menzionare. In primo luogo la natura stessa di queste riforme che mirano bensì a migliorare la condizione generale delle province macedoni, ma non già a porre le basi di un'autonomia e neppure di nessuna altra combinazione più specialmente favorevole ai bulgari, non poteva dar soddisfazione al partito nazionalista del Principato, le cui aspirazioni mirano alla creazione di una grande Bulgaria indipendente con i confini che il Trattato di San Stefano le aveva fissato e che ha quindi continuato a incoraggiare alla rivolta i bulgari della Macedonia.

Questi, dal canto loro, rrmoscendo per triste esperienza il valore delle misure in favore dei cristiani, quando l 'applicazione di esse appartenga esclusivamente al Governo turco, e non vedendo nelle presenti riforme alcuna seria garanzia di esecuzione, quali il controllo o l'intervento effettivo dell'elemento europeo nell'amministrazione delle province macedoni, si sono astenuti dal partecipare alla formazione dei nuovi corpi misti della gendarmeria, della polizia e delle guardie campestri, per lanciarsi invece nella via dell'aperta rivolta, persuasi dalle eccitazioni dei comitati bulgari che riuscirebbero per tal modo a forzar l'Europa a dare alla questione macedone una soluzione esclusivamente ad essi favorevole.

E come se queste cause di agitazione nelle province macedoni non bastassero, occorre aggiungere al quadro l'ostilità innata dei musulmani in genere contro ogni affermazione di eguaglianza di diritti politici delle popolazioni, senza distinzione di culto o di razza, e le reciproche rivalità del bulgari, dei serbi, dei greci e dei cutzo-valacchi.

Rilevando infine che i metodi sistematicamente vessatorii del Governo turco di fronte ai cristiani, e la resistenza da questo opposta ai consigli e alle pressioni dell'Europa per l'esecuzione dell'articolo 23 del Trattato di Berlino avevano per evidente scopo l'indebolimento dei cristiani della Macedonia, e fors'anche la loro eliminazione progressiva da quelle regioni, è lecito concluderne che la Sublime Porta non ha accettato le ultime riforme proposte dalle Potenze in critiche circostanze, che con la segreta riserva di eluderne l'esecuzione, non appena il pericolo

. .

vemsse a scompanre.

Di fronte ad una tale situazione è certo che un miglioramento sufficiente ad evitare gravi complicazioni future non potrebbe prodursi che se il Governo ottomano abbandonando i principii che hanno fin qui ispirato la sua politica, entrasse risolutamente nella via delle riforme generali e ne volesse l'esecuzione con sincera perseveranza. Ed anche allora, ed a condizione che gli fosse continuato il concorso leale e disinteressato delle Potenze, non potrebbe forse attuare le riforme che consentendo a servirsi di specialisti stranieri atti a controllare e riorganizzare le amministrazioni provinciali, prevenendo con misure efficaci gli abusi e i disordini e reprimendo infine ogni manifestazione sovversiva coll'uso razionale e continuo della forza armata.

Passo ora, signor ministro, a esaminare, giusta l'invito da lei fattomene col telegramma cui ho l'onore di rispondere, se, indipendentemente da queste misure di ordine generale, non sarebbe cauto partito separare nettamente la questione macedone dalla questione albanese, aggregando all'Albania, con un provvedimento amministrativo, i distretti refrattari alle riforme, le quali, dovendo applicarsi alla sola Macedonia propriamente detta, non avrebbero più da contrastare con altre difficoltà all'infuori di quelle che possano essere suscitate dalla agitazione bulgara.

E' prima di tutto necessario di ricordare che se gli albanesi non hanno alcun diritto storico da opporre a quelli che i serbi, i greci e i bulgari accampano sulla Vecchia Serbia e sulla Macedonia propriamente detta, non è men vero però che essi si trovano di fatto disseminati in tutto il vilayet di Monastir e, più ancora, in tutto quello di Kossovo, formando, in certe zone, dei gruppi compatti omogenei, mentre in altre vivono accanto agli slavi nelle stesse città e negli stessi villaggi.

Nel vilayet di Salonicco il numero degli albanesi è insignificante. Nel vilayet di Monastir i grandi centri albanesi sono i distretti di Elbassan, Grammos, Pachim, Diore, Mat, Colonia e Starova; nel vilayet di Kossovo i distretti di Pristina, Prizrend, Luma, Mitrovitza, Vucitrin, lpec e Diacova; tutti gli altri distretti son popolati, in proporzioni variabili, da albanesi e da slavi. Quanto all'insieme della popolazione di ognuna delle due province, più della metà di quella del vilayet di Monastir è composta di cristiani, in gran maggioranza slavi, e il resto di musulmani, sia albanesi che turchi o slavi convertiti; nel vilayet di Kossovo i due terzi sono attualmente musulmani, quasi tutti albanesi, e un terzo slavi, in gran maggioranza serbi. Secondo le più accreditate statistiche antiche la popolazione cristiana di questo vilayet era molto più numerosa vent'anni fa; dalla guerra turco-russa in poi essa è andata sempre diminuendo, ciò che si spiega con le continue emigrazioni in Bosnia e in Serbia di cristiani stanchi delle persecuzioni albanesi.

È facile convincersi, dato ciò che precede, che una separazione completa delle regioni albanesi e slave non potrebbe effettuarsi senza abbandonare un numero considerevole di serbi e di bulgari nei distretti che dovrebbero venir annessi all'Albania, e senza costringere gli albanesi, ciò che sembra irrealizzabile, a ritirarsi tutti verso le regioni che rimarrebbero loro assegnate.

Ma in realtà, la questione, quale è stata posta dali 'E.V. non concerne che i distretti nei quali si è manifestata l'agitazione albanese contro le riforme, cioè i distretti di Mitrovitza, Vucitrin, lpek, Diacova e Prizrend, nel vilayet di Kossovo, e quelli di Elbassan e di Dibre nel vilayet di Monastir, nei quali l'agitazione prenderà forse un carattere molto grave, se vi sarà fatto un serio tentativo di applicazione delle riforme. All'eccezione di Mitrovitza e Vucitrin, tutti questi distretti confinano con l'Albania e potrebbero a rigore venire uniti al vilayet di Scutari. Ma una tale soluzione, astrazion fatta dai risultati insufficienti che darebbe, solleverebbe difficoltà che mi sembrano insormontabili.

La Serbia, le cui aspirazioni sulla Macedonia propriamente detta si trovano intralciate dall'attività della propaganda bulgara, concentra oggi tutti i suoi sforzi sul vilayet di Kossovo per prepararvi la sua espansione futura. Considerando gli albanesi come degli intrusi che hanno occupato con la violenza delle regioni che fecero un tempo parte di un grande Stato serbo, essa considererebbe come una lesione dei suoi diritti storici e dei suoi interessi ogni misura che avesse per effetto di sottrarre alla propria influenza una parte qualunque del territorio di quel vilayet di Kossovo, dove il Governo del re Alessandro, appoggiato dalla Russia, ha affermato le sue pretese istituendo consolati a Uscub e a Prizrend e ottenendo dal patriarca ecumenico la nomina di vescovi di nazionalità serba in quelle due città. La lingua serba è del resto parlata ugualmente dagli slavi e dagli albanesi nel vilayet di Kossovo, dove il Governo serbo sovvenziona un numero ragguardevole di scuole.

Quanto alle zone albanesi del vilayet di Monastir, il distretto di Elbassan non essendo compreso nella delimitazione che della Bulgaria tracciò il Trattato di San Stefano, è da supporsi che la sua annessione all'Albania non solleverebbe reclami da parte della Bulgaria; l'annessione, invece, del distretto di Dibre, su cui i bulgari vantano antichi diritti, provocherebbe inevitabilmente le proteste del Principato.

Dal punto di vista albanese poi, è da supporsi che ben !ungi dall'esser soddisfatti da una tale annessione, gli albanesi la considererebbero come un tentativo di restringere irrevocabilmente le regioni di cui si considerano come i padroni; vi si opporrebbero probabilmente con tutta la loro energia e non risparmierebbero alcun mezzo per continuare con maggior violenza l'opera di eliminazione dell'elemento serbo che essi han compiuta fin qui con tanto vantaggio per loro.

La Turchia non potrebbe, in realtà, formulare nessuna abbiezione d'ordine amministrativo contro la misura che I'E.V. mi ha fatto l'onore di chiamarmi ad esaminare; ma dati i principii costanti della sua politica e la diffidenza che provoca presso la Sublime Porta ogni proposta emanante dalle Potenze, si può esser certi della riluttanza assoluta di questo Governo. La Sublime Porta penserebbe che questa nuova delimitazione potrebbe non essere che il preludio dell'annessione delle zone divenute esclusivamente slave agli Stati balcanici, e che sarebbe contrario ai propri interessi di scontentare gli albanesi eh 'essa considera come i difensori della sovranità del sultano in Macedonia e come il solo elemento senza il quale le sue provincie europee sarebbero irrevocabilmente perdute.

La Russia non può, dal canto suo, che prestar tutto il suo appoggio all'elemento slavo, nelle sue rivendicazioni contro l'elemento musulmano; essa prenderà quindi probabilmente le parti e della Serbia e della Bulgaria in ogni questione relativa ali'espansione dei due Stati slavi nella Vecchia Serbi a e nella Macedonia, convinta che il nemico nato dello slavo è l 'albanese, che un ingrandimento ufficiale dell'Albania non si farebbe che a danno di popoli postisi sotto il suo patronato, e che la causa slava non potrà completamente trionfare in Macedonia che se gli albanesi saran ridotti all'impotenza e non già semplicemente circoscritti nei distretti limitrofi de li' Albania, ma respinti fra le montagne dell'Albania.

Questo apprezzamento trova una conferma recente nel fatto che è stato il Governo russo che prese l'iniziativa dei passi fatti presso la Sublime Porta e presso i Gabinetti europei per la repressione della ribellione degli albanesi refrattari alle riforme, e che è ora il signor Zinoview che ha particolarmente insistito e continua a insistere perché le misure militari siano eseguite col più assoluto rigore.

Per quanto concerne l'Austria-Ungheria e la sua attitudine nel caso in cui la questione del!' annessione ali'Albania dei distretti precitati venisse sollevata, appare probabile che la politica prudente e riservata di questa Potenza non si scosterà dai principii che le hanno servito di norma fin qui. Non le conviene di romperla con gli albanesi, sebbene i suoi interessi reali le consiglino piuttosto di non urtare gli slavi della Vecchia Serbia e della Macedonia ch'essa considera come un ostacolo meno serio alle sue mire politiche. Si può fin da adesso prevedere che ove l'Austria-Ungheria fosse chiamata a pronunziarsi sull'opportunità di una misura contro cui e slavi e albanesi sollevano obbiezioni, essa, molto probabilmente, non esiterebbe a pronunziarsi contro quella misura anche se avesse da riconoscerla come utile ed opportuna in sé. Non bisogna d'altronde perder di vista che l'AustriaUngheria non potrebbe, nelle circostanze attuali, scostarsi dall'azione della Russia sulla Sublime Porta senza compromettere i propri accordi del 1897 col Gabinetto di Pietroburgo, e che, pur di evitare una divergenza di vedute con questo, il Gabinetto di Vienna sarebbe disposto a tutte le concessioni possibili.

Tale dovendo essere il contegno che presumibilmente terrebbero l'Austria Ungheria e la Russia di fronte ad un'eventuale proposta di separazione dei distretti albanesi refrattari alle riforme della Macedonia propriamente detta, è da prevedersi che la Francia, la Germania e l'Inghilterra stessa si asterrebbero, se chiamate a pronunziarsi, dal dare il loro appoggio ad un'iniziativa che potesse sollevare divergenze di opinioni fra le Grandi Potenze.

L'essersi la Francia e, soprattutto, l'Inghilterra disinteressate delle questioni concernenti la Turchia, l'abbandono apparente, se non reale, dei principii tradizionali della loro politica orientale, hanno portato alla singolare situazione attuale: che le Potenze più evidentemente interessate non solo al mantenimento ma al consolidamento dello statu quo nella penisola dei Balcani non prendono iniziativa alcuna in una questione così irta di pericoli e di sorprese quale è la questione macedone, mentre i due Imperi le cui mire non potranno esser raggiunte che mediante l'indebolimento graduale della Turchia, o almeno la continuazione di una situazione anormale nelle sue provincie d'Europa, suggeriscono e curano l'applicazione di rifonne che, nella migliore ipotesi, non hanno altro scopo che il mantenimento puramente provvisorio dello statu quo. Si potrebbe a ciò opporre il fatto che, tutte le Grandi Potenze avendo preventivamente consentito al progetto di riforme austro-russo e avendo prestato il loro appoggio presso la Sublime Porta per la loro esecuzione, la questione delle riforme presenta il carattere di una questione europea nella quale tutte le Potenze possono esercitare un'influenza eguale ed un'azione concertata. Ma questa abbiezione, mi sia lecito il dirlo, non avrebbe che un valore puramente teorico: in realtà le riforme sono dovute all'iniziativa dei Gabinetti di Pietroburgo e di Vienna, esse sono state da questi elaborate, il diritto di veto per la revoca dell'ispettore generale delle province macedoni non appartiene che all'Austria-Ungheria e alla Russia, e tutte le comunicazioni alla Sublime Porta relative all'esecuzione delle riforme sono preventivamente concertate fra i rappresentanti di queste due Potenze, senza che gli altri ambasciatori siano consultati, o invitati a unirsi ad essi e a fare dei passi identici o collettivi. Si deve quindi riconoscere che l'adesione delle Grandi Potenze alle riforme costituisce bensì una sanzione di principio data al progetto austro-russo, ma che la forma nella quale questa adesione è stata data e il modo con cui l'appoggio delle Potenze alle riforme si è manifestato, han permesso nella pratica ali' Austria Ungheria e alla Russia di curare l'esecuzione del loro progetto con i loro propri mezzi, non domandando il concorso delle Grandi Potenze che in circostanze eccezionali.

In presenza dell'insuccesso dell'azione austro-russa per ciò che concerne le riforme, vien fatto di porsi il quesito se un'azione effettivamente concertata e sincera di tutte le Grandi Potenze per la pacificazione e il riordinamento amministrativo dei vilayet macedoni non avrebbe avuto il vantaggio, ponendo la Turchia e gli Stati balcanici in presenza di una decisione unanime e irrevocabile del concerto europeo, di costringer la Turchia a eseguire le riforme senza tergiversazioni e senza segrete restrizioni e gli Stati balcanici a reprimere delle aspirazioni irrealizzabili; senza contare che, con questa azione unanime dell'Europa, si sarebbe forse anche ottenuto che i cristiani della Macedonia avrebbero atteso con fidente calma gli effetti di riforme la cui esecuzione sarebbe stata posta sotto il controllo e la garanzia di tutte le Potenze.

Si potrebbe certo obbiettare che l 'agitazione albanese era inevitabile e che l'influenza dell'Europa non avendo presa alcuna su quella popolazione, sulla quale lo stesso Governo ottomano non ha che dei mezzi d'azione limitati, le riforme dovevano fatalmente provocare nella Vecchia Serbia i gravi avvenimenti che vi si svolgono da qualche mese. Per quanto tale obiezione non manchi di fondamento, non è men vero però che l'agitazione albanese sarebbe stata meno pericolosa e la si sarebbe repressa più facilmente, se l'azione dei comitati bulgari e le bande macedoni non avessero paralizzato in parte le forze militari turche, gettato il disordine nell'amministrazione delle provincie e fatto temere un'insurrezione generale della Macedonia e la possibilità di una guerra con la Bulgaria. In ogni caso un intervento collettivo delle Potenze avrebbe svegliato minori diffidenze ed apprensioni, soprattutto fra gli albanesi musulmani, che nella azione preponderante della Russia e de li' Austria-Ungheria non vedono se non una prova dell'influenza di quelle due Potenze e una minaccia diretta contro la loro indipendenza e i loro interessi.

Ho creduto opportuno di sottoporre ali 'E. V. queste considerazioni, che, a prima vista, possono forse parere estranee ai quesiti da lei postimi, perché mi sembra che esse servano a mostrare che la questione delle riforme è stata posta in condizioni che ne rendevano dubbiosi i risultati, e che ormai solo l 'accordo unanime delle Potenze ed il consenso generale a misure concertate con la ferma intenzione di por fine alle mene bulgare e di costringere il Governo ottomano a eseguire, sotto il controllo dell'Europa, le riforme promesse, possono unicamente risolvere gradualmente la crisi attuale e allontanare i pericoli che minacciano l'Impero ottomano.

Ma, pur essendo questa la soluzione desiderabile, noi non dobbiamo nasconderei che l'Austria-Ungheria e la Russia sembrano troppo impegnate nella questione macedone perché un tale accordo possa effettuarsi senza grandi difficoltà, come non abbiamo da dissimularci che la situazione in Macedonia potrebbe ad un tratto entrare in una fase che porrebbe forse in pericolo lo statu qua nei Balcani. L'E.V. giudicherà quindi, nell'alto suo apprezzamento, dell'opportunità di consacrare i nostri maggiori sforzi a intenderei con l'Austria-Ungheria per la salvaguardia dei nostri diritti e dei nostri legittimi interessi.

Ove però il Governo del re, basandosi su elementi che fossero sfuggiti all'ambasciata di Sua Maestà, o che fossero da essa ignorati, si decidesse a sottoporre alle Potenze una proposta concreta relativa alla separazione dei distretti albanesi refrattari alle riforme dalla Macedonia propriamente detta, stimo che sarebbe utile di presentire, prima d'ogni altro, il Governo russo, e di non fare la comunicazione alle altre Potenze, che dopo aver acquistato la certezza del suo concorso.

529 l Cfr. n. 496.

530

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

L. PERSONALE. Vienna, 2 giugno 1903.

Mando a V.E., per mezzo del corriere ausiliario che parte oggi per l'Italia, le informazioni da lei desiderate, circa le disposizioni militari segnalate dal r. viceconsole a Spalato. Queste informazioni sono contenute nel rapporto del ten. colonnello cav. Del Mastro, e furono raccolte da questo egregio ufficiale, che unisce ad una competenza incontestata una grande diligenza.

Il cav. Del Mastro constata nel suo rapporto che le notizie mandate dal signor Tritoni si riferiscono alle disposizioni ordinarie e periodiche che regolano il funzionamento delle forze di terra e di mare dell'Austria-Ungheria. Egli conferma così quanto è a mia notizia circa le intenzioni del Governo austro-ungarico, questo mi pare ben assodato, cioè che l'Austria-Ungheria intende conservare lo statu quo esistente, ed intende, ben inteso, che sia conservato in tutti i Paesi che le sono limitrofi. Questo programma dell'Austria-Ungheria è del resto conforme al suo interesse, poiché è difficile l'immaginare che questa Monarchia, travagliata com'è per le questioni nazionali, cerchi, con future annessioni, di aumentare le difficoltà in cui si trova, difficoltà che sarebbero di doppio ordine, cioè interne ed esterne. Perciò la supposizione che il Governo austro-ungarico faccia armamenti e disponga movimenti di truppe eccezionali sulle sue frontiere, non potrebbe aver fondamento se non in presenza di fatti che finora non esistono. Dico finora, perché io spero che il movimento d'opinione anti-austriaco, destatosi in Italia per il fatto d'Innsbruk, non provocherà una reazione di opinione anti-italiana in Austria-Ungheria, di natura tale da diventar pericolosa per la pace nei due Paesi. Sarebbe però desiderabile, in questo supremo interesse, che le dimostrazioni cessassero. II conte Goluchowski non volle parlarmi ufficialmente delle dimostrazioni. Si limitò a dirmi che il barone Pasetti era stato informato del modo di vedere del Governo austro-ungarico. Non ci fu dunque alcuna comunicazione ufficiale tra il Ministero i. e r. e questa r. ambasciata intorno a ciò. Evidentemente egli volle evitare una conversazione incresciosa con me, e si mostrò, come al solito, molto calmo, calmo, ma impensierito.

Fui lieto di ricevere il di lei dispaccio del l O maggio scorso 1 , col quale l'E.V. prese nota delle dichiarazioni fattemi dal conte Goluchowski, dichiarazioni

conformi ai trattati ed accordi generali e speciali. Ma in quel dispaccio vi è un accenno che richiede qualche spiegazione. Se bene io la comprendo, ella proponeva di affidare ai consoli rispettivi, italiani ed austro-ungarici, in Albania, la ricerca fatta in comune accordo "dei provvedimenti atti a meglio assicurare in Albania la preservazione del programma di statu quo per cui i due Gabinetti sono concordi".

Ora dall'un lato il conte Goluchowski non ammette, in presenza dell 'accordo austro-italiano, che lo sta tu quo territoriale e politico dell'Albania sia minacciato. Dall'altro lato, il conte Goluchowski si rifiuta recisamente a confidare in qualsiasi eventualità un incarico, che avrebbe ad essere molto delicato e che richiederebbe in chi lo eseguisse, un criterio perfetto ed equanime delle esigenze giuridiche internazionali, ad agenti consolari, i quali (mi servo delle sue parole) sono affetti in maggiore o minor grado dal morbo consolare, e sono portati per fatalità storica o per lunga abitudine a sorvegliarsi reciprocamente. Il conte Goluchowski mi disse chiaramente (benché, ben inteso, affatto confidenzialmente) che egli per un tale compito, qual è quello consigliato da V.E., e da lui non accettato, non avrebbe sufficiente fiducia negli agenti consolari austro-ungarici. Egli fu troppo cortese per far altre allusioni ai consoli italiani in Albania. Ma io so che non la pensa diversamente a loro riguardo. E siccome è necessario che V.E. si renda conto dello stato di spirito dei nostri agenti consolari in Albania, io mi permetto di pregarla di farsi rimettere e di leggere alcuni rapporti del signor Macchioro, r. agente (vice-console) a Durazzo, comunicati dal r. console a Scutari, cav. Leoni, dal marzo al maggio 1902 (mese più, mese meno). In alcuno di quei rapporti, il r. agente informa seriamente che per guadagnare un capo albanese, una specie di bandito, il console austro-ungarico avrebbegli regalato come cosa preziosa, o significante, una carta di visita del conte Goluchowski. In detti rapporti si parla anche di un regalo di sei fucili, portati da un prete cattolico; e di ufficiali austriaci, travestiti da commessi viaggiatori, che il kavasso del consolato italiano avrebbe visto entrare nel consolato austriaco nel cuore della notte, e simili storie. Queste cose raccontate sul serio indicano qualche deficienza d'equilibrio in chi le scrive, ed ella, credo, esiterebbe ad affidare agli autori di tali rapporti un incarico basato sulla reciproca fiducia degli agenti d 'Italia e d'AustriaUngheria. So bene, che per nostra fortuna, il corpo dei consoli italiani è composto nella maggioranza, nella grande maggioranza, di elementi ottimi, di servitori dello Stato serj, intelligenti, pieni di patriottismo e di abnegazione, e nel tempo stesso, giudiziosi. Ma la diffidenza verso i colleghi austriaci è più o meno in tutti, ed è reciproca negli austro-ungarici verso i colleghi italiani.

Come le telegrafai2, il conte Goluchowski non era stato informato dei passi fatti a Parigi dal principe di Bulgaria per indurre il Gabinetto francese ad appoggiarlo presso la Sublime Porta; egli non sa quindi che cosa il principe Ferdinando voglia ottenere dalla Francia. Ad ogni modo, il conte Goluchowski mi ha detto che nel caso di qualche nuova proposta, donde che essa venga, avrà cura di renderne informato il Governo del re, sia per mezzo di Pasetti, sia per mio mezzo.

530 l Cfr. n. 486.

530 2 Cfr. n. 516.

531

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO S.N. Parigi, 3 giugno 1903, ore 19,20 (per. ore 22,50).

Alle insistenze della Corte inglese per la fissazione della data controvisita del presidente della Repubblica, fu di qua risposto ieri sera, dopo presi concerti per la chiusura della sessione nei primi giorni di luglio, che il presidente andrà a Londra non più tardi del 16 luglio. L'ambasciatore Barrère fu avvisato che assenza del presidente sarà di quattro giorni, così che, a partire dal l O luglio, egli sarà pronto a ricevere visita nostro augusto sovrano qui aspettato col massimo piacere. Seppi, in via privata, essere uscita dall'Eliseo la voce che la visita re era rinviata ad ottobre e questa voce aveva prodotto dispiacevole sorpresa in coloro che la avevano accolta. Bisogna vedervi soltanto un pio desiderio manifestatosi probabilmente quando si seppe che il re Edoardo aveva invitato nostro re per la stagione delle cacce. La comunicazione fatta a Barrère indica invece che qui il Governo tiene fermo data della visita prima metà di luglio, per la quale visita è stata da noi annunziata. Non fui mai caldo fautore di queste, ma poiché furono decise importa che esse ora si compiano in condizioni favorevoli per relazioni franco-italiane e conviene soprattutto dal canto nostro evitare tutto ciò che potrebbe favorire gli indugi e mettere in forse la restituzione visita a Roma. Si taccia pure pel momento della visita da restituirsi Roma fino che visita re a Parigi non sia un fatto compiuto, ma non devesi da noi perdere di vista che questa restituzione è necessaria e deve perciò compiersi prima che una evoluzione della politica interna avvenga in Francia. Tra gli opportunisti che il carattere ufficiale della visita del re venga affermato anche dal fatto che egli accetta ospitalità del Governo francese va benissimo ed assicura al nostro re una perfetta accoglienza; ma a quest'ora l'aggiornamento della visita produrrebbe una cattiva impressione di cui il sentimento pubblico francese si risentirebbe e non si mancherebbe qui, da coloro che osteggiano nostra politica, di esagerare la nota che la visita re a Parigi è una semplice necessità di transito per recarsi a Londra, e che, come visita poté essere annunziata e poscia rinviata, così la controvisita potrà essere aggiornata fino venga momento opportuno di farla. Insisto sopra queste considerazioni perché è mio dovere il farlo, anche come naturale deduzione di quanto fin da principio ebbi ad esporre sopra questo soggetto spinoso della visita non al presidente della Repubblica ma alla Francia1•

531 l Cfr. n. 536.

532

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL MINISTRO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, NASI 1

T. URGENTE 4663. Roma, 3 giugno 1903, ore 20,20.

Ricordo la necessità assoluta di spedire questa se.ra la circolare telegrafica deliberata in Consiglio dei ministri relativamente ai disordini nelle università e scuole secondarie.

533

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLII

L. PERSONALE. Roma, 3 giugno 1903.

Non ho ancor potuto avere la circolare telegrafica sui disordini universitari che il Ministero della pubblica istruzione doveva fare per la deliberazione presa stamane dal Consiglio dei ministri.

Se non fosse fatta entro le 24 ore dovrei pregarti di convocare di nuovo il Consiglio dei ministri.

534

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1146. Parigi, 4 giugno 1903, ore 19,15 (per. ore 21,20).

Stimo opportuno informare V.E. che il primo corrente cardinale Rampolla fece rimettere all'ambasciatore di Francia presso la Santa Sede una nota, nella quale, in termini piuttosto vivaci, e quasi comminatori, si avvisa Governo francese che la controvisita a Roma del presidente della Repubblica sarà considerata dal

533 1 Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., p. 303.

Santo Padre come offesa personale a lui fatta. La nota si estende alla politica interna della Francia ed ai danni che potrebbero derivarne a questo Paese, anche per i suoi interessi in Oriente. Il due corrente l 'ambasciatore andò dal cardinale, il quale ha verbalmente escluso che la nota avesse carattere comminatorio!. Ieri, prima di ricevermi, Delcassé ebbe una lunga conversazione col nunzio apostolico, il quale, fra altre cose, si lagnò di essere stato tenuto a bada col !asciargli credere che la controvisita non si farebbe. Delcassé replicò lagnandosi dell'invio del legato pontificio a Metz. Il nunzio si dolse del discorso del ministro del! 'istruzione pubblica francese a Roma. Pare certo sia stato un battibecco vivace e che i rapporti ne risultino tesi. Naturalmente Delcassé nulla mi ha detto a questo riguardo, ma comprendo, ora che conosco questo incidente, che egli fosse piuttosto concitato parlandomi della visita del re, la quale, anche per le ragioni che emergono da tutto ciò, sono di avviso convenga sia eseguita nel tempo pel quale essa fu qui annunziata2.

532 1 Da ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., p. 303.

535

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 5 giugno 1903, ore 15.

In seguito alle osservazioni da me fatte ali' ambasciatore Berti e e riprodotte nel mio telegramma a V.E. del l o corrente', l'ambasciatore era stato incaricato di proporre che la visita alla Corte d'Inghilterra avesse luogo tra il 20 e il 24 del corrente giugno. Avendo preso, a tal riguardo, gli ordini di Sua Maestà, ho fatto ora conoscere all'ambasciatore che Sua Maestà è molto grato a S.M. il Re Edoardo dello avergli voluto fornire il modo di effettuare la visita entro l'estate, ma, l'epoca compresa tra il 20 e il 24 giugno coincidendo col tempo in cui essendo tuttora aperte le Camere, i loro lavori sarebbero ancora in piena attività ed inoltre l'assenza di Sua Maestà potrebbe rendersi inconciliabile con le esigenze, difficilmente prevedibili, della situazione parlamentare, Sua Maestà aveva risoluto di accettare l'invito fattogli per il 15 novembre. Informo V.E. di quanto precede acciocché ella possa analogamente discorrere con lord Lansdowne e possa così considerarsi definitivamente ferma la data predetta del 15 novembre per la visita alla Corte d'Inghilterra. Aggiungo confidenzialmente per lei che la visita a Parigi avrà luogo verso la metà di luglio.

2 Cfr. n. 536.

534 l Cfr. sulla questione DDF, 2ème série, tome III, cit., nn. 273 e 326.

535 l T. segreto riservatissimo s.n., non pubblicato.

536

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 5 giugno 1903, ore 15.

Dopo aver preso gli ordini da S.M. il Re, ho fatto ora conoscere ali 'ambasciatore di Francia, che, se la data è costì gradita, Sua Maestà verrà a far visita al presidente Loubet giungendo a Parigi nel giorno 16 luglio. La visita alla Corte d'Inghilterra avrà luogo nel prossimo novembre.

537

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO .. ./781. Londra, 6 giugno 1903, ore 19,55 (per. ore 22,45).

In seguito all'ultimo avviso di V.E.2 mi sono recato qui al palazzo reale dove S.M. il Re Edoardo mi fece dare comunicazione di un telegramma da lui spedito stamane da Windsor direttamente al nostro augusto sovrano per dirgli che sarà ben lieto di accoglierlo insieme a S.M. la Regina alla data convenuta del 15 novembre.

538

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. S.N. Parigi, 7 giugno 1903, ore 13,40 (per. ore 16,40).

Giornali male informati annunziano che visita di Sua Maestà a Parigi è rinviata a novembre come quella di Londra. Ne risulta una impressione dispiacevole che potrebbe trovare eco in qualche gazzetta. Per mantenere alla graziosa decisione del re tutto il carattere suo di spontaneità, converrebbe autorizzarmi a divulgare subito la notizia della venuta di Sua Maestà in luglio I.

2 Cfr. n. 535.

537 l Il telegramma non è stato protocollato in arrivo.

538 l Per la risposta cfr. n. 540.

539

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 9171• Roma, 7 giugno 1903, ore 18,30.

Lug -Ricevuti rapporti 12 marzo scorso e 20 aprile 76 e 772. Affermazione S.V. rapporto 12 marzo scorso che Inghilterra con attuali esigenze confine verso Giuba non contrasti né modifichi protocollo 24 marzo 1891, non è fondata. Qualsiasi modificazione confine fra Etiopia e Inghilterra verso Giuba e Rodolfo non potrebbe aver luogo senza alterare stato di fatto e di diritto risultante da detto protocollo e ha quindi bisogno del nostro intervento, secondo, del resto, risulta implicitamente da scambio note gennaio-febbraio 1903 comunicato

V.S. dispaccio 323. Ho in questo senso rimesso memoria4 a quest'ambasciata inglese, proponendo accordo preliminare tra Italia e Inghilterra perché a tutela nostri diritti e interessi e per assicurare larga zona commerciale attorno Lug, confine 1891 sia segnato lungo il Dana che, secondo ultime esplorazioni, è ramo principale Giuba. In attesa mie particolari istruzioni la autorizzo dare lettura Harrington scambio di note, pregandolo chiedere istruzioni e la prego vigilare perché, in ogni caso, non avvengano accordi tra Etiopia e Inghilterra senza nostro consenso.

540

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO SEGRETO S.N. Roma, 7 giugno 1903, ore 20,30.

Il telegramma di V.E.' si è incrociato col mio2. Qui l'agenzia Stefani ha già annunciato formalmente la visita del re a Parigi il 16 luglio. Credo che codesto Governo avrà fatto altrettanto con l'Havas. Ad ogni modo V.E. è autorizzata a divulgare la notizia come meglio crede.

539 l Il telegramma fu trasmesso via Massaua. 2 Cfr. nn. 403, 448 e n. 565, nota l. 3 Cfr. n. 336, nota 2. 4 Cfr. n. 517.

540 l Cfr. n. 538. 2 T. riservatissimo s.n., pari data, non pubblicato.

541

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 697/284. Therapia, 7 giugno 1903 (per. il 13).

Col dispaccio del 25 maggio scorsoi I'E.V., nel trasmettermi copia di un rapporto del r. console generale a Tripoli sul progetto che avrebbe il signor di Mathuisieulx di compiere l'anno venturo una spedizione nell'interno della Tripolitania allo scopo di studiare una nuova via carovaniera dal Sudan alla Tunisia, mi incaricava di cercare che si impedisse, ove ne avessi un modo cauto, la concessione del permesso necessario da parte della Sublime Porta. Oggi stesso poi ricevevo il dispaccio n. 241 del l o corrente2 sullo stesso argomento.

Debbo, in risposta, far conoscere ali 'E.V. che ho ragione di temere che qualunque nostro passo, diretto o indiretto, sia presso la Porta che presso il Palazzo, allo scopo di impedire la concessione del permesso che si crede possa venir chiesto pel viaggiatore francese, verrebbe tosto o tardi conosciuto da questa ambasciata di Francia, la quale pur già ebbe a dichiararci, come ebbi l'onore di riferire a

V. E. col rapporto n. 164 dell'Il maggio scorso2, che le escursioni del Mathuisieulx non avevano che scopi scientifici.

A meno, quindi, di nuovi ordini deli'E.V., io mi asterrò dal fare passi in proposito, tanto più che è dubbio che la Sublime Porta accordi una concessione di viaggio nell'interno della Tripolitania, ove una tale domanda venisse effettivamente presentata, specialmente se sospettasse che scopo della spedizione fosse di sviare i traffici dell'interno verso i porti di un Protettorato straniero. Il qual punto di vista potrebbe essere, mi sembra, con minori inconvenienti politici, fatto presente alle autorità locali con mezzi indiretti per opera del r. consolato in Tripoli, al momento opportunoJ.

542

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID E PARIGI E ALLA LEGAZIONE A TANGERI

T. 921. Roma, 8 giugno 1903, ore 14,35.

Parlandomi dell'incidente di Figuig l 'ambasciatore di Francia mi diede spontaneamente le più precise assicurazioni circa il fermo proposito del suo Governo

2 Non pubblicato.

3 Allegato al rapporto è il seguente appunto di Malvano: "Apprezzare queste considerazioni. Confermare che lasciamo al suo savio criterio di giudicare se mai sarà per presentarsi l'opportunità di adoperarsi nel senso che gli era stato accennato, essendo evidente che a noi non conviene di apparire oppositori, di fronte a cittadino di Potenza amica, di un'esplorazione che si presenti come avente un carattere meramente scientifico".

406 di non volere ingrandire la questione e di volersi limitare ad un indispensabile e legittimo atto di repressione'·

541 l D. 24561/232, non pubblicato.

543

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO .. ./651. Parigi, 8 giugno 1903, ore 18,40 (per. ore 20,40).

Parlando questa mattina col conte di San Martino, il presidente della Repubblica ha detto che egli non potrà andare a Roma durante l'estate, e che vi andrà certamente l'anno prossimo, quando il Parlamento sarà chiuso. Il Parlamento qui si riunisce in ottobre, suole rimanere riunito fino a dicembre inoltrato, riprende i lavori in principio di gennaio, ha vacanze non lunghe a Pasqua, e finisce in giugno. Avverto V.E. di tutto ciò perché, a parer mio, fino da ora è opportuno far intendere che da noi si aspetta la controvisita in ottobre prossimo2.

544

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 926. Roma, 8 giugno 1903, ore 23.

Non le ho fatto cenno smora dell'incidente recentemente occorso alla Camera dei deputati in occasione di una interrogazione del deputato Morgari, per

2 Per la risposta cfr. n. 550.

ché ritenevo che all'incidente stesso non si sarebbe data importanza. Ma poiché l'ambasciatore di Russia è venuto ieri a parlarmene, stimo utile di fornirle gli schiarimenti stessi da me dati ali 'ambasciatore, acciocché ella possa eventualmente valersene nelle sue conversazioni. Il deputato Morgari interrogava per sapere se era vera la notizia della venuta dello czar a Roma. Per non dare soverchio rilievo ali' interrogante ed alla sua interrogazione, rispose, come di consueto, il sotto segretario di Stato, dicendo non potersi dubitare che lo czar sarebbe venuto a Roma, dove sarà ospite gradito come il nostro sovrano fu ospite gradito a Pietroburgo, non essere però ancora comunicata l'epoca della visita. Si fu allora che il deputato Morgari prese la parola, e spalleggiato da non più di uno

o due colleghi, tenne verso lo czar uno sconveniente linguaggio, in mezzo alla disapprovazione generale, severamente e a più riprese interrotto dal presidente, il quale in ultimo ebbe parole di severa riprovazione per il deputato e di reverente deferenza per il sovrano della Potenza amica. Ed a sua volta, il sotto segretario di Stato, parlando in nome del Governo, vivamente protestò contro il linguaggio del Morgari, constatando di avere consenziente nella protesta il presidente, che si sforzò di. togliergli la parola, e l'intera Assemblea rappresentante la Nazione. L'incidente è stato certamente spiacevole, ma fu atto individuale di un deputato, né la immunità parlamentare consentiva che altrimenti si provvedesse se non con la riprovazione e la protesta. Questo si fece e l'applauso unanime della Camera è stata degna risposta all'indegno linguaggio del deputato. Confido che questi schiarimenti varranno, occorrendo, ad eliminare ogni incresciosa e meno esatta impressione.

542 l Si pubblica qui la parte finale del R. riservato 1864/726 di Tornielli del 6 giugno: "Anche per non lasciare nascere l'idea che il R. Governo si disinteressi degli affari del Marocco che tante e gravi conseguenze potrebbero avere per le relazioni delle Potenze fra di loro, io sono solito d'intrattenermi con il signor Delcassé de' medesimi ogni volta che qualche incidente, sia pure di secondaria importanza, chiama sovra di essi l'attenzione. E così, in un colloquio che ebbi il 3 di questo mese con questo signor ministro degli affari esteri, ebbi l'occasione di sentire esprimere gli stessi concetti portati il dì seguente dal signor Com bes alla tribuna ... Hanno per certo, signor ministro, queste dichiarazioni, oltre al loro valore intrinseco, quello che deriva dalla sincerità dell'intenzione del presente Ministero di non lasciarsi strascinare in una grossa impresa guerresca africana. Né io di questa sincerità avrei ragione di dubitare. Ma, dopo che le tribù rifugiatesi nel Figuig e gli abitanti stessi di quella regione avranno subito i rigori della repressione militare francese, la situazione non si troverà notevolmente mutata poiché i pericoli inerenti alla medesima nascono dal contatto in cui i francesi sono venuti con le popolazioni indomite che non si trovano soltanto sulla frontiera ma si estendono alla massima parte del Paese che forma l'interno dell'Impero marocchino. Non è d'oggi che si conoscono le conseguenze di tali contatti per i popoli colonizzatori".

543 l Il telegramma non è stato protocollato in arrivo.

545

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL CONSOLE AD HANKOW, PRAT

D. 27033/12. Roma, 8 giugno 1903.

Apprendo dal rapporto della S.V. 22 aprile u.s. n. 301 che il procuratore di codeste missioni, mantenendo le spontanee, sue precedenti dichiarazioni, ha usato parità di trattamento a lei ed al suo collega di Francia per il posto in chiesa.

Nel mentre mi compiaccio del risultato ottenuto dalla S.V., mi è soprattutto grato di constatare che ciò poté avvenire senza contrasti col console di Francia mercè il cauto di lei procedere.

In attesa che ella mi faccia poi conoscere anche la definitiva risoluzione della questione dell'ospedale ...

545 I R. 124/30, non pubblicato.

546

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 8 giugno 1903.

Sono grato assai a V. E. dello avere, facendone oggetto di personale invio l, richiamata la mia attenzione sopra il rapporto con cui il tenente colonnello Del Mastro riduce alle giuste proporzioni le informazioni che dal titolare del r. vice consolato in Spalato erano pervenute circa predisposizioni militari di codesto Governo in vista dei possibili avvenimenti nei Balcani. Confido, poi, soprattutto che nulla di spiacevole sarà per derivare dalle inconsulte agitazioni a cui fornirono purtroppo occasione o pretesto i fatti di Innsbruck; è stato un vero vento di follia, che fortunatamente accenna, oggi, a cessare; ed in ogni modo lo stesso barone Pasetti ha potuto constatare che il R. Governo non mancò, in così fastidiosa circostanza, di fare scrupolosamente il debito suo.

Poiché V.E. lo desidera, le spiegherò meglio che non mi sia riuscito nel dispaccio ufficiale del 10 maggio2, il mio pensiero circa le istruzioni che, a mio avviso, non sarebbe stato inopportuno di dare ai nostri rispettivi consoli in Albania. Certamente, come con ragione ella osserva, non sarebbe stato il caso di affidare a quei consoli la ricerca dei provvedimenti atti a meglio assicurare in Albania la preservazione del programma di statu quo in cui sono consenzienti i due Governi. Questa ricerca, questo studio e le eventuali proposte spettano, non già ai consoli, ma ai due Governi, i quali potranno, quando lo stimino conveniente, fame oggetto di un reciproco scambio di idee. Però l'opera dei due Governi, se non mi illudo, avrebbe potuto essere grandemente agevolata, qualora, come accennavo nel mio dispaccio del 10 maggio, i loro agenti rispettivi, resi conscii, mercè precisa avvertenza, che i due Governi sono e vogliono fermamente rimanere concordi per le cose di Albania, avessero avuto istruzione di tenersi in reciproco contatto, sia per un migliore e più sicuro servizio di informazioni, sia per una efficace azione presso le autorità locali a beneficio di quelle popolazioni, non d'altro ansiose che di avere una onesta ed umana amministrazione. Oggi, accade, purtroppo, tutto l'opposto: gli agenti austro-ungarici e gli agenti italiani, in Albania, sono in reciproco atteggiamento di sistematico sospetto, si sorvegliano a vicenda, e della loro manifesta discordia si giova l'autorità locale per negare ogni beneficio, ogni miglioramento a quelle misere popolazioni. V.E. ricorda opportunamente un esempio tipico, ma non unico, del modo in cui gli agenti italiani fantasticamente considerano l'azione dei loro colleghi austro-ungarici; non sarei stupito se analoghe fantasie fossero giunte a Vienna dagli agenti austro-ungarici sul conto dei colleghi italiani. In tali vicendevoli condizioni di spirito, come si può sperare tra gli agenti dei due Paesi quella mutua collaborazione che pur sarebbe tanto vantaggiosa per i fini comuni dei due Gabinetti?

546 1 Cfr. n. 530. 2 Cfr. n. 486.

Per quanto possa sembrare strano ed assurdo che si perpetui il fenomeno di agenti reciprocamente diffidenti o discordi, mentre sinceramente concordi sono i Governi da cui dipendono, riconosco che non sarebbe stata facile impresa il modificare un simile stato di cose, male inveterato, che risale al tempo in cui ben diversi erano i reciproci rapporti tra i due Governi e ben diversa la loro politica nelle regioni balcaniche. Ma io avrei sufficiente fede nello spirito di disciplina, che è proprio dei nostri funzionari i per vincere, in essi, l 'effetto del morbus consularis, e per ridurli ad una più esatta coscienza di quello che deve essere, in Albania, il loro atteggiamento verso i colleghi austro-ungarici; e quando pure una perfetta reciprocità di atteggiamento non si fosse potuta ottenere, si sarebbe avuto, in ogni modo, il vantaggio di far comprendere, in termini non dubbii, ai rispettivi agenti, il fermo intendimento dei due Governi di procedere d'accordo nelle cose di Albania.

Questi erano i miei concetti: mi premeva di chiarirli a V.E. in guisa da eliminare ogni eventuale malinteso; né vorrei ulteriormente insistere. Ma se V.E. avrà opportunità di discorrerne ancora, a titolo accademico, col conte Goluchowski, questi non potrebbe non ravvisarvi un nuovo pegno di scrupolosa lealtà della nostra politica.

547

IL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 894/133. Bucarest, 8 giugno 1903 (per. il 12).

Accennando ai legami di sincera amicizia esistenti tra i due Paesi, nonché alla comunanza di vedute nelle questioni relative alla penisola balcanica e similitudine d'interessi del! 'Italia e della Rumania in quella regione, questo signor ministro degli affari esteri mi espresse il desiderio che tra il nostro ambasciatore ed il ministro rumeno a Costantinopoli si stabiliscano relazioni d'intimità e cordialità corrispondenti alla situazione di cui sopra e che il signor Alessandro Emanuele Lahovary, attualmente accreditato presso il sultano e ben conosciuto costì dove rappresentò durante parecchi anni il suo sovrano e lasciò buoni ricordi di sé, possa eventualmente trovare presso il marchese Malaspina consiglio ed appoggio, ben inteso nelle circostanze e nei limiti che giudicherà possibile e gli permetteranno le proprie istruzioni.

L'E.V. sa che i rumeni di Macedonia, i cosiddetti cutzo-valacchi, non solo non prendono parte alle agitazioni contro la dominazione ottomana, ma incoraggiati in ciò da questo Governo si mostrano anzi fedeli sudditi del sultano e ne godono quindi le simpatie. Tuttavia, malgrado le buone disposizioni della Maestà Sua Imperiale verso di essi, il Gabinetto di Bucarest non è ancora riuscito a ottenere in favore delle loro scuole e delle loro chiese alcune concessioni chieste da tempo. E ciò a motivo principalmente del!' opposizione del Patriarcato greco, sostenuto probabilmente nella sua resistenza dalla Russia. Ad esempio, sarebbe vivo desiderio del Gabinetto di Bucarest e dei rumeni di Macedonia l'avere colà un vescovo della loro nazionalità: ma quantunque la Sublime Porta abbia più volte lasciato sperare che verrebbe data soddisfazione a tale desiderio, le pratiche fatte all'uopo sono sempre rimaste infruttuose. Qualora l'E.V. non vi scorgesse inconveniente, una parola del nostro ambasciatore potrebbe forse giovare alla favorevole soluzione di taluna di quelle questioni. Il signor Bratiano non formola tuttavia nessuna domanda concreta d'intervento amichevole da parte nostra, ma come esposi più sopra, si limita ad esprimere per mezzo mio il desiderio che venga raccomandato al marchese Malaspina di ben volersi prestare allo stabilimento di relazioni più intime tra lui ed il signor Lahovary e che quel r. ambasciatore venga autorizzato in generale a prestargli il proprio appoggio nelle occasioni in cui potesse farlo senza inconveniente per gli interessi e la politica dell'Italia, e nei limiti che crederà del caso.·

Ridotta a queste proporzioni sembrami che la domanda del signor Bratiano possa essere accolta e che sarebbe anzi opportuno il dare così alla Rumania -la sola Potenza della penisola balcanica sulle simpatie della quale l'Italia possa far seriamente calcolo e che, anziché ad osteggiarla, sia interessata a vedervi crescere la nostra influenza-una nuova prova tangibile dell'amicizia e buon volere del

R. Governo.

Nel mentre le sarò riconoscente di volermi porre in grado di fare una risposta al signor Bratiano' ...

548

IL MINISTRO DELL'INTERNO, GIOLITTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

N. RISERVATISSIMA 12049. Roma, 9 giugno 1903.

Ricevo le seguenti informazioni che comunico a V.E. per sua opportuna conoscenza:

«La sera del 5 corrente ebbe luogo nel noto locale di via Marmorelle (Roma) un'assemblea generale dell'Unione socialista romana con intervento di circa 200 soci per discutere sull'atteggiamento del partito socialista di fronte alla venuta in Roma dello czar.

La discussione fu animatissima essendo stati presentati sei ordini del giorno, tutti inspirati ad estrema violenza contro il detto sovrano.

Da ultimo fu deciso di mettere in votazione l'ordine del giorno presentato dal prof. Romeo Soldi con cui plaudendo all'on. Morgari ed in genere a tutta l'estrema sinistra per quanto fu detto ieri stesso in Parlamento contro la venuta dello czar, si lascia ampia facoltà al comitato direttivo dell'Unione socialista romana di iniziare e fare tutto quanto riterrà del caso.

547 I Per la risposta cfr. n. 570.

Certo Spada Elleno dichiarò, a nome del comitato suddetto, di accettare tale ordine del giorno, assicurando che il comitato estenderà il proprio lavoro sino ai più lontani confini con la massima energia, per portare l'agitazione in seno agli altri partiti estremi ed ali 'uopo promise di iniziare subito le pratiche opportune per stabilire un accordo coi repubblicani, con gli anarchici e possibilmente anche coi radicali.

Prese quindi la parola l'altro socialista Camerini Camillo, il quale dopo aver fatto rilevare che la visita dello czar serve unicamente agli interessi dinastici e non già a quelli proletari, pregò quindi il comitato direttivo di esaminare se sia il caso di redigere un manifesto da diramarsi nel Regno, per fare indire comizi, conferenze in seno ai vari partiti ed alle associazioni in genere, allo scopo di predisporre l'opinione pubblica in modo che i Governi d'Italia e di Russia restino impressionati e vada quindi a monte la progettata visita.

Il suddetto Spada dichiarò che il comitato avrebbe tenuto conto della proposta Camerini. In fine fu messo ai voti il citato ordine del giorno Soldi che venne approvato ali 'unanimità, e dopo di ciò la riunione ebbe termine.

Mi consta intanto che oltre ai socialisti, anche gli israeliti, senza distinzione di principi politici, cominciano ad agitarsi contro la venuta dello czar, in seguito alle notizie riportate dai giornali circa i massacri degli ebrei a Kissineff.

Difatti parlano già di ricevere lo czar non solo a fischiate, ma anche a colpi di pietra, per vendicarsi dei confratelli russi, a favore dei quali intanto l'avvocato Sereni presidente della università israelitica locale ha iniziato una sottoscrizione che sinora ha reso molto».

549

IL CONSOLE AD HANKOW, PRAT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 168/45. Hankow, 9 giugno 1903 (per. il 19 luglio).

Ho l'onore di riferire a V.E. che il giorno 24 maggio arrivò in Hankow la r. nave "Lombardia" (comandante Pastorelly) e che pochi giorni dopo essa fu raggiunta dalla "Calabria" (capitano Castiglia, comandante la divisione navale). L'idea del comandante Castiglia di far trovare contemporaneamente le due navi fu eccellente specie se si tien conto dell'insolito movimento di navi da guerra che già avevo segnalato in precedenti rapporti, e specialmente dopo la venuta del)'ammiraglio Bridge colla corazzata "Glory'' ed altre navi, e dopo quella del vice ammiraglio francese colla corazzata "Montcalm" e varie cannoniere. Il "Montcalm" si trovava ancora in Hankow quando giunsero le nostre navi, ed a questo proposito debbo riferire un incidente interessante per ciò che riguarda la nostra posizione di fronte alle missioni. Appena arrivato il "Montcalm", si recò a bordo uno dei nostri missionari ad ossequiare l'ammiraglio in nome del vescovo monsignor Carlassare. L'ammiraglio rispose con franchezza di buon marinaio che gradiva l'omaggio e che si proponeva di andare poi egli stesso a far la prima visita al vescovo. Ma poi il console di Francia, da quanto mi assicurano i missionari, che hanno un buon servizio d'informazioni, avrebbe dissuaso l'ammiraglio dal far quella visita, dimostrandogli che tanto pel suo grado personale, quanto per essere la Francia protettrice del cattolicesimo, spettava al vescovo far primo la visita. Così né l'ammiraglio andò al convento, né il vescovo a bordo del "Montcalm".

Invece i nostri due comandanti, che avevano perfettamente capita la situazione, andarono dal vescovo, visitarono cogli ufficiali l'orfanotrofio, l'ospedale e tutti gli stabilimenti delle missioni, permisero agli equipaggi di andar numerosi alla messa il giorno di Pentecoste, e così il vescovo, appena partito il "Montcalm", andò a far visita a bordo della "Calabria" (la "Lombardia" era già partita) e tanto egli, quanto i suoi missionari, espressero in modo non dubbio la loro soddisfazione.

La venuta delle due navi è stata un fatto importante specie dal punto di vista delle missioni, le quali sembrano ora assai propense a venire a noi, e a cui dobbiamo infondere la persuasione che abbiamo in Cina i mezzi di proteggerle, occorrendo, colla forza, e che le nostre offerte di aiuto non sono solo dichiarazioni platoniche.

E' un lavorio costante, giornaliero, che io debbo fare per combattere la diffidenza degli uni e le incertezze degli altri, ma comincio ora a non disperare del tutto di poter arrivare alla meta. Il padre Piccoli, procuratore delle missioni, uomo di molta intelligenza e assai più influente ed autorevole dei varii vescovi, mi ha dato recentemente prove reali della sua buona volontà. Egli mi ha già chiesto i passaporti per tre suore, e ieri mi espresse la speranza che poco a poco i missionari italiani e le suore domandino tutti il passaporto al consolato italiano.

La "Calabria" ripartì il giorno 5 corrente dopo essersi recata a Wuchang (città sita sull'altra sponda del Yantze a mezz'ora da Hankow) per il saluto alla piazza, e per la visita al vice re, per la quale io avevo tutto disposto in antecedenza.

Il comandante Castiglia, che io accompagnai col mio interprete, fu ricevuto cogli stessi onori e collo stesso cerimoniale usati pochi giorni prima per gli ammiragli inglese e francese ed il vice re venne personalmente a bordo a restituire la visita.

Fu anche tenuta, in onore del nostro comandante, una rivista ed una manovra delle truppe di Wuchang, le quali hanno giustamente fama di essere fra le meglio organizzate delle truppe cinesi, per le speciali cure che vi impiegò il vice re Changchitung, che vi tiene per organizzarle ed istruirle ufficiali tedeschi e giapponesi.

Non posso chiudere questo mio rapporto senza accennare alla nota simpatica lasciata qua dai nostri marinai che, sfidati dagli americani, vinsero brillantemente una regata, e che, fra i varii equipaggi esteri, furono i soli ad accorrere di notte in un sobborgo cinese o ve era scoppiato un incendio, domato per opera loro l.

549 l Allegato al rapporto è il seguente appunto di Malvano: "Ringraziare e compiacersi, sia per i · cordiali diportamenti dei nostri ufficiali verso le missioni, sia per le attestazioni di deferenza avute presso le autorità localj. Approvare l'atteggiamento del console verso le missioni: accordando ad esse, quante volte sia richiesta, la protezione del R. Governo, il console si attiene ad una linea di condotta inappuntabile e tale che, essendo conforme al tacito accordo stabilitosi con la Francia nel tempo dei recenti torbidi, non può neppure dar luogo a conflitti col Governo della Repubblica. Alla Marina lodando e compiacendosi (estratto)".

550

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 10 giugno 1903, ore 10,50.

Ho francamente fatto conoscere ali 'ambasciatore Barrère ciò che V.E. mi ha telegrafato essere stato detto dal presidente Loubet al conte di S. Martino!. L'ambasciatore non è informato; si è incaricato di chiarire la cosa, appoggiando che la con~rovisita non debba essere troppo differita. Naturalmente sarà durante la presenza di Sua Maestà a Parigi che avremo migliore agio ed opportunità di trattarne. Intanto però V.E., quando se ne presenti occasione, potrà sin d'ora tenere come per conto proprio tale linguaggio che lasci intendere essere qui la contro-visita aspettata entro il prossimo autunno non potendosi, tra l'altro, comprendere un lungo indugio verso la Corte d'Italia di fronte alla quasi immediata controvisita a Londra. V.E. può confermare al signor Delcassé che io avrò l'onore di accompagnare Sua Maestà a Parigi.

551

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 655/262. Londra, l0 giugno 1903 (per. il 13).

Ho ricevuto il telegramma di ier l'altro! col quale V.E. si compiacque informarmi delle assicurazioni a lei date spontaneamente dall'ambasciata di Francia circa il significato della recente spedizione punitiva francese a Figuig e il proposito del Governo della Repubblica di limitarsi ad un indispensabile e legittimo atto di repressione.

Essendomisi offerta ieri l'occasione di far cenno di ciò a questo signor ministro degli affari esteri, Sua Signoria mi disse che l'ambasciatore di Francia gli aveva qui tenuto un identico linguaggio: e queste dichiarazioni, aggiunse il marchese di Lansdowne, sono state da lui accolte nel medesimo spirito di fiducia e lealtà col quale gli vennero volontariamente offerte.

Non diversa è l'attitudine dell'intera stampa inglese di fronte all'attuale azione delle autorità algerine sui confini del Marocco, la quale viene generalmente accolta e giudicata con perfetta tranquillità.

551 l Cfr. n. 542.

Se si considera quali sospettosi commenti una simile spedizione avrebbe provocato fino a pochi anni or sono in Inghilterra, ciò permette di misurare la modificazione di recente verificatasi nelle disposizioni di questo Paese verso la Francia. M. Cambon col quale ebbi pure a intrattenermi, se ne compiace sopra tutto come di un nuovo sintomo della «schiarita atmosfera» che fu precipuo scopo della sua missione di creare fra le due Nazioni.

550 l Cfr. n. 543.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 935. Roma, 11 giugno 1903, ore 18.

Il ministro di Serbia è venuto a comunicarmi un telegramma con cui signor Avacumovich presidente del Consiglio dei ministri formatosi in seguito all'uccisione del re e della regina, annuncia che il nuovo Gabinetto ha assunto la direzione della pubblica cosa, richiamando in vigore la precedente costituzione e convocando a breve termine l'antico Senato e l'antica Camera, acciocché procedano, secondo la costituzione a costituire il potere regio!. Prego V.E. telegrafarmi l'impressione di codesto Governo di fronte a così gravi casi in Serbia, in vista soprattutto della candidatura Karageorgevich che, come il r. ministro a Belgrado telegrafa2, parrebbe essere proclamata dalla opinione popolare3.

553

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. CONFIDENZIALE 939. Roma, 11 giugno 1903, ore 19.

L'ambasciatore di Germania è venuto a farmi conoscere la sostanza di un dispaccio confidenziàle del suo Governo. Il conte di Bi.ilow si preoccupa della agitazione anti-austriaca recentemente manifestatasi in Italia. Egli teme che questa agi

3 Per le risposte da Berlino, Vienna e Pietroburgo cfr. nn. 556, 557 e 559. Non si pubblicano le risposte da Londra (T. 1189 del 12 giugno), Parigi (T. 1195 del 12 giugno) e Costantinopoli (T. 1215 del 13 giugno).

tazione possa avere gravi conseguenze, anche fino a mettere in pericolo la alleanza tra l'Italia e l'Austria-Ungheria. Ciò che accade è tanto più spiacevole in quanto che, appunto ora, l 'imperatore Guglielmo si proponeva di approfittare del suo prossimo viaggio a Vienna per indurre l'imperatore Francesco Giuseppe alla visita in Roma, come ne darebbe l'esempio il presidente Loubet. Il cancelliere apina che a frenare il movimento ed a rimuovere lo screzio tra Roma e Vienna gioverebbe qualche opportuna manifestazione del R. Governo. A mia volta, ho osservato che la preoccupazione del conte di Biilow mi sembrava esagerata, non potendo io ammettere che una sterile, per quanto incresciosa e riprovevole agitazione di una esigua minoranza, abbia a menomare l'efficacia di un solenne trattato che impegna la fede delle due Nazioni. Il R. Governo, dal canto suo, non aveva mancato, e non mancherà mai, di fronte ad un movimento che deplora e riprova, al debito di vigilare, di prevenire e di reprimere quante volte occorra; compito questo che, purtroppo, è reso anche più spinoso dal linguaggio spesso intemperante del giornalismo austro-ungarico. Della correttezza dei nostri procedimenti ha potuto, del resto, rendere testimonianza lo stesso ambasciatore Pasetti. Per quanto personalmente mi concerne, non tralascerò mai di adoperarmi per la cordialità dei rapporti tra l'Italia e la vicina Monarchia, essendo mio fermo e profondo convincimento che la reciproca amicizia, anche all'infuori della reciproca alleanza, sia la migliore e più sicura guarentigia della nostra politica. Però ritengo che sarebbe andare precisamente contro lo scopo se il R. Governo si facesse ora ad enunciare dichiarazioni che, intrinsecamente superflue, avrebbero il solo risultato di dare occasione o pretesto a rincrudire una agitazione la quale, non avendo un pratico obiettivo, si è oramai spenta da se stessa. L'ambasciatore di Germania recherà, io penso, queste mie considerazioni a notizia del suo Governo, ed io desidero informarne pure V.E. acciocché ella possa eventualmente giovarsene nel suo linguaggio!.

552 l Analoghe notizie furono comunicate da Magliano con T. 1183 dello stesso Il giugno, non pubblicato. 2 Con T. 1179, pari data Magliano aveva comunicato: "Masse di popolo esultanti fraternizzano colle truppe acclamando Karageorgevich".

554

IL CONSOLE GENERALE A TRIESTE, SQUITTI, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

R. 2157. Trieste, 11 giugno 1903.

Le dimostrazioni antiaustriache seguite ultimamente in tante città d'Italia hanno contribuito a tener viva e ad accrescere nella maggior parte della popolazione di Trieste l'eccitazione già grande che i fatti di Innsbruck vi avevano provocata.

Essa si mostra ad ogni benché minima occasione, ad ogni tratto, sotto varie forme, talora anche puerili, e presenta un innegabile pericolo per il mantenimento dell'ordine pubblico, se si pon mente alla possibilità di qualche dimostrazione in senso contrario al sentimento della maggioranza da parte della schiera relativamente poco numerosa, ma aggressiva, dei nemici dell'elemento italiano.

Una siffatta possibilità non è da escludersi. Che anzi a parecchie riprese fu tentato di organizzare pubbliche manifestazioni di lealtà all'Austria ed ostilità all 'Italia, per contrapporle alle altre, e, non più tardi di tre giorni fa, solo per effetto di prudenti disposizioni preventive, prese a tempo dalla luogotenenza, si è potuto evitare una clamorosa dimostrazione del genere, che era stata preparata per il momento di una ritirata militare con musica.

La tensione degli animi è tale che un fatto simile, il quale non sarebbe dal partito opposto lasciato senza risposta, potrebbe far nascere deplorevoli incidenti.

La superiore autorità politica rappresentata dal luogotenente, conte Goess, è fatta segno ai più vivaci ed insistenti attacchi da parte dei così detti amici dell'Austria, i quali lo accusano di troppa longanimità, poca energia e nessun rigore verso l'agire dei liberali-nazionali, di cui tollera, a loro avviso, quasi connivente, le più palesi espressioni di fede irredentista.

Così la serietà ed imparzialità di questo egregio funzionario, il suo rispetto dei diritti di tutti, garantiti dalle leggi dell'Impero, senza riguardo alle differenze di nazionalità, il suo spirito onesto e conciliante, gli sono da costoro rimproverati come altrettante mancanze alla tutela efficace degli interessi politici dell'Austria a Trieste mentre esaltano il direttore di polizia, cavaliere Busich, riputato più conscio dei doveri che incombono alla rappresentanza in Trieste del Governo centrale, di fronte all'agitazione italiana.

Comunemente si ritiene, però, che la posizione del conte Goess sia molto solida, perché egli gode la piena fiducia dell'imperatore, dalla cui alta volontà attinge il suo contegno!.

553 1 Il telegramma fu comunicato in pari data a Nigra con T. 940 "per notizia strettamente personale e norma di V.E.". Per la risposta di Lanza cfr. n. 560.

555

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 942. Roma, 12 giugno 1903, ore 12.

Prego telegrafarmi quale atteggiamento codesto Governo intende prendere verso Governo provvisorio serbo, e segnatamente se suo rappresentante in Bel

grado sarà autorizzato ad avere con esso rapporti implicanti un riconoscimento di fattoi.

554 l Si pubblica qui un passo della lettera a Zanardelli dello stesso 11 giugno con cui Giolitti rassegnava le dimissioni in seguito al voto parlamentare del 10 giugno (ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle Carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., pp. 303-304): "Sugli amici poi che ieri ci abbandonarono non si può fare più assegnamento. Quando penso che neppure il tuo elevatissimo discorso, che neppure la tua formale promessa di fare la luce più completa valsero a trattenerli dallo schierarsi contro il Ministero, non mi posso fare a tale riguardo alcuna illusione; essi ormai sono trascinati dagli elementi più intransigenti, e se potremo avere il loro voto in qualche questione popolare, li avremo contro ogni qualvolta si tratterà di necessità di governo; ne ebbi la prova nel loro contegno riguardo al pericoloso movimento irredentista, quando essi non esitarono a trattare il ministro dell'interno come privo del sentimento di italianità solo perché avevo adempiuto ai più elementari doveri di lealtà internazionale".

556

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1188/66. Berlino, 12 giugno 1903, ore 14,03 (per. ore 15,25).

Per quanto già posizione del re Serbia fossesi profondamente scossa, notizia della tragedia di Belgrado, giunse qui come fulmine a ciel sereno. Notizie precise sulla preparazione e svolgimento della catastrofe, mancano tuttora. Questo ministro di Serbia dette comunicazione a questo Governo telegrammi con i particolari identici a quelli ricevuti comunicati costà e nulla più. Governo imperiale non si pronunzia ancora sulla sua attitudine, riguardo candidatura Karageorgevitch, ma poiché pare che essa non incontri opposizione a Vienna, come risulta dall'articolo della Fremdenblatt di stamane, credo non andare errato nell'affermare che niun ostacolo essa troverà a Berlino, dove, del resto, si mantiene sempre maggior possibile neutralità. Aggiungo che qui si affida che mediante accordo tra Vienna, Pietroburgo, questione non avrà conseguenze oltre confine Serbia, e si possa aspettare, senza gravi preoccupazioni, ulteriore svolgersi degli avvenimenti.

557

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1193. Vienna, 12 giugno 1903, ore 18,20 (per. ore 20).

L'impressione di Goluchowski, che ho veduto oggi, sui casi di Serbia è la seguente. Egli deplora naturalmente dal punto di vista umano e piange la tragedia di Belgrado, ma il Governo austro-ungarico continuerà ad astenersi da ogni ingerenza negli affari interni della Serbia, al cui Governo non chiederà che l'adempimento dei doveri di buon vicinato e degli obblighi internazionali. La Serbia sarà

libera di costituire il suo nuovo Governo come l'intende, e conte Goluchowski è lieto se questo avvenimento, com'è annunziato, è in forma monarchica. Il candidato Karageorgevich non è fra quelli che l'Austria-Ungheria avrebbe interesse ad escludere, ed il Governo austro-ungarico non solleverà nessuna difficoltà alla sua elezione. Aggiungo che giornale ufficioso Fremdenblatt nel suo numero odierno esprime lo stesso concetto, considerando come soluzione naturale l'assunzione al trono serbo della casa Karageorgevich, e facendo auguri per un migliore Governo futuro.

555 1 Si pubblica solo la risposta da Londra (n. 558). Le altre risposte (T. 1194, Vienna, 12 giugno, T. 1195, Parigi, 12 giugno, T. 1206, Berlino, 13 giugno, T. 1210, Pietroburgo, 13 giugno) non sono pubblicate.

558

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1212/811. Londra, 13 giugno 1903, ore 17,47 (per. ore 20,25).

Governo britannico, avendo scandagliato Gabinetto austriaco circa la sua attitudine verso il Governo provvisorio serbo, ne è risultato Gabinetto si propone di mantenere a Belgrado proprio rappresentante per il disbrigo degli affari correnti, e ciò anche in vista della opportunità di non perdere contatto cogli uomini attualmente al potere, i quali, se totalmente abbandonati a se stessi, potrebbero forse anche indursi a qualche atto inconsulto pericoloso per gli interessi generali. Governo britannico non ha, fino ad oggi, presa alcuna risoluzione, ma, pur riconoscendo obbligo morale che vi sarebbe di manifestare riprovazione per le commesse atrocità e per il modo incosciente in cui vengono accolte in Serbia, vi è motivo di ritenere che esso si uniformerà al contegno dell'Austria-Ungheria.

559

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1209/22. Pietroburgo, 13 giugno 1903, ore 18,16 (per. ore 20,25).

Conte Lamsdorff, il quale mi aveva fissato per oggi appuntamento, ha tenuto nel corso della conversazione a insistere sulla nota che, per ora, nulla si può pre

vedere sulla situazione. Esso è stessa idea del Governo imperiale di non immischiarsi negli affari interni di qualsiasi Paese. Avendo io insistito, egli mi ha detto escludere la possibilità di complicazioni internazionali, essere assolutamente d'accordo con l'Austria, ed attendere il voto deli'Assemblea che è prossimo. Dal complesso della conversazione, ho avuto l'idea che, pur tuttavia il ministro non avendo voluto pronunziarsi, la proclamazione del Karageorgevitc sarebbe vista come naturale soluzione.

558 l Risponde al n. 555.

560

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1213/78. Berlino, 13 giugno 1903, ore 19,28 (per. ore 20,45).

Rispondo suo telegramma 9391. Sebbene fossi sicuro che Monts aveva già informato cancelliere d eli 'Impero della risposta di lei, tuttavia ho creduto opportuno dare comunicazione io stesso a Bi.ilow personalmente del testo del telegramma di V.E., cui rispondo. Bi.ilow è grato a V.E. per le sue franche e leali dichiarazioni di fronte ad un passo che egli aveva fatto, mi disse così, di sua iniziativa, e soltanto per il timore che il recente movimento anti-austriaco da noi verificatosi, potesse nuocere in qualche modo ai buoni rapporti tra l'Italia e l'Austria-Ungheria. Bi.ilow conviene poi sostanzialmente con V.E. circa inopportunità, stato attuale delle cose, di dichiarazioni da parte del R. Governo e ciò per le considerazioni da lei svolte a Monts, il quale le riferì qui in modo esattamente rispondente a quanto ella volle telegrafarmi. Bi.ilow mi ha incaricato poi esprimere sua gratitudine a V.E. per le cose dette a Monts circa viaggio di Sua Maestà a Parigi. Quel viaggio rientra nell'ordine di idee del conte di Bi.ilow per quanto concerne la convenienza per l'Italia di mantenere le migliori relazioni colla Francia. Il cancelliere de li 'Impero non si nasconde però che a Parigi si cercherà di utilizzare il viaggio del re a danno dei cordiali rapporti deli' Italia coli'Austria-Ungheria e colla Germania. Egli mi ha quindi fatto presente la opportunità di essere cauti in quell'occasione a Parigi, ove certamente non si tenterà passi diretti a conseguire la rottura dell'alleanza ma non si tralascerà occasione per giungere a diminuirne la efficacia.

560 I Cfr. n. 553.

561

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. CONFIDENZIALE 958. Roma, 15 giugno .1903, ore 16.

L'ambasciatore di Austria-Ungheria è venuto, per istruzione del suo Governo, a farmi una comunicazione circa le cose di Serbia. Il Gabinetto di Vienna si dichiara pronto a riconoscere il principe Pietro Karageorgevitch a re di Serbia tosto che fosse regolarmente eletto. Il Gabinetto l. e R. smentisce inoltre recisamente le voci di concentrazioni militari al confine serbo.

562

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. 960. Roma, 15 giugno 1903, ore 23.

Il ministro di Serbia è venuto a notificarmi l'avvenuta elezione del principe Pietro Karageorgevich a re di Serbia.

(Per Vienna Berlino e Pietroburgo) Prego telegrafarmi se ed in quale forma, ora che l'elezione è avvenuta, codesto Governo si propone di autorizzare il suo ministro ad avere rapporti ufficiali col Governo di fatto che a Belgrado si è costituito l.

563

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1363/23. Addis Abeba, 15 giugno 19031.

Oggi ho ricevuto telegramma del 25 maggio n. 8472, esso incrociato con rapporto mio3 spedito che comunica riuscita completa piano inglese circa ferrovia

2 Cfr. n. 497, nota 2.

3 Cfr. n. 761, nota l.

Berbera e soppressione monopolio francese. Successo conseguito principalmente per intervento occulto questa legazione ufficialmente tenutasi neutrale conformità istruzioni contenute dispaccio V.E. n. 583064. Circa comunicazione Harrington, fo osservare che egli privatamente già conosce mia opera nascosta per riuscita suo piano, perciò successo conseguito da Inghilterra, ed a quest'ora noto a Londra, dà materia chiedere corrispettivo trattamento circa ali 'allacciamento a ferrovia Eritrea, cui dispaccio di V.E. n. 129125, che mi prescriveva agire col mezzo di Harrington per ottenere tale scopo contro corrispettivo suo appoggio non ufficiale presso Menelik. Far risalire questo successo al passo fatto da ambasciatore d'Inghilterra, anziché a precedenti ordini codesto Governo, potrebbe dare pretesto Governo britannico non riconoscere nostro appoggio perché dal confronto data dell'ultima conferenza con l'E.V. potrebbe risultare doversi successo esclusivamente Harrington.

562 l Per la risposta da Vicnna cfr. n. 569. Non si pubblicano le risposte da Berlino e Pietroburgo (T. 1256 e T. 1257 del 17).

563 l Il telegramma fu trasmesso da Martini il 29 giugno da Ghinda con la seguente aggiunta: "A questo proposito segue mio rapporto in risposta al dispaccio 29 maggio [cfr. n. 513] circa Italia Inghilterra in Etiopia". Il rapporto di Martini, confidenziale 373, datato Ambatcalla, 21 agosto, non si pubblica per la sua lunghezza.

564

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. CONFIDENZIALE 28041/229. Roma, 15 giugno 1903.

Dai documenti annessi al dispaccio del 7 febbraio scorso, n. 6313/561, la

E.V. avrà appreso come il Governo britannico, nel dichiarare essere suo vivo desiderio di agire d'accordo con l'Italia nei negoziati per determinare i confini tra l'Abissinia e il protettorato britannico de li'Africa orientale e di non procedere ad alcun accordo che potesse ledere i nostri interessi, assicurava che il rappresentante britannico avrebbe ricevuto nuove istruzioni in questo senso.

Ora, da un rapporto del ministro Ciccodicola del 20 aprile scorso n. 772, che in via del tutto confidenziale, comunico alla E.V., risulta che il colonnello Harrington non ha ricevuto queste espresse istruzioni, ma solamente ha avuto notizia dello scambio di note del 29 gennajo-9 febbrajo scorso3.

Scrivo al maggiore Ciccodicola4 autorizzandolo a dar lettura al colonnello Harrington delle note scambiate, acciocché questi possa chiedere istruzioni al suo Governo, essendo, del resto, cosa già assodata in base al protocollo del 24 marzo

5 Cfr. n. 407.

2 Cfr. n. 448.

3 Cfr. nn. 321 e 336.

4 Cfr. n. 565.

1891, e in virtù dello scambio di note succitato, che gli accordi tra Menelik e l 'Inghilterra per il confine verso il Giuba e verso il Rodolfo siano preceduti da opportune intese tra i nostri due Governi.

Per evitare, pertanto, che avvengano gli spiacevoli malintesi già verificatisi nella questione del Setit, è indispensabile che il rappresentante britannico in Addis Abeba abbia le precise istruzioni nel senso già concordato, né mancherà a V.E. il modo di accertarsi se le istruzioni di cui trattasi siano state mandate. In questo senso, ella vorrà amichevolmente esprimersi con lord Lansdowne, non dubitando il Governo del re che il Governo britannico non stringerà l'accordo con Menelik all'infuori del nostro intervento.

E affinché la E.V. sia informata del modo con cui questo Ministero ha posto la questione, le invio copia di un memorandum che il 30 maggio ho consegnato a sir F. BertieS.

Attendo sue comunicazioni dopo che avrà parlato con codesto Ministero degli affari esteri6.

563 4 Cfr. n. 245.

564 l Cfr. n. 336, nota 2.

565

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. RISERVATO 28054/129. Roma, 15 giugno 1903.

Mi sono giunti i suoi rapporti del 20 aprile scorso nn. 761 e 772.

Ella ha già, a quest'ora, ricevuto i miei telegrammi del 25 maggio scorso e del 7 giugno corrente3 relativi alla questione della ferrovia Gibuti Harar e alla questione di Lugh e della delimitazione italo-anglo-etiopica verso il Giuba. Quei telegrammi qui ora pienamente confermo e mi riferisco per quest'ultima questione all'unita memoria consegnata il 30 maggio 1903 a questo ambasciatore d'Inghilterra4. Ai concetti in essa espressi, ella vorrà conformare la sua condotta.

564 s Cfr. n. 517.

6 Per la risposta di Pansa cfr. n. 650.

2 Cfr. n. 448.

3 Cfr. nn. 497, nota 2 e 539.

4 Cfr. n. 517.

Circa il grave argomento al quale si riferiscono le considerazioni del rapporto

n. 77, le dirò che bisogna fare una netta distinzione tra l'azione riservata all'iniziativa del R. Governo in Etiopia nell'interesse soprattutto delle due colonie nostre dell'Eritrea e della Somalia, e l'azione che dovrebbe essere svolta da privati. Per parlare subito di quest'ultima, io non esito a riconoscere che, contrariamente a quanto avviene in altri Paesi, l'attività e il capitale italiano rifuggono quasi dalle imprese commerciali oltre mare specialmente per l'Etiopia. E' inutile di qui ricercarne le ragioni: solo è certo che gli sforzi del Governo per scuotere questa apatia sono stati finora poco efficaci.

Perché si abbia speranza di riuscire a qualche cosa, è necessario che, come è avvenuto per la missione di esplorazione mineraria oltre Mareb, il Governo presenti l'affare già formato. E però, il mezzo migliore e più efficace di raggiungere lo scopo è quello di presentare al R. Governo proposte concrete. lo la prego pertanto di volerei, come ha già fatto per la concessione oltre Mareb che fu senza esitazione appoggiata dal R. Governo, indicare quali altre concessioni e in quale forma e in quali regioni potrebbero essere chieste al negus a scopo commerci.

Risalendo poi a considerazioni d'ordine più generale è evidente che allo stato delle cose, è nostra convenienza di addivenire con l'Inghilterra ad intese concrete di ordine generale, in cui pel presente e per l'avvenire siano in Etiopia salvaguardati i reciproci interessi delle due Potenze amiche ed alleate, su basi da concertarsi, avuto riguardo, da una parte alla posizione dell'Italia in Eritrea e in Somalia e dall'altra alla posizione dell'Inghilterra nel Sudan, in Somalia e neli'East Africa Protectorate. Come le ho telegrafato il 25 maggio scorso, nella risposta data al Governo inglese il 23 maggio5 per la ferrovia Gibuti Harar, ho esplicitamente rappresentata la convenienza di addivenire a tali concrete intese. Ed io ora, come ho già fatto scrivendo al r. commissario civile per la Eritrea, interesso la S.V. a volermi indicare in forma concreta quali, secondo la S.V., dovrebbero essere i punti sostanziali del progettato accordo sia pel presente sia per l 'avvenire degli interessi italiani in Etiopia in relazione alla nostra posizione n eli' Africa orientale.

Ho preso notizia del fatto specifico da lei annunciato che non siano ancora giunte al colonnello Harrington le nuove espresse istruzioni promesse nella nota di sir Rennell Rodd del 29 gennaio u.s. La autorizzo a dar lettura al suo collega d'Inghilterra delle due note scambiate a Roma il 29 gennaio -9 febbraio 1903 comunicate a V.S. con dispaccio n. 326, e a pregarlo, con garbo, di voler chiedere istruzioni più esplicite al suo Governo prendendo occasione del ricevimento del bollettino di informazioni politiche. E ciò per evitare malintesi, che già avvennero nel negoziato per la delimitazione verso il Setit.

Come le scrivo e le ho telegrafato il 7 giugno non può dubitarsi che la delimitazione tra Etiopia e Inghilterra verso il Giuba e il Rodolfo deve avvenire d'accordo con l 'Italia, e questa consenziente, come ne abbiamo il diritto in base al protocollo del 22 marzo '91, e come ce ne ha fatto promessa amichevole il Governo inglese nella sua nota del 29 gennaio.

565 s Cfr. n. 497. 6 Cfr. n. 336, nota 2.

565 l Del R. riservato 76 si pubblica solo il passo seguente: " ... sempre più mi convinco che gl'inglesi non transigeranno mai a danno dei loro interessi per quanto possano essere sincere e cordiali le loro simpatie per noi. Le promesse e le vaghe assicurazioni del Cromer non devono né possono lusingarci. Non nascondo aii'E.V. che la mia azione presso Harrington, per quanto possa essere amichevole e cordiale, e condotta con manifeste testimonianze di speciale, personale simpatia, pure non trascuro di fargli comprendere che il mio sistema personale di condurre gli affari, e le mie vedute sulle questioni politiche sono molto conformi alle loro, cioè: niente per niente".

566

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 1240/24. Belgrado, 16 giugno 1903, ore 9,55 (per. ore 11,30).

Gradirei sapere se nei miei rapporti con Governo provvisorio ed in occasione prossima venuta re Pietro, posso uniformare mia attitudine a quella del ministro d'Austria-Ungheria!.

567

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1242/18. Cettigne, 16 giugno 1903, ore 12,30 (per. ore 14,15).

Annuncio proclamazione Karageorgevich accolto qui con grandi manifestazioni esultanza ufficiale, popolare. In presenza fatto compiuto, si dice ora di considerare elezione genero principe come pegno cordiali relazioni fra Serbia e Montenegro avviamento unione fra i due popoli.

568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO

T. 964. Roma, 16 giugno 1903, ore 13,10.

Mi riservo di darle ulteriori istruzioni circa il contegno da assumersi verso il Governo provvisorio in attesa che il re proclamato costituisca un Governo definitivo. Intanto, però, fin d'ora, per quanto concerne la comunicazione di codesto ministro degli affari esteri, la autorizzo a seguire il procedimento a cui si atterranno i colleghi di Austria-Ungheria e di Russia!.

568 l Risponde al n. 566.

566 l Per la risposta cfr. n. 568.

569

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1244. Vienna, 16 giugno 1903, ore 15,10 (per. ore 16,40).

Risposta a telegramma n. 9601. Le istruzioni mandate al ministro d' Austria-Ungheria a Belgrado sono queste: egli non avrà rapporti ufficiali coi ministri, fino a che il nuovo Governo non sarà riconosciuto, né risponderà alla comunicazione fattagli, ma se deve fare comunicazioni circa gli affari correnti, le dirigerà non già alla persona del ministro, bensì al Ministero. Quando il nuovo re avrà annunziato ufficialmente la sua assunzione i rapporti ufficiali saranno stabiliti.

570

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A BUCAREST, BECCARIA

D. 28220/97. Roma, 16 giugno 1903.

Mi è regolarmente pervenuto il rapporto de Ili 8 corrente n. 1331, con cui la S.V. mi ha fatto conoscere il desiderio a lei espresso da codesto ministro degli affari esteri che, cioè, tra il r. ambasciatore ed il ministro rumeno a Costantinopoli si stabiliscano relazioni di intimità e cordialità, corrispondenti ai legami di sincera amicizia esistenti tra i due Paesi, nonché alla comunanza di vedute nelle questioni relative alla penisola balcanica e alla similitudine d'interessi in quella regione.

Il signor Bratiano ha avuto cura di ben determinare in quali termini e per quali scopi l 'intimità dei rapporti reciproci dovrebbe stabilirsi tra i due rispettivi rappresentanti.

Tale essendo il desiderio di codesto Governo, come la S.V. me ne ha in così precisi termini riferito, ben volentieri aderisco, e, mentre scrivo in proposito al marchese Malaspina2, la autorizzo a rispondere in questo senso al ministro rumeno degli affari esteri, aggiungendo che il R. Governo è ben lieto di porgere, in questa occasione, nuova testimonianza della mutua cordialità ed amicizia tra i due Paesi.

570 l Cfr. n. 547. 2 D. 28295/262, pari data, non pubblicato.

569 l Cfr. n. 562.

571

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1261/83. Londra, 18 giugno 1903, ore 8, 17 (per. ore 11).

Marchese di Lansdowne mi disse che anche il ministro di Inghilterra a Belgrado fu autorizzato rimanere suo posto per il disimpegno degli affari correnti, salvo a considerare, a suo tempo, questione del riconoscimento del nuovo Governo, circa la quale Sua Signoria, soggiunse, non avere intenzione affrettarsi. Opinione pubblica e la stampa inglese manifestano infatti, viva indignazione per la proclamata impunità degli assassini di Belgrado, il che dà occasione, anche in Parlamento, ad interrogazioni e critiche sull'attitudine del Governo.

572

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO DELLA MARINA, BETTOLO

T. 977. Roma, 18 giugno 1903, ore 8, 45.

Se le navi che erano nell'Egeo non hanno ancora, nel loro viaggio di ritorno, approdato ai porti dell'Albania l, sarebbe bene che se ne astenessero, e se già vi si trovassero, che vi facessero la minima permanenza possibile e tornassero in Italia.

573

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. CONFIDENZIALE 981. Roma, 18 giugno 1903, ore 18,45.

E' probabile, secondo l'uso, che, indipendentemente dalle lettere reali con cui il nuovo sovrano serbo annuncerà il suo avvento al trono, il ministro degli affari esteri, nel Gabinetto che dal re Pietro sarà costituito, farà pervenire ai singoli Governi analogo annunzio, o per mezzo degli antichi rappresentanti di Serbia all'estero, o per mezzo dei rappresentanti esteri in Belgrado. La risposta a questa futura

572 I L'ordine di toccare i porti d eli' Albania era stato dato dal Ministero della marina su richiesta di Morin del 27 maggio.

comunicazione implicherà un atto di riconoscimento. Desidererei che V.E. indagasse, a tale riguardo, il pensiero di codesto Governo; se, cioè, il suo riconoscimento sarà accompagnato da alcuna dichiarazione o riserva, ed in quale senso, rispetto ai tragici avvenimenti che determinarono il nuovo ordine di cose in Serbia'.

574

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1275. Berlino, 19 giugno 1903, ore 17,26 (per. ore 19).

Conte Richthofen mi informa che imperatore di Russia ha ordinato lutto Corte 24 giorni per il re di Serbia: ne fu subito informato telegraficamente imperatore di Germania che trovasi a Hannover, ma conte Richthofen crede che, ciò non di meno, questa Corte non prenderà lutto. Come rilevasi dai miei precedenti telegrammi, Germania essendosi imposta somma riserva negli affari di Serbia, essa serberà attitudine di aspettativa fino a che nuovo re sia salito al trono e abbia costituito suo Governo. Certo essa riconoscerà re Pietro', ma non prima che esso abbia personalmente annunziato suo avvento e fatto palese sue intenzioni circa questione punizione dei colpevoli assassinio re Alessandro, regina Draga. Dopo le dichiarazioni Russia, dell'imperatore Austria-Ungheria e Inghilterra, quest'ultima questione non può essere più messa in tacere, ma Germania vorrebbe, possibilmente, !asciarla risolvere tra re Pietro e Gabinetto di Pietroburgo, Gabinetto austriaco. A me pare che politica di aspettativa si imponga anche a noi. Certo noi vogliamo evitare qualsiasi atto che possa essere interpretato come minore importanza data all'assassinio commesso a Belgrado ma al tempo stesso non vogliamo creare a nuovo re imbarazzi come quelli che sicuramente gli recheranno recenti, solenni comunicati del Governo russo.

575

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

MEMORANDUM CONFIDENZIALE. Roma, 20 giugno 1903.

The Memorandum which Admiral Morin communicated to Sir Francis Bertie on the 30th of May1 in reply to the inquiries which he made on the 10th of that

1284 e 1285 del 20).

month2 as to the attitude which the Italian Government would be prepared to adopt on the question of the Jibuti-Harrar Railway has been under the consideration of His Britannic Majesty's Government. They understand the purport of the Memorandum to be as follows:

The Italian Government are prepared to instruct their Representative at Adis Ababa to approach the Emperor Menelek with a view of obtaining His Majesty's favourable consideration of the project for the construction of a railway from Zeila or Berbera to Harrar.

The Italian Government are also prepared to use their influence with His Majesty for the attainment of two objects in connection with the genera\ question of the construction of railways, viz.

l. To eliminate all monopo\ising c\auses which have been or may be inserted ili the Railway Concessions with regard to ways of communication between Adis Ababa and the coast, and:

2. To leave the field clear to the initiative and capita\ of all States for the construction of other Railways in Ethiopia, including that which is to connect Harrar and Adis Ababa.

The Italian Government express the hope that the proposed railway in the Soudan from the Nile to the Red Sea may be connected with the Colony of Erythrea at Kassala, and they suggest the desirability of a definite understanding with His Britannic Majesty's Government by which the interests of the two Powers would be reciprocally safeguarded on the basis of an agreement, having regard to their respective positions in Erythrea and Somaliland on the one hand, and in the Soudan, Somaliland and the British East African Protectorate on the other.

His Majesty's Government have learnt with great pleasure that the Italian Government desire to cooperate with them in regard to the Railway question, and they cordially adhere to the two principles in regard to the construction of Railways in Ethiopia which the Italian Government are prepared to support and they will gladly join their efforts to those of the Italian Government in endeavouring to secure respect for those principles. The project of a British Railway from Zeila or Berbera to Harrar is under examination and no conclusion has yet been arrived in regard to it, and His Majesty's Government are therefore not yet in a position to discuss the question with the Italian Government or to ask them to support such a project.

Until more is known than at present of the results of the military operations still in progress in Somaliland, His Majesty's Government will not be in a position to determine the scope and objects of their policy and they can therefore hardly jet attempt an examination of combined schemes for safeguarding British and Italian interests in the extensive regions referred to in the Memorandum of the Italian Foreign Office. It is, however, most satisfactory to His Majesty's Go

vernment to know that they have hitherto acted with the good will of Italy and they will certainly be prepared at the proper time to discuss future arrangements freely with the Italian Government, and in order that they may be able to give them careful examination they would be glad to know more fully the views of the Italian Govemment.

573 l Per la risposta da Berlino cfr. n. 574. Non si pubblicano le risposte da Vienna e Parigi (T.

574 l Risponde al n. 573.

575 l Cfr. n. 517.

575 2 Cfr. n. 483, in realtà del 9 maggio.

576

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL CONSOLE GENERALE AD ADEN, SOLA

T. 994. Roma, 21 giugno 1903, ore 16,30.

Essendomi confermato da Londra che abbm;danti munizioni per il Mullah sono giacenti a Beredal ho pregato il Ministero della marina di telegrafare al comandante del "Volturno" acciocché rechisi a Bereda e quivi, possibilmente, prenda o distrugga quelle munizioni accettando eventualmente la cooperazione delle navi inglesi.

577

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1291. Belgrado, 21 giugno 1903, ore 20,40 (per. ore 8 del 22).

Ministro di Turchia, decano del corpo diplomatico, essendo stato informato che Governo aveva intenzione invitare i capi missione assistere arrivo del re ed alle altre feste che avranno luogo in quella occasione, in un 'intervista ufficiosa, suggerì al ministro degli affari esteri di limitarsi ad una comunicazione indicante giorno ed ora arrivo del re, mentre egli avrebbe posti colleghi al corrente della cosa per metterli in grado di domandare istruzioni ai loro rispettivi Governi. Ieri il ministro degli affari esteri informò i capi missione che re Pietro arriverà mercoledì ore 10. Oggi capi missione, convocati dal decano del corpo diplomatico, hanno deliberato domandare istruzioni ai rispettivi Governi e di riunirsi nuovamente martedì per concertare possibilmente condotta uniforme. Nella riunione ministro di Russia e ministro Austria-Ungheria, rispondendo ad un quesito posto dal ministro d 'Italia, hanno manifestato l'opinione che, attese le speciali circostanze del momento, una astensione del corpo diplomatico in siffatta occasione, accrescereb

be le difficoltà dei primordi del Regno del nuovo re. Nella stessa riunione ministro d'Inghilterra ha partecipato ai colleghi avere avuto ordine di allontanarsi provvisoriamente da Belgrado, lasciando il segretario quale incaricato degli affari della legazione!.

576 l L. urgente confidenziale di Bertie del 20 giugno, non pubblicata.

578

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 1293/27. Vienna, 22 giugno 1903, ore 13,30 (per. ore 17).

Qualche giornale annunziò che il telegramma dell'imperatore Francesco Giuseppe al re Pietro 1 ed il comunicato del Governo russo furono concertati tra le due Potenze. Non mi risulta che tale notizia sia fondata. Il telegramma dell'imperatore d'Austria-Ungheria non fu concertato né consigliato da Pietroburgo.

579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO

T. 997. Roma, 22 giugno 1903, ore 18.

Rispondo al telegramma di iersera!. Desidero che la S.V. nella riunione di domani faccia notare che, per essere coerenti ali'atteggiamento assunto verso il Governo provvisorio, i capi di missione dovrebbero astenersi dallo intervenire all'arrivo del nuovo re come ad ogni altra cerimonia fintantoché non sia regolarizzata la loro posizione di fronte ad un Governo definitivo e riconosciuto. Se però, oltre i rappresentanti di Russia e di Austria-Ungheria, che hanno ormai preso una posizione speciale, anche la maggioranza dei rappresentanti delle altre tre grandi Potenze decidesse di intervenire all'arrivo del re, l 'autorizzo a fare altrettanto acciocché alla astensione di lei non possa darsi un significato disforme dai nostri intendimenti.

577 l Con T. 1282/85 del 20 giugno Pansa aveva comunicato: "Marchese Lansdowne, tenendo conto evidentemente delle manifestazioni dell'opinione pubblica sugli eventi di Serbia, ha annunziato aver dato istruzioni al ministro d'Inghilterra di allontanarsi temporaneamente da Belgrado per evitare occasione di alcun atto implicante riconoscimento del nuovo Governo del quale non è ancora esclusa complicità nei fatti criminosi dell'Il giugno".

578 l Con T. 1259/27 del 17 giugno Magliano aveva comunicato: "Anche imperatore d'AustriaUngheria inviato felicitazioni re Pietro, aggiungendo però frasi stigmatizzanti fatto sanguinoso". 579 l Cfr. n. 577.

580

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL COMMISSARIO CIVILE DELL'ERITREA, MARTINI

D. RISERVATO 29316/538. Roma, 22 giugno 1903.

Le comunico, qui acclusa, copia di un rapporto del r. ministro in Addis Abeba circa l'eventuale convegno fra V.E. e l'imperatore d'Etiopia!.

Prima di rispondere in proposito al maggiore Ciccodicola desidero conoscere il pensiero dell'E.V. sulle considerazioni da lui svolte.

A me sembra che il luogo del convegno dovrebbe, eventualmente, essere tale che tanto Menelik quanto V.E. abbiano per recarvisi bisogno di muoversi dalle rispettive loro residenze. Perché poi il convegno stesso riesca simpatico, bisognerebbe trovare l'occasione di qualche concessione fatta da Menelik all'Italia2.

581

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 2059/798. Parigi, 22 giugno 1903.

Allorché trattai per l'ultima volta, nei miei rapporti del 25 e 26 maggio!, della visita di S.M. il Re in Parigi e dell'ottimo effetto che questo importantissimo evento è destinato a produrre nelle ordinarie relazioni de Il 'Italia con la Francia, non era ancora determinata la data della visita del presidente della Repubblica alla Corte d'Inghilterra ed era ancora incerta l'epoca della contro visita del nostro sovrano al re Edoardo VII. Tosto che seppi dal mio collega d'Inghilterra che Sua Maestà britannica avea invitato il re nostro a recarsi nel suo Paese per le cacce d'autunno, mi parve necessario avvisare l'E.V. della dispiacevole impressione che qui avrebbe prodotto il rinvio a quella stessa epoca della visita del re d'Italia alla Francia2.

Il signor Delcassé al quale sir Ed. Monson avea data la stessa notizia, mi avea subito interrogato, con visibile ansietà, se a me fosse in proposito pervenuta qualche informazione e se, a parer mio, il ritardo del viaggio di Sua Maestà in Inghilterra influirebbe sovra la data della sua visita alla Francia. Non ero io evidentemente in grado di rispondergli sovra il secondo punto della sua domanda e relativamente al primo mi limitati a notare che altra informazione io non avea avuta che quella a lui pure data da questo ambasciatore britannico.

2 Martini rispose con R. confidenziale 374 del 26 luglio, del quale si pubblicà il passo finale: "lo prego V.E. di non oltre insistere su questa questione che per ora non offre soluzioni accettevoli: se una si dimostri possibile in seguito non è a dubitare che il maggiore Ciccodicola non tralascerà di prepararla e proporla". Cfr. anche il n. 647.

2 Cfr. n. 531.

Ancorché da parte mia, sia per uniformarmi alla riserva mantenuta a mio riguardo dal r. ministero nelle preliminari trattative, sia per non correre il rischio di intralciare le pratiche che si proseguivano a Roma, avessi spinto il mio proprio riserbo, in tutto ciò che si andava dicendo e pubblicando circa l'incontro prossimo del nostro re con il presidente della Repubblica in Parigi, fino al punto di aver lasciato nascere, senza opporvi protesta, la supposizione che personalmente io non avrei veduto di buon occhio la realizzazione dell'importante avvenimento politico, la notizia che questo si sarebbe compiuto verso la metà di luglio era divenuta, non solamente pubblica, ma sicura ed avea creato un'aspettazione simpatica generale della quale conveniva assolutamente tener conto. Mi premeva pertanto che di questa non mancasse a V.E. l'informazione pronta da parte mia poiché mi pareva certo che l'amor proprio francese avrebbe trovato cosa poco lusinghiera per la Francia che la visita del re d'Italia a Parigi fosse, per dir così, subordinata alla restituzione di quella che Sua Maestà ha da fare alla Corte d'Inghilterra. Vi era poi un'altra ragione che mi faceva desiderare che la visita a Parigi non venisse rimandata all'autunno. Esposi a più riprese essere mio convincimento che, se non si vuole lasciare aperto l'adito a dubbi che potrebbero essere causa di acerbe polemiche e di grave detrimento per le presenti cordiali relazioni franco-italiane, bisogna che la controvisita del presidente della Repubblica a Roma si compia entro l'intervallo fra la sessione estiva e l'autunnale del Parlamento francese. Della visita del re nostro, fatta in luglio, può aspettarsi la restituzione in ottobre prima della riapertura del Parlamento; ma se la visita fosse stata rinviata ad ottobre od a novembre, la controvisita dovea necessariamente essere rimandata essa pure ad epoca assai più lontana e non prima probabilmente di avvenimenti interni della politica francese d'indole a mettere in dubbio il mantenimento dell'impegno in seguito al quale la Maestà Sua si è decisa a compiere un atto di alta cortesia destinato ad attestare l'esistenza di una situazione politica ed a consolidarla efficacemente nel sentimento reciproco delle due Nazioni. Né con ciò io voglio dire che le disposizioni di questo Paese in favore del nostro siano tanto instabili da lasciare fondatamente temere che, se il Ministero presentemente in carica dovesse cedere il posto ad un altro, il nuovo Gabinetto muterebbe radicalmente di politica verso l'Italia. Ritengo anzi che un Ministero nuovo il quale stimasse di dover seguire nelle questioni della politica ecclesiastica criteri più rimessivi, si troverebbe assai contento di arrivare al Governo quando l'impegno della controvisita del presidente della Repubblica fosse già stato soddisfatto e di potere così continuare verso l 'Italia l 'attuale linea di condotta senza dover pigliare risoluzioni che contrarierebbero il lavoro di pacificazione interna che, ove ancor più si aggravasse l'agitazione presente, potrebbe divenire una necessità di governo.

La graziosa decisione del re di mantenere alla visita, fatta annunciare ufficialmente a Parigi3, la data per essa prestabilita ha prodotto, come di ragione, un ef! fetto che migliore non si sarebbe potuto aspettare. L'atto altamente cortese ha un significato che qui è stato compreso universalmente e rettamente apprezzato. Nei giorni ne' quali la data del 16 luglio per la venuta di Sua Maestà a Parigi non

era ancora stata ufficialmente stabilita ed annunziata al pubblico, io avea saputo che si cercava di mettere in giro la voce che il nostro re rinviava ad ottobre la sua venuta in Francia e che questa voce produceva una penosa impressione fra i migliori amici nostri. Non esitai perciò a segnalare questa cosa a VE. con il telegramma del 3 giugno poiché era visibile che, anche in questa manifestazione piccina del desiderio di ritardare la visita, bisognava vedere uno sforzo dippiù per rinviare il più lontano possibile il momento della controvisita in Roma. Dappoichè è stato accettato il punto di vista, esposto dall'ambasciatore francese a Roma, secondo il quale deve evitarsi di parlare della controvisita finché la visita non abbia avuto luogo, io non avrei potuto portare il discorso col signor Delcassé sovra un così delicato soggetto. Sarebbe stata cosa naturale il supporre che, appunto in quei giorni, più attivo dovesse essersi fatto il lavorio intorno alla persona ed alla famiglia del presidente, ad alcuni ministri ed importanti uomini politici per mettere in azione ogni possibile mezzo di evitare che impegni si pigliassero per termini di precisa e non lunga scadenza. Ma, prescindendo da queste che potevano essere semplici supposizioni mie avvalorate da insufficienti indizi, era pervenuta a mia cognizione la notizia che il l o giugno il cardinale Rampolla avea fatto pervenire allo ambasciatore francese presso la Santa Sede una nota nella quale con linguaggio vivace e quasi comminatorio si avvisava il Governo della Repubblica che la Curia pontificia nulla avea da osservare relativamente alla visita del re Vittorio Emanuele III a Parigi, ma che il papa considererebbe come offesa personale, fatta a lui, la controvisita del presidente Loubet a Roma. La nota si estendeva a considerazioni relative alla presente politica ecclesiastica della Francia e non vi mancavano accenni significativi ai danni che ne potrebbero derivare agli interessi francesi in Oriente. Il signor Nisard si portò tosto al Vaticano ed ottenne dal cardinale segretario di Stato dichiarazioni verbali destinate ad escludere il carattere comminatorio delle sua ufficiale comunicazione la quale fu però mantenuta nel suo testo primitivo. Di essa fu istruito il nunzio a Parigi che, in una delle frequenti, lunghissime sue conversazioni con il signor Delcassé, si lagnò con molta amarezza di essere stato illuso e tenuto a bada nella persuasione che il signor Loubet troverebbe modo di esimersi dalle contro-visite e non si recherebbe in ogni caso a Roma. Ne nacque un vivace battibecco nel corso del quale Delcassé si sarebbe !agnato de li 'invio a Metz di un legato a latere d eli 'imperatore ed il nunzio dei discorsi tenuti in pubblico a Roma dal signor Chaumié, ministro de li'istruzione pubblica. Chi mi riferì queste circostanze era in grado di conoscerle con esattezza e ne traeva la conclusione che i rapporti fra il signor Delcassé e monsignor Lorenzelli rimanevano tesi in conseguenza anche del modo con cui i due interlocutori si erano l 'un dali' altro congedati.

Ho veduto, poco dopo il colloquio avuto col nunzio, il signor Delcassé il quale ben inteso nulla mi disse del medesimo; ma mi accorsi che parlandomi del viaggio, dell'incertezza che in quel momento ancora regnava circa la fissazione della data, egli appariva alquanto concitato e forse più di quanto io mi poteva spiegare non conoscendo ancora le circostanze del colloquio stesso. Il mio telegramma del 4 giugno4 ha già informato di tutto ciò l'E.V., alla quale chiedo anticipatamente venia di manifestarle qui integralmente a con tutta franchezza il pen

434 siero mio. Comprendo fino ad un certo punto che S.E. Barrère abbia voluto evitare che, nelle preliminari trattative da lui avute con V.E., la visita del re e la controvisita del presidente divenissero i termini di un contratto sinallagmatico fra i due Governi. Conveniva che a tali atti cortesi fosse conservato un certo carattere di spontaneità per le due parti. Ma quando il signor Delcassé mi diede lettura del dispaccio dell'ambasciatore della Repubblicas, nel quale, rendendo conto del colloquio avuto con l 'E. V., si esprime in modo da lasciar intendere che dalle due parti si riconobbe che un sentimento di dignità impediva di troppo precisare gli impegni che le parti stesse assumevano reciprocamente, io non ho potuto rendermi conto in che cosa la dignità dei due capi di Stato avrebbe potuto soffrire dal fatto di un'intesa perfettamente prestabilita e destinata unicamente ad evitare fra l'Italia e la Francia quegli stessi equivoci dei quali noi avevamo avuto l'esempio con altra Nazione. La legittima preoccupazione di prevenire che qualche detrimento ne potesse derivare alle relazioni franco-italiane, avrebbe giustificato pienamente il desiderio nostro di nulla lasciare nella incertezza e nel vago. Anzi non posso trattenermi dal dire che, appunto in ragione dell'insufficiente fondamento che io credo scorgere nel concetto che il signor Barrère ha fatto prevalere, è nato e si è fortìficato in me il sospetto che qui non sia ancora completamente eliminata la resistenza che, sul principio, avea incontrato il progetto di uno scambio di visite con il re d'Italia.

Il rispetto degli impegni presi e l'osservanza delle impartitemi istruzioni m'interdicevano di parlare qui della controvisita, ma non m'impedivano di tenere gli occhi aperti e l'orecchio teso.

Ho già avvisato V.E., con telegramma delli 8 corrente6, che il signor Loubet ha espresso, parlando con un gentiluomo piemontese, il proposito di restituire la visita al nostro re in Roma l 'anno venturo quando il Parlamento francese sarà chiuso. Il Parlamento che prenderà le vacanze estive nei primi giorni del prossimo luglio, non trovò finora il momento di occuparsi dei bilanci. Dovrà dunque essere riconvocato nella prima metà di ottobre in sessione straordinaria e siederà fino alla fine d'anno. Ripiglierà i suoi lavori, in sessione ordinaria, in principio di gennaio; avrà brevi vacanze a Pasqua; continuerà probabilmente a riunirsi fino alla fine di giugno 1904.

Al mio telegramma che conteneva anche quest'avvertenza, l'E.V. rispose? facendomi conoscere aver ella avuto col signor Barrère un colloquio in proposito. Codesto ambasciatore di Francia non era informato, ma si era assunto l'incarico di chiarire la cosa appoggiando che la controvisita non abbia ad essere troppo differita.

Intanto io avea saputo che, parlando con uno degli estensori principali del Temps, il signor Waldeck-Rousseau avea dimostrato che la controvisita a Roma del presidente della Repubblica era un evento ancora lontano del quale era prematuro lo occuparsi. Il principe Radolin, mio collega di Germania, in un privato colloquio del dì 9 corrente mi avea espresso l'idea che, rinviando all'anno venturo la visita a Roma, qui si sarebbero evitate forse alcune difficoltà e che probabilmente si speculava sovra la eventualità di un nuovo pontificato. Né il principe Radolin mi disse da chi egli avesse saputo che la controvisita avrebbe avuto luogo ad epoca così remota, né a me, parlando con lui, conveniva d'interrogarlo in proposito.

6 Cfr. n. 543.

7 Cfr. n. 550.

Or sono solo tre giorni il signor Loubet, ricevendo la visita dell'on. marchese Prinetti, lo assicurò che l'anno venturo andrà a Roma. Il linguaggio che gli è stato tenuto dall'ex-ministro degli affari esteri gli avrà però fatto conoscere che è invece nella aspettazione generale che la visita di Sua Maestà venga restituita entro termine assai più breve.

Recentemente incontrai due volte il presidente della Repubblica; ma egli non mi parlò né della futura sua andata a Roma né della ormai prossima venuta del re a Parigi. Notai lo stesso riserbo nel signor Rouvier, ministro delle finanze, una delle persone in predicato per la eventuale successione al signor Combes nella presidenza del Consiglio.

V.E. nel telegramma del 10 corrente osserva giustissimamente che la determinazione dell'epoca della controvisita è cosa che con miglior agio ed opportunità dovrà essere trattata durante la presenza di Sua Maestà a Parigi ed ella mi ha anche autorizzato, quando se ne presentasse l'occasione, a tenere un linguaggio che lasci intendere essere in Italia la controvisita aspettata entro il prossimo autunno. Stia certa V.E. che io sono troppo convinto degli inconvenienti ai quali si andrebbe incontro procrastinando l'epoca della contro visita al di là di quella della convocazione autunnale del Parlamento francese, per non approfittare di tutte le opportunità che mi si porgessero per far conoscere qui il nostro pensiero in proposito. Ben a ragione V.E. osserva che la premura stessa con cui il presidente restituisce la visita al re Edoardo ci dà motivo di aspettarci ad un trattamento non dissimile. Ad ogni modo scopo di questo mio rapporto è di mettere sotto gli occhi del R. Governo le ragioni che io ho di considerare come non vinte ancora tutte le esitazioni e come cosa indispensabile di mettere bene tutto in chiaro durante la visita di Sua Maestà in Parigi.

Bisogna considerare che ciò che non fosse precisato e determinato in quel momento sfuggirà dopo, durante qualche mese ad ogni nostra azione. Qui il capo dello Stato si assenterà dalla capitale subito dopo la partenza del re d'Italia. I principali ministri prenderanno le loro vacanze. S.E. Barrère si assenterà da Roma per varii mesi come suoi fare ogni anno ed il secondo martedì di ottobre, data probabile della riconvocazione del Parlamento francese, sopraggiungerà prima che si siano potute fare utili pratiche e stringere le necessarie intelligenze.

580 l R. riservato 83 del 30 aprile, non pubblicato.

581 l Cfr. nn. 502, nota 4 e 504.

581 3 Cfr. n. 536.

581 4 Cfr. n. 534.

581 5 Cfr. DDF, 2ème série, tome li!, cit., n. 272.

582

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1309/37. Belgrado, 23 giugno 1903, ore 15,10 (per. ore 19).

Ringrazio V.E. delle istruzioni datemi coi telegrammi 9971 e 9992. Riunione del corpo diplomatico non avrà più luogo. Anche il ministro di Turchia ha avuto

582 l Cfr. n. 579. 2 Del 22 giugno, non pubblicato.

istruzione di allontanarsi. Ministro di Germania mi dice non avere ancora ricevuto le istruzioni domandate. La astensione sarebbe generale; interverrebbero soltanto ministro di Russia e ministro di Austria-Ungheria.

583

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1323/40. Belgrado, 25 giugno 1903, ore 15,20 (per. ore 18).

Ricevo seguente nota: "Il r. ministro degli affari esteri ha l'onore di informare i signori capi di missione che S.M. Pietro I Re di Serbia riceverà il corpo diplomatico al nuovo palazzo reale domani venerdì alle ore 10 a.m.". Il re oggi ascese al trono allo scopo di prestare giuramento dinanzi rappresentanza nazionale, ne dà diretta partecipazione a tutti i sovrani e capi di Stato. Oggi pure il Governo regolare legalmente sostituito al Governo provvisorio, mediante circolare telegrafica, notifica nuova situazione alle proprie legazioni. Ministri di Austria-Ungheria, di Russia, di Germania di Italia sono di parere essere il caso di intervenire al ricevimento di domani. Non ricevendo contrarie istruzioni di V.E. mi uniformerei alla condotta dei tre colleghi. Gli altri rappresentanti seguirebbero il nostro esempiol.

584

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, E AL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO

T. 1014. Roma, 25 giugno 19031.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi comunica, per incarico del suo Governo2, che le relazioni diplomatiche tra l 'Inghilterra e la Serbia sono per ora sospese, e che il ministro britannico ha lasciato Belgrado affidando al vice console la reggenza della legazione. L'ambasciatore aggiunge che non vi sarà lutto di Corte in Inghilterra per i defunti sovrani serbi.

2 Comunicazione di Bertie del 24 giugno, non pubblicata.

583 l Per la risposta di Morin cfr. n. 585.

584 l Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

585

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO

T. 1018. Roma, 25 giugno 1903, ore 20.

Ricevo telegramma n. 401. Dubito che il Governo germanico, il quale ha vietato al suo ministro di assistere all'arrivo del re, consenta ora che intervenga alla udienza di domani. Ad ogni modo, per coerenza all'atteggiamento finora tenuto, ella deve, rivolgendosi particolarmente, e come di propria iniziativa personale, a quel funzionario di Corte che le sembri il più adatto intermediario, far conoscere, nei termini più riguardosi, a S. M. il Re che, non essendo ella accreditata presso la sua persona, non si crede autorizzata ad intervenire ad un ricevimento ufficiale del corpo diplomatico.

586

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. PERSONALE 20918/310. Roma, 25 giugno 1903.

Il cavalier Bollati, nostro ministro a Cettigne, ha dovuto recarsi in questi ultimi giorni a Scutari per concordare sul luogo alcuni particolari circa un divisato servizio di posta tra quella città ed il Montenegro. Reduce dalla sua escursione, egli ha creduto suo debito di esporre, in una sua lettera particolare e confidenziale, talune sue considerazioni circa i provvedimenti ed il reciproco atteggiamento degli agenti consolari italiani e degli austro-ungarici in Albania. Qui acchiudo copia del documento, che VE. leggerà, io penso, con interesse tanto maggiore inquantochè ella conosce il cavalier Bollati e sa che, come è diligente osservatore, così è anche esatto nello esporre le cose osservate.

Lo scritto del cavalier Bollati apparirà anche a VE., come è apparso a me, un pratico commento di ciò che, ancora da ultimo, le scrissi nella mia lettera particolare dell'8 giugno 1• Non insisto; ma sempre più mi confermo nel pensare che una istruzione, dall'una e dall'altra parte concorde, ai rispettivi consoli in Albania non sarebbe stata inopportuna: non già come il conte Goluchowski ha potuto supporre, per affidare loro un compito estraneo e troppo superiore alle funzioni consolari, sebbene per ricondurli alla stessa cordialità di reciproci rapporti che fortunatamente già esiste tra i due Governi.

586 l Cfr. n. 546.

ALLEGATO

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

L. PERSONALE CONFIDENZIALE. Cettigne, ... giugno 1903.

L'azione austriaca a Scutari, a Durazzo, a Valona, è decisamente ostile ali' azione italiana, e viceversa. Tutto ciò che intraprendono gli agenti imperiali e reali è diretto a combattere o neutralizzare gli effetti di quel che hanno fatto i nostri ... e viceversa. Numerosi incidenti, ben noti a Roma come a Vienna, hanno provato e provano ogni giorno la verità di questa asserzione; e sui luoghi, naturalmente, grazie all'ignoranza ed alla fervida immaginazione orientale, si ingrandiscono le cose, si parla di propositi di immediata conquista dell'una e dell'altra Potenza, di una lotta imminente fra di loro propter Albaniam. Talune circostanze sono venute ad esacerbare il dissidio. Vi contribuiscono in parte le qualità stesse dei due rispettivi consoli a Scutari, ottimi ambidue ma l'uno, il nostro, il cui patriottico e ardente zelo non è forse temperato dalla nativa mitezza toscana; l'altro, l'austriaco, che della razza teutonica ha tutta l'acuta intelligenza, ma anche la asprezza e la fredda tenacia. Vi contribuisce la credenza -in contraddizione col resto, se si vuole, ma pure assai diffusa a Scutari -che l'Italia vi favorisca, da qualche anno in qua, le aspirazioni montenegrine, particolarmente invi se all'Austria e (giova aggiungerlo) particolarmente antipatiche alla maggioranza degli albanesi. E vi contribuisce, infine -e vi ha stragrande importanza -lo strumento di cui si serve precipuamente l'azione austriaca, quel clero cattolico composto in buona parte di gesuiti, che con implacabile avidità ed accanimento coglie ogni occasione di sfogare il suo odio contro l'Italia una e liberale ...

Eppure si afferma che vi è un accordo fra i due Governi! L'hanno dichiarato più di una volta l'onorevole Visconti Venosta e l'onorevole Prinetti alla nostra Camera, il conte Goluchowski alle delegazioni. E mi è stato detto che questo accordo, inteso in prima linea a mantenere lo statu quo sotto il dominio turco, avrebbe in vista, in certi casi determinati, l'autonomia dell'Albania. Ma, da quel che si vede a Scutari, a Durazzo, a Valona, nessuno certo direbbe che un accordo vi sia. A raggiungere quello scopo, occorrerebbe che i due Governi si dessero lealmente e sinceramente la mano per introdurre, con una azione concorde ed efficace, i progressi e i benefici della civiltà in Albania, per dare a quel popolo -che la possiede solo molto imperfettamente -la coscienza della propria nazionalità, per renderlo degno di quella indipendenza cui lo si vuoi destinato. La soluzione non mi pare impossibile, purché ci si metta tutto il buonvolere da una parte e dall'altra, ispirandosi ai supremi interessi dei due Paesi. In ogni modo, qualche cosa si dovrebbe fare, e sollecitamente, perché vi è periculum in mora. Se si va avanti di questo passo, a combattersi accanitamente l'un l'altro, si finirà col corrompere del tutto, invece di incivilire, il popolo albanese; si continuerà a sciupare una massa di denaro; e, quel che è peggio, si porranno le relazioni italo-austriache alla mercè di ogni incidente che possa sorgere in Albania.

585 l Cfr. n. 583.

587

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, LANZA, A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI

T. CONFIDENZIALE URGENTE 1019. Roma, 26 giugno 1903, ore 11,35.

S.M. il Re ha ricevuto il telegramma, probabilmente identico a quello diretto agli altri capi di Stato, con cui il re di Serbia annunciava il suo avvento al trono.

Prego informarsi e telegrafarmi d'urgenza le intenzioni che costì si hanno circa la risposta a tale telegramma!.

588

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1331142. Belgrado, 26 giugno 1903, ore 12 (per. ore 14,45).

Ringrazio l 'E. V. del telegramma l O181. Ministro di Germania ebbe istruzione astenersi. Al ricevimento intervenne soltanto ministro di Russia e ministro d'Austria-Ungheria col personale della legazione rispettivo. Parimenti non altra rappresentanza ebbe iersera il corpo diplomatico allo spettacolo di gala al teatro. In via privata e confidenziale sono informato che S.M. il Re, con speciale suo compiacimento ha testè ricevuto dall'imperatore di Germania un telegramma di affettuose felicitazioni in risposta alla partecipazione di ieri.

589

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1337/86. Londra, 26 giugno 1903, ore 19,59 (per. ore 23).

Re Edoardo VII ha ricevuto comunicazione analoga a quella, oggetto del telegramma di V.E. n. 10191. Foreign Office ha egualmente chiesto intenzione degli altri Gabinetti, facendo osservare che una risposta del capo di uno Stato equivarrebbe, in tal caso, a riconoscimento del nuovo sovrano di Serbia. E' da prevedersi che re Edoardo VII non risponderà.

1338 del 26 e T. 1341 del 27).

588 I Cfr. n. 585.

587 l Per la risposta da Londra cfr. n. 589. Non si pubblicano le risposte da Parigi e Berlino (T.

589 l Cfr. n. 587.

590

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1349/43. Belgrado, 27 giugno 1903, ore 19,30 (per. ore 23).

Alla notificazione già hanno risposto: imperatore di Russia, imperatore d'Austria-Ungheria, imperatore di Germania, presidente della Repubblica francese, sultano, re di Rumania, principe di Bulgaria, principe del Montenegro; e tutti egualmente colle consuete formole di cordiale cortesia. Ancora attendonsi le risposte del re Edoardo VII e re d'Italia.

591

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 240/64. Cettigne, 27 giugno 1903 (per. il 4 luglio).

S.A.R. il Principe del Montenegro, insieme colla principessa Milena e colla principessa ereditaria e col giovane principe Pietro, è partito questa mattina per l'estero. Durante la sua assenza, la reggenza è stata affidata a S.A.R. il Principe ereditario, come dispone un ukase stato pubblicato nel giornale ufficiale di oggi.

Gli augusti viaggiatori, che si sono imbarcati a Cattaro su un vapore speciale della società "ungaro-croata", si sono diretti -a quanto mi aveva detto S.A.R. il Principe Nicola -a Venezia, e di là dovrebbero proseguire per il Brenner, verso la Germania, recandosi dapprima a Darmstadt, dove si trovano la principessa di Battenberg e la principessa Xenia, e indi a Heidelberg, per consultare specialità mediche, che indicherebbero al principe e alla principessa le cure da seguire per i disturbi di cui soffrono. Come ho riferito in precedenti rapporti, questo viaggio doveva essere intrapreso circa quindici giorni or sono, e venne dilazionato in seguito agli avvenimenti di Belgrado, i quali costrinsero il principe, che già trovavasi in Antivari, a far ritorno a Cettigne. Il fatto che la partenza ha ora avuto luogo dovrebbe provare che, qui almeno, non si hanno più gravi preoccupazioni circa l'ulteriore svolgimento degli eventi in Serbia. Di questi mi parlava a lungo, in una recente occasione, S.A.R. il Principe Nicola "I nostri protettori", mi diceva egli, alludendo in primo luogo alla Russia "esigono un· po' troppo da mio genero, colla domanda di punizione degli autori dei fatti de li'11 giugno. Re Pietro ha dichiarato di voler essere un sovrano strettamente costituzionale, e, come tale, non può far cosa sì manifestamente contraria alla volontà dell'Assemblea nazionale, la quale ha proclamato che l'esercito serbo ha ben meritato della patria. Del resto, dietro l'esercito sta la Nazione intera e, dopo tutto, soggiungeva egli, non senza una certa punta d'ironia "è alquanto difficile che il nuovo re pensi a castigare coloro che hanno contribuito ad innalzarlo sul trono". E il principe continuava: "Una volta sormontata questa difficoltà, un'altra non meno grave si affaccierà al re di Serbia: quella di regolare le sue relazioni coi due grandi Imperi d eli' est europeo. A posto suo, io non esiterei un istante; dichiarerei senza ambagi: 'Sono slavo, sono ortodosso, ho verso la Russia doveri e tradizioni di riconoscenza, e la considero come la naturale protettrice della Serbia; la mia politica sarà quindi nettamente russofila. E coll'Austria-Ungheria manterrò quelle relazioni di buon vicinato, che sono imposte dagli interessi economici del Paese, compatibilmente colla dignità nazionale'. Questo, e nulla più. Tale è" conchiudeva egli "la politica che io ho sempre seguita per il bene del mio popolo, senza !asciarmi intimidire da minacce, e risoluto a non sopportare il minimo oltraggio". E il principe trasse da ciò argomento per espormi una volta di più tutti i suoi gravami contro la politica austro-ungarica verso il Montenegro. Dopo di che; è quasi superfluo ripetere che, malgrado le contrarie apparenze e le reiterate dichiarazioni ufficiali da ambe le parti, qui si persiste a non voler credere alla sincerità dell'accordo austro-russo.

Frattanto, il giornale ufficiale montenegrino pubblica un nuovo articolo, ispirato al più ardente lirismo, in onore e gloria di Pietro Karageorgevich. E ali 'ultimo momento, mi vien detto che il nuovo re di Serbia farà la prima visita all'augusto sovrano nel mese di settembre, e forse già nel mese di agosto p.v. La notizia, per quanto riferitami da fonte semi-ufficiale, merita conferma.

592

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1032. Roma, 28 giugno 1903, ore 23,15.

Dopo che tutte le Potenze, salvo l'Italia e l'Inghilterra, hanno proceduto, mediante i telegrammi dei rispettivi capi di Stato, al riconoscimento del re Pietro di Serbia, parrebbe conveniente di non protrarre troppo oltre l'indugio col quale si è voluto accentuare, da parte nostra, un particolare atteggiamento verso il nuovo regime in Serbia. Sota Maestà avrebbe quindi risoluto di spedire al re Pietro domani sera lunedì un telegramma che sarà approssimativamente così concepito: "Vostra Maestà mi annunzia che il popolo serbo, per voce dei suoi legali rappresentanti, l'ha eletto re e che ella ha risposto all'appello prendendo, dopo il giuramento costituzionale, il potere regio ed il titolo di re di Serbia. Sono lieto di rinnovare in questa occasione a Vostra Maestà l'espressione dei miei sentimenti di cordiale amicizia, formando, in pari tempo, i più sinceri voti acciocché il Regno di Vostra Maestà inauguri in Serbia una era di pace, di giustizia e di felicità". Prego V.E. di voler far conoscere a codesto ministro degli affari esteri questa risoluzione di

S.M. il Re, sia perché codesto Governo ci ha fatto interrogare in proposito dal suo ambasciatore, sia perché ci sarebbe gradito se l'Inghilterra e l'Italia potessero, in questa circostanza, procedere in perfetto accordo I.

592 l Per la risposta cfr. n. 594.

593

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI E PIETROBURGO, ALLA LEGAZIONE AD ATENE E AL CONSOLATO GENERALE A CANEA

T. 1037. Roma, 29 giugno 1903, ore 17.

L'ambasciatore di Russia mi propone, in nome del suo Governo, che i consoli delle quattro Potenze protettrici in Canea siano incaricati di redigere e di presentare al principe Giorgio una risposta identica alla comunicazione ad essi fatta della recente risoluzione dell'Assemblea cretese, nel senso che tutti i Governi sono stati d'accordo nel considerare quel voto come intempestivo e che per ragioni note a Sua Altezza le Potenze non hanno creduto possibile di dar seguito alcuno alla risoluzione de Il' Assemblea. Ho risposto all'ambasciatore che, per quanto ci concerne, non avevo difficoltà di accettare la proposta e che avrei telegrafato al r. console in Canea acciocché si trovi a tradurla in atto tostoché i colleghi avranno ricevuto analoghe istruzioni.

(Per Canea) Il presente telegramma le vale appunto come mia istruzione.

(Per Atene) Quanto precede è per informazione confidenziale di lei.

(Per gli altri) Le sarò grato se vorrà farmi conoscere in proposito il pensiero di codesto Governo t.

594

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO 1361/87. Londra, 29 giugno 1903, ore 18 (per. ore 22,55).

In seguito alle pratiche da me fatte, ho motivo di credere Lansdowne sottoporrà stasera a re Edoardo VII un progetto di risposta per Belgrado in termini analoghi a quelli del telegramma di V.E.I. Rimangono però tuttora riservate le decisioni di Sua Maestà che potrò soltanto conoscere e comunicare sul tardi o domattina2.

593 l Con R. 372/118 del 4 luglio Negri trasmise copia della nota presentata al principe Giorgio dai consoli delle Potenze protettrici in conformità delle istruzioni ricevute. 594 l Cfr. n. 592. 2 Con T. confidenziale 1370/88 del 30 Pansa comunicò che re Edoardo aveva dato l'assenso al riconoscimento del re di Serbia.

595

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO

T. 1041. Roma, 30 giugno 1903, ore 11,15.

Il telegramma di S.M. il Re che le ho poco dianzi comunicato! implica riconoscimento dell'attuale Governo serbo. In attesa che sia regolata, rispetto alle rappresentanze estere in Belgrado, ed alle rappresentanze serbe a !l'estero, la questione del modo di accreditamento, la S.V. può entrare in rapporti ufficiali col ministro degli affari esteri seguendo, a tali riguardi, il procedimento tenuto dai colleghi di lei in analoga circostanza.

596

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO SEGRETO S.N. Roma, 1° luglio 1903, ore 14, 15.

Ringrazio in particolare modo l'E.V. per le notizie e le avvertenze contenute nel suo interessante rapporto del 22 giugno! circa il delicato argomento della controvisita del presidente Loubet. Benché siasi evitata la forma contrattuale, l'impegno della controvisita è assodato in modo non dubbio ed in termini formali. Rimane la questione della data rispetto alla quale le considerazioni svolte da V.E. mi gioveranno non poco quando se ne dovrà trattare durante il prossimo soggiorno di Sua Maestà a Parigi. Fin da ora faccio, a tale riguardo, particolare assegnamento sulla cooperazione di V.E.

597

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. RISERVATO 30800/325. Roma, ° luglio 1903.

Trasmetto, qui unita, all'E.V. copia di una notai pervenutami dal mio onorevole collega della guerra relativa alle difficoltà che si incontrano spesso nell 'ac

riproduce esattamente il telegramma a re Pietro contenuto nel n. 592.

certare, in tutti i suoi particolari, la linea del confine italo-austriaco ed alla convenienza, che vi sarebbe, di addivenire ad una revisione generale del medesimo.

Dal canto mio, però, non potrei dissimularmi che tale revisione, mentre porterebbe, come inevitabile conseguenza, la confessione dell'avvenuto smarrimento della carta originale alla scala l :864002, non sarebbe scevra di gravi inconvenienti anche dal punto di vista intrinseco; essa darebbe occasione al Governo austro-ungarico di mettere innanzi probabili pretese di difficile contestazione, imperocché noi ci troveremmo nell'alternativa, o di cedere forse troppo, o di insistere in rifiuti che forse non si potrebbero sufficientemente documentare.

Dal punto di vista, poi, dell'impressione che ne deriverebbe in Italia, può ben dubitarsi se l'attuazione della proposta revisione sia opportuna, e non occorre dirne le ragioni; mentre purtroppo, o per artificio di parte, o per popolare ignoranza degli obblighi di lealtà internazionale, la questione stessa della frontiera stabilita dal trattato di pace è argomento di permanente agitazione.

Ad ogni modo, gradirei che l'E.V, esaminata tale importante e delicata questione, mi facesse conoscere quale sia il suo modo di vedere relativamente alla proposta del mio collega della guerra. Credo, poi, inutile aggiungere che, qualora il partito di una revisione generale fosse eliminato, le singole controversie sarebbero eventualmente da trattarsi ad una ad una, e da comporsi in via amichevole come finora si fece in casi consimili3.

595 1 T. I040, diretto anche alte ambasciate a Berlino, Londra, Parigi, Pietroburgo e Vienna, che

596 l Cfr. n. 581.

597 l L'allegato non si pubblica.

598

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 645/191. Sofia, l° luglio 1903 (per. il 6).

Faccio seguito al mio rapporto in data di ieri l'altro n. 640/1891.

Stamane è venuto a vedermi il segretario generale del Ministero degli affari esteri, il quale, a nome del presidente del Consiglio, mi ha consegnato il testo di una nota, stata spedita ai rappresentanti· del Principato a Parigi, Pietroburgo e Vienna, relativa allo atteggiamento poco amichevole assunto dalla Sublime Porta verso la Bulgaria.

In mancanza di un agente bulgaro a Roma, il presidente del Consiglio ha incaricato il signor Zokoff, nel rimettermi tale documento, di pregarmi di attirare su di esso l 'attenzione dell'E. V., manifestandomi in pari tempo la vivissima speranza del generale Petroff che il Governo di Sua Maestà, il quale non ha mai cessato di

dare prova dei suoi sentimenti di benevolente amicizia per la Bulgaria, reputi conveniente d'intervenire efficacemente anche questa volta, per appoggiare le domande legittime di questo Governo, tendenti ad ottenere la cessazione di uno stato di cose pernicioso agli interessi del Principato, e tanto pericoloso per il mantenimento della pace.

Trasmetto qui unito a V.E. il testo della nota in discorso2, della quale ho creduto ad ogni buon fine, inviare senza indugio anche una copia al r. ambasciatore a Costantinopoli ...3.

597 2 Lo smarrimento era noto alle autorità italiane fin dal 1881, come si legge nell'allegato. 3 Per la risposta di Nigra cfr. n. 603. 598 l Non pubblicato.

599

L'AGENTE CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1402110. Sofia, 4 luglio 1903, ore 15,20 (per. ore 18,35).

Ministro degli affari esteri, cui ho riferito stamane contenuto telegramma di

V. E. n. l 0431, ha più che mai insistito su scrupolosa esattezza informazioni datemi sabato scorso, circa truppe turche frontiera; informazioni raccolte coscienziosamente sul luogo da ufficiali bulgari. Durante conversazione Petroff ha ricevuto un biglietto del ministro della guerra che gli partecipava notizia a lui pervenuta da Salonicco, che corpo d'armata Rushdi pascià, forte 30 mila uomini circa, sarebbe giunto a Kumanovo, località distante soltanto 60 chilometri da Kostendil. Petroff

-mi ha dichiarato in proposito autorizzandomi riferirlo a V.E. che, qualora gravi notizie avessero positivo fondamento, Consiglio dei ministri non esiterebbe sottoporre al principe di Bulgaria mobilitazione generale. Ho, in risposta, caldamente raccomandato calma, ponderazione. Sarebbe opportuno, a mio avviso, fare controllare esattezza notizia per mezzo r. console Uskub2, del quale converrebbe io conoscessi risposta il più presto possibile.

3 Allegato al documento si trova il seguente appunto di Malvano: «Rispondere ringraziando

per la prova di fiducia che il Governo principesco ci dà facendo appello ai nostri amichevoli offici. Il

Governo principesco non può dubitare, né del nostro vivo desiderio di contribuire alla causa della pa

ce, né del sincero interesse che noi portiamo al giovane Principato. Ben volentieri faremo sentire a

Costantinopoli la nostra voce come espressione di una politica essenzialmente pacifica ed umanitaria.

Intanto siamo lieti di poter segnalare, come già si fece con telegramma di jeri, le assicurazioni dateci

dal Governo ottomano e non possiamo a nostra volta che esortare il Governo principesco a persevera

re in un contegno di calma e di fiducia nell'opera delle Potenze. A Costantinopoli con riferimento alla

comunicazione direttamente speditagli da Sofia. Già la Sublime Porta ci diede le assicurazioni conte

nute nel telegramma di jeri. Nondimeno non tralascio di raccomandare che si eviti tutto ciò che possa

creare malcontento o complicazioni». In tal senso furono inviati il l O luglio a Sofia il D . .33720/I 14 e

a Costantinopoli il D. 33713/299, non pubblicati.

poli con la versione turca di un incidente alla frontiera con la Bulgaria.

2 Cfr. n. 600.

598 2 Non si pubblica l'allegato.

599 1 Del 30 giugno, non pubblicato. È la ritrasmissione a Sofia di un telegramma da Costantino

600

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI

T. 10831. Roma, 6 luglio 1903, ore 22.

R. console Uskub da me interrogato, telegrafa corpo d'esercito e quartiere generale Ruschdi pascià sempre a Prisrend. La dislocazione è rimasta immutata da alcuni giorni; né consta che altre truppe siano ora giunte a Kumanovo.

601

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1422. Vienna, 7 luglio 1903, ore 16,45 (per. ore 18,25).

Conte Goluchowski mi ha informato che la crisi austriaca è terminata e che Koerber rimane con l'antico Ministero, eccettuato il ministro per la Boemia. Imperatore parte domani per Ischl. In caso di conclave, i cardinali austro-ungarici andranno a Roma dopo di avere conferito con conte Goluchowski, il quale mi ha detto confidenzialmente che avrebbe loro consigliato di contribuire alla nomina di un papa di sentimenti possibilmente temperati.

602

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 1092. Roma, 7 luglio 1903, ore 19, 15.

L'ambasciatore di Turchia è venuto per istrc ~ ·Ji del suo Governo ed in vista della recente nota bulgara! a dichiararmi che: la Turchia non ha né ha mai avuto alcuna intenzione aggressiva contro la Bulgaria, che niuna molestia è recata ai

602 l Cfr. n. 598.

bulgari che si conducono correttamente, che le apprensioni manifestate dal Governo principesco sono quindi immaginarie che, infine, i soli movimenti di truppe recentemente avvenuti sono quelli richiesti dal mantenimento dell'ordine.

600 l Risponde al n. 599.

603

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 886/434. Vienna, 7 luglio 1903.

Ho considerato con l 'attenzione che merita la proposta di addivenire ad una revisione generale del confine territoriale tra l'Italia e l'Austria-Ungheria, contenuta nella nota del R. Ministero della guerra, trasmessami con opportune osservazioni dell'E. V. con dispaccio del l o corrente n. 30800/3251.

Io qui non esamino che la questione di opportunità, se cioè convenga nell'interesse del Governo del re che la proposta di revisione sia fatta nelle circostanze presenti; e mi fo premura di parteciparle che le obbiezioni presentatesi alla mente di VE. mi sembrano interamente fondate. Non m'indugio a ripetere qui quanto ella espose circa l'inconveniente del render noto al Governo austro-ungarico lo smarrimento della carta originale che doveva figurare come annesso ali' atto finale di confinazione e circa le conseguenze che un tal fatto può produrre a nostro detrimento. Questo inconveniente è di sua natura permanente, finché non si ritrovi l'originale perduto o non se ne possa avere una copia precisa.

Ben più grave è l'obbiezione relativa all'impressione che produrrebbe sull'opinione pubblica in Italia ed in Austria l'apertura di negoziati sopra una tale questione. Il Governo del re non ignora in quale stato si trovi ancora in questo momento una parte importante dell'opinione in Italia rispetto all'Austria. Nell'esplosione di ostilità che il villano attentato di Innsbruck provocò nelle scuole italiane dal! 'un capo all'altro della penisola i due Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria fecero prova di grande prudenza, ed evitarono così un grave pericolo ai due Paesi. Ora la calma comincia a subentrare alla passione, ed anche la stampa italiana ed austriaca sembra entrata in un periodo di relativa pacificazione. Ma non bisogna farsi illusione. Il fatto d'Innsbruck fu delitto ripugnante ed odioso. Ma se fosse accaduto in altri Paesi dove avvennero i linciaggi e la caccia agli italiani e gli arresti e le espulsioni non avrebbe sollevato l'emozione che mise sossopra le università italiane.

L'insurrezione della gioventù italiana, che fu spinta perfino a tentativi di violazione del diritto delle genti, non fu adunque soltanto una protesta per la civiltà offesa, ed un atto di solidarietà per colleghi dello stesso sangue e della stessa lingua, fu anche un sintomo di quello speciale irredentismo, che non è diretto contro la Svizzera per il Canton Ticino, né contro l'Inghilterra per Malta, né contro la Francia per la Corsica, bensì contro l'Austria per Trento e Trieste, e ciò per ra

gioni storiche e psicologiche, che non ho bisogno di enumerare. In tale stato di cose, parmi savio partito di non esporci senza necessità a qualsiasi cosa che possa ravvivare le agitazioni nella parte più impulsiva e meno disciplinata della nostra popolazione.

D'altra parte, non possiamo lusingarci che, se anche la proposta fosse accettata, essa potrebbe in questo momento essere trattata serenamente e con equità. Io non posso lasciare ignorare all 'E.V. che gli ultimi fatti hanno creato in AustriaUngheria uno stato d'opinione non certo propenso all'Italia. Il Governo austro-ungarico, come l'italiano, mostrò, come dissi, prudenza ed equità, ed in ciò io debbo rendere giustizia al conte Goluchowski, come so che il barone Pasetti rese giustizia a V.E. ed al cessato ministro dell'interno. Ma al disotto del Governo, in certi strati, compresi i militari, si produsse una certa eccitazione che non è ancora interamente scomparsa. Questo stato d'animo eserciterebbe probabilmente un'influenza sui negoziatori, e renderebbe le trattative assai più difficili che non sarebbero state negli anni precedenti, e che si spera sarebbero nei futuri.

A queste osservazioni un'altra deve finalmente aggiungersi, ed è che ben difficilmente il Governo austro-ungarico si indurrà ad accettare una proposta di revisione del! 'intera linea di confine. Io so per lunga esperienza che il Ministero imperiale e reale degli affari esteri ha una ripugnanza sistematica a trattare le questioni generali, le questioni di massima, mentre si dichiara generalmente disposto ad accordarsi per le soluzioni dei singoli casi. Quest'ultimo sistema, quello cioè di trattare i varj punti in contestazione separatamente, ciascuno a suo tempo, ed in ordine di urgenzr:, sistema che vedo enunciato nel dispaccio di V.E. e che è quello che fu finora seguito per varie controversie di limiti tra l 'Italia e l'Austria Ungheria, è a mio giudizio il solo che, tenuto conto delle disposizioni di questo Governo e delle circostanze attuali, sia ora praticabile2.

603 l Cfr. n. 597.

604

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1435/29. Pietroburgo, 8 luglio 1903, ore 19,30 (per. ore l, 15 del 9).

Conte Lamsdorff ha preso atto delle dichiarazioni fattegli dali 'ambasciatore di Turchia identiche a quelle di cui nel telegramma di stamane n. 10921. Governo imperiale non intende rispondere alla nota bulgara, ma ha rinnovato alla Bulgaria le sue raccomandazioni, e fatto sentire che se giungesse ad atti inconsulti, rimarrebbe sola responsabile.

603 2 Morin rispose con il D. 35510/364 del 20 luglio di cui si pubblica il passo seguente: "Le savie ed opportune considerazioni dell'E.V. mi confermano nel pensiero che non convenga sollevare, senza impellenti necessità, una così ardua e spinosa questione".

604 l Cfr. n. 602.

605

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1100. Roma, 9 luglio 1903, ore 11,45.

Le condizioni del papa, pur mantenendosi gravissime, non permettono di fare previsioni sicure. E' da esaminarsi se, in circostanze siffatte, sarebbe opportuna la partenza di S.M. il Re per Parigi. Mantenendo invariato il programma già stabilito potrebbe avvenire, o che il pontefice venisse a mancare prima che il re lasciasse l'Italia, o mentre si trova in Francia. In ambo i casi la coincidenza dei fatti sarebbe deplorevole. Riterrei quindi conveniente che V.E. sottoponesse queste considerazioni al saggio apprezzamento del Governo francese, e m'informasse se esso, come noi, ritenga prudente consiglio proporre a Sua Maestà di differire il viaggio ad un'epoca da determinarsi appena la situazione sarà chiarita l.

606

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1440/80. Parigi, 9 luglio 1903, ore 17,15.

Delcassé è in viaggio col presidente e, salvo ritardo impreveduto, sarà a Parigi oggi alle sette. Procurerò vederlo questa sera e gli esporrò quanto V.E. mi telegrafai. Alle altre ragioni che consigliano soprassedere al viaggio di Sua Maestà, si aggiunge che la presenza del re a Parigi, durante i funerali del papa, potrebbe suscitare controdimostrazione da parte dei gruppi popolari che si sono organizzati nelle singole parrocchie per la difesa degli interessi religiosi. Opinione pubblica è, d'altronde, preparata ad un ritardo della visita.

607

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

T. Racconigi, 9 luglio 1903.

Facendo seguito ad un discorso recentemente tenuto a Roma ho telegrafato ali 'imperatore dicendo che dei cardinali che si dicono papabili il Rampolla mi sembra certo il più pericoloso per gli interessi italiani. Ho pure parlato del con

606 l Cfr. n. 605.

clave a Blilow. Prego V.E. di voler trovare il modo di far sapere al cancelliere quanto dico più sopra del Rampolla nella speranza che i cardinali tedeschi possano influire contrariamente ali' attuale cardinal segretario di Stato l.

605 l Per la risposta cfr. nn. 606 e 612.

608

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A RACCONIGI

T. Berlino, 9 luglio 1903.

Per mezzo di questo Dipartimento degli affari esteri ho fatto immediatamente comunicare al conte Biilow, che trovasi a Nordemey, quanto Vostra Maestà mi fece l'onore di telegrafarmil circa candidatura cardinale Rampolla. Anche questo Governo imperiale considera quella candidatura pericolosa, esso ritiene perciò che non abbia probabilità di riuscita. Cardinale Kopp partirà solo domani o dopodomani per Roma. S.M. l'Imperatore che doveva intraprendere il 6 corrente suo viaggio al nord, non ha ancora, in seguito a notizia malattia del papa, lasciato le acque tedesche e trovavasi oggi a Sassnitz, nell'isola di Rliyen.

609

L'AMBASCIATORE A MADRID, AVOGADRO DI COLLOBIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RACCOMANDATO 535/188. Madrid, 9 luglio 1903 (per. il 13).

Ho l'onore di trasmettere qui, unito, all'E.V. un rapporto cifrato.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO.

Presidente del Consiglio mi ha detto ieri che si cominciava nel Sacro Collegio a delineare candidature papato. Secondo le informazioni pervenutegli cardinale Vannutelli sarebbe il ... I al Governo austro-ungarico, Gotti al Governo germanico. Ambasciatore di Francia disse a Silvela come opinione personale credere che il suo Governo sarebbe favorevole a Rampolla od a chi ne seguisse politica. Governo spagnolo non si è formato ancora concetto sul candidato preferibile; crede che cardinali spagnoli siano favorevoli Rampolla od al suo candidato. Silvela non crede che il conclave ammetterà diritto di veto che ritiene non sia sostenibile condizione attuale papato meramente spirituale.

607 l Per la risposta cfr. n. 608.

608 l Cfr. n. 607.

609 l Nota del decifratore: "manca il gruppo, forse gradito".

610

L'AMBASCIATORE A VI ENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 924/446. Vienna, 9 luglio 1903 (per. il 16).

Ringrazio l'E.V. d'avermi comunicato copia del rapporto del comm. Bollati r. ministro a Cettigne, relativo all'Albania1 . Il contenuto di questo notevole documento non mi giunge nuovo. Fin da quando la nostra stampa cominciò a rievocare la questione albanese, alla quale il marchese Visconti Venosta ed il conte Goluchowski avevano opportunamente tentato di provvedere, almeno per un discreto periodo di tempo, per mezzo dell'accordo che VE. conosce, io non mancai di mettere il predecessore di VE. in avvertenza circa il pericolo che avrebbe fatto nascere per i buoni rapporti dell'Italia con l'Austria-Ungheria un'agitazione italiana pro Albania, e segnalandogli l'attitudine dei nostri consoli, i cui rapporti manifestavano nei loro autori una certa eccitazione, gli suggerii di cercare d'informarsi in modo positivo, mediante anche l'invio sul luogo di qualche persona seria e fidata, del vero stato delle cose in quella regione ed in specie circa le accuse formolate contro gli agenti austriaci i quali venivano indicati come esecutori di disegni di predominio austro-ungarico in Albania, in opposizione agli accordi presi tra le due Potenze2. Il mio suggerimento non ebbe seguito, forse per mancanza di tempo, e sono ora lieto che VE. si sia valso de Il'opera intelligente e sensata del comm. Bollati per fare la specie d'inchiesta che io invocava.

In esecuzione delle di lei istruzioni, io chiamai l'attenzione del conte Goluchowski sullo stato di reciproca diffidenza tra i consoli d'Italia e d'Austria-Ungheria in Albania. Anzi, siccome il comm. Bollati gode della stima e della fiducia del conte Goluchowski che particolarmente conosce, giudicai utile di comunicargli il di lui rapporto, e gli chiesi, a nome di VE., se non credeva che fosse il caso, mediante apposite istruzioni, di cercare di far scomparire la diffidenza reciproca ora esistente tra le nostre rispettive rappresentanze consolari in Albania.

Il conte Goluchowski prese lettura con interesse del rapporto del comm. Bollati, e mi disse che avrebbe pensato alla proposizione di V.E.

Ma non si mostrò molto fiducioso; e mi ripeté confidenzialmente le seguenti considerazioni insistendo sul carattere, non solo confidenziale ma privato, del suo discorso.

Il conte Goluchowski premise che ha intera fiducia in VE. e non mette in dubbio la di lei risoluzione di osservare lealmente l'accordo convenuto tra i due Governi d'Italia e d'Austria-Ungheria circa l'Albania. Ma egli dubita che il Governo italiano possa riuscire a ricondurre nella retta via l'opinione i tal i an a, eh'egli crede traviata, nella questione albanese.

61 O I Cfr. n. 586, allegato. 2 Cfr. serie III, vol. VI, nn. 579 e 584.

Prego VE. di non dimenticare nel leggermi, che io riferisco qui il pensiero del conte Goluchowski ed il senso se non la forma del suo linguaggio. Questi osservò che la questione albanese non esisteva, o esisteva soltanto allo stato latente, fino a pochi anni fa, quando la stampa italiana, e specialmente quella che si professava amica al Ministero italiano, obbedendo ad impulsioni che egli non cerca di definire, cominciò la propaganda pro Albania non già nel senso di preparare un'autonomia albanese, indipendente da ogni predominio estero, ma in quello di sottomettere quel Paese alla influenza italiana, in altri termini di italianizzarlo. I consoli italiani agirono naturalmente in quella direzione con l'ardore che si sa. Il Governo austro-ungarico che, seguendo i suoi tradizionali interessi, non vuole impossessarsi dell'Albania, ma non vuole che altre Potenze se ne impossessino, che non pensa punto ad austriacizzare gli albanesi, ma si oppone a che essi siano italianizzati, non lasciò ignorare ai suoi consoli queste sue intenzioni che costituiscono la sostanza delle istruzioni ad essi impartite. Quindi il conflitto. All'azione di propaganda italiana, dice il conte Goluchowski, rispose e risponde una correlativa opposizione austro-ungarica.

Io non volli seguire il conte Goluchowski sul terreno su cui s'era messo, ben sapendo che una discussione per stabilire quale delle due parti abbia portato il primo colpo all'antica fiducia negli affari albanesi non avrebbe condotto che a vane recriminazioni. Lasciando quindi da parte il passato, ripetei al conte Goluchowski la preghiera di esaminare quale rimedio si potesse portare allo stato attuale di cose, sia con opportune istruzioni ai consoli rispettivi, ispirate dal medesimo sentimento di fiducia che anima i due Governi, sia anche con qualche cambiamento di personale.

Il conte Goluchowski mi disse di nuovo che ci avrebbe pensato. Egli partirà ora per la sua solita cura delle acque di Vittel, e rientrerà tra un mese. Ma non mi fo illusione sul risultato delle sue riflessioni. Le difficoltà per ristabilire l'antica fiducia sono molto gravi, poiché la spinta anti-austriaca ha radice nella nostra stampa e nelle nostre scuole, cioè in due forze che non sarà facile al Governo di dominare. E finché perdura questo stato di ostilità nell'opinione pubblica italiana, esso avrà naturalmente una ripercussione nel sentimento austriaco. Ad ogni modo nel fare la sua proposta I'E.V. ha obbedito ad un sentimento che la onora.

611

IL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 311170. Tangeri, 9 luglio 1903 (per. il 15).

Continuano, insistenti, le sollecitazioni di nazionali e protetti, perché la r. rappresentanza meglio ne sostenga e tuteli le ragioni e i diritti presso questo Governo.

Il signor A. Guagnino da Celle Ligure del quale l'E.V. rammenterà le recenti vivaci proteste, i signori Moses le. Nahov di Tangeri, aventi numerosi crediti in sofferenza, ed i signori E. di A. V. Lumbroso da Livorno, sono tra quelli cui soccorrono, ne convengo, maggiori e valevoli titoli ali 'assistenza della legazione. Continuano d'altra parte le opposizioni del Maczen a sistemare non quelle loro sole vertenze, bensì altre, e molte, che non le persone, ma il r. ufficio interessano.

Confesso che sebbene io non abbia perdonato a diligenze e ad eccitamenti perché l'autorità locale debitamente le attenda e risolva; a nulla, e per iscritti che io mandi alla Corte, riesco.

Le sottopongo l'unito carteggio, affinché l'E.V. possa rilevare quanto pressante sia stato sempre il mio linguaggio, e quanto tarde ed evasive sia dei delegati sia dei ministri imperiali le risposte.

È una tormentosa condizione di cose, non dovuta a cause immediate di insurrezione e di anarchia, come dal Maczen si allega, ma a tutt'altre e lontane ragwm.

Mi sia lecito di richiamarmi a ciò che fin dall'assumere delle funzioni qui affidatemi, io scriveva al predecessore di lei, on. di Rudinì: «Superata la crisi di successione (così nel mio rapporto del dì 15 giugno 1896) 1 , il Marocco è passato subitamente da un Governo nel quale il sultano era di tutto e di tutti padrone, a quello di una semi-reggenza nella quale il principe, ancora fanciullo, nulla può e tutto possono i suoi ministri.

Ne è seguito un mutamento sì nella interna amministrazione, che nell'indirizzo della politica estera maroccana, onde non peranche si avvertono tutti gli effetti, ma che per noi, per gli interessi italiani in questo Impero, è stato oltremodo dannoso.

Il defunto imperatore Muley Hassan era amico sincero del nostro Paese; lo sapeva potente in mezzo agli Stati europei, di onesti e disinteressati propositi rispetto al Marocco, ed egli ne ambì e ne ebbe il valido appoggio.

La lingua italiana per prima volta insegnata a Tangeri a conveniente preparazione dei giovani indigeni che, per più anni, lui regnante, frequentarono le scuole e gli istituti militari del Regno, la fabbrica d'armi di Fez a ufficiali ed a tecnici italiani affidata, la costruzione di una nave da guerra pure per prima volta ai nostri cantieri anziché altrove commessa, la r. rappresentanza, fra tutte, in ispecial modo distinta, tali furono per tacere d'altri vantaggi e privilegi, i risultati politici dali 'Italia allora ottenuti.

Oggi il capo dello Stato è per età incapace, e il potere sta nelle mani del gran vizir, Sid Ahmed ben Mousa, noto e considerato per avere con singolare energia e fortuna domata una fiera ribellione e la pericolante autorità imperiale assodata, ma la poca sua coltura, le ristrette sue idee delle cose di Europa, dove non mise mai piede, escludono che egli sia capace di retti giudizi circa le condizioni e l 'importanza dei singoli Stati, circa gli intendimenti e gli obiettivi loro politici in Marocco.

Ecco perché e sin dapprincipio, per quello che ne concerne, si poté dubitare che egli sapesse della parte che l'Italia rappresenta nel concerto delle Potenze, del valore di sue alleanze, e delle utilità di sua amicizia.

Una serie di successivi provvedimenti suoi: l'avere lo stesso gran vizir chiuso senza pur consultarne, la scuola arabo-italiana di Tangeri, il tener da tempo quasi deserte di pensionati marocchini le classi del collegio internazionale; il suo persistere negli indugi o in risposte ora evasive ora di rifiuto circa la questione del 'Bascir' ed altre delicate vertenze nostre; ha poi dato a divedere come egli non si ispiri ai concetti ed a' criteri di Muley Hassan, e come a malincuore per lui si osservino e rispettino gli accordi ed i positivi impegni dal defunto imperatore contratti, e dal sultano attuale non è guari confermati».

Il vero è che in tutte le contingenze una parte dell'influenza appartiene alla fortuna: e la fortuna (ed i precedenti che ho testé rievocati lo dimostrano), non arrise negli ultimi anni, né ora seconda la politica ed il compito della diplomazia italiana al Marocco.

Già dal 1894, l'ascendente dell'Italia, che tre anni prima, nel 1891, aveva raggiunto le massime proporzioni, era sul decadere.

A Muley Hassan, provato amico, giova ripeterlo, del nostro Paese, era succeduto il principe regnante Abdul-Aziz, e per lui, ancora fanciullo, reggeva lo stato quel Sid Ahmed ba Ahmed, del quale è poco dire che nessuna speciale simpatia lo attrasse verso l 'Italia.

Scema vieppiù la nostra influenza man mano che alla militante decisiva politica nazionale di quei tempi, un diverso programma (il programma delineato nel dispaccio ministeriale del marzo 1891 )2 veniva esplicandosi e a guidare le condotte della r. legazione; precipita, all'annuncio dei disastri patiti dalle armi italiane in Abissinia.

Tra il 1897 ed il 1899 sopraggiungono i fatti di pirateria del Riff, la cattura del capitano e di più marinai della 'Fiducia' che ne costringono ad energiche domande di riparazione e di indennità pecuniarie; ed a breve distanza le violenze usate ad un protetto italiano di Mazagan, ed altre rimostranze ed intimazioni ne derivano, le quali, rimaste a lungo infruttuose, spalleggiare si debbono coll'invio in quelle acque di una r. nave.

Durava il malanimo alla Corte sceriffiana ed il rancore delle subite minacce e delle ingenti somme pagate, e per altre controversie, dalla quistione del 'Bascir', alle divergenze sorte per l'esercizio della fabbrica d'anni, di bel nuovo si turbano le reciproche relazioni, e tutta l'azione diplomatica della r. rappresentanza pare ridotta ed in fatto risolversi in moleste, interminabili rivendicazioni.

Premendo di togliere di mezzo codesti e possibili ulteriori dissensi e malintesi, io chiesi al R. Governo di mandare dapprima il r. segretario-interprete, poi me stesso in missione a Marocco. E l 'E.V. sa quali ottimi risultati dall'una e dali 'altra visita si ottenessero.

«Le lettere imperiali che io recai a S.M. il Re -questo io lietamente, riferiva alla Consulta -ed il consono espansivo linguaggio a me tenuto dal sultano e dai suoi ministri, dimostrano che il nostro intento è raggiunto. Mi adoperai a sistemare tutti insieme i reclami, ve n'erano di risalenti per data a dieci e più anni, e molti implicanti laboriose discussioni, e tutti vennero senza eccezione composti».

E questo era realtà. Senonché, d'un tratto, subito dopo la morte del gran vizir Ba Ahmed, mutava il Governo, e mutavasi la situazione.

Nulla di più inaspettato della impronta che i nuovi consiglieri del sultano, ed il ministro della guerra Sid El Menebbhi, suo favorito, diedero ai rapporti internazionali dell'Impero, mostrando di non fare calcolo se non nella diplomazia inglese e d'avere poco meno che per inutile la cooperazione degli Stati mediterranei, non meno della Gran Bretagna interessati alla territoriale integrità dell'Impero.

Nulla di più urtante per noi, di codesto voltafaccia e dell'affettata loro noncuranza, rispetto all'Italia, scorsi appena alcuni mesi dalla calda accoglienza e dalle esuberanti manifestazioni di amicizia prodigate alla r. missione.

Da ultimo, ed a peggiorare una già ardua e spiacevole posizione, contribuì, debbo pur dirlo, il divulgarsi del recente accordo franco-italiano3, accordo che dai pubblici fogli, (assai letti e commentati a Fez), e da parlamentari dichiarazioni, qui apparve e fu creduto un atto per il quale l'Italia abbandona addirittura il Marocco alla Francia.

Il dovere e la responsabilità dell 'utlicio mi hanno condotto, signor ministro, a tutto ciò, senza ulteriore indugio esporle. Non mi sfuggono le ragioni che nel presente momento politico consigliano la massima circospezione e prudenza; ma neppure mi dissimulo la necessità d'avvisare ai mezzi di ricondurre questo Governo ad una più esatta nozione dei suoi doveri, sì da persuader! o che l 'Italia vuole i propri diritti integralmente rispettati.

Parmi che se, al ristabilirsi della tranquillità del Paese, il R. Governo mi autorizzasse a di bel nuovo recarmi presso la Corte sceriffiana, (in visita non di forma ufficiale), e se mi fosse così dato di personalmente abboccarmi con S.M. il Sultano, e di tutti rappresentargli i giusti motivi di nostre lagnanze, ne avremmo qualche buon effetto. Tanto più che i suoi ministri, me presente, non oserebbero né potrebbero più occultargli, come sogliono, la verità, né influire sulle sue decisioni.

In ogni modo e quand'anche riuscisse infruttuosa, tale una missione intesa a provocare franche spiegazioni, e tale una sovrabbondante prova di intendimenti conciliativi, renderebbe più significativo ed etlicace, pur riserbando la libera scelta ed il beneficio della opportunità, un diverso atteggiamento4.

611 l Non pubblicato nel vol. l della serie Ili.

611 2 Cfr. serie II, vol. XXIV, n. 100.

612

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1447/82. Parigi, l0 luglio 1903, ore 18, 05.

Delcassé, a proposito dell'aggiornamento del viaggio, mi ha detto che le nostre considerazioni 1 sono identiche a quelle del presidente della Repubblica e del

4 Per la risposta cfr. n. 633. 612 l Cfr. n. 605.

456 Governo francese, e che la simultaneità della visita e dei funerali del papa è evidentemente da evitare. Soggiunse essere questa una questione di alta convenienza che tutti capiscono. Delcassé desidera che nell'annunziare aggiornamento si dica che esso è l'effetto di una intesa stabilitasi fra i due capi di Stato ed i loro Governi. Circa epoca del rinvio il ministro mi ha detto che qui si sta alla disposizione del re e nessuna indicazione precisa mi è stata data. Però mi sembra che, se il decesso del pontefice ed i suoi funerali avvenissero entro questo mese, si gradirebbe che la visita seguisse subito dopo la tumulazione. Su questo punto siamo rimasti intesi col Delcassé che l 'iniziativa è interamente riservata al re, e che egli aspetterà le nostre indicazioni.

611 3 Cfr. serie Ili, vol. VI, nn. 619-622.

613

IL MINISTRO AD ATENE, SILVESTRELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 409/193. Atene, l0 luglio 1903 (per. il 15).

Essendo finita la sessione del Parlamento cretese, il principe Giorgio si dispone a venire ad Atene e ripartirne presto pel solito suo viaggio annuale. Dicesi che questa volta Sua Altezza Reale visiterà le Corti di Russia, d'Inghilterra, d'Italia ed il presidente Loubet, per perorare l'annessione dell'isola al Regno di Grecia.

La questione cretese non è di competenza di questa modesta legazione: è però mio stretto debito di chiamare l'attenzione di V.E. sul contegno che tiene da vari anni la Grecia ufficiale e la stampa ellenica verso l'Italia, che è altero e sprezzante, e nelle stesse cose di Creta non è improntato alla benché minima deferenza. Si mostra invece apertamente da tutti, a cominciare dall'alto commissario, che aspettano dalla Russia soltanto il compimento dei loro voti, e si riguarda e si tratta l'Italia come una quantità trascurabile.

In tale stato di cose io stento a credere ad un appello del principe Giorgio al

R. Governo, perché sarebbe tardivo e non conforme al costante suo atteggiamento. Ma qualora realmente avvenisse, non sarebbe a mio avviso fuor di luogo di dargli una risposta fredda e del tutto evasiva quale certamente si merita!.

613 l Allegato a questo rapporto è il seguente appunto di Malvano: «Rispondere che si terrà conto, in giusta misura, di queste considerazioni. Però agli occhi nostri la questione cretese va considerata in se stessa, e non in quanto possa toccare la Grecia. Ad ogni modo il recente tentativo dell' Assemblea cretese per l'annessione ha avuto esito completamente negativo come risulta dai documenti diplomatici che si vengono comunicando alla legazione». Su questa base fu inviato a Silvestrelli il D. 35376/131 del 19 luglio, non pubblicato.

614

IL MINISTRO A CETTIGNE, BOLLATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 276/74. Cettigne, l0 luglio 1903 (per. il 18).

Lo stadio acuto, nel quale è di nuovo entrato negli ultimi giorni il conflitto turco-bulgaro, forma naturalmente oggetto di intensa preoccupazione anche a Cettigne. Questo ministro degli affari esteri, col quale ebbi più volte occasione di discorrerne, si mostra assai pessimista. Egli pensa che non sarà possibile di comprimere più oltre la materia combustibile già da tanto tempo accumulata; ravvisa nelle notizie sparse da ambe le parti, nelle manifestazioni ufficiali ed ufficiose dei due Governi, nelle imputazioni e giustificazioni reciproche, il proposito, comune alla Turchia ed alla Bulgaria, di spingere le cose all'estremo; e prevede quasi inevitabile lo scoppio delle ostilità a breve scadenza. Di fronte al quale, egli aggiunge, sarà ben difficile al Montenegro, come alla Serbia, di rimanere indifferenti. Avendogli io obbiettato che pure, a quanto mi era stato da lui stesso ripetutamente confermato, il Montenegro non aveva alcuna ragione di dolersi del procedere della Turchia a suo riguardo, il ministro mi replicava che ciò poteva esser vero, che egli aveva infatti sempre sostenuto la necessità di mantenere buoni rapporti coll'Impero ottomano, attirandosi anzi la taccia di turcofilo impenitente; ma che si trattava, in questo momento, di tutelare i supremi interessi del Paese, di far valere i suoi sacrosanti diritti, che sarebbero senza dubbio messi in non cale, ove il Montenegro si tenesse in disparte da una guerra scoppiata nella penisola balcanica. «Abbiamo già lasciato sfuggire la propizia occasione della guerra turco-greca; non vogliamo ora più ripetere simile errore». Di «supremi interessi» da tutelare, di «sacrosanti diritti» da far valere, il signor Vukovich mi aveva sovente parlato anche precedentemente; rammento però che, ancora pochi mesi sono, egli mi aveva detto che, ove la Bulgaria avesse provocato la Turchia, il Montenegro e la Serbia sarebbero rimasti neutrali, salvo a regolarsi poi secondo gli eventi. E' agevole trovare la causa di questo mutamento di linguaggio, nel mutato stato di cose in Serbia. Poiché, il principe Nicola sa -o confida -di poter più facilmente conseguire un accordo per un'azione comune, con re Pietro I, che non con re Alessandro, dal quale -ad onta delle contrarie dichiarazioni che talora si prodigavano -aveva sempre a temere il pericolo di qualche ingrata sorpresa. Conviene però aggiungere che il pensiero del principe Nicola, che del resto è attualmente all'estero, non viene sempre -ad arte o no? -fedelmente rispecchiato nelle parole del suo ministro degli affari esteri, il quale assume volontieri un tono bellicoso, finora, fortunatamente, non confermato dai fatti.

Speriamo che sia così anche questa volta. Il nuovo agente bulgaro a Cettigne, dal canto suo, non crede ancora alla guerra. Egli dice che, per quanto sia eccitato il sentimento nazionale nel suo Paese, l'esercito bulgaro non è che imperfettamente preparato, specie per ciò che concerne gli approvvigionamenti, anche ad un'azione puramente difensiva; e che la sua inferiorità di fronte all'esercito turco viene ancora aggravata dal fatto che quest'ultimo ha, già da tempo, compiuto la sua mobilitazione in Macedonia e nella Vecchia Serbia; non altro scopo, egli dice, aveva la pretesa campagna contro gli albanesi. E, con una libertà di linguaggio abbastanza rara nel rappresentante ufficiale di un Governo, ma che trova la sua spiegazione nei singolari precedenti del signor Rizoff, egli soggiunge che, prima d'ogni altro esiterà a lanciarsi in una simile avventura il principe Ferdinando, il quale deve sapere che la sorte avversa delle armi potrebbe significare per lui più che una battaglia perduta. Un certo pericolo, il signor Rizoff lo ravviserebbe soltanto -contrariamente a quanto si pensa a Costantinopoli, e d'accordo con quanto si stampa a Pietroburgo -nella permanenza al potere del Ministero Petrow, il quale, non avendo nessuna base nell'opinione pubblica, potrebbe, per acquistar popolarità, lasciarsi tentare a qualche passo arrischiato ed irreparabile. Del resto, si può sempre contare sugli effetti dell'azione moderatrice delle Grandi Potenze ... Il diplomatico bulgaro però, se non crede alla guerra, afferma che nel venturo agosto, dopo raccolte le messi, scoppierà sul serio l'insurrezione in Macedonia, i fatti che vi si produssero finora non essendo che avvisaglie senza importanza! E ho inteso dire che il signor Rizoff abbia modo di essere bene informato circa le vicende di un movimento, alla direzione del quale non è rimasto finora estraneo.

Quanto a questo mio collega di Turchia, le notizie che ha ricevute ultimamente dal suo Governo, non debbono essere molto inquietanti. Poiché, appunto in questi giorni, egli è partito per una escursione in Dalmazia.

615

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1112. Roma, 11 luglio 1903, ore 11, 15.

Ho ricevuto il telegramma n. 82 di V.E. 1• Lo si comunica tosto a S.M. il Re per la sua decisione; non appena mi giungerà la risposta di Sua Maestà provvederò per la pubblicazione della notizia mediante comunicato Stefani, concepito nel senso desiderato dal signor Delcassé, che cioè l'aggiornamento è l'effetto di una intesa stabilita fra i due capi di Stato e i due Governi. Quanto all'epoca del rinvio, sarebbe prematuro il discorrerne fin d'ora, ma intanto prendo nota essersi da

V.E. concordato con Delcassé che l'iniziativa è interamente riservata al re e che costì si aspetteranno le nostre indicazioni.

615 l Cfr. n. 612.

616

IL MINISTRO A PECHINO, GALLINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1452/22. Pechino, 12 luglio 1903, ore l0,15.

Regna in questi circoli diplomatici una certa inquietudine sulla situazione, in seguito al convegno di Port Arthur, ed al constatato richiamo di giapponesi soggetti al servizio militare da questo porto. Per la prima volta si ammette possibilità di un conflitto. Nell'opinione generale, questo rimarrebbe, in ogni caso, limitato Russia Giappone'.

617

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1118. Roma, 12 luglio 1903, ore 17.

Questo ambasciatore di Inghilterra è venuto a domandarmi, a nome del suo Governo', se noi consentiremmo il passaggio attraverso territori della nostra sfera d'azione in Somalia di forze abissine dirette al Mogal, per catturare o battere il Mullah, scongiurando così anche il pericolo di una invasione, da parte di lui, dei possedimenti italiani verso sud. Ho risposto che in massima non avevamo difficoltà di consentire, ma che domandavamo, a salvaguardia della posizione dell'Italia in Somalia, ci fossero guarenti ti questi tre punti, cioè: l) ritorno immediato alle loro sedi degli abissini dopo compiute le operazioni militari; 2) proibizione assoluta di razziare popolazioni nostre protette, e risarcimento di danni se malauguratamente razzie avessero luogo; 3) presenza di un ufficiale italiano presso gli ufficiali inglesi che accompagnano la spedizione. Sir F. Bertie comunica questa risposta al suo Governo, di cui attendiamo le risoluzioni. Informo V.E. di quanto precede perché, parlandone con codesto ministro degli affari esteri, ella conosca precisamente quali siano gli intendimenti del R. Governo, francamente manifestati a questo ambasciatore inglese.

616 l Questo telegramma fu ritrasmesso alle ambasciate a Berlino, Londra e Pietroburgo, con T. I l I 9, pari data, con la seguente aggiunta: «Prego informarsi e telegrafarmi quali sono le notizie e le impressioni di codesto Governo». Per le risposte cfr. nn. 619, 627 e 632.

617 l Comunicazione verbale pari data, non pubblicata.

618

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1456112. Sofia, 13 luglio 1903, ore 12,30 (per. ore 14).

Ministro affari esteri mi ha detto jeri che in seguito notizie soddisfacenti giunte da Costantinopoli, Governo principesco, nell'intento dare novella prova sue intenzioni pacifiche, ha non solo sospeso tutti i movimenti di truppe, ma si è dichiarato anche disposto, qualora Turchia lo desideri, diminuire attuale contingente truppe bulgare frontiera. Petrow mi ha incaricato di ringraziare vivamente V.E. per efficace cooperazione Italia pacifica soluzione.

619

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1462/911. Londra, 13 luglio 1903, ore 18, 10.

Marchese Lansdowne, sebbene edotto della inquietudine regnante a Pechino, non ha ricevuto né di là né da Tokio veruna notizia circa una chiamata delle reclute giapponesi che egli ritiene quindi improbabile. Sua Signoria mi disse essere sua impressione che se la situazione è alquanto tesa, non vi è però pericolo attuale di un conflitto.

620

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO 1460/84. Parigi, 13 luglio 1903, ore 18,50 (per. ore 21,35).

Delcassé parlandomi or ora stato stazionario del sommo pontefice osservava che sarebbe cosa dispiacevole che la visita di Sua Maestà dovesse, a cagione

619 I Risponde al n. 616, nota l.

della stagione delle generali vacanze, perdere di quel lustro che il Governo francese desidererebbe anzi tutto assicurarle. In agosto e fin verso la fine settembre, tutte le persone notevoli di ogni categoria sono assenti, e se viaggio si facesse entro questo periodo si troverebbero a Parigi soltanto coloro che vi dovrebbero ritornare appositamente. Malgrado grave obbiezione che nasce dalla difficoltà di assicurare la controvisita in ottobre, se il viaggio venisse ritardato oltre il luglio, bisogna convenire che, dopo trascorso che sia questo mese, la necessità di rimettere la visita verso, o dopo la fine di settembre s'impone 1•

621

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO 1461/85. Parigi, 13 luglio 1903, ore 19,25 (per. ore 22,10).

Durante colloquio che ebbi oggi con Delcassé, questi a più riprese ritornò sulla questione della scelta del nuovo papa. Mi limitai naturalmente ad emettere il voto che il nuovo pontefice sia uomo mite e conciliante; mi sono astenuto dal pronunciare nomi, perché avrei avuto intorno ad essi nessun'altra informazione che quelle date dalle gazzette. Delcassé mi disse che i cardinali francesi non avevano fatto finora presso di lui alcun passo, e di ciò sembrava sorpreso. Egli smentì recisamente che l 'ambasciatore di Francia presso il papa abbia annunziato sospensione della visita del re e mi disse che quel diplomatico va al Vaticano una volta al giorno, come tutti i suoi colleghi. Siccome tutto ciò mi fu detto spontaneamente e con marcata insistenza, così io debbo concludere che se, da parte nostra, vorremo scambiare qualche idea relativamente elezione nuovo pontefice, Delcassé vi sarebbe disposto. Mi permetto segnalare a V.E. opportunità di assicurare da parte dei rr. rappresentanti diplomatici ali' estero una condotta uniforme nel caso morte papa, tanto per esposizione bandiera, quanto per l'assistenza funerali ai quali naturalmente Governo locale e corpo diplomatico prenderanno parte ufficialmente I. In questione per sé delicatissima, e che si presenta sotto vari aspetti, mi sembra che non convenga a ciascuno di noi guidare propria condotta secondo personale criterio2.

62 I l Cfr. n. 622. 2 Per la risposta cfr. n. 623.

620 l Per la risposta cfr. n. 624.

622

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE, ALLE LEGAZIONI IN EUROPA E IN AMERICA LATINA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 1123. Roma, 14 luglio 1903, ore 18,20.

Il papa è aggravatissimo. Per il caso che sfortunatamente venisse a mancare, avverto, per norma di lei e degli ufficiali dipendenti ai quali la prego di telegrafare, che, mentre non è consueto il lutto, in occasione della morte di papi, i rr. agenti diplomatici e consolari dovranno, per l'esposizione della bandiera e per ogni altra manifestazione di onoranza, conformarsi agli usi locali ed ali' esempio dei colleghi.

623

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATISSIMO 1124. Roma, 14 luglio 1903, ore 18,20.

Approvo che nel rispondere al signor Delcassé circa la migliore candidatura pontificia V.E. abbia emesso il voto che il nuovo papa sia uomo mite e conciliante!. Desidero intanto che V.E. ringrazi il signor Delcassé per la disposizione, in cui si è mostrato, di avere con noi uno scambio di idee a tale riguardo. Per il momento non siamo ancora in grado di concretare il nostro pensiero con la designazione di nomi. Ma ciò potrebbe essere più tardi, ed in tal caso mi affretterò a farle pervenire ulteriori comunicazioni.

624

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 1125. Roma, 14 luglio 1903, ore 18,20.

Le considerazioni esposte a V.E. dal signor Delcassél circa l'epoca più opportuna per il viaggio di S.M. il Re, dopo che per ragioni di alta convenienza lo

624 l Cfr. n. 620.

si dovette differire, mi furono del pari presentate in nome del signor Barrère, ora assente da Roma, dal consigliere dell'ambasciata. A nostra volta il presidente del Consiglio ed io ne abbiamo dato notizia a S.M. il Re e ne attendiamo la risposta. Mi riservo quindi di farle pervenire ulteriori comunicazioni. Ma fin d'ora ritengo che anche Sua Maestà apprezzerà le considerazioni per cui apparirebbe meno opportuno il viaggio in agosto od in settembre, e che sia in conseguenza probabile il rinvio ad epoca da stabilirsi ulteriormente, di comune accordo, la quale potrebbe essere il principio di ottobre. Desidero che V.E., nel fare questa comunicazione, faccia rilevare la reciproca comunanza di pensier9 manifestatasi tra i due Governi anche in questa circostanza.

623 l Cfr. n. 621.

625

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1468/86. Parigi, 14 luglio 1903, ore 24 (per. ore 5,20 dell5).

Mentre prego V.E. di farmi sapere la risposta di Sua Maestà per potere eseguire qui la comunicazione relativa al differimento probabile al principio di ottobre della visita, mi permetto chiedere l'autorizzazione d'intrattenere Delcassé, come di cosa di mia personale iniziativa, della opportunità di non lasciare nella assoluta incertezza la previsione dell'epoca della controvisita, la quale dovrebbe essere preveduta per il periodo delle vacanze di Pasqua dell'anno prossimo. Non si tratta di mercanteggiare, ma si tratta di mettere in sodo cosa la quale manifestamente può influire gravemente sul carattere delle future relazioni dei due Paesi. L'ordinario corso della sessione parlamentare, che incomincerà il 13 ottobre in Francia, non permetterebbe l'assenza del presidente della Repubblica, prima delle vacanze anzidette. Ma pure non parlando per ora di un preciso impegno, converrebbe che si stabilisse che, alla premura dimostrata dal re nel mantenere la promessa di visita appena questa può essere opportunamente eseguita, corrispondesse uguale premura nel presidente della Repubblica a designare l'epoca della restituzione. Prego V.E. rispondermi telegraficamente, a questo riguardo', giacché evidentemente sarà atto di cortesia gradita, che qui si annunzi, il più presto possibile, il rinvio della visita ad ottobre.

625 I Cfr. n. 626.

626

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO 1127. Roma, 15 luglio 1903, ore 12.

Sua Maestà gradisce che la sua visita al presidente Loubet abbia luogo nei primi giorni di ottobre. V.E. può annunciarlo al signor Delcassé. Quanto al momento più opportuno per la controvisita, V.E. può parlare nel senso indicato nel suo telegramma di iersera! ma come di sua propria ed esclusiva iniziativa, non parendo il caso di provocare, come da Governo a Governo, una preventiva determinazione di data mentre la visita non è ancora stata fatta, e mentre, d'altronde, già esiste l'impegno formale per controvisita in genere.

627

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1472/102. Berlino, 15 luglio 1903, ore 12,25.

Risposta al telegramma 11191. Questo Governo non crede per ora probabilità conflitto fra Russia e Giappone, Giappone, solo, non vorrà esporsi ai gravi pericoli di una guerra colla Russia e sue conseguenze, mentre sul concorso effettivo di altre Potenze e nelle circostanze attuali esso non ha da aspettarsi. Inghilterra non vi sarebbe chiamata dalle condizioni del trattato di alleanza e potrebbe, tutto al più, fornire denari, di cui Giappone manca. Gli Stati Uniti si terranno forse paghi delle dichiarazioni fatte dalla Russia (e comunicate anche R. Governo, suppongo) circa i suoi propositi di «porta aperta» in Manciuria, salvo qualche restrizione. Germania ha già dichiarato che la questione Manciuria non la interessa.

628

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1476/88. Parigi, 15 luglio 1903, ore 19,05.

In un colloquio avuto or ora con Delcassé ho messo in sodo che per reciproca comunanza di pensiero manifestatasi fra i due capi di Stato ed i loro Governi,

627 l Cfr. n. 616, nota l.

la visita di Sua Maestà a Parigi rimane rinviata verso il principio d'ottobre alla data che sarà ulteriormente stabilita. Da uno scambio d'idee avente carattere affatto personale è inoltre risultato che la visita di Loubet, di cui non si parla prima che visita reale abbia avuto luogo, è decisa per l'epoca indicata nel mio telegramma di jeri seral. Prego sia mantenuto assoluto segreto a questo riguardo.

626 l Cfr. n. 625.

629

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A RACCONIGI

T. Berlino, 15 luglio 1903.

In risposta alla comunicazione fattagli d'ordine di Vostra Maestà il 9 corrente circa cardinale Rampollal, conte Biilow mi ha fatto da Nordemey dar conoscenza delle considerazioni esposte nel telegramma già inviato a Vostra Maestà dall'imperatore. Aggiungerò solo che i cardinali tedeschi hanno in conseguenza avuto solo raccomandazioni inspirarsi al loro patriottismo nel prossimo conclave2.

630

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

L. PERSONALE RISERVATA. Vienna, 16 luglio 1903.

Mi permetta VE. di rispondere con lettera privata alla questione ch'ella mi pone nel suo dispaccio del 12 corrente1• Se cioè sia conveniente che S.M. il Re accolga la domanda fattagli dal comitato trentina di concorrere alle spese per il monumento da erigersi a Trento in onore del compianto Giovanni Segantini.

È certo che ben pochi monumenti sarebbero più degni d'ottenere il concorso del nostro re che quello destinato ad onorare nel suo paese natale la memoria di questo geniale pittore, troppo immaturamente rapito all'arte italiana. Ma è egualmente certo, che la sottoscrizione del re per questo monumento, pur essendo unicamente inspirata dal nobilissimo sentimento di onorare un grande artista della nostra razza, sarebbe considerata in Austria ed altrove come un incoraggiamento all'irredentismo, sempre quando, nella sottoscrizione, al nome del nostro sovrano non precedesse quello dell'imperatore.

629 l Cfr. n. 607. 2 Di ciò Lanza dette comunicazione a Morin con T. 1471, pari data, non pubblicato. 630 l D. 34061/350, non pubblicato.

La E.V., che ha la responsabilità della politica estera dell'Italia, tiri le conseguenze. Ella deve sapere, più di me, quale è la vera direzione di questa politica. Se conviene al Governo italiano di mantener vivo e di accentuare l'irredentismo contro l'Austria, la sottoscrizione del re darà sicuramente una spinta a questa politica. Se invece l'attuale politica italiana tende a mantenere relazioni leali di buon vicinato col Paese alleato, suppongo ch'ella consiglierà a Sua Maestà di rispondere che non potrebbe concorrere all'erezione del monumento se non quando il nome dell'imperatore figurasse nelle liste dei sottoscrittori.

A tale questione ella meglio che altri può solo rispondere.

Ma ove l'E.V. si limiti a chiedermi se l'accoglienza per parte del re della domanda fattagli dal comitato trentina sarebbe considerata in Austria come un atto di tendenza irredentista, dovrò rispondere in coscienza che sarebbe considerata così. E ringraziandola della fiducia mostratami in questa circostanza, ...2.

628 l Cfr. n. 625.

631

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1145. Roma, 17 luglio 1903, ore 2 4.

Somalia. Circa tre punti oggetto mio telegramma 12 corrente l, incaricato d'affari di Inghilterra mi ha comunicato un telegramma del marchese di Lansdowne2, telegramma di cui riassumo la parte sostanziale: l) Governo britannico è lieto consentire un ufficiale italiano si unisca agli ufficiali inglesi che accompagnano le forze abissine; 2) Governo britannico è pronto a venire ad accordi con Menelik perché, appena finita la campagna le forze abissine siano ritirate; 3) Governo britannico, facendo rilevare l'interesse comune Italia ed Inghilterra soppressione Mullah e pericolo che, senza l'avanzata abissina, il Mullah sia spinto verso i possedimenti italiani, spera che il R. Governo vorrà facilitare azione inglese, senza insistere su precauzioni non necessarie o su condizioni onerose non assolutamente richieste dalle circostanze. Paese sul quale avanzerebbero forze abissine è tale, dice il marchese di Lansdowne, che non si suppone vi siano proprietà italiane, e siccome l 'Italia non occupa effettivamente il territorio, Governo britannico è restio assumere responsabilità per danni cagionati dal passaggio truppe abissine. Lord Lansdowne fa presente che se Governo italiano indicasse le località nelle quali esso ha un protettorato ben stabilito o validi interessi, egli disporrebbe perché, per quanto possibile quelle località siano evitate. Ho risposto a sir Rennell Rodd che prendevo atto delle dichiarazioni del Governo inglese sui primi due punti. Per nostro conto, provvederemo alla destinazione dell'ufficiale, e il Governo inglese, dal

467 canto suo, provvederà, d'accordo con Menelik, pel ritiro degli abissini appena finita la campagna. Quanto al terzo punto, comprendevo la difficoltà di precise determinazioni, ma ciò che noi domandiamo è che il Governo inglese usi di tutta la sua influenza perché non siano razziate le popolazioni pacifiche che non parteggiano pel Mullah e che si trovano in territorio di protettorato italiano, cioè a dire le popolazioni migiurtine che obbediscono al sultano Osman Mahmud. Per norma di V.E. l'avverto che, a richiesta di questa ambasciata inglese, ho in un memorandum del 29 giugno scorso3 chiaramente indicato quale sia la posizione politica dell'Italia in Somalia. Di questo memorandum, che le spedisco per posta, l'E.V. si varrà nel parlare col marchese di Lansdowne.

630 2 Poiché il comitato organizzatore non aveva rivolto all'imperatore Francesco Giuseppe l'invito a sottoscrivere, il re non accolse la richiesta. 631 l Cfr. n. 617. 2 Il contenuto del telegramma era stato comunicato da Leech a Malvano con lettera urgente del 15 luglio, non pubblicata.

632

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1494/33. Pietroburgo, 19 luglio 1903, ore 16 (per. ore 16,50).

Avendo avuto occasione vedere direttore dipartimento politico di questo Ministero degli esteri, gli ho accennato alle voci bellicose che giungono dall'Estremo Oriente'. Egli mi ha risposto che le notizie ricevute al ministero non erano così inquietanti, ma ha soggiunto subito: «Se il Giappone ci vuoi fare la guerra, ce la faccia». Novoi'e Vremia contiene un articolo su quello che chiama l'incubo del Giappone, di far la guerra alla Russia.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A TANGERI, MALMUSI

D. RISERVATO 35378/48. Roma, 19 luglio 1903.

Col rapporto in data 9 corrente' la S.V., premesse alcune osservazioni circa le cause della diminuita nostra influenza presso codesto Governo, mi ha chiesto l'autorizzazione di recarsi, in forma non ufficiale, presso la Corte sceriffiana. Secondo l'avviso della S.V., potrebbero da tale visita derivare all'Italia utili effetti, sia per quanto concerne in genere la nostra influenza nel Marocco, sia, in ispecie, per quanto riguarda la soluzione di taluni nostri reclami, tuttora pendenti.

Pur apprezzando le considerazioni svolte dalla S.V. nel rapporto, a cui mi pregio di rispondere, ritengo, nondimeno, miglior consiglio, per ora, di soprasse

632 l Risponde al n. 616, nota l. 633 l Cfr. n. 611.

dere. Nel presente momento, date le agitazioni ancor vive in codesto Paese, e avuto anche riguardo ad ovvie considerazioni di politica generale, una visita della

S.V. a S.M. il Sultano, ancorché in forma non ufficiale, sarebbe manifestamente inopportuna. Con ciò non intendo di escludere che, in epoca meno prossima, il progetto della S. V. possa attuarsi: anzi esso potrà essere preso, a suo tempo, in serio esame, specialmente quando la situazione del Paese si sarà fatta realmente normale e pacifica.

Intanto, per averne norma nelle mie future decisioni, gioverà che la S.V. mi riassuma succintamente, in apposita relazione, i reclami italiani che trovansi costì in sofferenza.

In attesa di ricevere la relazione suddetta ...

631 3 Non pubblicato.

634

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

D. 35381/307. Roma, 19 luglio 1903.

Ringrazio l'E.V. per il rapporto 10 corrente, n. 3351 col quale ella mi informa delle misure prese da codesto Governo per eliminare le cause del malcontento in questi ultimi tempi manifestatosi in Bulgaria per la situazione in Macedonia.

Gradirò che l 'E.V. continui a tenermi informato sopra questo interessante soggetto. Intanto, avendone l'occasione, sarà bene che ella non tralasci di manifestare ai ministri del sultano il nostro compiacimento per il loro fermo proposito, corroborato ormai da fatti concreti, di evitare colla massima cura tutto ciò che possa dare argomento ad eventuali conflitti e complicazioni.

La Sublime Porta non può dubitare di avere in questa sua opera di conciliazione e di pace, il favore delle Grandi [Potenze] e segnatamente dell'Italia.

635

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1496/51. Belgrado, 20 luglio 1903, ore 15 (per. ore 19).

Ministro di Francia ha ricevuto nuove credenziali e già ha domandato udienza per presentarle. Questo ministro degli affari esteri mi informa che Milovanovi

634 J R. 819/335, non pubblicato.

eh sarebbe provvisoriamente confermato, ma che sarebbe difficile potergli inviare ora nuove credenziali. Ministro degli affari esteri, in vista di altre considerazioni per cui trova desiderabile che, nel comune interesse, la posizione diplomatica del ministro d'Italia in Belgrado sia quanto prima regolarizzata, mi ha espresso la speranza che V.E. voglia eliminare le attuali imbarazzanti difficoltà adottando il modus procedendi seguito dai Governi austro-ungarico e francese. Soluzione è urgente anche perché S.M. il Re fra due settimane si allontanerà dalla capitale per intraprendere un giro nell'interno del Paese. Prego V.E. di mettermi grado di dare una risposta attesa con impazienza I.

636

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, MADRID, PARIGI, PIETROBURGO, VIENNA E WASHINGTON, E ALLE LEGAZIONI A BERNA, BRUXELLES, BUENOS AIRES, CARACAS, L' AJA, LIMA, LISBONA, MESSICO, RIO DE JANEIRO E SANTI AGO

T. 1151. Roma, 20 luglio 1903, ore 16,45.

Il papa è morto oggi venti luglio alle quattro pomeridiane. Tutte le disposizioni sono state prese per garantire la libertà materiale e morale del governo provvisorio della Chiesa e del conclave. Desidero che, senza fame oggetto di comunicazione ufficiale, ella ne dia l'assicurazione a codesto Governo.

637

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 355111365. Roma, 20 luglio 1903.

Ringrazio in particolar modo l'E.V. per l'interessante lettera in data delli 9 corrente!, con la quale mi ha riferito circa il colloquio da lei avuto con codesto ministro degli affari esteri sullo stato di reciproca diffidenza tra i rr. consoli e quelli imperiali e reali in Albania.

L'E.V. è stata interprete fedele ed accorto del mio pensiero, ed ora attendo di conoscere quello del conte Goluchowski.

637 l Cfr. n. 610.

Quali che siano le difficoltà create da una artificiale agitazione in Italia (agitazione di cui il ministro austro-ungarico mi sembra esagerare l 'importanza), il munire i consoli rispettivi, sopra luogo, di istruzioni identiche e conformi al concorde volere delle due Potenze, mi parrebbe cosa spettante esclusivamente alla decisione dei due Governi, e sarebbe sempre rimedio efficace.

635 l Per il seguito cfr. n. 640.

638

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATISSIMO 2368/913. Parigi, 20 luglio I 903 (per. il 24).

Con il mio rapporto del 10 corrente (n. 2264/874)1 ebbi l'onore di rendere conto a V.E. del colloquio che ebbi il dì innanzi con il signor Delcassé circa l'aggiornamento della visita di S.M. il Re in Parigi. Da quel colloquio mi era rimasta l'impressione che qui si sarebbe desiderato che l'aggiornamento fosse breve e che possibilmente la visita si effettuasse nel corso del mese corrente. Ma pochi giorni dopo, protraendosi quasi senza variazioni lo stato grave della salute del pontefice, lo stesso signor Delcassé avea sensibilmente modificato le sue idee. E, con telegramma del 13 corrente2 mi affrettai d'informare V.E. che questo signor ministro degli affari esteri mi aveva fatto considerare quanto sarebbe dispiacevole che la visita di Sua Maestà venisse protratta all'epoca delle generali vacanze estive, quando le persone notevoli di ogni categoria sono assenti da Parigi, poiché se le accoglienze nel circolo ufficiale sarebbero sempre state le stesse, cioè liete e festose, alle medesime sarebbe tuttavia venuto a mancare una parte del lustro che il Governo della Repubblica desidera loro assicurare. V.E. m'informò il 143 che analoghe considerazioni le erano state esposte dall'ambasciatore francese. Si aspettava in proposito la decisione di S.M. il Re; ma nel caso in cui l'augusto sovrano avesse apprezzato tali considerazioni e deciso il rinvio del viaggio al principio di ottobre, V.E. mi avvertiva essere suo desiderio che, nel fare qui l'opportuna comunicazione, io facessi rilevare la reciproca comunanza di pensiero manifestatasi fra i due Governi anche in questa circostanza.

L'E.V. che ben conosce tutta l'importanza che io annetteva fin da principio a che la visita del nostro re a Parigi e la controvisita del signor Loubet a Roma potessero effettuarsi entrambe entro il periodo delle vacanze parlamentari francesi di questo anno, comprenderà di leggieri con quale animo, pur arrendendomi a ciò che necessità di varia natura imponevano, io vedessi sconvolgere tutto il piano sopra il quale riposava la sicurezza della restituzione della visita.

2 Cfr. n. 620.

3 Cfr. n. 624.

Non ritornerò qui sopra le ragioni che ho di credere che non solamente in caso di cambiamento di Ministero in Francia si potrebbero incontrare esitazioni a mantenere l'impegno, ma che occorrerà una certa fermezza nel Gabinetto per vincere le titubanze che nel signor Loubet si rivelarono fin qui nel desiderio di rinviare ad epoca lontana il suo viaggio di Roma. Le preoccupazioni inspiratemi da questo mio modo di vedere m'indussero a chiedere a V.E. telegraficamente4 l'autorizzazione di prendere presso il signor Delcassé una personale iniziativa tendente a precisare l'epoca della controvisita nell'occasione in cui si determinerebbe il rinvio della visita al principio del prossimo ottobre. Ringrazio l 'E.V. di avermi a ciò autorizzatos. Non si poteva evidentemente trattare di una comunicazione del nostro Governo. Il soggetto stesso e le precedenti circostanze non lo avrebbero comportato. Per introdurre la conversazione col signor Delcassé sovra il soggetto che m'importava chiarire, occorreva anzi che io preliminarmente pregassi questo ministro di spogliarci entrambi della nostra veste ufficiale, acciocché io gli potessi, facendo appello ali' amicizia personale ed alla uniformità dei concetti che ci aveano permesso di cooperare per varii anni insieme al raggiunto scopo comune di ravvicinare l 'Italia alla Francia e dare base solida e duratura alla loro amichevole intimità, parlare senza reticenze ed esprimere il fondo del mio pensiero. Non si trattava di mercanteggiare la visita con la controvisita poiché in massima esisteva per entrambe l'impegno. Non potevasi da me domandare che si fissasse la data della restituzione di una visita che non era stata ancora fatta. La mia preoccupazione personale si estendeva al caso in cui altri uomini, trovandosi al governo della Francia, non avessero come i ministri attuali il perfetto apprezzamento dell'importanza che, sovra l'avvenire delle relazioni franco-italiane, eserciterebbe anche soltanto l 'impressione di una esitazione del presidente della Repubblica a restituire la visita a Roma. Se io fossi stato sicuro che il signor Loubet personalmente sarebbe inaccessibile a tale sentimento di esitazione, la mia preoccupazione non avrebbe avuto alcun legittimo motivo. Ma io non poteva chiudere sistematicamente l'orecchio a rumori che rappresentavano le cose diversamente ed il riserbo stesso do.! presidente della Repubblica che avea evitato con me ogni scambio di idee circa la visita del nostro re mi impressionava.

Recatomi pertanto il 15 corrente dal signor Delcassé misi anzi tutto in sodo che per reciproca comunanza di pensiero manifestatasi fra i due capi di Stato ed i loro Governi, la visita che il nostro re si propone di fare in Parigi rimaneva rinviata verso il principio del prossimo ottobre alla data che ulteriormente sarebbe d'accordo precisata. Questa mia comunicazione venne naturalmente molto gradita ed accolta con le espressioni le più cortesi che denotavano la persuasione che il differimento assicurava al ricevimento del nostro augusto sovrano tutto il lustro del quale importa che esso sia circondato.

Poi con le precauzioni di linguaggio occorrenti a togliere ogni carattere che non fosse strettamente ed esclusivamente personale alla conversazione, esposi al signor Delcassé le cose sovradette. Né ebbi bisogno di una lunga esposizione perché egli comprendesse tutto il pensiero mio. Interrompendomi prontamente egli mi disse che le mie apprensioni sarebbero state naturalissime se si fossero fonda

638 4 Cfr. n. 625. s Cfr. n. 626.

te, trattandosi di aggiornamenti che rimandano più lontano il compimento della visita e della sua restituzione, sovra la vitalità di un Ministero oramai da lungo tempo in carica; ma io· dovea ritenere che il presidente della Repubblica era personalmente acquisito alla politica che aveva guidato il Governo della Repubblica a prendere, in piena coscienza dell'importanza della questione, presa sotto tutti i suoi vari aspetti, la risoluzione che avea permesso al re d'Italia di annunziare la sua visita in Francia. Il rinvio della visita ad ottobre non avrebbe fatto ritardare di un giorno l'epoca che si era già preveduta della restituzione. Io poteva stare perfettamente tranquillo a questo riguardo. E siccome, interrompendo a mia volta, io indicava l'epoca di Pasqua come quella delle prime vacanze di qualche durata che il Parlamento francese prenderebbe dopo la rientrata di ottobre, il signor Delcassé confermò essere infatti quella l'epoca per la quale il viaggio di Roma sarebbe stato preveduto. Si estese alquanto il mio interlocutore a mettermi in guardia contro le false voci che si mettono in giro ed anche contro le impressioni che potevano produrre certi scatti personali dovuti al temperamento meridionale del presidente Loubet i quali potevano essere o mal interpretati, o fraintesi. Egli stesso se ne diffidava e ne nasceva talvolta, particolarmente nei rapporti con gli agenti diplomatici stranieri un contegno che a torto impressionava. Naturalmente non avrei potuto insistere più del dovere nella manifestazione delle ragioni che io avea di dubitare. In presenza delle esplicite, amichevoli, dirò anzi calorose, dichiarazioni del signor Delcassé, io mi dovetti dimostrare riconfortato.

Ora, signor ministro, sappiamo, in modo certo, che il signor Loubet si era già inteso con l'attuale suo ministro di compiere il viaggio a Roma all'epoca delle vacanze parlamentari di Pasqua dell'anno prossimo. Quando Sua Maestà verrà a Parigi, accompagnata da V.E., si troveranno ancora qui in carica gli attuali ministri. Converrà, a mio subordinato parere, che un invito fermo del nostro sovrano possa farsi allora per l'epoca sovr'indicata di guisa che l'accettazione da parte del presidente della Repubblica metta fuor di questione che la restituzione si eseguirà all'epoca stessa. Questo procedimento ci guarantirà contro le eventualità dipendenti dai mutamenti di Ministero in questo Paese.

Telegrafai a V.E. sommariamente di tutto ciò la sera del 15 corrente6 ed ho allora indicato, come ora confermo, la necessità assoluta che il più stretto segreto sia mantenuto sovra ciò che in questo rapporto ebbi l'onore di esporre.

638 l Non pubblicato, ma cfr. n. 612.

639

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1507. Vienna, 22 luglio 1903, ore 11 (per. ore 12,20).

I cinque cardinali austro-ungarici riceveranno le raccomandazioni dell'imperatore per mezzo dell'ambasciatore presso la S. Sede. Conte Ltitzow mi ha detto

473 confidenzialmente che non sarà loro suggerito alcun nome, ma si parteciperà loro il desiderio dell'imperatore che sia eletto un papa che si occupi di religione e non di politica e sia di sentimenti temperati. Conte Goluchowski e conte Liitzow mi hanno detto che non è questione di veto, però qualche giornale scrisse che l'imperatore di Germania insisterebbe perché Austria-Ungheria eserciti il suo diritto di veto per escludere Ram polla. In assenza deli'ambasciatore di Germania non ho mezzo di verificare tale notizia!.

638 6 Cfr. n. 628.

640

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO

T. 1162. Roma, 22 luglio 1903, ore 13.

Ricevo telegramma n. 541. Invio tosto alla firma di Sua Maestà ed indi le spedirò nuove credenziali, con autorizzazione di presentarle non appena il signor Milovanovich chiederà udienza per presentare le sue. Ella può sin d'ora darne notizia al ministro degli affari esteri.

641

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1165. Roma, 22 luglio 1903, ore 23.

Ringrazio per telegramma odierno 1 . La raccomandazione che l'imperatore fa ai cardinali austriaci corrisponde al nostro pensiero e noi non abbiamo che a compiacercene. Il r. ambasciatore a Berlino mi ha telegrafato il 15 corrente in questi precisi termini2.

2 Cfr. n. 629, nota 2.

639 l Per la risposta cfr. n. 641.

640 1 T. 1505/54 del 21 luglio, non pubblicato.

641 l Cfr. n. 639.

642

IL MINISTRO A SANTIAGO, CUCCHI BOASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1517. Santiago, 23 luglio 1903, ore l1,35 (per. ore 20,55).

Assistendo, dietro invito questo ministro affari esteri, cerimonia funebre, presente presidente della Repubblica, Governo, corpo diplomatico, oratore sacro parlando potere temporale avendo detto pontefice non sovrano, non è che suddito, abbandonai cattedrale. Oggi stesso vedrò ministro degli affari esteri l.

643

IL MINISTRO A SANTIAGO, CUCCHI BOASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1518. Santiago, 23 luglio 1903, ore 19,45 (per. ore 7 del 24).

Veduto ministro degli affari esteri, mi ha espresso vivissimo rammarico del Governo per l 'incidente l che deplora. Fa osservare che invito era fatto dietro desiderio arcivescovo e trasmesso dal ministro degli affari esteri, non potendo arcivescovo indirizzarsi al corpo diplomatico. Aggiunse che il Governo chileno si trovava alla cerimonia anche lui invitato, e che quindi parole oratore non emanano in nessun modo da un organo del Governo. Il clero qui non dipende dal Governo cileno. Mia condotta approvata da tutti i colleghi.

644

IL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, MERCATELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 600/138. Zanzibar, 23 luglio 1903 (per. il 16 agosto).

Il governatore del Benadir, con sua lettera in data del l o corrente n. 2025, m'informa che ha fatto ritorno in Mogadiscio certo indigeno Ismail Hussein Gobes, da lui inviato l'anno scorso, con altri compagni, per sorvegliare e riferire intomo alle mosse del Mad Mullah.

643 l Cfr. n. 642.

Il commendator Dulio riferisce che l'Ismail Hussein dopo di aver soggiornato parecchi mesi nel territorio di Hiran, si recò sul finire di marzo al campo del Mad Mullah che trovò stabilito ad Hel Habied. Avendo questi saputo della sua presenza lo mandò a chiamare, il giorno trenta di marzo, e lo sottopose ad un lungo interrogatorio, che in sunto, viene dal signor commendator Dulio riferito come segue: «Il Mad Mullah dichiarò ripetutamente che mantiene verso il Benadir i sentimenti più volte espressi, dichiarando che egli ha un solo nemico, gli inglesi, che quindi non ha finora nessuna intenzione ostile contro la nostra Colonia e che aveva assalito nello scorso anno Yusuf Alì, solo perché quegli aveva razziato un certo numero di cavalli che non gli volle più restituire malgrado le sue reiterate domande. Domandò perché il Governo italiano fornisce al sultano Obbia armi e munizioni che egli adopera per opprimere le tribù circostanti.

Si mostrò al corrente del sistema di governo praticato al Benadir e specialmente del modo con cui funziona la giustizia dicendo che dal momento che nel Benadir impera la legge musulmana applicata dai cadì e che non si esercitano tirannie contro le tribù soggette le quali possono darsi tranquillamente alle loro occupazioni, non vede nessun motivo d'intervenire nelle cose del Benadir.

Disapprovò la condotta dei bi mal verso l'amministrazione coloniale dicendo che dal momento che tutte le altre tribù vivono in pace col Governo italiano, possono bene fare altrettanto anche i bimal.

Manifestò il proposito di recarsi sopra Kisimajo per combattere gli inglesi non appena avrà terminato la guerra dalla parte di Berbera; si informò circa l'estensione del nostro territorio dicendo che per evitare ogni conflitto con noi avrebbe valicato il Giuba in un punto intermedio fra la Goseia e Bardera».

L'Ismail aggiunse di aver veduto coi propri occhi, al campo del Mullah, trecentocinquanta fucili, ma di aver sentito dire che ve n'erano in tutto un altro migliaio.

Le perdite confessate dai seguaci del Mullah nei due scontri cogli inglesi ammonterebbero a sei o settecento uomini. Il Mad Mullah è ritornato nei suoi antichi accampamenti di Budub e Galadi dove trovasi presentemente. L'Ismail vide nel campo di Hel Habied le spoglie dei vinti e cioè cammelli, calzature, abiti e una mitragliera ecc. ecc.

642 l Cfr. n. 643.

645

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1604/31. Addis Abeba, 24 luglio 19031.

Da nuove conferenze avute col degiac Lulseghet, mi è sembrato comprendere che Menelik intende di farsi un più esatto concetto della situazione verso Lugh, e

ciò sia per contrastare pretensione inglese, sia per venire presto ad una definizione della nostra questione da quella parte. Farà spingere suoi presidi il più possibile a sud. Ho cercato con regali e con promesse indurre degiac Lulseghet a non mutare statu quo, ma diffido delle sue assicurazioni e della simulata indifferenza Menelik. Credo che questione Lugh esigerà presto una soluzione. Invio lettera con maggiori dettagli, chiedendo istruzioni.

645 1 Il telegramma fu trasmesso il 12 agosto da Asmara da Martin i che vi appose la seguente aggiunta: "Prevengo V. E. che capitano Ferrandi destinato Lugh travasi Colonia, ove rimane tutto giorno 16".

646

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. RISERVATO SEGRETO S.N. Roma, 25 luglio 1903, ore 20.

Ricevo il rapporto riservatissimo del 20 luglio!. Approvo pienamente il linguaggio da lei tenuto con signor Delcassé e mi compiaccio che dal colloquio sia risultata una perfetta concordanza di pensiero. Quanto alla controvisita si seguirà il suggerimento di lei, e se ne discorrerà in occasione della visita nel prossimo ottobre.

647

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLAI

T. 1052. [Asmara], 25 luglio 1903.

Altro è convegno altro è visita quand'anche questa sia provocata da lettera imperiale. Primo farebbe ottimo effetto Italia seconda produrrebbe forse effetto opposto sembrando quasi atto sottomesso omaggio. Governatore può percorrere mille chilometri e negus dieci ma ambedue dovrebbero muovere dalla rispettiva residenza. Tale è anche l'opinione del ministro degli affari esteri. Se ciò non può farsi meglio abbandonare progetto. Segue dispaccio.

647 l Ed. in MARTIN!, Il diario eritreo, vol. III, cit., p. 237. 2 Il telegramma fu trasmesso tramite il consolato ad Aden.

646 l Cfr. n. 638.

648

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1523/90. Parigi, 26 luglio 1903, ore 7,10.

Nunzio ha diramato un avviso che messa funebre per il papa ha luogo martedì prossimo nella metropolitana, e che posti sono riservati al corpo diplomatico. Tale avviso è diretto a S.E. il conte Tornielli senza indicazione di qualità ufficiale. Siccome questa volta non si tratta di convocazione del corpo diplomatico per rendere onoranze al Governo locale o a sovrani esteri ma di avviso per onoranze al pontefice defunto, mia impressione sarebbe che io mi debba astenere dali' intervenire dove non sono invitato come i miei colleghi, con la designazione della qualità ufficiale. Non vorrei però suscitare un incidente di cui si farebbe rumore nella stampa, e che in questo momento potesse disturbare l'azione del Governo; epperò prego VE. di telegrafarmi se o non, io debba intervenire. È prevedibile che il presidente della Repubblica sarà rappresentato, che il ministro degli affari esteri ed i miei colleghi interverranno'.

649

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1178. Roma, 26 luglio 1903, ore 20.

Rispondo al n. 90'. Non vi è dubbio che l'invito del nunzio, quale che sia la formola adoperata, è rivolto non alla persona del conte Tornielli, ma alla persona dell'ambasciatore d'Italia. Il ripiego, evidentemente usato per conciliare un atto di cortesia con la preoccupazione di non creare un precedente, sfuggirà probabilmente alla pubblica attenzione, mentre l'astensione di lei provocherebbe certamente svariati commenti ed assumerebbe il carattere di un incres.cioso incidente. Per queste considerazioni ritengo che, intervenendo i rappresentanti del Governo ed i colleghi, VE. possa passar sopra là formola dell'invito ed assistere alla cerimonia.

649 l Cfr. n. 648.

648 l Per la risposta cfr. n. 649.

650

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 889/342. Londra, 28 luglio 1903 (per. 1'8 agosto).

Ho a suo tempo ricevuto i dispacci e i documenti che VE. mi fece l'onore di comunicarmi (lì 29 maggio, 15 giugno e 20 luglio)!, circa la questione della ferrovia di Gibuti e di Khartoum e circa l'idea di una intesa generale fra l'Italia e l'Inghilterra, a tutela dei loro comuni interessi verso l'Etiopia, tanto riguardo a quelle quistioni, come per eventuali delimitazioni di frontiera.

Avendo rilevato, nel memorandum annesso al primo di quei dispacci2, l'allusione che vi è fatta ad un accordo concreto per il presente e per l'avvenire, noto anzitutto che se il primo di questi oggetti si riferisce a proposte di attualità almeno relativa, il secondo allude a casi non abbastanza definiti. Se si tratta, anche per l'avvenire, di una intesa generica sulla condotta dei due Governi in Etiopia quale essa già ora funziona più o meno praticamente, non suppongo che vi sarebbe difficoltà a ciò constatare e confermare in una forma qualunque, laddove se ne vedesse l'utilità. Che se invece, come le espressioni adoperate permettono pure di congetturarlo, si avessero di mira progetti preventivi di ordine territoriale in previsione di futuri eventi -se cioè, per parlare senza eufemismi, si trattasse di riparti di territori abissini3, calcolando sul giorno in cui, scomparso Menelik, fosse per disgregarsi il suo Impero, non considero come probabile, date le abitudini del Governo inglese in genere e dell'attuale ministro degli esteri in i specie, che si sia qui disposti ad entrare senza immediata necessità in una tale discussione sulla pelle dell'orso.

Ciò premesso ad ogni buon fine, a titolo di semplice congettura circa gli accennati accordi per l'avvenire, mi volgo ora al presente.

Ho letto con tutta l'attenzione il rapporto comunicatomi del r. ministro in Addis Abeba (del 20 aprile u.s.)4, nel quale rilevo frasi come queste: «l'azione inglese che si sviluppa in Etiopia col determinato scopo di acquistare mercati etc . ... finirà col fare morire d'inedia l'Eritrea ...»; «ogni progresso e vantaggio inglese qui si spiega per ora esclusivamente a danno nostro ... »; «finora abbiamo fatto il loro gioco ... »; «occorre intendersi con essi e addirittura contrattare a modo loro per assicurarci un vero pareggio fra quello che a loro diamo e quello che essi concedono ...»; «è urgente il precisare bene e chiaramente ed una volta per sempre, quali devono e possono essere le nostre relazioni con gli inglesi ed i nostri comuni interessi con loro, negli affari d'Africa ...».

2 Cfr. n. 497.

3 Annotazione a margine di Agnesa: "Che non sia turbato lo status quo".

4 Cfr. n. 448.

Non conosco abbastanza per poterle apprezzare, le circostanze locali che hanno determinato questi giudizi del nostro ministro. Bensì trovo assai giusta la sua asserzione ultima citata, che cioè la posizione merita di essere chiarita, almeno per conto nostro5.

Che cosa possiamo dare all'Inghilterra in Etiopia? Possiamo soltanto prestarle, se non erro, la personale influenza del nostro rappresentante, il quale, nelle circostanze le più difficili, riuscì per proprio merito ad acquistarsi alla Corte di Menelik una posizione eccezionale. Questo concorso il Governo inglese l'accetta col massimo piacere, senza dissimulare, anzi riconoscendo ampiamente il suo valore. Esso vi scorge, d'altra parte, la naturale conseguenza dei precedenti politici, che nell'ultimo decennio unirono i nostri interessi in Etiopia a quelli dell'Inghilterra, contro le avverse influenze francesi, e russe; le quali, se non offrono più attualmente per noi i medesimi pericoli, ci riuscirono senza dubbio, in certi momenti, di assai grave danno. Anche ora, del resto, si può forse ammettere, in tesi generale, che l'azione franco-russa in Etiopia ci è, in complesso, meno favorevole o -se si vuole -più contraria di quella britannica. Se vero, ciò basterebbe di per sé a giustificare che l'influenza del nostro ministro in Addis Abeba si eserciti in un senso più amichevole per l'Inghilterra che non per gli avversari. Ma in tutto ciò non vi è, infine, che un'attitudine, analoga e coerente a quella che in tutte le parti del mondo si mantiene nei rapporti fra rappresentanti italiani e britannici, in conformità della nostra linea politica generale. Quale corrispettivo possiamo ragionevolmente attenderne, oltre ad un contegno di pari benevolenza per parte della legazione britannica? Ora io non so se vi sia stata una qualche mancanza nella sua condotta verso di noi. Il citato rapporto allude soltanto in genere ali 'attività commerciale e ferroviaria degli inglesi e francesi, che si sviluppa nel Sudan e in Abissinia, coll'effetto di isolare l'Eritrea. Non mi risulta se in Abissinia si sia forse trovata una qualche impresa commerciale o industriale italiana che si sia veduto contrastare il passo da commercianti inglesi, in materia di concessioni governative o simili. Se anche ciò fosse, sarebbe un caso abbastanza comune. Che se poi si tratta del veder preso il posto da altri, nelle imprese di cui è suscettibile il paese, perché il capitale italiano ne rimane assente, riesce difficile il far loro rimprovero di un fatto che purtroppo si produce anche in altri luoghi più importanti per noi che non sia l'Abissinia. Da un punto di vista più generale, si può anzi considerare che se nei paesi attigui all'Eritrea si verrà gradatamente creando, per opera di chiunque, un qualsiasi principio di attività commerciale, dovrà risultarne col tempo un qualche vantaggio indiretto piuttosto che un danno alla nostra Colonia.

Così per le ferrovie. Dal momento che non si tratta di una ferrovia italiana in competizione con ferrovie straniere, il nostro intervento rispetto a quelle che altri costruisce o progetta, non può essere che assai limitato.

Si propone che la influenza del nostro agente sia adoperata ad osteggiare presso Menelik la sanzione del noto accordo francese per la linea proveniente da Gibuti: in corrispettivo del quale servizio, il Governo anglo-egiziano dovrebbe modificare il tracciato della sua linea Khartoum-Suakin per deviarla invece su

Kassala e Massaua6. Trascurando anche la circostanza che la ferrovia per Suakin è ormai in corso d'esecuzione e che furono già assunti impegni per la sistemazione di quel porto (come risulta dall'ultima relazione annuale di lord Cromer), è di per sé assai inverosimile che il Governo britannico possa aderire all'accennata proposta. Le ragioni che gli hanno fatto adottare il tracciato per Suakin sono altrettanto evidenti quanto decisive. Si tratta per esso di assicurare al Sudan uno sbocco al mare, con un percorso autonomo su territorio proprio e con accesso ad un proprio porto. Di fronte a questa condizione vitale, diventano secondarie anche le considerazioni di spesa. Il passare per Massaua equivarrebbe a sottoporsi, per il transito, le tariffe, i regolamenti doganali, ferroviari, portuali, sanitari, etc., alle esigenze del nostro regime amministrativo e fiscale (che ognuno sa non essere dei più liberali), con molteplici ostacoli che potrebbero solo in parte e con difficoltà riuscire rimossi mediante previe laboriose trattative. E nel caso poi di una guerra, che rendesse necessario l'invio di truppe indiane al Sudan o nell'alto Egitto, sorgerebbero a Massaua le medesime difficoltà che precedettero il recente passaggio per Obbia, e ciò in condizioni che potrebbero essere ben più gravi, come nell'eventualità per esempio di una guerra nella quale l'Italia avesse a rispettare i doveri della neutralità. Queste considerazioni (sebbene nessuno qui ne abbia mai fatto cenno) hanno certamente dovuto bastare a rendere inevitabile la linea di Suakin. Una esitazione avrebbe, forse, potuto prodursi, se fosse già stata in azione una ferrovia da Massaua verso Kassala: ma allo stato delle cose, questa non potrà eventualmente venire che dopo quella, se lo sviluppo dei traffici sarà tale da giustificare un futuro tronco di diramazione su Kassala, da prolungarsi su Massaua. D'altra parte, il nos:ro esibito intervento nella controversia per la linea di Gibuti, non è, per quanto utile, di sicura riuscita, né può essere il solo fattore della soluzione di quella vertenza. Al punto cui è giunta la ferrovia, vi è piuttosto la probabilità che si addivenga fra gl'interessati ad una qualche transazione, mediante una modificazione di quelle clausole della convenzione francese che più feriscono i diritti territoriali dell'Abissinia. Per questo, come per l'altro punto relativo al contestato allacciamento Berbera-Harar, non è infatti a trascurarsi la circostanza che tutte quelle imprese si trovano, finanziariamente, in mano ad un unico sindacato nel quale l'elemento inglese è preponderante. In questo stato di cose, vi è anche a dubitare, dal nostro punto di vista, fino a qual punto ci convenga comprometterci verso la Francia con un'azione troppo ostile nell'affare di Gibuti, il quale ci interessa soltanto in misura limitata e che potrebbe in un qualunque momento trovarsi transatto all'infuori di noi.

Degli altri progetti di ferrovie a ponente dell'Abissinia, pure accennati nella pervenutami corrispondenza, non sono per ora in grado di occuparmi, troppo vaghi essendo i ragguagli che ne posseggo. Tutto indica che si tratta di disegni ad assai lunga scadenza, e ciò tanto più in seguito alle recenti notizie di gravi insuccessi toccati in quelle regioni alla nota spedizione Mac Millan.

Vengo infine a quanto concerne le assicurazioni fornite a V.E. da codesta ambasciata britannica in nome del suo Governo, circa la sua intenzione di procedere con

noi d'accordo nei negoziati per la delimitazione dei confini meridionali dell'Abissinia, ed il proposito di non addivenire senza nostro concorso ad alcun patto implicante alterazione della linea prevista dal nostro protocollo del 24 marzo 1891.

Giusta le istruzioni di V.E. ho intrattenuto il marchese di Lansdowne di quanto riferiva il nostro agente ad Addis Abeba, avere cioè quel suo collega britannico ricevuto comunicazione di tali dichiarazioni del suo Governo, senza però l'accompagnamento delle relative istruzioni che questo aveva annunciato volergli espressamente rinnovare. In una prima conversazione da me avuta col ministro, poco dopo l 'arrivo del dispaccio di V.E., egli mi disse riservarsi di verificare come stesse la cosa. Sua Signoria mi confermò tuttavia le intenzioni del Governo britannico risultanti dalle predette dichiarazioni, aggiungendo che per il momento non vi erano negoziati in corso per il confine in questione. Questi dovevano essere preceduti da uno studio dei dati raccolti sul luogo dalla missione recatasi l'anno scorso ad esplorare quelle regioni e non ancora tornata dal suo viaggio. In un secondo convegno da me ora avuto collo stesso ministro, questi mi assicurò che le intese istruzioni erano state impartite in modo positivo alla legazione britannica in Addis Abeba. La missione di esplorazione, dopo un viaggio assai accidentato -durante il quale ella era stata abbandonata dal messo abissino che l'accompagnava -aveva intanto raggiunta la costa a Mombasa. Essa verrà presto in Inghilterra; e così pure il colonnello Harrington partito dal canto suo, in congedo, dall'Abissinia. Vi sarà quindi, tra breve, opportunità di meglio conoscere come stiano le cose.

Preparandomi io stesso a recarmi tra pochi giorni in Roma, mi riservo di conferire più estesamente su codesti affari con I'E.VJ.

650 l Cfr. n. 564. Gli altri dispacci non sono pubblicati.

650 5 Annotazione a margine di Agnesa: "Anche ammesso che gli inglesi non facciano che quello che dicono è una situazione di fatto che i nostri interessi sono in disaccordo con gli inglesi".

650 6 Annotazione a margine di Agnesa: "Vogliamo evitare il monopolio. Appunto perché il nostro appoggio non è dovuto la gratitudine inglese può essere maggiore".

651

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. RISERVATISSIMO S.N. Roma, 30 luglio 1903, ore 14,25.

L'ambasciatore Nelidoff recasi in questi giorni a Pietroburgo dove tratterà probabilmente della visita dello czar ai nostri sovrani. V.E. sa che la pubblica

opmwne in Italia, come ha giustamente stigmatizzato sconvenienti manifestazioni individuali, così saluterà con piena cordialità di sentimenti la venuta di codesto sovrano. Quanto, poi, alla questione di sicurezza personale, saranno prese misure così precise e rigorose da eliminare ogni pericolo di spiacevoli contingenze. Non è naturalmente il caso che V.E. faccia dichiarazioni di sorta·, ma da quanto precede ella può trarre norma di linguaggio in ogni opportuna circostanza. Mi affido in particolar modo, per questo delicato soggetto, al tatto ed alla esperienza di lei t.

650 7 Per la risposta cfr. n. 754. Non si pubblica il R. riservato 166 dell'8 agosto in cui Ciccodicola esprimeva il suo punto di vista sulla politica italiana in Etiopia. Cfr. però quanto Ciccodicola comunicava con R. 173 del 16 agosto: "Ho avuto ieri occasione di conferire col signor Clark il quale regge interinalmente la legazione britannica in assenza del signor Harrington. Egli mi ha lasciato capire come sia suo pensiero che, dato l'attuale periodo di dimostrazioni di simpatia e di ravvicinamento fra i due Governi di Francia e d'Inghilterra, vi sarà forse, da parte di quest'ultimo, una tendenza a temporeggiare nel prendere decisioni, in merito alle questioni etiopiche, che possano essere sgradite alla Francia. Aggiunse che, specialmente per ciò che riguarda le ferrovie Gibuti-Harrar e Berbera-Harrar, è assai difficile che a Londra il signor Harrington non trovi una situazione alquanto mutata e forse non interamente favorevole alla protesta di Menelik di cui ho dato copia a codesto ministero con la relazione 129 u.s. e trasse argomento da questa sua supposizione per dirmi, come suo personale apprezzamento, che nel caso che la supposizione stessa avesse una base di verità, certo la cosa avrebbe fatto cattiva impressione al Governo italiano che sarebbe, in certo modo, abbandonato dopo avere lealmente sostenuto finora la politica britannica in Etiopia".

652

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 1543. Vienna, 30 luglio 1903, ore 16,30 (per. ore 19).

Imperatore Francesco Giuseppe ha invitato lo czar a caccia in Stiria. Imperatore di Russia ha accettato e verrà in Austria alla fine di settembre, prima

o dopo la sua gita a Darmstadt. Questo incontro dei due imperatori ha per scopo principale di dimostrare e consolidare il loro costante accordo negli affari balcanici.

653

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO S.N. Pietroburgo, 31 luglio 1903, ore 15,40 (per. ore 18,50).

Ringrazio l'E.V. telegramma confidenziale!. Mi regolerò con prudenza, secondo i suoi desideri. Secondo che mi viene assicurato indirettamente, viaggio avrebbe luogo verso la fine di ottobre.

653 l Cfr. n. 651.

651 l Per la risposta cfr. n. 653.

654

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1545/111. Berlino, 31 luglio 1903, ore 17,45 (per. ore 19,04).

Segretario di Stato mi ha dato stamane visione della nota protesta consegnata dal Sacro Collegio al ministro di Prussia presso la Santa Sede. V.E. ne avrà, senza dubbio, già conoscenza. Ad ogni modo, noto che essa differisce da quella del 1878, solo in quanto che in questa non è fatta alcuna menzione o accenno alla città di Roma. Il collegio dei cardinali ricorda che ognuno di essi, nel ricevere porpora, giurò difendere diritti della Chiesa, anche temporali, e questa solenne promessa essi ripetono ora, prima di riunirsi in conclave senza, naturalmente, volere con ciò impegnare azione del futuro pontefice. Questo Governo ha ripetuto a Rotenhan, che ne fece domanda, ordini astenersi dal dare anche semplice ricevuta della nota. Contrariamente a quanto telegrafai 28 corrente!, fu ora qui riconosciuto che anche nel 1878 nota protesta fu inviata dal collegio cardinali prima di eleZIOne papa.

655

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1018/491. Vienna, 5 agosto 1903 (per. il 7).

Mi pregio di ringraziare l 'E. V. del suo telegramma in data di jeri l, col quale volle annunziarmi l'elevazione al pontificato del cardinale Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia. La scelta fatta dal Sacro Collegio è stata qui accolta con soddisfazione dall'opinione pubblica e commentata in generale favorevolmente dalla stampa, potendosi presumere dai suoi precedenti nella carriera ecclesiastica che il nuovo pontefice dirigerà l'azione sua a scopi piuttosto religiosi che politici e che la sua attitudine non inasprirà le relazioni esistenti in Italia tra la Chiesa e lo Stato. E' stato però notato, come un sintomo che queste relazioni non saranno essenzialmente mutate, il fatto che Sua Santità non ha impartito la benedizione dalla loggia esterna del Vaticano.

PS. Il conte Uitzov mi ha detto che l'elezione è considerata come soddisfacente dai cardinali austro-ungarici, i quali sono ritenuti dal Governo imperiale e

655 l T. 1193, non pubblicato.

reale come aventi opinioni moderate e conciliative. Contro l'ottimismo, forse soverchio, del conte Lutzov sta però il fatto della non avvenuta benedizione dalla loggia esterna. Del resto la prossima nomina del segretario di Stato imprimerà alla elezione del nuovo pontefice la sua vera caratteristica.

654 1 T. 1538, non pubblicato.

656

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 724/297. Belgrado, 5 agosto 1903 (per. il 9).

Segno ricevuta del dispaccio n. 84 in data del 29 luglio ora scorso l.

Benché non mi trovi ancora in rapporti ufficiali con questo Governo, tuttavia mie relazioni personali mi danno occasione di avere frequenti, quasi quotidiane, amichevoli private conversazioni col ministro degli affari esteri.

Ho profittato di una di queste conversazioni per comunicare al signor Kaljévitch che V.E. erasi compialiuta «che, col mantenerè la legazione serba in Roma, si fosse riconosciuta la giusta parte d'influenza che all'Italia spetta nelle cose balcaniche».

Ho potuto rilevare che siffatta comunicazione è stata argomento di riflessioni nell'animo del ministro degli affari esteri ed anche più in alto.

Il signor Kaljévitch, due giorni dopo, e precisamente ieri dopo una colazione ch'io offersi al conte Guicciardini ed alla quale egli pure prese parte, mi domandò: se io pensavo che l'Italia-nel caso in cui, malgrado l'azione austrorussa, l'edificio dello status quo venisse a sfasciarsi con sensibile turbamento dell'attuale equilibrio e con grave lesione dei diritti nazionali delle popolazioni balcaniche -sarebbe efficacemente intervenuta per concorrere alla salvaguardia di legittimi interessi serbi armonizzanti con legittimi interessi italiani.

Risposi che al riguardo nulla io poteva rispondere, ma che solo mi permettevo manifestare la mia opinione personale: che i piani ed i calcoli di una diplomazia a lunghe vedute non sempre possono aver per base fatti immediati o dati concreti e ben definiti, dovendo talvolta semplicemente appoggiarsi su induzioni e deduzioni, soprattutto nei rapporti con un Governo costituzionale, le cui eventuali decisioni, necessariamente plasmate ognora sulla volontà del Paese, spesso tuttavia appaiono preventivamente a sufficienza delineate da voti del Parlamento e da altre manifestazioni dell'opinione pubblica.

656 l D. 37184/84, non pubblicato.

657

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 1212. Roma, 7 agosto 1903, ore 19.

Questo ambasciatore di Turchia è venuto a pregarmi di interporre i miei buoni uffici presso il Governo bulgaro affinché metta fine alla formazione delle bande di insorti, le quali, malgrado le assicurazioni date, continuano a formarsi nel Principato e traversare il confine. L'ambasciatore di Turchia ha soggiunto che, mentre il Governo imperiale sta sforzandosi di applicare le riforme e garantire la pubblica sicurezza, gli agitatori bulgari tentano spargere false notizie e fanno invadere i vilayet dalle bande armate. Una quindicina di ufficiali bulgari si sarebbero messi a capo delle bande armate, una banda di 200 uomini sarebbe segnalata nella direzione di Istib e Karatova; i vilayet di Delindje e Kamna sarebbero stati incendiati; Kronchova attaccato, i fili telegrafici tagliati e, finalmente Sarafof avrebbe annunciato la rivolta generale. Ho risposto all'ambasciatore che essendo nostro vivo e costante desiderio di adoperarci per tutto ciò che possa contribuire al ristabilimento della quiete e dell'ordine in Macedonia, ben volentieri avrei incaricato l 'agente diplomatico di Sua Maestà in Sofia di rinnovare le amichevoli nostre raccomandazioni ed esortazioni.

(Per Sofia) Dal presente telegramma la S.V. vorrà trarre norma per il linguaggio da tenersi nel senso sopradetto a codesto signor ministro degli affari esteri 1•

658

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1578. Vienna, 8 agosto 1903, ore 17,25 (per. ore 18,10).

Ringrazio VE. di avermi partecipato la comunicazione di codesto ambasciatore di Turchia'. Eguale comunicazione fu fatta al Governo austro-ungarico. Conte Ltitzow è di avviso non sia necessario di moltiplicare i passi presso il Governo bulgaro, tanto più che i rappresentanti di Austria-Ungheria e di Russia a Sofia hanno istruzioni di fare, sempre che occorra, le raccomandazioni opportune. Questo ambasciatore di Russia, che vidi oggi, ha espresso lo stesso avviso.

657 1 Per le risposte da Vienna, Sofia, Londra e Berlino cfr. nn. 658, 659, 660 e 661. Non si pubblicano le risposte da Costantinopoli, Parigi e Pietroburgo.

658 l Cfr. n. 657.

659

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1582/15. Sofia, 8 agosto 1903, ore 17,30 (per. ore 22).

Rispondo suo telegramma 12121. Presidente del Consiglio mi ha dichiarato confidenzialmente: l) Bulgaria assolutamente estranea ripresa insurrezione in Macedonia; 2) nessun ufficiale dell'esercito attivo trovarsi oggi fuori del Principato; 3) da due mesi in qua nessuna banda armata è stata formata in Bulgaria e ha potuto passare confine. Se qualche individuo isolato è riuscito eludere severa vigilanza, non può farsene addebito Governo, vista grande estensione frontiera, insufficienza di truppe invigilanti, impossibilità accrescere numero senza attirare proteste recriminazioni della Sublime Porta. Presidente del Consiglio deplora vivamente che la Turchia che non ha mantenuta promessa, che ha nulla fatto finora per migliorare condizioni penosissime bulgaro-macedoni, tenti oggi di addossare al Governo bulgaro responsabilità attuali avvenimenti. Petroff dichiara che, fedele suo programma, il Governo bulgaro farà quanto è in suo potere per calmare animi e cooperare con opportune misure a una soluzione pacifica; aggiunge, però, che se la repressione turca, fatta senza discernimento e contrariamente leggi dell'urnanità, degenera in massacri, egli non può assolutamente prendere oggi impegno formale circa atteggiamento eventuale del Governo, che agendo troppo vigorosamente in senso diametralmente opposto pubblica opinione, si esporrebbe pericolo rivoluzione interna. Petroff non mi ha nascosto sue apprensioni; egli ritiene non facile ristabilire ordine interno nel vilayet di Monastir, e teme movimenti insurrezionali scoppino fra qualche giorno, anche in vilayet di Adrianopoli, dove condizioni dei bulgari sembrano divenute intollerabili. In omaggio alla verità, credo mio dovere aggiungere che, contrariamente asserzioni turche, atteggiamento presente Gabinetto è stato finora corretto e molto ossequiente esortazioni Potenze. Tale è pure avviso degli altri miei colleghi.

660

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1596/95. Londra, 11 agosto 1903, ore 18 (per. ore 20,10).

All'ambasciatore di Turchia, che fece qui comunicazione analoga a quella oggetto del telegramma V.E. n. 12121, Lansdowne ha risposto che riceve con piace

660 l Cfr. n. 657.

re dalla Turchia assicurazione degli sforzi che essa sta facendo per applicare riforme in Macedonia e garentire ordine pubblico, ma Governo inglese non intende, per ora, rivolgere al Governo bulgaro raccomandazioni ed esortazioni nel senso desiderato dalla Sublime Porta.

659 l Cfr. n. 657.

661

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTI OLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1602/114. Berlino, 12 agosto 1903, ore 10,39 (per ore 14,30).

La comunicazione turca, di cui è questione nel telegramma dell'E. V. 12121 , è stata fatta anche a questo Gabinetto, che si è limitato a darne notizia al suo agente a Sofia per informazione. Noi, mi ha detto iersera Mtihlberg, ci siamo già adoperati presso il Governo bulgaro nell'interesse generale della pace, ma non intendiamo ora fare di più; ciò è del resto conforme alla nostra attitudine nelle questioni balcaniche, che è quella di tenerci in seconda linea. Mtihlberg ha vivamente deplorato il fatto di Monastir, per quanto non senza un cenno di biasimo per la condotta del console di Russia. Egli crede che il disgraziato incidente dopo l'attitudine assunta dal conte Lamsdorff ed i provvedimenti energici e solleciti della Turchia, non è di natura da rendere la situazione più grave di quanto lo è già.

662

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1457/709. Berlino, 12 agosto 1903.

Le notizie che codesto ministro di Prussia ha inviato a questo Governo imperiale circa le condizioni in cui si è svolto il recente conclave sono conformi a quelle che si possono leggere nei più accreditati giornali. Il barone Rotenhan ha fatto parola nei suoi rapporti della lotta combattuta tra il partito del cardinale Rampolla ed i suoi avversari, delle intelligenze corse a Roma tra i cardinali austriaci e l'ambasciatore di Sua Maestà Apostolica presso la Santa Sede, della dichiarazione austriaca pronunciata in conclave quando si videro crescere i voti del cardinale Rampolla, della protesta emessa dali' ex segretario di Stato, d eli 'intesa sul nome del cardinale Sarto etc. etc.: cose tutte queste, sulle quali l'E.V. ha già particolareggiate e precise informazioni.

Per quanto concerne la dichiarazione austriaca che, com'ella sa, fu fatta in termini generici, diretti però chiaramente contro il cardinale Rampolla, questo Gabinetto non ha tralasciato occasione per far rilevare che esso non vi ebbe parte alcuna, che non prese in alcun modo posizione per uno qualsiasi dei candidati. In siffatto modo si è espresso con taluno di questi rappresentanti esteri il sottosegretario di Stato pronunziandosi pure nel senso indicato nel telegramma riservatissimo diretto il 15 dello scorso luglio dal signor generale a VE.': in siffatto modo si è anche manifestata ad ogni opportunità la stampa ufficiosa e quella che suoi prendere le sue inspirazioni alla Wilhemstrasse.

Col mio rapporto n. 693 del 6 corrente2 ho fatto tenere all'E.V. la traduzione del comunicato della Norddeutsche Allgemeine Zeitung, il quale esponeva il pensiero di questo Governo circa l'elezione del cardinale Sarto. Il laconismo di quella manifestazione ufficiosa rispondeva alla linea di condotta seguita dal Gabinetto di Berlino rispetto al conclave. Ma per l'incoronazione di Pio X, quali che possano esser state le condizioni in cui avvenne la sua elezione, qui si è usciti dalla riserva impostasi.

«Pio X è stato incoronato solennemente papa, dice l'organo della cancelleria. Noi abbiamo già messo in rilievo le notevoli qualità personali dell'uomo ch'è divenuto il nuovo capo del mondo cattolico. Noi non facciamo di questi tratti così simpatici di un carattere temprato da una larga esperienza della vita, oggetto di calcoli politici, ma vogliamo di gran cuore sperare che la personalità del nuovo pontefice sia una garanzia del rinnovarsi dell'intera fiducia nutrita dai cattolici tedeschi rispetto al loro vescovo supremo. L'elezione di Pio X ha riempito di soddisfazione i circoli tedeschi dirigenti. Noi ci uniamo sinceramente ai nostri concittadini cattolici per esprimere a Sua Santità i nostri voti cordiali perché il suo pontificato si svolga in pace, durante un lungo numero di anni, colla benedizione di Dio». Questo omaggio al sommo pontefice non ha incontrato, nel Paese della riforma, la generale approvazione. Un autorevole giornale liberale che è solito ad esprimere chiaramente la propria opinione anche quando questa è di natura da non riuscire gradita al Governo, lo ha accompagnato con il seguente commento: «Quei circoli, dai quali si dà la spinta a siffatte pubblicazioni, non avranno mai abbastanza glorificato i papi e il papato? Noi riteniamo che un po' più di riserva rispetto a Sua Santità ed un po' più di riguardo per il sentimento della grande maggioranza del popolo tedesco non farebbero male!». Al quale proposito però non si può a meno di osservare che quel giornale è uso a combattere il centro cattolico mentre «quei circoli da cui proviene la spinta per siffatte manifestazioni», sono usi da vari anni a questa parte a non saperne far senza: tanto più d'ora innanzi, dopo cioè le recenti vittorie del partito socialista!

Nel mio rapporto 690 del 5 corrente3 feci cenno di un rapporto diretto qui dal conte Monts sulle relazioni fra lo Stato e la Chiesa in Italia. In quel rap

662 I Cfr. n. 629, nota 2.

2 R. 1410/693, non pubblicato.

3 R. 1405/690, non pubblicato.

porto codesto ambasciatore di Germania esprime l'opinione che lo sta tu quo di quelle relazioni sia ancora quanto meglio conviene all'uno e all'altra. Il papa, piccolo sovrano potrebbe reggersi soltanto coli 'appoggio di una Potenza militare non italiana e il pontefice si troverebbe rimesso alla discrezione del comando straniero. Un'intesa coll'Italia suppone l'accettazione da parte del Vaticano della legge delle guarentigie: il godimento della dotazione di 3 milioni farebbe diminuire gli introiti dell'obolo di S. Pietro. Una lotta a oltranza contro il Quirinale non conviene al Vaticano, perché senza la Monarchia in Italia, non sarebbe possibile la permanenza del papa a Roma, ov'esso ha la più appropriata sede. Per contro la residenza del pontefice nella eterna città assicura ali' Italia vantaggi materiali e morali: materiali per i considerevoli mezzi finanziari pii che vi affluiscono; morali per l'influenza della civiltà italiana che il papato, il cui carattere italiano nelle presenti condizioni non si può disconoscere, irradia ali'estero. Collo stato presente di cose l'Italia non si è trovata male. Un'intesa col Vaticano non potrebbe essere conseguita che a ben caro prezzo: la stessa abolizione del non expedit elettorale non porterebbe tutti gli elettori clericali nel campo della Monarchia di Savoia, perché una parte degli elettori clericoconservatori resta ancora attaccata agli antichi sovrani. Questo è un succinto sunto del rapporto del conte Monts, del quale ho potuto avere notizia soltanto stamane4 .

661 l Cfr. n. 657.

663

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTIOLI,

A ... I

L. PERSONALE. Berlino. 14 agosto 1903.

Persona che può essere in grado di saperlo mi ha detto stamane che lo czar ha vivo desiderio di visitare S.M. il Re. Ha fatto tuttavia cadere una parola sulla non impossibilità di attentati in occasione di viaggi sovrani (il che io per quanto ci concerne ho escluso) e su qualche difficoltà che si oppone da parte di consiglieri dello czar responsabili. La stessa persona non ha escluso la eventualità che il viaggio dello czar in Italia abbia luogo da Darmstadt, durante il mese di soggiorno che lo czar suoi fare in quella città ~ottobre.

Essendo completamente all'oscuro intorno a quest'affare come pure sui viaggi di S.M. il Re in Francia ed in Inghilterra~ per l'epoca~ do queste notizie privatamente a lei che, essendo al corrente delle cose, vorrà conferir loro il conto che le sembreranno meritare.

663 l La lettera è indirizzata a "Gentilissimo signor commendatore", forse Malvano.

662 4 Cfr. n. 682.

664

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. CONFIDENZIALE 1246. Roma, 15 agosto 1903, ore 13,20.

Questa ambasciata austro-ungarica mi ha fatto recentemente conoscerei che

S.M. l'Imperatore Francesco Giuseppe, avendo appreso che, in occasione delle prossime grandi manovre, S.M. il Re si sarebbe trovato in vicinanza della frontiera, avrebbe desiderato mandare un suo generale a complimentarlo. S.M. il Re ha gradito il cortese pensiero, ed io ne ho tosto informato l'ambasciata austro-ungarica. Dopo di che, tenuto conto dei vari altri suoi impegni, S.M. il Re ha ora risoluto di ricevere l'inviato dell'imperatore a Treviso nel pomeriggio inoltrato del giorno 28 corrente, dovendo nella mattina dello stesso giorno assistere ad una rivista in Padova. Prego V.E. di voler recare quanto precede a notizia di codesto Governo. S.M. il Re desidererebbe ricevere, per mio mezzo, e da V.E. alcuna informazione sulla posizione, sul grado e possibilmente sui precedenti dell' inviato2.

665

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

T. 1248'. Roma, 15 agosto 1903, ore 15.

Ricevuti telegrammi nn. 29 e 312. Per Lugh le ho dato istruzioni con telegramma 7 giugno e dispaccio 15 giugno, n. 1293: mi riservo impartirne più speciali. Nel modo in cui è stata da noi posta questione, ella ha elementi da far valere presso Menelik per aiutare nostra soluzione con Inghilterra e presso Harrington per aiutare nostra soluzione con Menelik. Ella deve intanto vigilare perché statu quo sia mantenuto e nessun accordo avvenga tra Inghilterra e Etiopia in quella regione senza nostro consenso. Per El Dua sta bene quanto ella ha fatto. Ne ho informato Società Benadir la quale dichiara non poter prendere alcuna determinazione circa impianto stazione se prima non ha parere commissione d'inchiesta che per suo conto ha inviato Benadir. Avverto che Società manda a Lugh come suo agente capitano Ferrandi.

2 Cfr. n. 674.

2 Cfr. n. 645. Il T. 1603/29 del 23 luglio, trasmesso da Asmara il 12 agosto non è pubblicato.

3 Cfr. nn. 539 e 565.

664 l T. 1190 del JO agosto, all'aiutante di campo del re, non pubblicato.

665 l Il telegramma fu inviato via Massaua.

666

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1619/75. Therapia, 15 agosto 1903, ore 23,55 (per. ore 9 del 16).

Ambasciatore di Inghilterra mi ha comunicato confidenzialmente che, in presenza situazione attuale e forti movimenti truppe in Macedonia, egli aveva, autorizzatone dal suo Governo, segnalato agli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia la opportunità di inviare presso le truppe turche in Macedonia gli addetti militari di queste ambasciate, spiegando che la loro presenza avrebbe potuto giovare per trattenere le truppe dal commettere eccessi e per ottenere esatte informazioni sui fatti, ed anche sul modo di agire dei rivoltosi. Dichiarò ad entrambi che egli lasciava loro di prendere la iniziativa della proposta, il suo non essendo che un semplice suggerimento. Ambasciatore di Russia gli rispose dover rifletterei e consultarsi col collega di Austria-Ungheria. Barone Calice rispose a sir O' Conor immediatamente, aggiungendo che, in ogni modo, avrebbe dovuto riferirne al suo Governo. Essi non hanno ancora dato una risposta definitiva all'ambasciatore di Inghilterra. Da quanto mi è dato giudicare oggi, ritengo poco probabile che risposta definitiva di Zinowieff e Calice sia favorevole'.

667

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1250. Roma, 16 agosto 1903, ore 19.

Ricevo il telegramma n. 75 1• Trattandosi di un semplice suggerimento dell'ambasciatore britannico autorizzato dal suo Governo, mentre l'eventuale iniziativa di una formale proposta si vorrebbe lasciare ai Governi di Austria-Ungheria e di Russia, non sarebbe ancora manifestamente venuto per noi il momento di pronunciarci, ed, in ogni modo, una nostra risoluzione concreta non sarebbe possibile senza concerto col collega ministro della guerra in base a più precisi particolari. Però desidero manifestarle, fin d'ora, per norma del suo linguaggio, che, in massima, mi parrebbe pratica e vantaggiosa la presenza degli addetti militari di code

667 l Cfr. n. 666.

ste ambasciate in Macedonia, sia per impedire eccessi di repressione, sia per fornire esatte informazioni sullo stato delle cose e sulle rispettive responsabilità.

666 l Per la risposta di Morin cfr. n. 667.

668

IL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1626. Asmara, 17 agosto 1903, ore 17,05 (per. ore 18,58).

Prefetto apostolico desidera cantare Tedeum per elezione pontefice invitando autorità. Localmente ciò sarebbe opportuno ma notizia mancata risposta pontefice a telegramma di S.M. il Re mi costringe domandare in proposito istruzioni di V.E.l.

669

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. RISERVATO S.N. Roma, 17 agosto 1903, ore 20.

Riferendomi a ciò che V. E. mi scrisse il 3 di questo mese l circa la venuta dell'imperatore di Russia a Roma credo utile ricordarle, ad ogni buon fine, che il giorno 11 novembre è il genetliaco di S.M. il Re e che con la Corte britannica è stata già fissata la data precisa del 15 novembre per l'arrivo delle Loro Maestà a Windsor2.

2 Con T. pari data fu data comunicazione di questo telegramma al re, a Racconigi.

668 l Per la risposta cfr. n. 671.

669 l Con L. personale di cui si pubblica solo la prima parte: "Vidi al ministero, per la prima volta dopo il mio ritorno di congedo, il conte Lamsdorff avant'ieri: prima non aveva potuto ricevermi e solo per pochi minuti avevo parlato con lui alla funzione religiosa pel pontefice. Mi confermò l'intenzione di S.M. l'Imperatore di venire a Roma nella seconda metà di ottobre (vecchio stile), il che farebbe per noi dagli ultimi di ottobre al IO circa di novembre, e mi aggiunse che sperava che ogni cosa sarebbe concretata appena rientrato l'imperatore dalla sua attuale escursione nell'interno: le Loro Maestà devono essere qui domattina al più tardi. Pare che il signor Nelidoff dovrà ritardare la sua venuta, essendo caduto ammalato ai Camaldoli nel Casentino. Nulla quindi ancora di ufficiale per ora. Nel corso della conversazione mi parlò degli avvenimenti di Serbia, accennando alla necessità in cui si erano trovati di riconoscere immediatamente il nuovo re per tema che potessero sorgere complicazioni, moti più rivoluzionarii ancora e persino proclamazione di Repubblica. Non so fino a qual punto tali timori potessero essere fondati. Si vede ad ogni modo che si tiene qui a giustificare la precipitazione colla quale si volle ammettere il nuovo stato di cose, fatto che va in contraddizione alla nota ufficiale comparsa poco dopo quei luttuosi fatti".

670

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1630/37. Pietroburgo, 18 agosto 1903, ore 16,35 (per. ore 19,40).

Un telegramma da Sebastopoli, in data di ieri, annunzia che un distaccamento della flotta del Mar Nero, comandato da un contr'ammiraglio, è partito per le acque turche.

671

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI 1

T. 1257. Roma, 18 agosto 1903, ore 17,45.

Non sussiste la mancata risposta del papa ad un telegramma del re2. Il re non ha telegrafato al papa. Mancò invece l'annunzio della elezione pontificia ed è questa la ragione per cui il Consiglio dei ministri deliberò l 'astensione ufficiale dalle cerimonie per la elezione stessa, non esistendo, per queste, i motivi di alta convenienza che avevano consigliato la partecipazione ufficiale ai funerali del defunto pontefice. Comprendo le considerazioni locali a cui V.E. allude ed appunto per esse sarebbe meglio che il prefetto apostolico rinunciasse spontaneamente al progetto; ma, qualora persistesse, si dovrebbe necessariamente applicare anche in Eritrea ciò che fu stabilito nel Regno, ed i funzionari dovrebbero astenersi dall'intervenire in forma ufficiale, liberi di intervenire come privati a cerimonia puramente religiosa.

672

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1259. Roma, 19 agosto l 903, ore 12,15.

Ricevo il telegramma n. 371. Confido che V.E. sarà tosto in grado di procurarmi maggiori notizie: dove precisamente le navi russe si rechino; se e quali accordi con

2 Cfr. n. 668.

altre Potenze hanno preceduto la decisione di codesto Governo; quale ne è esattamente lo scopo; quali spiegazioni ne dà codesto Governo. Questi dati di fatto sono indispensabili per poter giustamente apprezzare l'attuale mossa della Russia2.

671 l Ed. in MARTIN!, Il diario eritreo, vol. III, cit., p. 256.

672 l Cfr. n. 670.

673

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI E VIENNA

T. 1260. Roma, 19 agosto 1903, ore 12, 45.

Il r. ambasciatore a Pietroburgo telegrafa quanto segue: «Un telegramma da Sebastopoli ... (vedi telegramma in arrivo n. 1630)»1. Prego telegrafarmi che cosa si conosce costì di questa mossa della Russia e quale apprezzamento se ne reca2.

674

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1637. Vienna, 19 agosto 1903, ore 13,45.

Codesto addetto militare austro-ungarico è stato già incaricato di annunziare che l'inviato dell'imperatore presso S.M. il Re a Treviso è il generale comandante di divisione barone di Steininger, già addetto militare a Berlino, ed ora comandante la 30a divisione a Pesti. Questo generale gode di molta reputazione nell'esercito. Avrò cura di mandare con prossimo rapporto ogni altra opportuna notizia su questo personaggio.

675

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1638. Vienna, 19 agosto 1903, ore 15.

Conte Liitzow, da me interrogato in assenza di Goluchowski, mi disse che il Governo austro-ungarico non annette importanza al movimento della flotta

673 l Cfr. n. 670. 2 Per le risposte cfr. nn. 675, 676, 678, 680 e 681. 674 l Risponde al n. 664.

russa l, che ha per unico scopo di dare autorità ai passi del Governo russo, in seguito all'uccisione del console a Monastir e non ha nessun carattere aggressivo. Bene inteso il Governo austro-ungarico, dal canto suo, si astiene da ogni mossa. Qui si è piuttosto impensieriti degli atti di barbarie delle truppe turche, e si continua raccomandare alla Sublime Porta di impedirli colla necessaria severità.

672 2 Per la risposta cfr. n. 677.

676

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1640/93. Parigi, 19 agosto 1903, ore 18,20 (per. ore 21,45).

In assenza del signor Delcassé, direttore degli affari politici mi dice che dimostrazione navale russai si connette colle domande di riparazione fatte alla Turchia, in seguito all'assassinio del console di Russia, ma che qui si è certi che tale dimostrazione non fa deviare la Russia dalla sua politica negli affari dell'Impero ottomano. Si considera, pertanto, colla massima calma ed indifferenza, l'annunziata partenza delle navi russe che si credono destinate ad un punto del litorale asiatico del Mar Nero.

677

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1641/391. Pietroburgo, 19 agosto 1903, ore 20,20 (per. ore 22,45).

Le navi russe furono spedite nelle acque turche, onde dare energico appoggio ai reclami pell'assassinio del console. Era assai difficile conoscere primitivamente destinazione precisa delle navi. Non credo a preventivo accordo con altre Potenze, tranne, forse, coli' Austria-Ungheria.

676 l Cfr. n. 673. 677 l Risponde al n. 672.

675 l Risponde al n. 673.

678

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1643/115. Berlino, 19 ·agosto 1903, ore 22,46 (per. ore 0,25 del 20).

Un telegramma dell'agenzia Wolff annunziò qui ieri la partenza di navi russe da Sebastopoli per le acque turche sotto gli ordini del contrammiraglio Krieger. Essendo assente anche Mtihlberg, il quale è tornato oggi da WilhelmshOhe, dove si trovava presso S. M. l'Imperatore, ho potuto parlare della cosa con S.E. soltanto poco fa. Le navi russe sono partite con ordini in piego chiuso per le acque turche del Mar Nero. Il signor Mtihlberg mi ha detto non essere da escludere che l'ordine di salpare (impartito senza alcuna intesa con l'Austria-Ungheria) sia stato dato prima che la Turchia avesse aderito alle richieste della Russia per l'uccisione del console a Monastir. Nel mentre da Pietroburgo veniva dato l'ordine alla squadra russa, come provvedimento inteso a procurare soddisfazione alla pubblica opi

. nione in Russia, quel Gabinetto dava a Sofia consigli ed esortazioni di moderazione e di saggezza. Al movimento delle navi russe non si annette qui grande importanza, né lo si è veduto con inquietudine. Non senza inquietudine, invece, si segue qui il corso degli avvenimenti balcanici, dei quali non si può prevedere la fine. La Russia ufficiale è animata da sentimenti pacifici.

Conte Lamsdorff, che ha fatto giungere opportuni ammonimenti a Sofia, ha dichiarato all'ambasciatore di Germania a Pietroburgo di essere disposto ad acconsentire a che la Turchia faccia movimenti di truppe verso la frontiera bulgara. Il Gabinetto di Berlino crede urgente che la Turchia riesca a sedare il movimento insurrezionale, per quanto ritenga opportuno che essa ciò faccia senza inutili eccessi. Mtihlberg ha detto non essere certo se in Bulgaria principe e Governo abbiano totalmente in mano la situazione. Intanto il principe è ancora assente; Sua Altezza Reale ha telegrafato al generale Petroff per chiedergli se il suo ritorno nel Principato era necessario e ne ha avuto risposta negativa. La situazione, mi ha detto Mtihlberg, è da considerarsi sempre come grave, però, ha aggiunto, S.M. l'Imperatore, se debbo riassumere quanto ho appreso da lui, ritiene ben possibile che essa si risolva senza, però, seri conflitti. La stampa, con alla testa i fogli noti per avere contatti con la cancelleria, fa campagna in favore della Turchia, il che prova ancora una volta di più che il Gabinetto di Berlino, tenendosi anche in se-' conda linea, fa quanto può per appoggiarla nelle sue presenti difficoltà.

679

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 2739/1047. Parigi, 19 agosto 1903 (per. il 26).

Lessi nelle informazioni, pervenute al R. Governo dall'Etiopia, essere già il signor Lagarde rimpiazzato dal colonnello Toutée nella carica di ministro francese presso il negus. Le notizie che ho assunte recentissimamente presso questo Ministero degli affari esteri farebbero credere prematura una siffatta informazione. Il signor Lagarde non conferirà col signor Delcassé finché questi non sia ritornato a Parigi e, sebbene si sia fatto il nome del colonnello Toutée, esploratore ben cognito delle cose africane, per succedergli ad Addis Abeba, nessuna decisione è stata presa finora a tale riguardo.

Leggendo la corrispondenza del r. rappresentante in Etiopia, ebbi più di una volta l'impressione che in quel Paese la competizione naturale e legittima degli interessi nostri con quelli della Francia potrebbe facilmente assumere un carattere poco conforme con i generali nostri rapporti con il Governo francese. Mi sembra scorgere che ad Addis Abeba ci siamo impegnati in una lotta d'influenze, o direi meglio in una concorrenza dove, più che interessi veri, si agitano le reciproche diffidenze ed i non mai interrotti sospetti delle rappresentanze dei due Paesi. Senza mettere menomamente in dubbio l'abilità del r. rappresentante, la di lui azione, come apparisce dai rapporti che mi furono comunicati, deve, in talune circostanze, essere sembrata singolarmente ostile alla Francia. Non vedo quale profitto ci deriverebbe se qui si dovesse acquistare la convinzione che l'azione nostra in Etiopia si svolge, più che in vista di interessi precisi e ben definiti, sovra la base di non assopiti rancori i quali, in ogni caso, sopravviverebbero ancora alla situazione generale politica che fortunatamente ha cessato di esistere fra i due Paesi.

Non sarebbe meglio portare la nostra attenzione sovra gli interessi nostri che c'importa tutelare nel presente o salvaguardare nel! 'avvenire e formare di essi il soggetto di un franco ed amichevole scambio di idee con il Governo francese?

Il cambjamento del ministro di Francia ad Addis Abeba potrebbe fornire l'occasione per avere col signor Delcassé una schietta e leale spiegazione in proposito. Finché presso il negus resterà il signor Lagarde, si può comprendere che da parte nostra si conservino impressioni poco favorevoli ad un giudizio completamente imparziale della sua azione. Ma se, come pare probabile, il Lagarde avrà prossimamente un successore, perché, da parte nostra, non assumeremmo, anche in Etiopia, verso la Francia un contegno immune da sospetti e diffidenze? Dopo che nella questione di Raheita il Governo francese dimostrò di aver abbandonato le riserve delle quali fino allora avea circondato il suo riconoscimento della presenza nostra sulle coste del Mar Rosso, io stimo che non abbia più alcuna ragione di sussistere in Etiopia fra l'Italia e la Francia una diffidenza assolutamente in opposizione col carattere delle loro presenti relazioni. La penetrazione in Etiopia da Gibuti è la naturale conseguenza della situazione geografica rispettiva dei due Paesi e dell'essersi trovato in Francia chi ebbe l'iniziativa sufficiente e la perseveranza necessaria per condurre a buon punto la costruzione di qualche centinaio di chilometri di ferrovia.

Gli accordi franco-britannici relativi ali 'Harrar e il trovarsi Gibuti situata nella zona alla quale si estendono i patti di Bruxelles, escluderebbero, a mio avviso, che da noi si possa considerare con inquietudine l'opera attuale della Francia in quella regione. Il punto sovra il quale la nostra attenzione dovrebbe invece concentrarsi, è quello che riguarda il monopolio delle vie ferrate di comunicazione nell'interno dell'Etiopia, monopolio che, ove fosse accordato dal negus ad un'altra Potenza od anche soltanto ad una sola compagnia nella quale gli interessi francesi predominassero, nuocerebbe manifestamente allo sviluppo dei rapporti futuri dell'Eritrea con il limitrofo Impero abissino. Allo stato presente delle cose, la sola pretesa nostra legittima e fondata in un interesse manifesto, consisterebbe nel premunirei contro le eventuali concessioni del negus le quali più tardi potrebbero essere di ostacolo allo allacciamento delle vie di comunicazione fra l'Impero etiopico ed i possedimenti coloniali italiani che lo contornano sovra una enorme estensione di frontiere tanto verso l 'Eritrea quanto verso la Somalia. Or io penso che una spiegazione sincera fra i Gabinetti di Parigi e di Roma che potesse condurre ad un formale accordo preservativo delle nostre ragioni e dei nostri interessi, varrebbe assai meglio che il proseguire in una lotta d'influenze intorno al negus, di cui l 'esito può sempre essere incerto e che d 'altronde, a me sembra, non scevra d'inconvenienti nel presente e nel futuro!.

680

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1645178. Therapia, 20 agosto 1903, ore 12,30 (per. ore 17).

Rispondo telegramma di V.E. n. 12601. Confermo arrivo squadra Iniada (Karaburun) il 18 corrente. E' opinione maggior parte dei miei colleghi, che invio squadra nelle acque ottomane abbia per effetto dare soddisfazione opinione pubblica in Russia, per assassinio console Rostkowoky, e appoggiare talune domande speciali. Ne segnalai principali alla E.V. col mio telegramma n. 77, del 18 corrente2, e ad esse sarebbero da aggiungere le seguenti: l) scarcerazione dei bulgari arrestati senza prove di colpabilità; 2) destituzione di funzionarii ottomani segnalati come incapaci o colpevoli in seguito alla inchiesta dei consoli Russia e di Austria-Ungheria a Uskub; 3) reintegrazione di funzionarii destituiti ingiustamente. Queste domande, già ufficiosamente note alla Sublime Porta e che questa si è dichiarata disposta a accogliere, saranno probabilmente presentate oggi stesso in via ufficiale. Invio squadra appare dimostrazione eccessiva, di fronte alle domande oggi conosciute e può anche essere interpretato quale severo ammonimento che la Russia ha voluto dare alla Turchia nelle attuali circostanze.

680 l Cfr. n. 673. 2 T. 1633/77, non pubblicato.

679 l Per la risposta cfr. n. 773.

681

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1653/97. Londra, 20 agosto 1903, ore 18 (per. ore 22,30).

Governo inglese non vede motivo di preoccupazione nella presenza divisione navale russa nelle acque turche di Iniadal. Ambasciatore Costantinopoli ha di nuovo telegrafato iersera che suo collega di Russia lo ha assicurato, ancora una volta, tale manifestazione avere solo significato meglio accentuare gravità situazione creata assassinio console Monastir e che, oltre le soddisfazioni già ottenute, signor Zinovieff presenterà oggi alla Sublime Porta altre domande dirette, a quanto sembra, istituire Macedonia gendarmeria con ufficiali europei e altri provvedimenti per garantire ordine. Governo britannico riconosce essere gravi condizioni Balcani, ma, aspettando avvenimenti, non muta, per ora, sua attitudine quale indicata rapporti 12 e 14 corrente e telegramma 952, né vede fino ad ora indizi di alterazioni nell'accordo austro-russo. Nessuna disposizione navale ha preso ammiragliato per inviare navi acque turche meno mantenere incrociatore «Vulcano» a Lemnos.

682

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTIOLI

D. 40656/409. Roma. 20 agosto 1903.

Ringrazio in particolar modo la S.V. per l'interessante rapporto 12 corrente,

n. 7091, col quale ella m'informa sulle notizie inviate a Berlino da questo ministro di Prussia, circa il recente conclave, sull'accoglienza fatta nelle sfere ufficiali e non ufficiali tedesche ali'elezione di Pio X, e finalmente sulle considerazioni svolte dal conte di Monts in un rapporto al suo Governo sulle relazioni tra lo Stato e la Chiesa in Italia.

Se circa questo documento dovessimo manifestare la nostra opinione, non pochi punti dovrebbero da noi accogliersi con le debite riserve2.

2 Cfr. n. 660; i rapporti non sono pubblicati.

2 A questo dispaccio Mattioli rispose con R. 1516/736 del 23 agosto di cui si pubblicano qui due passi: "Persona in alta posizione che ha avvicinato recentemente e si è intrattenuta coll'imperatore a Wilhelmshohe mi ha detto che anche Sua Maestà ha visto con soddisfazione riuscire vittorioso il nome del cardinale Sarto, dopo l'aspra lotta nella quale i cardinali francesi, seguendo le istruzioni del presidente del Consiglio Combes, avevano vigorosamente sostenuto il cardinale Rampolla ... Un segretario di Stato che avesse navigato nelle acque del cardinale Rampolla, mi diceva testé il signor Miihlberg, non sarebbe la migliore delle cose né per voi né per noi".

681 l Risponde al n. 673.

682 l Cfr. n. 662.

683

IL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, MERCATELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1662. Zanzibar, 21 agosto 1903, ore 12,55.

Governatore Benadir trasmette copia lettera Mad Mullah pervenutagli 25 luglio. Mullah dopo rallegratosi esito campagna contro inglesi, che gli ha dato prede, armi, forza, domanda come regolarsi con noi amicizia, relazioni, corrispondenza, aiuto reciproco, ed insiste per risposta!.

684

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1663/79. Therapia, 21 agosto 1903, ore 17 (per. ore 22).

Mi riferisco mio telegramma n.751. Ambasciatori di Russia e di Austria-Ungheria si sono pronunziati in senso sfavorevole all'invio degli addetti militari di queste ambasciate presso le truppe turche in Macedonia, osservando che non si saprebbe dove mandarli, stante estensione delle operazioni militari contro gli insorti e che, ad ogni modo, addetti militari si troverebbero esposti a continui e gravi pericoli. Proposta non sarà quindi presentata.

685

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 177. Addis Abeba, 22 agosto 1903 (per. il 23 settembre).

Dopo che ebbi inviato a V.E. la mia relazione n. 159 del l o corrente1 relativa alla frontiera somala ed alle contestazioni che da essa possono nascere, mi è pervenuto il suo telegramma 1175 del 26 luglio u.s. 2 che mi partecipa, fra l'altro,

684 l Cfr. n. 666. 685 l Non pubblicata.

2 Non pubblicato. Con tale telegramma Morin comunicava a Ciccodicola il contenuto del n. 631.

l'accordo avvenuto fra codesto Governo e quello britannico circa lo sgombero, a campagna finita, delle zone dell'hinterland so malo che eventualmente potranno essere occupate dalle truppe abissine durante le nuove imminenti operazioni militari, contro il Mullah. Siccome nella relazione avanti citata, e che non poteva ancora essere pervenuta a V.E. alla data del telegramma 1175, io ho esposto quale sia agli occhi di Menelik lo stato di fatto della nostra frontiera somala, che egli sa essere stata accettata ed ammessa in base alla carta portata in Italia dal maggiore Nerazzini nel 1897, così ho riflettuto che, in attesa di quanto sarà per significarmi codesto Ministero in merito a quanto è detto nella menzionata relazione, era meglio non affrettare la comunicazione al Negus per esteso di tutto ciò che nel telegramma 1175 mi è stato fatto conoscere potendo ciò offrire occasione a Menelik di dichiararmi subito formalmente le sue opposizioni alle nostre vedute sul confine della Colonia somala. Tanto più si è fondata in me la convinzione di questa possibilità, quando il negus, discorrendo, ebbe ad esprimere, forse a bella posta, l'opinione che difficilmente sarà necessario di spingere le truppe etiopiche fino al territorio italiano. Davanti a questa opinione che nasconde ad evidenza l'intenzione di riconoscere come territorio italiano solo quello limitato dall'accennato confine del 1897, io non ho creduto di precipitare le cose facendo formali dichiarazioni in merito al concordato sgombero da parte delle truppe abissine a campagna finita: vi è tempo infatti e di attendere se gli avvenimenti della guerra porteranno veramente alle occupazioni previste e di preparare le cose in modo da evitare, possibilmente, una contestazione.

Se male non mi oppongo, si possono celare in questa situazione i germi di un futuro incidente non dissimile da quello che fu determinato dalla interpretazione dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli. Alla rimostranza inglese che lo richiamava all'obbligo di far passare per il Governo italiano ogni sua comunicazione coll'estero, il negus rispose con la nota protesta: non sono lontano dal credere che innanzi ad una dichiarazione dell'Inghilterra che gli ricordasse il dovere di far sgombrare i territori della Somalia italiana non compresi nel confine del 1897, il negus forse potrebbe rispondere allegando l'avvenuta accettazione di quel confine da parte dell'Italia. Le due questioni, pur essendo nella loro essenza assai diverse fra loro, porterebbero forse agli stessi risultati, ed è perciò che io procedo con cautela nel sollevare questo incidente. Codesto Governo che meglio di me avrà idea del capitale che può all'occorrenza farsi sull'appoggio inglese ed esaminare in precedenza ogni conseguenza possibile, potrà darmi formali e dettagliate istruzioni sulla linea di condotta che debbo osservare. È certo che di fronte all'idea che ha Menelik del diritto venutogli dall'accettazione del confine del 1897, annunciatagli in conformità del dispaccio ministeriale 39099 del 17 ottobre 18973 , la questione dello sgombero di territori non compresi in quel confine sarà, anche coll'appoggio inglese, difficile e spinosa da sollevare, tanto più che, come anche in precedenza riferiti, il negus ha in animo di stabilire dei presidii permanenti neli'Ogaden e non ritiene infirmati i suoi diritti su Lugh dalla presenza colà di una nostra stazione commerciale.

Per ciò che riflette la missione militare italiana con le truppe etiopiche operanti contro il Mullah, il telegramma 1175 di codesto Ministero ha prevenuto quanto io stesso accennavo nella lettera 163 dell'8 corrente4 con la quale si è incrociato. Ho comunicato al negus l'avvenuta destinazione del tenente Citemi e siccome ho creduto di rilevare che il negus sarebbe stato lusingato dal pensiero di prender parte alle trattative per l'aggregazione di una rappresentanza italiana alle sue truppe, così ho creduto di far buon viso alla sua proposta di mandare col Citemi anche il capitano Colli di Felizzano e gli ho detto che l'avrei appoggiata presso codesto Governo con riserva, ben inteso, di ogni sua decisione. Il che ho poi fatto con telegramma5 . Le ragioni della proposta del negus sono nel telegramma stesso esposte ed aggiungo qui che mentre per il tenente Citemi, il negus ha qualche ingiustificata ma compatibile prevenzione per il fatto che con la missione Bottego prese parte ad un conflitto contro abissini, ha invece per il Colli molta fiducia e molta stima.

In presenza della possibilità di qualche futura contestazione per il territorio somalo, il dare alla rappnisentanza italiana al seguito delle truppe etiopiche una forma più appariscente e più spiccata, potrebbe essere non inutilmente una preventiva ed accentuata dimostrazione degli interessi che l'Italia ritiene di dover sorvegliare e tutelare, tanto più se le truppe etiopiche dovessero impegnarsi verso Lugh.

Mi è anche pervenuto ieri il dispaccio di V.E. n. 36005/161 del22 luglio che mi comunica il memorandum dell'ambasciata britannica in data 3 giugno u.s., nonché la risposta che con pro-memoria del 29 dello stesso mese vi fece codesto Ministero6 . Nell'accusare ricevuta dei detti documenti e nel prendeme atto, io non posso a meno di rilevare, come certo avrà fatto anche codesto Ministero, la evidente tendenziosità della nota inglese che cerca di ottenere categoriche affermazioni di confine tanto in materia di possessi diretti, quanto di protettorati e di zona d'influenza, che infirmino in qualche modo la delimitazione del 1891. lo non credo che l 'ultima parte del promemoria di codesto Ministero che afferma essere l'hinterland italiano esteso fino ad incontrare i confini etiopici, possa essere interpretato, come forse è nella tendenza inglese, come una esclusione, da parte nostra, di tutto il territorio attualmente soggetto al negus, dalla sfera dell'influenza italiana. Come espressi anche in precedenti relazioni, io sono di subordinato avviso che, quali che siano i confini di diretto possesso fra l'Italia e l'Etiopia e le possibili contestazioni fra di esse al riguardo dei confini stessi, l'Etiopia pur essendo indipendente, è sempre e tutta, in base agli accordi del 1891, compresa nella sfera italiana fino al 6° parallelo. Il rinunciarvi può, senza ragione alcuna, eliminare ogni eventuale ed utile intervento nell'avvenire e rendere più facili e possibili interventi stranieri. Non ritenendo che tale rinuncia sia nelle intenzioni di codesto Governo, né, tanto meno, che abbia voluto esprimerla nella citata ultima parte del suo pro-memoria, esprimo subordinato avviso che la inclusione dell'Etiopia nella sfera d'influenza italiana sia chiaramente indicata e in nota suppletiva e in occasione dei nuovi formali accordi cui codesto ministero ha in precedenti dispacci accennato.

5 T. 1761 del 22 agosto, trasmesso da Asmara il 4 settembre, non pubblicato.

6 Non pubblicati.

Colgo l'occasione per significare a V.E. che la carta dimostrativa accennata nel citato pro-memoria del 29 giugno, non mi è pervenuta e sottometto la necessità di averla affinché essa mi sia di norma e sussidio se dovrò, com'è probabile, trattare col signor Harrington su questa materia 7 .

683 l Cfr. n. 704.

685 3 In realtà del 19 ottobre l 897; cfr. serie III, vol. II, n. 244.

685 4 Non pubblicata.

686

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1675/81. Therapia, 23 agosto 1903, ore 1,10 (per. ore 6, 15).

Ho ricevuto oggi dal r. console a Monastir il telegramma seguente: «Ieri cominciati insulti soldatesca; due soldati mi insultarono chiamandomi 'giaur'; due ufficiali mi rifiutarono assistenza. Ciò davanti consolato d'Italia, accompagnato cavas»l. Ho comunicato, d'urgenza, ministro degli affari esteri il fatto facendogli ricordare, per mezzo del primo interprete della r. ambasciata, le mie anteriori comunicazioni relativamente situazione Monastir; che, l'incidente occorso ieri mi faceva temere essere rimaste senza frutto, e informandolo che mi riservavo di do

686 I Il telegramma era stato inviato anche al ministero (T. 1667 del 22).

504 mandare riparazione e che, ove nuovi incidenti o aggressioni si verificassero contro console di Sua Maestà, responsabilità ricadrebbe sul Governo ottomano. Ho profittato dell'occasione per richiamare attenzione della Sublime Porta sulla sovraeccitazione ed indisciplina esercito nelle provincie macedoni segnalatemi da recenti rapporti rr. consoli, e sulla necessità di urgenti provvedimenti di fronte ad incidenti che possono porre in pericolo la sicurezza funzionari consolari e regi sudditi. Salvo istruzioni contrarie di V.E., attenderò ora di conoscere dal r. console, cui li ho chiesti telegraficamente, tutti i particolari dell'incidente e di vedere quale seguito sia per dare la Sublime Porta alla mia comunicazione odierna, prima di sottoporre alla E.V. mio avviso sulle riparazioni o misure da esigersi.

685 7 Si pubblica solo la parte finale del D. riservato 63568/277 del 28 ottobre con cui Morin rispose a questo rapporto: "In tale situazione di cose, perché il negoziato per Lugh e pel Giuba abbia buone probabilità di riuscita, sembra opportuno sia condotto, analogamente a quanto avvenne pel Setit, in correlazione con quello tra Menelik e la Inghilterra da una parte e tra noi e l'Inghilterra dall'altra, cioè a dire che sia in sostanza un negoziato a tre, condotto con lealtà e fermezza in modo da far valere gli opportuni argomenti presso Menelik per aiutare la nostra soluzione con l'Inghilterra, e presso Harrington per aiutare la nostra soluzione con Menelik e in modo che nulla sia concluso senza l'accordo delle tre parti. La S. V. pertanto sulla base dei dati e delle considerazioni svolte nel presente dispaccio, vorrà, a momento opportuno, dopo aver rappresentato a Menelik la intima necessaria connessione esistente tra la questione dei confini tra Etiopia e Somalia e quella tra Etiopia e protettorato britannico, dichiarargli: l) che la soluzione da noi proposta per Lugh è la sola che possa guarentire il pacifico svolgimento delle relazioni commerciali tra Etiopia e Benadir; ogni altra combinazione sarebbe fonte di continui conflitti che finirebbero per rendere difficile le relazioni territoriali e politiche. 2) Che l'Etiopia ha interesse, per una giusta ragione di equilibrio, che la delimitazione tra Inghilterra e Abissinia sulla destra del Giuba corrisponda a quella con l 'Italia sulla sinistra del fiume, e avvenga senza nostro danno, cioè a dire segua per esempio una linea qual' è indicata dal capitano Colli nella parte III della sua relazione, linea che è anche più vantaggiosa per l'Etiopia. 3) Che il R. Governo è disposto a sostenere il negus nel negoziato con l'Inghilterra. Al colonnello Harrington poi la S.V. vorrà dichiarare francamente che, poiché la delimitazione anglo-etiopica dev'essere regolata d'accordo con noi, e senza nostro danno, secondo le assicurazioni ripetutamente dateci, noi desideriamo che essa sia tale da non pregiudicare i nostri interessi commerciali in Somalia; che essendo la questione intimamente connessa con quella del nostro confine verso Lugh, è naturale che la nostra azione presso Menelik si svolga nel senso dei nostri interessi; che infine date le intenzioni del negus di portare la frontiera anglo-etiopica ad un punto sulla destra del Giuba corrispondente a quella dal quale egli vorrebbe far partire la frontiera itala-etiopica sulla sinistra di quel fiume, è interesse reciproco di sostenerci a vicenda perché la delimitazione dalle due parti avvenga con vantaggio delle due Potenze amiche ed alleate. E, a questo proposito, la S.V. può confermare al colonnello Harrington le conclusioni del memorandum da questo mtmstero comunicato all'ambasciata inglese in Roma del 30 maggio u.s.".

687

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINII

D. 52622/768. Roma, 25 agosto 1903.

Ho ricevuto il rapporto n. 374 in data 26 luglio u.s.2 nel quale V.E. espone le ragioni per cui non ritiene opportuno insistere per ora sul progettato incontro col negus, visto che, secondo le comunicazioni del maggiore Ciccodicola, tale incontro non potrebbe avvenire, per ora, in condizioni per noi accettevoli.

Condivido pienamente le idee espresse da V.E. le quali sono del tutto conformi al mio modo di vedere, ed in tale senso ho scritto al maggiore Ciccodicola3, mentre attendo che una soluzione soddisfacente possa trovarsi.

688

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 801/345. Belgrado, 25 agosto 1903 (per. il 30).

Stamane il ministro di Turchia, parlandomi delle presenti agitazioni serbo-macedoni, se ne è mostrato assai impensierito e mi ha detto che andava a vedere il presidente del Consiglio per insistere nelle vive raccomandazioni già rivolte al Governo serbo collo scopo di indurlo a prendere efficaci misure onde frenare le mosse degli agitatori ed impedire che bande armate si formino nel territorio del

687 I Da ACS, Carte Martini.

2 Non pubblicato, ma cfr. n. 647.

J D. 52671/194, pari data, non pubblicato.

Regno e passino le frontiere; e «dichiarerò a questi governanti -mi ha detto Féthy pascià -che se non si impedirà la formazione e lo sconfinamento di bande serbe, il Governo del sultano, non potendo aumentare la quantità delle sue truppe regolari nella Vecchia Serbia, si vedrà costretto a lasciar la mano libera agli arnauti».

Dopo aver conferito col signor Avakumovitch, mio collega turco è passato a parlare col ministro degli affari esteri e, trovandomi io al ministero, ha voluto che assistessi al colloquio.

Il signor Kaljévitch ha ripetuto in questa circostanza le stesse dichiarazioni che aveva precedentemente fatte a me, e che io riferii a V.E. col mio rapporto del 20 corrente n. 3351; ha però aggiunto le seguenti osservazioni:

l) che le agitazioni serbo-macedoni sarebbero meno vive, ed apparirebbero meno giustificate se il Governo turco, accogliendo le reiterate sollecitazioni del Governo serbo, avesse acconsentito a concedere ali' elemento serbo in Macedonia, come ali'elemento bulgaro e ali'elemento greco, perfetta parità di condizioni col riconoscere egualmente la nazionalità dei serbi sudditi del sultano, mentre invece costantemente solo verso i bulgari si mostrò disposto a fare delle concessioni;

2) che il Governo serbo già diede prova di sue amichevoli rassicuranti disposizioni verso la Turchia coli'aver fatto premure perché la Porta mantenga nella Vecchia Serbia la sua posizione militarmente forte, conservandovi anzi aumentandovi la forza delle truppe ivi concentrate.

Quest'ultima osservazione lascerebbe trasparire il pensiero serbo nel senso che, riferibilmente alla Vecchia Serbia, si preferirebbe il mantenimento della dominazione ottomana piuttosto che l'occupazione militare per parte di un'altra Potenza, che volesse attribuirsi il mandato di ristabilirvi la tranquillità, e che, in talune eventualità, un accordo serbo-turco potrebbe qui essere considerato di reciproca convemenza.

689

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO 1696. Vienna, 26 agosto 1903, ore 17,45 (per. ore 19,50).

Secondo informazioni personali, Delcassé avrebbe fatto fare amichevoli, ma serie, osservazioni al Gabinetto di Pietroburgo, a proposito dell'invio delle navi russe nelle acque turche; egli avrebbe fatto dire a Lamsdorff che le Potenze hanno lasciato agire con fiducia i Governi russo ed austro-ungarico in Macedonia, ma alla condizione che questi le avrebbero informate a tempo di ogni disposizione

688 I Non pubblicato.

che intendessero prendere nell'intento comune del mantenimento dello statu quo. Delcassé segnalò inoltre la condotta autoritaria del console russo, che sarebbe stata non ultima causa della recrudescenza dell'agitazione in Macedonia. Lamsdorff avrebbe confessato che la mossa delle navi russe fu ordinata senza il suo consenso, ed avrebbe promesso all'ambasciatore di Francia che d'ora in avanti ogni misura relativa alla Macedonia sarebbe previamente notificata alle altre Potenze e che si provvederebbe a dare istruzioni severe ai consoli russi. V.E. potrà verificare, colla debita cautela, questo ragguaglio!.

690

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1697/40. Pietroburgo, 26 agosto 1903, ore 21 (per. ore 23).

Nella conversazione testé avuta col conte Lamsdorff, egli si mostrò convinto della grande efficacia che avrebbe, nei gravi momenti attuali, un'azione concorde delle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino presso il Governo bulgaro, per richiamarlo al suo imprescindibile dovere di svincolarsi in modo energico da ogni compromissione colla insurrezione macedone, facendogli chiaramente intendere che in nessun caso potrebbe contare sopra un intervento delle Potenze. Conte Lamsdorff ritiene che ciò si potrebbe fare mediante una nota identica concertata fra gli ambasciatori in Costantinopoli poi secondo il suo avviso, indirizzare una nota alla Sublime Porta onde non esageri nella repressione. Suppongo che il conte Lamsdorff abbia tenuto uguale linguaggio coi miei colleghi, ma per quanto io non abbia illimitata fiducia in tali note, ho voluto subito telegrafare a V.E., convinto che l'Italia è interessata, quanto la Russia e l'Austria-Ungheria, al mantenimento dello statu quo e che quindi ci convenga essere fra i primi nelle proposte da farsi t.

691

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1310. Roma, 27 agosto 1903, ore 14,30.

Ricevo il telegramma n. 401. V.E. può assicurare il conte Lamsdorff che il R. Governo è, per quanto lo concerne, sempre disposto ad associarsi alle altre Poten

27 agosto, con la richiesta di verificare l'esattezza della notizia. Per le risposte cfr. nn. 694 c 697.

ze per ogni passo che si stimi opportuno di fare, nell'interesse dell'ordine e della pacificazione, sia a Sofia, sia a Costantinopoli.

689 l Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Parigi e Pietroburgo con T. 1314 del

690 l Per la risposta cfr. n. 691.

691 l Cfr. n. 690.

692

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A TREVISO

T. Roma, 27 agosto 1903, ore 18,30.

Ho veduto l'incaricato d'affari di Russia. Egli ritiene che gli articoli dell'Avanti non abbiano fatto a Pietroburgo la menoma impressione. Voglia Vostra Maestà accogliere l'espressione del mio devoto ossequio.

693

L'ONPREVOLE PRINETTI AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BACCELLI

L. PERSONALE. Varallo Sesia, 27 agosto 1903.

Ho ricevuto a suo tempo con vero piacere la di lei gentilissima 15 corrente. Sono lietissimo della promessa che ella mi ripete di venirci a trovare a Merate nel prossimo ottobre e sarà per noi una vera festa di averla nostro ospite. Duolmi assai che le condizioni di salute di sua madre non siano buone; e le mando i miei più fervidi voti perché sua madre si ristabilisca prontamente.

La situazione politica del nostro Paese è veramente assai peggiorata per due ragioni. Quella politica di equilibrio da noi fatta e che facendo dell'Italia l'elemento decisivo dell'equilibrio delle forze nell'Europa, aveva costretto tutti a ricercare la nostra amicizia, è stata abbandonata completamente dal Morin, evidentemente per suggestione di Mal vano, che non l'aveva mai né ben compresa né ben gustata.

L'altra nostra linea di condotta, di voler che in ogni avvenimento mondiale importante l'Italia dicesse la sua parola e apparisse in linea è stata pure abbandonata e mutata dal Morin, perdendo così in pochi mesi il frutto di tutta l'opera nostra, che pur meritava d'esser conservato.

Confesso che provo a questo spettacolo un sentimento d'immensa amarezza. Ma è meglio non toccare questi tasti, ne parleremo a voce e ci consoleremo a vicenda come potremo.

Voglia, la prego, presentare i miei omaggi alla signora; mia moglie mi incarica ricambiare i di lei saluti;

PS. Indirizzo questa mia a San Vito, pensando che ella o vi sarà già a quest'ora o starà poco ad arrivare. La prego salutarmi suo padre. Io continuo bene e spero proprio in breve essere completamente come primat.

694

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1712/96. Parigi, 28 agosto 1903, ore 14,30 (per. ore 18).

Risposta al n. 13141. Dal linguaggio di questo direttore generale affari politici, da me riferito col telegramma del 192, appariva che mossa navi russe nelle operazioni non era combinata con la Francia. Qui se ne ignorava perfino la destinazione: ciò posto è probabile che Delcassé, il quale durante assenza comunica direttamente cogli ambasciatori francesi e dirige egli gli affari, abbia fatto qualche osservazione a Pietroburgo. Ho potuto accorgermi che qui si stimava che la condotta degli agenti consolari era imprudente. Non è quindi improbabile che anche a questo riguardo qualche cosa sia stata detta a Pietroburgo. Per avere però la certezza che veramente ciò sia avvenuto, bisognerebbe che parlassi con Delcassé, di cui l'assenza si protrae, ciò che significa che qui non si hanno gravi inquietudini.

695

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

N. VERBALE. Roma, 28 agosto 1903.

Nella nota del 17 agosto u.s.t, codesta ambasciata britannica chiedeva che, in seguito al recente sequestro di armi e munizioni avvenuto in Socotra, fosse concesso alle navi inglesi il diritto di visitare i bastimenti sospetti di contrabbando d'armi nelle acque territoriali dei protettorati italiani e i dau di bandiera italiana in alto mare.

2 Cfr. n. 676.

Questo ministero, come l'ammiraglio Morin ha già verbalmente dichiarato a sir Rennell Rodd, non ha difficoltà ad aderire alla domanda dell'ambasciata britannica, ma a condizione di completa reciprocità, e cioè che, come le navi inglesi avranno facoltà di visitare i bastimenti sospetti di contrabbando d'armi nelle acque territoriali dei protettorati italiani e i dau di bandiera italiana in alto mare, così le navi italiane abbiano eguale facoltà di visitare i bastimenti sospetti di tale traffico nelle acque territoriali dei protettorati britannici e i dau di bandiera britannica in alto mare2.

693 l Già in una precedente lettera particolare del 6 agosto Prinetti aveva scritto a Baccelli: "Ella mi scrive che dovrei essere contento della situazione, io confesso che non riesco a indoviname il motivo. Anzi assisto purtroppo con grande amarezza alla distruzione sistematica accanita di tutta l'opera mia, che mi era quasi costata la vita. Certo lo sfacelo del Ministero e del zanardellismo potrebbe darmi qualche gusto, ma è un gusto troppo amaro! D'altronde la situazione mi appare così confusa e oscura che non riesco in alcun modo a vederci chiaro e a tracciarmi una strad,a e non so proprio farmi un programma per la condotta che dovrò seguire. A novembre sarò certo alla Camera al mio posto; ma cosa farò? Ecco quello intorno a cui vorrei poter formarmi un concetto direttivo".

694 l Cfr. n. 689, nota l.

695 l Non pubblicata.

696

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, COMPANS DI BRICHANTEAU

D. 53295/97. Roma, 28 agosto 1903.

Ricevo il rapporto 20 corrente, n. 3351 col quale ella mi riferisce intorno alla confidenza fattale da un addetto militare che realmente si stanno costà facendo arruolamenti fra i serbo-macedoni per inviare bande di volontari nella Vecchia Serbia, ed intorno al colloquio avuto su tale argomento col signor Kaljevitch.

Sarà opportuno che la S.V., in ogni propizia occasione, non tralasci di raccomandare a codesto Governo di perseverare nel contegno riservato e prudente finora tenuto e di impedire con tutti i mezzi a sua disposizione ogni mossa di serbi oltre il confine.

La Serbia deve aver fiducia nell'opera imparziale delle Potenze le quali, soprattutto nell'interesse degli Stati balcanici, si stanno di comune accordo adoperando per evitare maggiori complicazioni.

697

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1726/45. Pietroburgo, 29 agosto 1903, ore 23,30 (per. ore 7 del 30).

Le indagini riservate fatte non mi confermano il telegramma di V.E. 13141. A me risulterebbe che Lamsdorff fu favorevole alla dimostrazione navale, mentre vi

fu contrario Ministero della marina; che nessuna Potenza fu preventivamente informata, e che nessuna fece rimostranze. Parmi che le Potenze possano solo esigere notificazione preventiva se si tratta di misure prese in vista di intervento armato: del resto, il mio telegramma 402 indica appunto che il Lamsdorff desidera l'azione delle Potenze, nel qual caso l'Italia non può che trovare soddisfazione ai suoi interessi.

695 2 L'ambasciatore britannico rispose con nota del 14 ottobre di cui si pubblica il passo seguente: "I am instructed to state that His Majesty's Govemment are willing, in retum for the grant of reciproca] right to ship of the British Navy, to gran t to italian men-of-war the right to search dhows within the territorial waters of the British Somali Protectorate, as well as dhows flying the British flag".

696 l R. 788/335, non pubblicato, di Magliano che era partito da Belgrado il 27 agosto.

697 l Cfr. n. 689, nota l.

698

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA l

MEMORANDUM CONFIDENZIALE. Roma, 29 agosto 1903.

Il ministro degli affari esteri ha preso cognizione del memorandum confidenziale consegnato da sir Francis Bertie all'ammiraglio Morin, in data del 20 giugno2, circa la proposta fatta dall'Italia di venire ad intese concrete col Governo di S.M. Britannica, per la tutela dei reciproci interessi pel presente e per l'avvenire in Etiopia, su basi da concordarsi avuto riguardo alla posizione delle due Potenze nei propri possedimenti dell'Africa orientale.

Sulla concorde azione del colonnello Harrington e del maggiore Ciccodicola, telegrammi e rapporti recenti del r. ministro in Addis Abeba danno ogni maggiore informazione, assicurando che la questione della ferrovia era, fin dai primi di giugno, già risoluta ad Addis Abeba, con pieno successo della politica inglese circa il piano della ferrovia da Berbera e la soppressione del monopolio francese.

Queste notizie saranno state certo comunicate al Foreign Office dal colonnello Harrington, che avrà pur riferito come il r. ministro in Addis Abeba abbia contribuito nel modo più efficace ad ottenere questo risultato, cui, secondo afferma il maggiore Ciccodicola, cospirarono a conseguire tre anni di sforzi riuniti delle legazioni inglese ed italiana.

Il R. Governo infatti, fin da quando la quistione della ferrovia Zeila o Berbera Barar fu ventilata, aveva dato istruzioni generali al maggiore Ciccodicola di agire in modo da appoggiare efficacemente le domande del rappresentante britannico, servendosi di tutta l'influenza che egli ha saputo acquistarsi presso Menelik. Riteneva però che la questione si sarebbe trascinata in lungo e che non si sarebbe riuscito ad ottenere lo scopo, senza un atteggiamento apertamente concorde, al quale si accennava appunto nel memorandum diretto all'ambasciata di S.M. Britannica in data 23 maggio 19033.

698 Ed. in BD, vol. I, cit., n. 378, allegato.

J

2 Cfr. n. 575. 3 Cfr. n. 497.

Il Governo del re è doppiamente lieto dei risultati ottenuti, avendo ad essi grandemente contribuito la cooperazione. del rappresentante italiano, e nutre perciò la fiducia che il Governo inglese voglia adoperarsi perché, non appena sia provveduto da parte dell'Italia ad una linea Asmara-Sabderat, ad essa si riallacci una linea ferroviaria Cartum-Cassala.

I risultati ottenuti recentemente ad Addis Abeba, dimostrano l'utilità che i rappresentanti delle due Potenze continuino ad agire concordi per la più agevole tutela dei reciproci interessi e per neutralizzare avverse influenze nel presente e nell'avvenire.

E poiché sarebbe di comune vantaggio se i rispettivi possedimenti potessero trovarsi in condizioni di sempre crescente sviluppo commerciale il Governo italiano ritiene che, eliminando ogni possibile secondaria ragione di controversia, si possa addivenire a tal fine ad accordi d'ordine più generale. E ciò il R. Governo crede si possa ottenere senza prendere alcun impegno per l'attuazione di un determinato programma coloniale, ma limitandosi a definire praticamente i reciproci interessi nell'orbita di azione a ciascuna delle due Potenze assegnata e nella quale quel programma possa liberamente svolgersi.

Per queste considerazioni al Governo italiano non sembra che il proseguimento della campagna nel Somaliland e le susseguenti eventuali risoluzioni della politica inglese in quella regione, possano avere relazione con gli accordi proposti, mentre -questi conchiusi -più sicura sarà l'azione de li'Italia in Somalia e più vantaggiosa ai comuni interessi italo-britannici, anche nei riguardi della cooperazione italiana per ridare a quella regione la tranquillità e la pace.

Il Governo italiano, pertanto, mentre prende atto delle dichiarazioni del Governo britannico di discutere con esso amichevolmente futuri accordi, avendo, in ogni modo, lo stretto debito di provvedere ai propri interessi per il presente e per l'avvenire, si trova nella necessità d'insistere perché tali concrete intese non siano oltre ritardate, in guisa che esso possa attendere sicuro e tranquillo, senza incertezze, al pacifico svolgimento della sua azione coloniale, poiché, ove ciò non avvenisse, dovrebbe provvedervi direttamente.

E però desidera conoscere se il Governo di S.M. Britannica consente a venire ad intese concrete, per quanto possibile immediate, sui punti che qui appresso si enunciano in termini generali, salvo ulteriore determinazione dei particolari:

l) Guarentigia reciproca per ogni possibile mutamento in Etiopia anche in vista di una successione al trono dell'Impero; e cioè i due Governi si impegnano ad adoperarsi reciprocamente pel mantenimento degli accordi che ora esistono fra l'Etiopia da una parte e l'Italia e l'Inghilterra dall'altra, e si impegnano altresì, nel caso che lo statu quo in Etiopia fosse, per qualsiasi motivo, turbato, ad accordarsi per i provvedimenti che dalle circostanze fossero per essere consigliati.

2) Allacciamento di una linea ferroviaria Cartum-Cassala ad un tronco di ferrovia eritrea nei termini sopra accennati. Stabilire intanto tra Eritrea e Sudan un regime commerciale su basi da concordarsi, più favorevole ali 'Eritrea, di quello che ora non sia, e appoggiare le iniziative che da noi muovessero per agevolare le relazioni della Colonia con i mercati centrali d eli 'Etiopia e per ottenere ali 'industria italiana qualche speciale concessione commerciale in Etiopia.

3) Sistemazione del confine secondo la linea stabilita dal protocollo 24 marzo 1891, in base ai criteri esposti nel promemoria del 30 maggio u.s.4 e accordo per la valle del Giuba in base al negoziato già iniziato a Zanzibar fra i rappresentanti dei due Paesi, in modo da rendere il fiume utile agli interessi delle due colonie finitime.

Il Governo del re da parte sua non esclude che su altri punti possa vertere l'accordo, se sia necessario e se così piaccia al Governo britannico e sarà ben lieto di esaminare con le più amichevoli intenzioni qualsiasi domanda che gli fosse rivolta, pur di addivenire agli accennati accordi che gli permettano di provvedere alla tutela dei suoi interessi coloniali e allo stesso tempo di rendere sempre più intima, anche nella questione africana, la tradizionale amicizia esistente fra Italia e Inghilterras.

697 2 Cfr. n. 690.

699

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI

D. RISERVATO 53756/148. Roma, 31 agosto 1903.

Ringrazio la S.'./. per il rapporto in data 4 corrente, particolare!, col quale ella mi riferisce intorno al colloquio avuto con codesto presidente del Consiglio ed alle interessanti notizie dal medesimo confidatele soprattutto circa i rapporti politici del Principato colla Russia e le conseguenze dei medesimi sulle condizioni politiche interne del Paese.

Alcune di tali notizie non potrebbero forse venire accolte che con riserva.

Approvo ad ogni modo il linguaggio tenuto dalla S.V. al signor Petroff nell'assicurarlo che le simpatie e l'appoggio dell'Italia non verranno mai meno alla Bulgaria sempre che essa conservi un atteggiamento corretto e pacifico, lasciando alle Potenze d'escogitare e tradurre in atto i migliori mezzi per risolvere le questioni che la interessano.

s Per la risposta cfr. n. 755.

699 I Di tale rapporto si pubblica il passo seguente: "Più di una volta il presidente del Consiglio ha accennato, con le dovute riserve, ai vantaggi che presenterebbe nell'interesse di una più sollecita e più pratica soluzione della questione macedone e, pertanto, del mantenimento della pace nella penisola balcanica, una maggiore e più diretta partecipazione di tutte le altre Grandi Potenze, segnatamente dell'Italia, di cui questi signori si compiacciono a rammentare, in ogni circostanza, l'azione energica ed efficace spiegata in passato a favore della Bulgaria. A tali accenni ho creduto di rispondere sempre vagamente, !imitandomi a dichiarare che le simpatie c l'appoggio dell'Italia, cui il mantenimento della pace e dello status quo sta sommamente a cuore, non verranno mai meno alla Bulgaria sempre che essa, ossequiente ai suoi consigli ed alle sue esortazioni, conservi un atteggiamento corretto, pacifico, lasciando alle Potenze di escogitare e tradurre in atto i mezzi più opportuni e più indicati a risolvere le questioni che la interessano".

698 4 Cfr. n. 517.

700

IL DIRETTORE GENERALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, LEONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

N. RISERVATA 18576. Roma, 31 agosto 1903.

In relazione alla nota controsegnata', assicuro V.E. che sono già state impartite le occorrenti disposizioni ai signori prefetti della Sicilia affinché ogni e qualsiasi manifestazione che potesse aver luogo per il ripristino della lingua italiana in Malta sia contenuta nei limiti di legge ed in modo che non possa recare offesa all 'Inghilterra o ferirne le legittime suscettibilità2.

701

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 198. Addis Abeba, 31 agosto 1903 (per. il l0 ottobre).

Ieri ho avuto col signor Chefneux, direttore della compagnia imperiale delle ferrovie etiopiche, una conversazione cui mi sembra sia da annettersi una certa importanza e che perciò riferisco subito a V.E. Benché la conversazione non sia uscita dal campo di una esposizione di idee, da parte del signor Chefneux, in via tutt'affatto privata, non avendo egli alcuna veste ufficiale, tuttavia ha una significazione non trascurabile perché, come è noto, il Chefneux è sempre stato ed è ancora un agente ufficioso del Governo francese che molto si ripromette dali' opera intelligente di quest'alacre collaboratore, tanto più che egli è spinto a servir bene il suo Governo dal fatto che gli interessi di questo, per la situazione di cose da me esposte nella mia relazione 129 del 10 giugno u. s. I, collimano con quelli della compagnia ferroviaria da lui diretta. Si può quindi ritenere che essendo il Chefneux in corrispondenza diretta col ministro degli esteri francese che, a quanto è apparso finora, si tiene informato e dirige l'affare della ferrovia, le sue opinioni e dichiarazioni siano un riflesso delle idee di quel ministro, se pur non gliene è stata suggerita addirittura l'esposizione al fine forse di tastare il terreno e sentire quali siano le opinioni dominanti.

Il signor Chefneux, nel parlarmi di quanto egli sta facendo per tutelare gli interessi dell'impresa che dirige, trovò modo di accennare all'ordinamento interno dell'Etiopia ed alle difficoltà che esso oppone alle attività europee. Accennò quindi alla maggiore efficacia che avrebbero le azioni ora slegate della diplomazia europea se, pur tutelando l'indipendenza dell'Etiopia, si coordinassero fra di loro allo scopo di dirigere gli atti del negus.

Per ciò che riguarda la ferrovia mi espose anzitutto l'andamento delle sue ultime trattative con Menelik dopo la partenza dell'ingegner Ilg, e la sua ferma speranza di fissare d'accordo col negus le modalità contrattuali per il proseguimento· della linea fino ad Addis-Abeba. Queste modalità avrebbero per base una compartecipazione del negus ai lavori di preparazione del piano stradale; inoltre la concessione fatta nel primo contratto alla società, di una striscia di terreno larga un kilometro su tutta la lunghezza del percorso ferroviario, sarebbe sostituita da una concessione di un unico appezzamento sull' Auasc. Osservo qui -per incidenza -che il nuovo lavoro del Chefneux è ancora ben !ungi dal successo perché la vertenza con Menelik pende pur sempre su quella ingerenza del Governo francese e su quella esclusività di concessione ferroviaria che formavano oggetto del promemoria inviato dal negus in Inghilterra e da me comunicato in copia a codesto Governo nella già citata relazione. Però la situazione si presenta ora, grazie all'abilità del Chefneux, alquanto più favorevole alla compagnia. Infatti pare che il negus si accosti all'idea di localizzare la questione trattata in quel pro-memoria al solo tratto Gibuti-Harrar, creando, per il proseguimento della linea verso l' Auasc ed Addis-Abeba, un'altra condizione contrattuale. Con ciò la situazione della compagnia francese di fronte a Menelik si muterebbe in meglio e si avvantaggerebbe poi ancora maggionnente se le ipotesi avanzate dal signor Clarke e da me comunicate nel mio foglio del 16 volgente mese n. 1732 avessero la loro conferma in un mutamento della linea di condotta assolutamente anti-francese che fu sino ad ora prescritta al signor Harrington dal suo Governo.

Espongo ora quasi testualmente, per quanto posso ricordare, la parte del discorso del signor Chefneux che più mi parve ispirata da idee che gli siano state suggerite dal suo Governo o, almeno, dal convincimento che sia in lui di farla dal Governo stesso accettare.

«La Francia -egli disse -contrasta il predominio inglese in Etiopia solo nella considerazione che esso darebbe agli inglesi l'assoluta padronanza della via marittima delle Indie e rafforzerebbe inoltre quel loro possesso dell'Egitto cui il Governo francese non ha ancora dato il suo assentimento. E' per questa ragione che si è vista dapprima con soddisfazione l'Italia stabilirsi sul Mar Rosso, portando essa un elemento di equilibrio, e la si è osteggiata poi quando sembrò che essa fosse troppo ligia al programma inglese. Una volta che l 'Inghilterra sia divenuta fortissima in Etiopia, noi vedremo compromesse queste che sono le principali finalità della politica che facciamo in Etiopia, e che è sostenuta anche dai nostri alleati russi. Vi è però un modo di arrestare questa lotta con reciproci compro

messi e con un'intesa fra noi e l'Inghilterra che limiti le pretese di ognuno e, soprattutto, renda efficace sul negus l'azione dei ministri europei che ora è quasi nulla ed irrisoria per le rivalità che vi sono fra di essi e dalle quali il negus trae il suo maggiore profitto. L'Italia è grandemente interessata a favorire questa unione perché ne trarrebbe non lievi vantaggi e poi perché non ha interesse al crearsi di una condizione di cose che la lasci sola di fronte ad un assoluto predominio inglese. Si potrebbe tentare, in una intesa, di escludere ogni futuro ampliamento, fatta qualche eccezione di poca importanza, da parte delle Potenze contraenti: stabilire d'accordo dei limiti alle aspirazioni inglesi sullo Tzana costringendole, il che è massimo interesse dell'Italia, a contentarsi dei soli lavori indispensabili per regolare il deflusso niliaco: impegnarsi a rispettare Io Stato etiopico sotto determinate condizioni: far dare all'italia, per ogni evenienza futura, una prelazione nelle provincie etiopiche costituenti la sfera d'influenza delle sue colonie. Queste rappresentano per l'Italia una somma d'interessi rilevanti oltre che per se stessi, anche per le zone d'influenza delle colonie stesse, zone dove l'Italia ha bisogno d'impiegare le sue attività e di collocare la sua emigrazione ».

Questo è quanto disse il Chefneux. Trattandosi di una conversazione destituita di ogni carattere ufficiale, mi sono preso ben guardia di rispondere qualche cosa di concludente pur convenendo che I' accordo cui egli aveva accennato potrebbe essere utile a tutti, compreso lo Stato etiopico e che un atteggiamento concorde delle Potenze riuscirebbe ad ottenere dal negus un più civile andamento del Governo locale specialmente per ciò che riguarda la situazione degli europei. Ho aggiunto che non ero in grado di fare alcun apprezzamento sulla possibilità di esso e, tanto meno di un'iniziativa italiana al riguardo; al che Chefneux rispose essere sua intenzione di scrivere in tal senso al suo Governo.

Fatta astrazione dai moventi di interesse personale che possono aver suggerito al Chefneux questa esposizione di idee, è certo che io non potevo celarle a codesto Governo, tanto più che, fatte le debite mutazioni, collimano, in molti particolari, con qualche mia recente comunicazione fatta a V.E. quando fu argomento di carteggio il programma di azione italiana in Etiopia nonché la questione della successione di Menelik. Soprattutto dalla possibile attuazione di queste idee, pare a me che scaturirebbero e una più vantaggiosa situazione nostra di fronte all'azione inglese, e una maggior garanzia per l'avvenire della zona d'influenza italiana stabilita dal 1891, e, forse, una cessazione di quella propaganda francese che mira a sottrarre ed a far considerare come un futuro possedimento di Gibuti l 'hinterland di Assab, ossia I' Aussa, dove gli interessi italiani non sono dai francesi meno insidiati di quanto Io siano dagli inglesi sullo Tzana.

Ignoro, naturalmente, se il discorso del Chefneux possa veramente essere il prodromo di conformi atti da parte del Governo francese in via ufficiale ove gli se ne porga l'occasione, ma tutto me Io lascia credere. Ad ogni modo, data la qualità de li 'autore di esso e la conformità delle sue idee con qualche mia considerazione sottoposta a codesto Governo che, a sua volta, in tutta la questione della ferrovia di Gibuti mi ha costantemente raccomandato di non dimostrare alcuna contrarietà agli interessi francesi, non ho creduto di tacerle a VE. per quel conto che crederà di farne.

700 l N. 52690/2120 del 25 agosto, non pubblicata. 2 Sulla questione della lingua italiana a Malta cfr. il lungo R. riservato 344/40 del 6 luglio del console Grande, non pubblicato. 701 l Cfr. n. 761, nota l.

70 l 2 Non pubblicato.

702

IL TENENTE CITERNI AL CAPO Dl STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO, SALETTA 1

R. RISERVATO PERSONALE 20. Asmara, 31 agosto 1903 (per. il 16 settembre).

Col precedente rapporto mi procurai l'onore ed il dovere di rimettere alla

E.V. le istruzioni per la mia nuova missione, che S.E. il ministro degli affari esteri si era compiaciuta inviarmi2.

Ho attentamente esaminato il terzo punto dell'accordo anglo-italiano3 ~che in succinto riunisce lo scopo e i doveri della mia missione ~e mi ero lusingato di ricevere maggiori schiarimenti. Non per la evidenza del contesto, che mi permetto ripetere, mi ha già tracciato in tutto e per tutto la mia futura linea di condotta, ma bensì per meglio precisarmi i limiti entro cui dovrà esplicarsi la mia azione tutelatrice, e, pure, per riguardo alle conseguenze che verranno dal passaggio della colonna abissina sui nostri territori. Pare ormai certo che da Londra si sia deciso di far eseguire dagli abissini un grande aggiramento dall'Uabi Scebeli, per la zona di Mudug al Nagal.

La regione di Mudug, dove senza dubbio troveremo le mandrie di Alì Jusuf devesi considerare Somalia italiana, o Somalia etiopica, come poco generosamente ci hanno più volte insinuato gli ufficiali inglesi? E' facile supporre che le autorità inglesi, fedeli alla loro abituale politica, per meglio decidere il negus a cooperare in Somalia, avranno protestato non solo che il territorio su cui si svolgeranno le operazioni è territorio etiopico, ma che è ricco di bestiame ecc. ecc. La E.V. sa meglio di me che le orde abissine alla guerra vivono della guerra, che al ritorno, e non alla partenza, hanno al seguito carne in piedi; né stabiliscono linee di comunicazioni per rifornirsi.

Ora, scomparsa la gente del Mullah, neiJa zona di Mudug, non rimangono che sudditi di Jusuf Alì e più verso il Nagal quelli di Osman Mahamud. Tutto premesso, e tenendo presente che a nord della linea ricordata vi è il deserto disabitato, devo concludere che soltanto le mandrie dei due Sultanati dovranno far le spese alla colonna abissina, giacché non è gente da morire di fame. Costretto dalla inevitabile necessità dovrei permettere di razziare, col mio controllo le razzie avranno una parvenza di requisizione, ma in questo caso chi dovrà rifondere i nostri sudditi? Come dovrò quietare, io rappresentante del Governo italiano, i giusti reclami? Il passato mi ammaestra come gli inglesi, in queste faccende, non siano i migliori compratori, né i migliori pagatori; le abitudini degli abissini mi sono pur note: essi non pagano mai. Se nuJJa è stato ben definito non vorrei che il Governo italiano corresse il rischio di dovere poi alla fine rimborsare esso i sudditi depredati, non certo con vantaggio del poco prestigio di cui ancora gode in Somalia.

2 Non pubblicate.

3 Cfr. nn. 617 e 631

E' colla fiducia di concorrere a scongiurare almeno in parte gli accennati pericoli, che derogando dalle mie abitudini, mi sono permesso di riferire a V.E. queste osservazioni, le quali mettono pure in evidenza le basi poco solide su cui dovrò poggiare nel compiere la mia missione.

Durante la precedente campagna non mancammo di scrivere -ed il signor capitano Ajroldi a':rà pure riferito a voce -in qual poco conto gli inglesi tenessero gli accordi presi ed i nostri diritti; e come non conoscessero limiti nel conseguimento del loro scopo. Ciononostante l'odierno accordo, mi pare, ed ho procurato di dimostrarlo, che esponga di nuovo, noi ufficiali italiani, a subire le umiliazioni ed i soprusi purtroppo già lamentati.

La fiducia che sulla mia modesta persona si sono compiaciuti riconfermare la

E.V. e il supremo Dicastero per gli affari esteri, mi invita a soggiungere altre osservazioni, frutto della cognizione che ho appreso di queste genti e di questi luoghi, ispirate sempre a scongiurare i danni sopracitati, secondo il mio modesto avviso:

l) Avvisare i due sultani nostri protetti di ritirare lungo la costa tutte le loro mandrie appena si riprenderanno le ostilità contro il Mullah. 2) Cogliere la presente occasione per decidere il negus a definire una buona volta i nostri confini coll'Etiopia dalla parte della Somalia. 3) Stabilire tutte le modalità per il caso di forzate requisizioni delle truppe etiopiche sui territori dei nostri protetti.

4) Far capire a ras Makonnen, nel modo migliore che detti la politica, i pericoli che potrebbero correre le sue truppe, qualora fidasse troppo sulle promesse degli inglesi e le avventurasse alla guerra contro il Mullah senza avere una scorta di viveri al seguito.

Ma tutte queste sono osservazioni fatte da me che, pur sacrificando tutto ai nostri interessi coloniali, vedo la quistione somala da un solo lato, mentre la politica generale della Nazione si svolge su infiniti punti di vista, potrei quindi errare coi miei giudizi.

Tuttavia ho potuto vedere da vicino e sperimentare cosa vogliono significare per l 'Italia le belle espressioni usate dagli inglesi: di interessi comuni da tutelare, ecc. ecc.

Mi onoro infine avvisare la E.V. che il 7 del prossimo settembre lascerò la Colonia per raggiungere il mio posto.

702 l Da Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito.

703

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1745/48. Pietroburgo, 1° settembre 1903, ore 11.

Ministro di Stato mi informa che S.M. l'Imperatore spera potere effettuare sua visita a Roma con S.M. l'Imperatrice, tra il 23 ed il 30 ottobre, trattenendosi tre giorni a Romal. Le Loro Maestà saranno accompagnate dal ministro degli affari esteri e da 13 altre persone di cui V.E. avrà tosto la lista nominativa2.

704

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL CONSOLE GENERALE A ZANZIBAR, MERCATELLI

T. CONFIDENZIALE 1342. Roma, l0 settembre 1903, ore 12.

Per debito lealtà ho comunicato confidenzialmente questo incaricato affari britannico contenuto lettera Mullah 25 luglio!. D'accordo con Governo inglese prego V.S. scrivere Dulio che risponda subito Mullah «che di lui lettera gradita, ma difficile conciliare reiterate dichiarazioni amicizia con gravi danni da lui arrecati ai nostri protetti; che riteniamo suo e nostro grande interesse mostrare sue buone intenzioni, ponendo fine alla guerra con gli inglesi, ridando così alla Somalia la tranquillità e il commercio». Si attende risposta per assicurarci buoni effetti questa comunicazione.

705

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1758/89. Therapia, 4 settembre 1903, ore 13,30 (per. ore 19).

Con rapporto n. 4612 del l 0 corrente l informavo V.E. come opinione pubblica ottomana riteneva guerra con la Bulgaria quale unico mezzo per fare uscire Turchia dalla sua attuale intollerabile situazione. Sentimento pubblico, favorevole ad una soluzione colle armi, essendo in questi ultimi giorni accentuato in tutte le classi, compresi funzionari Sublime Porta, la guerra sembra probabile solo che si pensi come un semplice incidente frontiera può, stante lo spirito esercito ottomano, fare scoppiare ostilità contro nemico che questo non considera che vassalli ribelli. In questi ultimi giorni atti criminosi delle bande armate

2 La notizia fu comunicata da Morin al re a Treviso con T. 1352 del 2 settembre, non pubblicato.

Per ogni buon fine ho pregato il r. console generale a Pest d'informarmi e di informare V.E. delle disposizioni precise della legislazione ungherese in proposito, del relativo modo di procedere e dei precedenti, se esistono. Ma, anche senza entrare nella questione circa l'eventuale risultato di un'azione giuridica, risultato che qui appare assai dubbio, io non consiglierei il Governo di Sua Maestà di adottare questo partito. L'E.V. stimerà senza dubbio che non è conveniente di esporre il venerato nome del nostro re alle discussioni degli avvocati e dei giudici di Budapest.

Rimarrebbe il ricorso ad un reclamo diplomatico. Ma è da prevedersi che la risposta del conte Goluchowski non sarebbe diversa da quella che sarebbe data da

V. E. all'ambasciata austriaca, in caso di reclamo di questa contro la nostra stampa. La risposta sarebbe, che la stampa è libera in Ungheria, e che i reati da essa commessi sono della sola competenza dei tribunali, il Governo ungherese non potendo intervenire in via amministrativa. Ed il ministro i. e r. degli affari esteri non mancherebbe di citare la serie di articoli offensivi ali' Austria ed al suo sovrano che riceve continuamente dall'Italia, e circa i quali egli si astenne dal sollevare reclami. Una discussione diplomatica su questo argomento non approderebbe, a mio giudizio, ad altro risultato che alla constatazione penosa, e forse al peggioramento d'una situazione che finora s'è creduto utile di non mettere in evidenza. L'espressione insolente del piccolo giornale ungherese (che del resto non fu riprodotta né rilevata, a mia notizia, dai giornali austriaci) non può arrivare tant'altro da sfiorare la persona del re d'Italia.

Io attenderò ad ogni modo le istruzioni che piacerà a V.E. d'impartirmi2.

703 l Già il 27 agosto (T. riservato s.n., non pubblicato) Morra aveva data come probabile la visita a Roma dei sovrani di Russia tra il 23 e il 27 ottobre.

704 l Cfr. n. 683.

705 l Non pubblicato.

706

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 1757. Vienna, 4 settembre 1903, ore 16,45 (per. ore 17,45).

Conte Goluchowski mi ha informato che nelle due conversazioni avute col re Edoardo, S.M. Britannica lo aveva assicurato che il suo Governo avrebbe continuato ad appoggiare l'azione dell'Austria-Ungheria e della Russia per gli affari macedoni, secondo il convenuto programma dello statu quo e delle riforme. Conte Goluchowski pregò il re consigliare al suo Gabinetto valersi di ogni opportuna occasione per ripetere a Sofia e fare conoscere in pubblico queste disposizioni del Governo inglese al che Sua Maestà avrebbe risposto che egli credeva che il suo Governo avrebbe seguito questo consiglio. Conte Goluchowski mi ha informato che anche il Gabinetto di Pietroburgo avrebbe fatto esprimere un uguale desiderio a Londra.

705 2 Per la risposta di Morin cfr. n. 708.

707

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 1160/564. Vienna, 5 settembre 1903.

Il r. console generale a Budapest mi ha trasmesso la traduzione dell'articolo contenente un epiteto irriverente contro S.M. il nostro Re, pubblicato dal giornale di quella città Esti Ujsac del 2 corrente!.

Questo articolo di un giornale che finora s'era mostrato piuttosto favorevole all'Italia fu evidentemente determinato dalle dimostrazioni irredentiste che ebbero luogo recentemente a Udine in presenza di S.M. il Re.

L'E.V. oramai conosce lo stato delle relazioni tra l'Italia e l'Austria-Ungheria prodotto da un lato dai fatti di Innsbruck, e dall'altro lato dalla serie di dimostrazioni antiaustriache, che ebbero e continuano ad aver luogo in tutta Italia. Ufficialmente vi è alleanza, ed i rapporti tra i due Governi non hanno nulla di ostile. Ma l'amicizia tra le popolazioni dei due Paesi non solo non esiste ma è sostituita da una spiccata avversione. Quali siano i sentimenti popolari in Italia verso l'Austria e specialmente quelli della gioventù delle scuole, l'E.V. conosce meglio di me. In Austria, nella popolazione tedesca e slava l'irritazione per le dimostrazioni irredentiste è assai estesa e vi è tanto più profonda quanto meno è esteriormente espressa. Ed ora dal citato giornale ungherese che, come dissi, non è sistematicamente ostile all'Italia, appare che anche a Budapest lo stesso sentimento comincia a diffondersi.

Il conte Goluchowski si astenne finora di parlarmi delle dimostrazioni irredentiste, come io mi astenni di parlargli dei fatti di Innsbruck. Egli ha creduto probabilmente inutile di lagnarsi di fatti che sa esser ben difficile al Governo italiano di impedire colla forza. Egli si astenne egualmente dal parlarmi dell'attitudine presa da una parte della nostra stampa in queste dimostrazioni, ben sapendo che col libero regime della stampa, in Italia, come del resto in Austria-Ungheria, il Governo del re non ha il potere d'intervenire ufficialmente.

Questo stato d'irritazione reciproca di una parte considerevole dell'opinione dei due Paesi, se continuasse a lungo e venisse ancora ad esacerbarsi non sarebbe senza pericolo per i rapporti pacifici dei due Stati vicini, ed è mio debito di segnalarlo all'attenzione di V.E.

Per quanto spetta all'articolo contenente un epiteto che nell'intenzione dello scrivente è certo irriverente per la persona di S.M. il Re, l'E.V. vedrà, se convenga rilevarlo ed in qual modo. La stampa essendo libera in Ungheria, una soddisfazione legale non potrebbe attenersi, nel caso in cui il ricorso fosse sporto e favorevolmente accolto, che per la via giuridica.

707 t La notizia era stata comunicata da Cusani Confalonieri al ministro con T. 1749 del 3 settembre, non pubblicato.

Per ogni buon fine ho pregato il r. console generale a Pest d'informarmi e di informare V.E. delle disposizioni precise della legislazione ungherese in proposito, del relativo modo di procedere e dei precedenti, se esistono. Ma, anche senza entrare nella questione circa l'eventuale risultato di un'azione giuridica, risultato che qui appare assai dubbio, io non consiglierei il Governo di Sua Maestà di adottare questo partito. L'E.V. stimerà senza dubbio che non è conveniente di esporre il venerato nome del nostro re alle discussioni degli avvocati e dei giudici di Budapest.

Rimarrebbe il ricorso ad un reclamo diplomatico. Ma è da prevedersi che la risposta del conte Goluchowski non sarebbe diversa da quella che sarebbe data da

V. E. all'ambasciata austriaca, in caso di reclamo di questa contro la nostra stampa. La risposta sarebbe, che la stampa è libera in Ungheria, e che i reati da essa commessi sono della sola competenza dei tribunali, il Governo ungherese non potendo intervenire in via amministrativa. Ed il ministro i. e r. degli affari esteri non mancherebbe di citare la serie di articoli offensivi ali' Austria ed al suo sovrano che riceve continuamente dall'Italia, e circa i quali egli si astenne dal sollevare reclami. Una discussione diplomatica su questo argomento non approderebbe, a mio giudizio, ad altro risultato che alla constatazione penosa, e forse al peggioramento d'una situazione che finora s'è creduto utile di non mettere in evidenza. L'espressione insolente del piccolo giornale ungherese (che del resto non fu riprodotta né rilevata, a mia notizia, dai giornali austriaci) non può arrivare tant'altro da sfiorare la persona del re d'Italia.

Io attenderò ad ogni modo le istruzioni che piacerà a V.E. d'impartirmi2.

708

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1367. Roma, 6 settembre 1903, ore 19,10.

Non disconosco il valore che possono avere le ragioni le quali inducono il Governo ottomano a considerare la guerra alla Bulgaria come il miglior mezzo di uscire dalle presenti difficoltà!; ma ritengo che il nostro Governo dovrà essere sempre fra gli ultimi ad assumersi la responsabilità di incoraggiare, con mezzi diretti o indiretti, la Sublime Porta verso una soluzione di simile genere. Questo concetto generale dovrà servirle di guida nelle sue eventuali conversazioni su tale argomento col Governo ottomano e coi colleghi.

708 ' Cfr. n. 705.

707 2 Per la risposta cfr. n. 712.

709

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, COMPANS DI BRICHANTEAU, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 834/351. Belgrado, 7 settembre 1903 (per. l' 11).

In seguito al dispaccio inviato dall'E.V. in data 28 agosto I, non tralasciai di raccomandare a questo Governo di perseverare nel contegno riservato e prudente finora tenuto, e di impedire con tutti i mezzi a sua disposizione ogni mossa di serbi oltre il confine.

Questo signor ministro degli affari esteri mi assicurò che la voce, secondo cui bande di volontari serbi oltrepasserebbero il confine per recarsi nelle provincie dell'Impero ottomano, è infondata. Vi possono bensì essere alcuni serbi che oltrepassano il confine: ma in tal caso si tratta di singoli individui che non vengono organizzati militarmente in Serbia ed a cui il Governo non può impedire di abbandonare il proprio paese.

Il signor Kaljévitc aggiunse che la Serbia non intende far alcun passo relativamente ai torbidi delle vicine provincie ottomane, avendo piena fiducia nell' opera delle Potenze.

710

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, MORIN

T. 1783/93. Therapia, 9 settembre 1903, ore 14,40 (per. ore 17).

Debbo avvertire l'E.V. che invio circolare Sublime Porta, cui accenna mio telegramma n. 89', e intesa chiedere Potenze nuove energiche pressioni sulla Bulgaria, venne sospesa ultimo momento, d'ordine del sultano, temendo Sua Maestà Imperiale che un tale passo potesse venir interpretato quale mossa preliminare ad una rottura di relazioni col Principato che esso personalmente desidera evitare.

710 l Cfr. n. 705.

709 l Cfr. n. 696.

711

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1055/417. Londra, 9 settembre 1903 (per. il 14).

Col telegramma n. 105, del l o correnteI ebbi l'onore di far conoscere a V.E. che il marchese di Lansdowne aveva fatto chiedere ai varii Gabinetti quale accoglienza intendessero fare alla proposta russa di pratiche da compiersi a Sofia per porre un argine alla grave situazione nel Principato ed in Macedonia; aggiunsi che Sua Signoria sovra tutto aveva interrogato il Gabinetto di Vienna circa la natura di quelle pratiche e chiesto se una minaccia di coercizione non fosse esclusa. Alcune delle risposte giunsero giorni or sono, ed jeri l'agente diplomatico inglese a Sofia, in seguito ad istruzioni ricevute da Londra, ha rivolto al Governo bulgaro vive raccomandazioni perché reprima il pericoloso movimento a favore dell'insurrezione macedone alla quale la Nazione bulgara, se non il Governo, indubbiamente partecipa. Il reggente il Ministero degli affari esteri, nell'informarmi oggi di ciò, ha aggiunto che il rappresentante britannico a Sofia avea più volte avuto occasione in questi ultimi mesi di esprimersi nello stesso senso col Governo principesco, ma che egli non aveva ricevuto istruzioni, né ora né antecedentemente, di fare una qualsiasi minaccia, che secondo la risposta del Gabinetto di Vienna, la proposta russa comportava, nel senso, cioè, che qualora la Bulgaria facesse la guerra alla Turchia, essa non dovrebbe fare alcun assegnamento sull'ajuto delle Potenze. Il reggente il Foreign Office mi ha inoltre detto che ignorava se gli agenti austro-ungarico e russo a Sofia si fossero espressi in tal modo e quale attitudine avesse preso il Governo tedesco, da cui nessuna risposta era ancora giunta, ma che sapeva come V.E. era disposta a fare a Sofia qualunque pratica fosse concertata fra le Potenze tendente a ristabilire l'ordine nei Balcani e che il Gabinetto di Parigi, per contro, riteneva inutile una azione nel senso suggerito e che era stata già da esso compiuta per l'addietro senza risultato.

Non ho creduto telegrafare sul passo ora fatto dall'Inghilterra a Sofia avendomi detto il reggente il Foreign Office che V.E. ne sarà stata senza dubbio informata dal mio collega britannico a Roma a cui era stato telegrafato jeri.

In ordine alla notizia di una conferenza degli ambasciatori a Costantinopoli, mentovata nel suddetto mio telegramma n. l 05 del l o corrente, ho l'onore di informare che, avendo questo Governo interrogato in proposito il Gabinetto di Pietroburgo, si è poi chiarito che quel suggerimento, che sarebbe stato dato dall'ambasciatore Zinovieff, non era di una vera e propria conferenza, ma che gli ambasciatori dovevano di sovente consultarsi fra loro affine di dimostrare che il pieno accordo fra le Potenze sussiste tuttora.

711 I T. 1743/105, non pubblicato.

Nessun mutamento sostanziale si è dunque verificato nell'attitudine del Governo britannico nella questione di Macedonia, dagli ultimi miei rapporti; esso continua a seguire l'accordo austro-russo conformemente alle dichiarazioni fatte un mese fa circa nei due rami del Parlamento, al discorso della Corona per la chiusura della sessione parlamentare ed al linguaggio più volte tenuto dal segretario e sotto-segretario di Stato coi rappresentanti esteri a Londra. Il Parlamento chiuso fa sì che anche l'opinione pubblica si occupi ora meno delle cose dei Balcani, e, come si può osservare, la stampa dimostra per esse un minore interesse. A meno di avvenimenti che non è dato ora prevedere, si può ritenere che l 'Inghilterra non abbandonerà questa politica e che nessuna iniziativa importante prenderà.

Nel viaggio del re Edoardo a Vienna, ora compiutosi, si erano riposte da alcuni esagerate speranze, figurandosi che Sua Maestà avrebbe agito sull'imperatore Francesco Giuseppe per far assumere al concerto europeo una più favorevole attitudine verso l'agitazione in Macedonia. Da quanto ho potuto sapere in proposito, risulterebbe il contrario. Un personaggio che ha accompagnato il re a Vienna mi ha assicurato stamane che ricevendo il conte Goluchowski, Sua Maestà s'intrattenne a parlare della situazione politica generale senza trattare in modo speciale dei presenti rivolgimenti nei Balcani; per questi il sovrano d'Inghilterra avrebbe assicurato che il suo Governo intendeva continuare nella linea di condotta sin qui seguita, appoggiando, cioè, l'accordo austro-russo.

712

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 55418/467. Roma, 11 settembre 1903.

Mi è regolarmente pervenuto il rapporto n. 5641, dall'E.V. direttomi il 5 corrente, circa l'articolo irriverente contro il nostro augusto sovrano pubblicato dal giornale Esti Ujsac di Budapest.

Condivido pienamente gli apprezzamenti dalla E.V. svolti in detto rapporto e non vedo alcuna opportunità di formare dell'articolo suddetto oggetto di speciali lagnanze, né di procedimenti di alcun genere, verso le autorità austro-ungariche.

Converrà, tutt'al più, tenerne nota per il caso che, in conversazioni ufficiose, si accennasse alla intemperanza della stampa italiana, poiché sarà sempre un argomento di risposta il far osservare che l'intemperanza è dalle due parti.

712 I Cfr. n. 707.

713

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1801/20. Sofia, 14 settembre 1903, ore 12,35 (per. ore 15,10).

Sabato trovai presidente del Consiglio molto preoccupato, abbattuto, per le eventualità che, indicate rapporto n. 261', si vanno verificando. Turchi incendiano, massacrano, rapinano senza pietà: forze rilevanti sono minacciosamente concentrate confine; altre ancora se ne aspettano dall'Asia. Tutto ciò ispira Governo turco tentare invasione, la quale può sotto un pretesto qualsiasi aver luogo da un momento all'altro, senza nemmeno dichiarazione di guerra. Notizie pervenute da Costantinopoli gli fanno ritenere probabile tale invasione, Sublime Porta desiderando profittare concentramento sue truppe per finirla con i macedoni, schiacciando Bulgaria. D'altra parte cresce fermento nel Principato e si moltiplicano attacchi contro il principe Ferdinando e Governo che, ostinandosi atteggiamento pacifico, a nulla provvedono. Presidente aggiunse avrebbe presto riunito Consiglio dei ministri per prendere una deliberazione, ma egli stesso non seppe dire quali sono. Probabilmente saranno dirette novelle note ufficiali Potenze. Petroff accennò poi con amarezza consiglio dato sultano da qualche ambasciatore di reprimere presto energicamente: ciò che, secondo lui, equivale lasciare Turchia completa libertà sterminio elemento bulgaro. Insistette quindi nuovamente su mene tenebrose che egli si ostina attribuire a una certa Potenza: concluse suo Ministero avere sempre confidato e confidare tuttora nell'opera Potenze, ai desideri delle quali esso si è sistematicamente conformato; oggi, inoltre, non può riuscire egli a vedere in qual modo potrebbero Potenze praticamente impedire temuta invasione. Nuovo agente diplomatico bulgaro partirà al più presto per Roma. Principe Ferdinando tornerà 172.

714

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI

T. 1421. Roma, 15 settembre 1903, ore 20.

Gli incaricati d'affari di Russia e d'Austria-Ungheria mi hanno rimesso un identico promemoria, nel quale i loro rispettivi Governi dichiarano che, mentre ri

tengono si debba perseverare nel programma al quale hanno aderito le Potenze relativamente all'insurrezione balcanica, vedono che l'esecuzione di questo programma incontra difficoltà sempre più grandi, tanto dalla parte della Turchia che da quella della Bulgaria, per la ragione che a Costantinopoli ed a Sofia sembra si creda che alcuna delle Potenze non osservi più, riguardo al detto programma, le stesse vedute di prima. Perciò i Governi russo e austro-ungarico riterrebbero necessario che le Potenze concordemente dichiarassero a Costantinopoli ed a Sofia che la situazione creata dagli ultimi fatti non influisce per nulla sulla loro attitudine in relazione al programma elaborato dai due Governi anzidetti, e accettato dagli altri, e che quindi, né la Turchia, né la Bulgaria, possono contare sull'appoggio di alcuna di esse in caso di resistenza aperta, o larvata, alla realizzazione di tale programma. Per quanto sia lecito dubitare che queste dichiarazioni possano avere tutta l'efficacia che se ne spera, io le ritengo molto opportune, ed ho dato ad esse l'esplicita adesione del Governo italiano. V.E. (V.S.) vorrà quindi unirsi ai colleghi per fare in comune tali dichiarazioni. l

713 1 R. 8611261 del IO settembre, non pubblicato. 2 Con T. 1803/21 dello stesso 14 settembre Imperiali comunicò: "In questo momento è stata consegnata copia della nota preannunziata nel mio telegramma odierno".

715

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1810/22. Sofìa, l 5 settembre l 903, ore 22,10 (per. ore 7 del 16).

Iersera presidente del Consiglio mi ha confidato, che in vista atteggiamento sempre più minaccioso Turchia, in presenza concentramento di truppe, e in previsione arrivo nuovi rinforzi dall'Asia, Governo principesco, preoccupatissimo scarsità sue truppe frontiera, e nell'intento di mettersi a riparo da un colpo di mano che impedirebbe completamente una sua eventuale mobilitazione, ha deciso chiamare sotto le armi 30 mila riservisti, destinati completare effettivo reggimenti nella guarnigione di confine, specialmente in Rumelia orientale. Tale misura di semplice precauzione difensiva, circa la quale ordini sono partiti stamane, sarà seguita dalla mobilitazione generale, quando, passato ancora qualche tempo, nessun cambiamento sia intervenuto nella situazione, e i turchi non abbiano sensibilmente diminuite loro forze in Macedonia. In risposta, espressi in termini amichevolissi

714 I Lo stesso giorno un telegramma analogo venne inviato alle ambasciate a Berlino, Londra e Parigi col n. 1422 e alle ambasciate a Pietroburgo e Vienna col n. 1423. L'ultimo capoverso è nel T. 1422: "Per quanto sia lecito dubitare che queste dichiarazioni possano avere tutta quella efficacia che se ne spera, le ritengo molto opportune nel momento attuale, e ho dato ad esse la completa adesione del Governo italiano. M'interessa di conoscere la maniera di vedere di cotesto Governo a tale riguardo"; e nel T. 1423: "Ho risposto all'incaricato d'affari che tali pratiche, per quanto si possa dubitare che abbiano tutta quella efficacia che se ne spera, mi parevano molto opportune, e che pertanto avrei telegrafato ai rr. agenti a Costantinopoli e Sofia perché si associassero ai passi che i loro colleghi accreditati presso quei Governi facessero in tal senso".

mi, ma altrettanto espliciti, mia disapprovazione per un provvedimento che, essendo opposto manifestamente ai desideri, consigli delle Potenze, non potrà che alienare dalla Bulgaria le loro simpatie e fornire, forse, ad un tempo, a Turchia, plausibile pretesto invadere Principato. Ricordai pure presidente Consiglio confidenza da lui fattami circa eventuale intervento russo, prendendone argomento per combattere nuovo atteggiamento della Bulgaria. Petroff rispose misura presa si impone assolutamente e ciò per i motivi di ogni genere già precedentemente accennati nei miei rapporti cui mi riferisco. Circa intervento Russia osservò che se esso è probabile in caso di guerra, diventerebbe sicurissimo in caso di una rivoluzione che, in parte fomentata dalla Russia stessa, scoppierebbe inevitabilmente, qualora dal Governo principesco nulla si faccia per dare soddisfazione alle esigenze della opinione pubblica. Replicai, in conclusione, sembrarmi Principato prepararsi far salto nel buio; conforme alle mie istruzioni dichiarai che dovevo lasciare al Governo completa responsabilità suoi atti e delle conseguenze che potranno prodursi. Penetrato gravità situazione, ne ho parlato con questo rappresentante Inghilterra stamane, col quale mantengo relazioni politiche intime; entrambi siamo stati d'avviso essere del caso fare insieme, in via ufficiosa, personale, visti sentimenti cordiale amicizia nostro Governo verso la Bulgaria, un tentativo nell'intento indurre presidente del Consiglio desistere provvedimenti che sembravano di natura ad esporre Principato gravissimo pericolo cui riuscirebbe impossibile Potenze premunirlo. Abbiamo conferito quasi un'ora; Petroff si è mostrato grato nostro interessamento, ma altrettanto irremovibile nella decisione presa da cui Governo principesco non può assolutamente recedere e della quale assume responsabilità piena ed intera. Mia impressione personale è che, in fondo, misura è specialmente desiderata dal principe Ferdinando che mi si assicura terrorizzato minacce attentato contro sua persona.

716

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1808/99. Parigi, 15 settembre 1903, ore 23.

Fin da ieri agenzia Havas ebbe da Roma come ufficiale notizia dell'arrivo delle Loro Maestà il Re e la Regina d'Italia a Parigi per il 14 ottobre: oggi giornali pubblicano programma del soggiorno fino al 18. Non potendo io spiegarmi l'ignoranza in cui sono lasciato e che non giova al mio prestigio, prego di informarmi prima che nel pomeriggio di domani, incontrandomi con Delcassé, questi si accorga di un oblio che suppongo non intenzionale!.

716 I Per la risposta cfr. n. 718.

717

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, MATTIOLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1676/811. Berlino, 15 settembre 1903 (per. il 19).

Il barone Richthofen, dovendosi recare oggi a Potsdam, ha rimandato il consueto ricevimento della settimana destinato alle ambasciate. Ho oggi potuto tuttavia procurarmi -in assenza anche del sottosegretario di Stato -una conversazione con il consigliere relatore per gli affari d'Oriente. La situazione nei Balcani, a quanto questi mi ha detto, è sostanzialmente ancora quale risulta dai rapporti che ho avuto l'onore di dirigere a V.E. Essa, secondo il modo di vedere di questo Gabinetto, si può riassumere così: situazione grave e non scevra di pericoli, ma conflagrazioni più serie escluse -almeno per un avvenire prossimo.

Il Governo bulgaro, a quanto il mio interlocutore mi ha detto, si disponeva a dirigere una nuova nota alle Potenze per delineare la presente condizione di cose e mostrar loro le esigenze della pubblica opinione nel Principato sulla quale quel Governo sembra non avere sufficiente dominanza. La Turchia stava spiegando un'azione più energica e non senza successo nella repressione delle bande d'insorti: azione, la cui forse eccessiva energia in qualche caso non è qui disconosciuta per quanto si ammette che difficile sarebbe alle truppe imperiali il procedere diversamente.

Negli scorsi giorni la Russia aveva insistito perché il Gabinetto di Berlino facesse raccomandazioni di moderazione ed inviasse consigli di saggezza a Sofia. A queste premure era stato dato il seguito desiderato, inviando a quel consolato generale germanico (la Germania non ha agenzia diplomatica) istruzioni in analogia alle già precedentemente impartite che ella già conosce e che corrispondono a quell'attitudine in seconda linea che le è nota. Ultimamente poi la Russia e l'Austria-Ungheria hanno fatto qui passi perché quelle raccomandazioni e quei consigli od ammonimenti fossero fatti giungere, oltre che a Sofia, anche a Costantinopoli. Si trovò così questo Gabinetto in grado di rispondere ai rappresentanti delle due Potenze che per Sofia era stato fatto. Sulle pratiche chieste per Costantinopoli non è ancora stata presa una decisione. A quanto ho potuto capire, qui non si è propensi a prenderla in senso affermativo poiché si crede che un tal passo del Governo imperiale a Costantinopoli possa avere per effetto un 'azione della Porta più timida o meno decisa. Che questo Gabinetto ben difficilmente si deciderà a dare alla richiesta della Russia e dell'Austria-Ungheria il seguito desiderato da esse sono indotto a credere anche da quanto ho sentito a questa ambasciata di Russia ove la risposta preliminare del segretario di Stato è apprezzata come una negativa.

Nel mio rapporto n. 805 del 12 corrente' ho avuto l'onore di riferire che il viaggio della fregata 'Moltke' non aveva con gli avvenimenti d'Oriente il nesso attribuitogli in questa stampa. Il Governo imperiale ha ora creduto di dirlo pubbli

717 I Non pubblicato.

camente: la Gazzetta di Colonia scrive, in uno de' consueti telegrammi ufficiosi: «La 'Moltke' segue il suo viaggio in conformità degli ordini di navigazione dati fin dal luglio e quindi toccherà anche la Siria. Cogli avvenimenti di Beirut ad altre considerazioni d'ordine politico questo viaggio nulla ha da che fare».

Ringrazio l'E.V. del dispaccio n. 450 in data dell' 11 corrente2. Il comunicato della Gazzetta di Colonia da me portato a conoscenza di lei col rapporto al quale quel dispaccio fa l'onore di rispondere, è da ritenersi, nonché come inspirato, addirittura scritto alla Wilhelmstrasse. Ella può essere ad ogni modo sicura che quel comunicato rappresenta il pensiero di questo Governo circa l'attuale movimento bulgaro-macedone.

V.E. si compiace che coincidano colle sue le vedute del Governo imperiale che rispetto alla questione d'Oriente si tiene «in seconda linea». Se l 'Italia abbia colà interessi da tutelare corrispondenti a quelli della Germania è condizione di cose sulla quale il giudizio spetta naturalmente all'E.V.3

718

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

T. 1424. Roma, 16 settembre 1903, ore 11,25.

Secondo programma comunicato da questa ambasciata di Francia e testé approvato da S.M. il Re, i nostri augusti sovrani giungeranno a Parigi stazione dell'avenue du Bois de Boulogne alle 3,30 p.m. del 14. Le Loro Maestà si recheranno dalla stazione al Ministero degli esteri, dove alloggeranno durante il loro soggiorno a Parigi. Alla sera vi sarà pranzo ali 'Eliseo. Il giorno 15 i sovrani si recheranno a Versailles dove pranzeranno e visiteranno il castello. La sera vi sarà rappresentazione di gala ali' Accademia nazionale di musica. Il giorno 16 i sovrani assisteranno al ricevimento che sarà dato in loro onore all'Hòtel de Ville e visiteranno la Zecca. La sera vi sarà una partita di caccia a Rambouillet. Il 18 vi sarà una grande rivista militare e poi pranzo militare all'Eliseo. Nel pomeriggio del 18 i sovrani ripartiranno per l'Italia!. Spedisco per posta lista persone che accompa

718 I Cfr. il seguente passo di una lettera personale di Tomielli a Brusati del 24 settembre (ACS, Carte Brusati): "Per la sorveglianza degli anarchici già da qualche anno uno dei commissari di polizia di Parigi è stato messo in diretta relazione con me ed il Governo nostro ha qui un piccolo servizio di agenti occulti. Posso così controllare gli uni con gli altri ed essere in grado di apprezzare le condizioni di sicurezza sulle quali si può contare. Presentemente, all'infuori dell'atto individuale che è sempre temibile, non vi é motivo di apprensione alcuna. Il numero dei rivoluzionari italiani in Parigi è considerevole. Si è cercato e si cerca di averli tutti in stretta sorveglianza ed intanto risulta che si propongono di stare tranquilli e di ignorare, come essi dicono, la venuta del re d'Italia. Capiscono d'altronde· che l'ambiente francese non ammette un tentativo qualsiasi di manifestazioni che non siano di omaggio e di simpatia per i nostri sovrani: Tutte le previsioni sono soddisfacenti. Il pubblico parigino è mosso più dalla curiosità che da qualunque altro sentimento. Ma le accoglienze saranno ottime e simpatiche".

gna le Loro Maestà e programma dettagliato. Duolmi che per breve ed involontario ritardo nel preparare telegramma destinato a VE. le giunga informazione dopo pubblicazione agenzia Havas2.

717 2 Non pubblicato. 3 Non si pubblica il successivo R. 1684/815 del 17 settembre nel quale Mattioli confermava sostanzialmente quanto detto nel rapporto pubblicato.

719

IL CONSOLE A ZARA, CAMICIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1185/160. Zara, 16 settembre 1903 (per. il 20).

Il 14 corrente ebbe luogo nel teatro Verdi di Zara il 2° Congresso generale degli studenti italiani della Dalmazia coll'intervento di circa sessanta studenti di qui e della provincia.

All'unanimità fu approvato il seguente ordine del giorno:

«Gli studenti italiani della Dalmazia raccolti a congresso: affermano il loro inconcusso diritto ad una completa università italiana a Trieste; chiedono al Governo che istituisca quanto prima tale università cominciando subito dal prossimo anno scolastico col trasporto da Innsbruck a Trieste e col completamento della facoltà giuridica, nonché della sezione filologica della facoltà filosofica; chiedono al Governo il riconoscimento dei diplomi ottenuti da cittadini austriaci nel Regno d'Italia; pregano i deputati italiani al Parlamento di voler sostenere i loro postulati; protestano vivamente contro le recenti violenze di Ennoponte; e raccomandano agli studenti universitari della Dalmazia, senza eccezione, di accorrere ad iscriversi all'università di Innsbruck, finché non sarà soddisfatto al nostro diritto coll'ateneo di Trieste, e di esigere colà la piena equiparazione della lingua italiana alla tedesca».

Il congresso e le relative feste procedettero col maggior ordine e calma. Vi fu solo il seguente incidente: verso le 2 112 pomeridiane dello stesso giorno mentre i giovani studenti si trovavano riuniti al banchetto che aveva luogo nel salone superiore del caffè centrale, tre facchini croati passando di sotto le finestre, si permisero gridare a più riprese in loro lingua, come a protesta dei sentimenti d'italianità che si affermavano nelle sale, «Viva la Croazia, viva Zara croata, abbasso gl'italiani». Il pubblico ch'era fermo sotto le finestre ed i giovani studenti stessi dall'alto contrapposero il grido «Viva l'Italia, viva Zara italiana, dàgli al croato». I tre malcapitati furono rincorsi, afferrati e battuti dalla folla e poscia condotti subito in prigione dalle guardie di polizia. Perquisiti furono trovati in possesso di armi e pare che subiranno regolare processo.

A tale scena fui presente io stesso trovandomi a passare per quella strada.

Qualcuno, che reputo bene informato, mi assicura che la suddetta piccola dimostrazione croatofila fu inscenata dal noto prete don Sichirich parroco del vicino villaggio di Bibigne al solito intento di far nascere disordini e nuocere all'attuale amministrazione liberale del comune di Zara.

718 2 Risponde al n. 716.

720

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1828/111. Londra, 17 settembre 1903, ore 18,40 (per. il 21).

Da autorevole fonte ricevo seguente informazione confidenziale: marchese Lansdowne pregò jeri incaricato di affari di Francia di recarsi da lui. Gli parlò delle cose di Macedonia nello stesso senso che a me, giusta mio telegramma 11 O1 , ma Sua Signoria aggiunse che desiderava vivamente fare qualche cosa di più efficace per arrestare grave situazione nei Balcani, e, non credendo prendere l'iniziativa, teneva molto conoscere se signor Delcassé fosse disposto ciò, assicurando che Governo britannico la avrebbe seguito. Qui s'ignora se e come Governo francese abbia risposto al pro-memoria austro-russo. Mi risulta poi che desiderata del Gabinetto di Londra, benché non sia stata da questo espressa, sia la nomina di un governatore generale cristiano in Macedonia non suddito del 5ultano.

721

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 1436. Roma, 17 settembre 1903, ore 20.

Dichiarazione alla quale si riferisce mio precedente telegramma! deve essere fatta solo in caso di istruzioni conformi ricevute dai colleghi da parte dei rispettivi Governi. Istruzioni diverse date ad alcuno di loro creerebbero situazione nuova in base alla quale nostro Governo si riserverebbe di decidere2.

722

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, A MADERNO

T. URGENTE S.N. Roma, 18 settembre 1903, ore 14,35.

Ricevo dal governatore dell'Eritrea i seguenti telegrammi riferentisi ad argomenti d'una certa gravità (telegrammi arrivo n. 1826 e 1829)1. Sembrando a me,

2 Analoghe istruzioni vennero trasmesse a Imperiali con T. 1432, pari data.

come al governatore dell'Eritrea, che importi assai evitare un atto il quale potrebbe essere causa di complicazioni e imbarazzi non indifferenti per il futuro, risponderei approvando pienamente le vedute del governatore; ciò che sarebbe conforme alla condotta da noi tenuta in caso analogo, nel 1899, al tempo della rivolta di ras Mangascià2. Non dubito che V.E. sarà dello stesso mio avviso; ma ad ogni modo la pregherei di telegrafarmi la sua approvazione prima che io faccia partire il telegramma di risposta. Ho telegrafato pure a S.M. il Re3. Saluti cordiali.

720 l Cfr. n. 734, nota l.

721 l Cfr. n. 714.

722 l Del 17 settembre. Nel Tigrè era scoppiata una rivolta contro Menelik che aveva chiesto aiuto militare. Si pubblica il passo seguente del T. 1829/133: "Domanda Menelik.è, a mio avviso, inaccettabile per molte ragioni, di cui espongo le principali. In primo luogo perché se è vero che dobbiamo mantenere con l'imperatore buone relazioni, è vero altrettanto che sarebbe stolto il procurarci nel vicino Tigrè inimicizie feconde certamente e lungamente di rappresaglie e danni per l'avvenire".

723

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. S.N. Maderno, 18 settembre 1903, ore 20,25 (per. ore 21,30).

Anche prima di leggere il parere del governatore civile della Colonia Eritrea, al solo cenno della notizia, ho io pure riconosciuta inaccettabile la proposta di Menelik. Sta bene perciò quanto mi ha telegrafato l e approvo la risposta che ella intende dare al predetto governatore2. Cordiali saluti.

724

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1838/25. Sofìa, 18 settembre 1903, ore 21,40 (per. ore 7 del 19).

Principe Ferdinando mi fece chiamare ieri sera e mi ha intrattenuto lungamente sulla situazione che egli considera gravissima, piena di pericoli per il

Principato e per lui stesso. Dopo avermi incaricato di far pervenire a Sua Maestà vivissimi ringraziamenti per pronto gradimento nomina suo agente diplomatico, Sua Altezza Reale mi disse essere persuaso che presto o tardi egli perirebbe tragicamente. La sua morte, col conseguente mutamento dell'attuale regime in Bulgaria, tornerà gradita a diverse Potenze, principalmente alla Russia, da cui egli sa essere cordialmente detestato, e che, con i suoi intrighi a Costantinopoli e a Sofia, mira oggi provocare guerra per trarre pretesto intervento. Da anni, ha detto, egli ha tentato in tutti i modi intendersi con Pietroburga, ha sempre ceduto su tutto, ma non può assolutamente sacrificare anche l'indipendenza Bulgaria. Se l'Austria sia al corrente tali intrighi, ovvero se sia tratta in inganno dalla Russia, egli ignora, ritiene, ad ogni modo, conte Goluchowski poco ben disposto verso lui. Atteggiamento minaccioso Turchia, esorbitanza concentramento truppe turche frontiera, facendogli paventare imminente aggressione, lo hanno indotto, dopo molte riflessioni, sanzionare chiamata riservisti a scopo esclusivamente difensivo. Malgrado ciò, essere fermamente deciso a conservare, ad ogni modo, pace, respingendo energicamente mire ambiziose che gli si attribuiscono. Situazione interna gli cagiona, d'altra parte, non poche apprensioni, causa fermento sempre più crescente che notizie crudeltà Turchia suscitano nel Paese. Oggi, come oggi, egli non teme ancora rivoluzione, ma tale eventualità si verificherà infallibilmente più tardi, se Potenze continueranno lasciare insoluta questione macedone. Concluse: nei momenti durissimi che traversa, egli ripone più che mai fiducia nella benevolenza di Sua Maestà, della quale serba caro, inalterabile ricordo. Avendo poi principe Ferdinando chiesto mio parere sulla situazione, gli ho risposto con rispettosa franchezza: oggi Bulgaria soffre conseguenze errori passati; se atteggiamento attuale Ministero è stato corretto, altrettanto non può dirsi del precedente, che, incontestabilmente, incoraggiò, malgrado ripetute raccomandazioni Potenze, azione rivoluzionaria comitati. Allo stato delle cose, soggiunsi, neli'intento di allontanare dal principe e dal Paese guai maggiori, io non poteva che ripetere a Sua Altezza Reale disinteressato consiglio, che non cesso dare suo ministro, circa necessità da me ravvisata di: l) proclamare dinanzi Europa intenzione pacifica, e dimostrarla con fatti, astenendosi scrupolosamente da qualsiasi ulteriore misura che possa essere interpretata quale provocazione; 2) non lasciarsi vincere la mano dali'opinione pubblica, la quale conviene che si persuada soluzione questione macedone compete non già Principato, ma esclusivamente Potenze; 3) mantenere con tutti i mezzi ordine interno e procedere con maggiore energia confiscare dinamite; 4) fidare, per il resto, neli'opera delle Potenze, le quali, fermamente decise a mantenere pace e statu quo, saprebbero, eventualmente, impedirne turbamento. Sua Altezza Reale mi ringraziò con effusione e mi è sembrato apprezzare avviso da me manifestatogli, sul quale, disse, avrebbe seriamente riflettuto. Trovai principe Ferdinando molto avvilito, profondamente amareggiato. L'impressione prodotta a me dal lusinghiero colloquio è che noti preparativi russi preoccupano Sua Altezza Reale anche più, se possibile, dei concentramenti di truppe Turchia.

722 2 Cfr. serie III, vol. III, nn. l09 e 125. 3 Il telegramma al re è analogo al presente. Per la risposta di Zanardelli cfr. n. 723. 723 I Cfr. n. 722. 2 Analogo il parere del re trasmesso da Racconigi con telegramma dello stesso 18 settembre, non pubblicato.

725

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL COMMISSARIO CIVILE PER L'ERITREA, MARTINI l

T. 1446. Roma, 19 settembre 1903, ore 12, 15.

Ricevuti telegrammi 15, 162 e l 73 corrente. Condivido suo modo di vedere situazione Tigré e nostra linea di condotta analoga quella seguita 1899. Le confermo in questa circostanza piena fiducia R. Governo. Circa domanda Menelik cooperazione militare nostra contro ribelli la stimo anche io inaccettabile sotto ogni riguardo e sarebbe stato desiderabile che Ciccodicola la avesse evitata. Autorizzo pertanto E.V. rispondere a Ciccodicola, a nome R. Governo, nel senso suggerito da V.E. toccando con molta delicatezza la questione assetto Tigré esponendo poi al r. ministero per sua conoscenza, considerazioni che renderebbero pericolosa in ogni caso nostra cooperazione, fosse essa efficace o non lo fosse. Lascio giudice

V.E. del momento più opportuno inviare risposta a Ciccodicola4 il quale annuncia sua lettera spedita 7 corrente.

726

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1842/26. Sofia, 19 settembre 1903, ore 20,10 (per. ore 0,20 del 20).

Presidente del Consiglio mi ha letto stamane estratti rapporti agenti bulgari a Vienna e Pietroburgo circa dichiarazioni conte Goluchowski e conte Lamsdorff a proposito recenti note principesche. Linguaggio due ministri e dei rispettivi rappresentanti Sofia è più che duro. Entrambi furiosi per invio note, soprattutto per chiusa delle stesse, addossano esclusivamente Bulgaria responsabilità avvenimenti, rimproverandola aspramente suo contegno: concentramento di truppe turche ampiamente giustificato ai loro occhi; truppe ritenute anzi ancora insufficienti. «Se Bulgaria non è in condizione di arrestare formazione e passaggio bande, Austria-Ungheria, Russia prendono atto di tale impossibilità, incaricheranno Turchia di combattere bande frontiera ricordandole suo dovere mantenere ordine pubblico nel Paese». Conte Goluchowski ha trovato affatto esagerati lamenti circa massacri: ammazzare due o tre mila uomini non equivale, secondo lui, sterminare popolazione. Conte Lamsdorff non ha poi nascosto che a parere suo, sultano in qualità alto sovrano ha pieno diritto invadere territorio, senza dichiarazione di guerra allo sco

2 T. 1806 del 15 settembre e T. 1820 del 16 settembre, non pubblicati.

3 Cfr. n. 722, nota l.

4 La risposta fu inviata da Martini a Ciccodicola con N. 447, datata Ambatcalla, 6 ottobre, non pubblicata.

po di reprimere insurrezione vassalli ribelli. A sua volta presidente del Consiglio dichiara: l) Che egli nulla ha tralasciato per impedire passaggio bande malgrado scarsità truppe di cui dispone, mentre Turchia con truppe decuple non ha potuto mai impedire passaggio di un solo uomo; 2) Governo principesco desidera pace a qualunque costo, ma le Potenze non possono subordinare richiesta garanzia contro temuta aggressione turca, condizioni di natura scatenare terribile rivoluzione interna. Presidente del Consiglio concluse che visto il proposito sistematico due Potenze, di dare in tutto ragione Turchia attribuendo tutti i torti Bulgaria, loro dichiarazioni non possono rassicurare Governo principesco, cui ormai non v'è altro scampo che prendere in tempo utile, prima che concentramento turco sia ultimato, misure militari indispensabili difesa territoriale. Non sono mancati dal canto mio soliti consigli: essi tuttavia, per quanto cordialmente accolti, non varranno impedire una risoluzione disperata, se l'E.V. non mi darà ordini di dichiarare Governo di Sua Maestà deciso non permettere ingiustificata aggressione. Impressione prodotta a me dal colloquio odierno, è che persistendo attuale atteggiamento sistematicamente ostile Bulgaria, Austria-Ungheria, Russia metteranno questo Governo con le spalle al muro e lo spingeranno inevitabilmente alla guerra. Colleghi Francia, Gran Bretagna pensano identicamente e hanno nello stesso senso telegrafato Governi.

725 l Ed in MARTIN!, Il diario eritreo, vol. III, cit., p. 285.

727

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1849. Vienna, 20 settembre 1903, ore 14,35 (per. ore 16,20).

Nei brindisi scambiati fra i due imperatori sono notevoli questi due punti, cioè, in primo luogo il silenzio osservato circa la Triplice Alleanza, mentre si affermò caldamente l'alleanza austro-germanica; in secondo luogo il compiacimento espresso dall'imperatore di Germania alla vista dei reggimenti austriaci il che è interpretato come una chiara approvazione dell'ultimo indirizzo dell'imperatore Francesco Giuseppe alle sue truppe. Questi due punti sono rilevati dalla stampa viennese.

728

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATISSIMO 1850. Vienna, 20 settembre 1903, ore 14,40 (per. ore 18).

Cancelliere germanico è venuto vedermi jeri. Riassumo qui quanto mi disse: l) Affari balcanici -Nelle conversazioni avute con l 'imperatore Francesco Giuseppe e con conte Goluchowski, Biilow ebbe confermata la sua convinzione

che l'Austria-Ungheria è bene decisa al mantenimento dello statu quo, e che è più che mai lontana da ogni pensiero di occupazione e di conquista. Se, malgrado gli sforzi delle Potenze, sorgesse conflitto tra la Turchia e la Bulgaria intenzione dell'Austria-Ungheria sarà rendere questo conflitto puramente locale d'accordo con la Russia e coll'appoggio delle altre Potenze.

2) Affari d'Ungheria -Bulow non celò una certa inquietudine; egli crede che imperatore Francesco Giuseppe non cederà sulla questione dell'esercito; non prevede, tuttavia, una insurrezione, e, senza dividere l'ottimismo del Gabinetto di Vienna, spera che una soluzione pacifica si imporrà.

3) Relazioni tra Italia e Austria-Ungheria-Btilow trovò nell'imperatore Francesco Giuseppe e nel conte Goluchowski un sentimento di sfiducia, anzi di diffidenza verso l'Italia per le continue dimostrazioni anti-austriache e per l'ostilità reciproca della opinione pubblica nei due Paesi. BUlow mi disse che egli aveva tentato di diminuire l'importanza di questi due fatti, ma che lasciava Vienna non senza inquietudine a questo riguardo. Egli si lodò però dell'attitudine e del linguaggio calmo corretto della E.V.'. Non mancai di fare notare a Btilow che l'importanza qui data alle dimostrazioni irredentiste oltrepassava la realtà, e che, d'altronde, era ben difficile ad un Governo di libertà, come il nostro, impedire o reprimere colla violenza le dimostrazioni pubbliche, le quali, del resto, erano state provocate in gran parte dai fatti di Innsbruck.

4) Trattati di commercio-Anche a Berlino si desidera vivamente che l'Austria-Ungheria si ponga in misura d'intendersi per un equo accomodamento, ma si riconosce che, fino a quando un componimento colla Ungheria non sarà fatto in un modo qualsiasi, sarà difficile al Gabinetto di Vienna di trattare coll'estero; tuttavia, da quanto gli dissero i ministri austriaci, egli trae la speranza che un accomodamento soddisfacente si imporrà, tanto per la Germania, quanto per l 'Italia.

729

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI

T. 1455. Roma, 20 settembre 1903, ore 18,45.

Mi riferisco ai telegrammi di V.S. del 18 e del 19 settembre'. Approvo il linguaggio tenuto nel colloquio che ella ebbe col principe Ferdinando. L'incaricato d'affari di Austria Ungheria, per incarico ricevuto dal suo Governo, mi ha data lettura della risposta del conte Goluchowski alla nota presentata dall'agente bulgaro a Vienna. Questa risposta corrisponde col sunto da lei trasmessomi col tele

729 l Cfr. nn. 724 e 726.

gramma di jeri. Ho dovuto riconoscere, in massima, fondate le considerazioni in essa esposte, quantunque la forma ne sia piuttosto rude. Per norma della sua condotta, le comunico che ritengo opportuno che si dirigano al Governo bulgaro consigli ed esortazioni nello stesso senso, però con modi più moderati ed amichevoli.

728 l Cfr. in proposito GP, 18/2, cit., nn. 5779 e 5780.

730

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. RISERVATISSIMO 1456. Roma, 21 settembre 1903, ore 11.

Ho letto col massimo interesse il telegramma! col quale VE. mi informa dell'importante conversazione avuta col conte Biilow. L'attitudine che, secondo le dichiarazioni fatte dall'imperatore e dal conte Goluchowski al cancelliere germanico, l'Austria-Ungheria sarebbe risoluta a tenere in relazione agli affari balcanici, corrisponde perfettamente con le nostre vedute e coi nostri desideri, ed è confortevole apprendere che, in caso di conflitto fra la Turchia e la Bulgaria, gli sforzi del Governo austro-ungarico saranno sinceramente diretti, insieme a quelli delle altre Potenze, a localizzare il conflitto. È certamente spiacevole che le dimostrazioni anti austriache che da qualche tempo hanno avuto luogo nel nostro Paese abbiano destato nell'imperatore e nel conte Goluchowski l 'impressione e i sentimenti che il conte Biilow le ha segnalati; ma VE., a tale riguardo, ha risposto egregiamente e un simile linguaggio tenuto, sempre che ne abbia occasione, tanto all'imperatore quanto al ministro degli esteri, sarà il miglior mezzo di far svanire quella impressione e modificare quei sentimenti. È, ad ogni modo, soddisfacente di apprendere che sono convenientemente apprezzati il linguaggio ed il contegno tenuti dal R. Governo in queste delicate circostanze. Circa il trattato di commercio, mi riferisco a quanto le ho comunicato col mio telegramma di ieri2.

731

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. RISERVATO 1865. Pietroburgo, 22 settembre 1903, ore 23,59 (per. ore 5,30 del 23).

Quest'oggi per la prima volta conte Lamsdorff venne molto confidenzialmente su discorso propaganda giornale Avanti contro viaggio imperatore di Russia in

2 T. 1455 bis col quale Morin manifestava il suo interesse a conoscere "quale accoglienza potrebbe avere dal Governo austro-ungarico una proposta diretta ad ottenere la proroga della denuncia del trattato attuale".

Roma, mostrandosi dolente che se ne parlasse molto anche in giornali non italiani, ciò facendo pessima impressione in Russia, dove, qualsiasi minimo sfregio al sovrano, offende la Nazione intera. Nel principio di agosto, dopo di avere avuto il dispaccio riservato di V.E.,I io aveva leggermente toccato tale argomento, ma egli non ci dava allora nessuna importanza. Approfittai dell'occasione per dargli le più ampie assicurazioni sul conto dell'opinione pubblica in Italia e sulle precise rigorose misure prese dal Governo per eliminare ogni pericolo di spiacevoli contingenze, e nel corso della conversazione lo assicurai natura fautori della sconvenientissima dimostrazione erano ormai ben pochi abbandonati da molti del loro stesso partito. Conte Lamsdorff parte per raggiungere imperatore; ci siamo lasciati per rivederci a Roma, e sono persuaso che egli appianerà ogni difficoltà; ma prevengo che io, partito lui, non ho qui più nessun mezzo d'azione, non essendo ora in Pietroburgo nessun membro influente di Corte. Non prevedo ormai ostacoli, ma sarebbe desiderabile che nei giornali ufficiosi poco si scrivesse di tali progetti e che si operasse molto energicamente per sventare, possibilmente, qualunque pericolo di ostilità. Ad ogni buon fine ho creduto mio stretto dovere di tosto informarne V.E.

730 l Cfr. n. 728.

732

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 883/271. Sofìa, 22 settembre 1903 (per. il 26).

Mi riferisco ai telegrammi di V.E. n. 1421 e n. 14321.

Il rappresentante di Russia venuto a vedermi domenica scorsa mi comunicò giusta le istruzioni del suo Governo il testo di una dichiarazione che egli ed il rappresentante austro-ungarico debbono fare in comune al Governo bulgaro, dichiarazione che a termine del telegramma del conte Lamsdorff dovrebbe poi essere susseguentemente appoggiata dai rappresentanti delle altre Grandi Potenze. Trascrivo qui appresso il testo russo della dichiarazione. « L' état de choses actuel dans les vilayets créé par les menées criminelles des comités et des bandes révolutionnaires, n'a changé en rien !es rapports des Puissances envers le programme politique adopté au commencement de cette année par !es deux Gouvernements !es plus intéressés; par conséquent ni la Turchie ni la Bulgarie ne doivent compter sur l'appui d'une Puissance quelconque dans le cas où elles s'opposeraient ouvertement ou secrètement à la réalisation du susdit programme».

Risposi al signor Bakmeteff che il senso della dichiarazione da lui comunicatami corrispondeva a quello telegrafatomi da V.E.; aggiunsi però che le mie istru

732 l Cfr. nn. 714 e 721, nota 2.

zioni mi prescrivevano di unirmi agli altri colleghi per fare in comune la dichiarazione in discorso. Non gli nascosi quindi che vista la divergenza tra le istruzioni sue, che gli prescrivevano di fare i passi in comune col solo collega di Austria, e le mie, e considerato che né il ministro di Francia né l'agente diplomatico inglese erano ancora in possesso di istruzioni di sorta, io non mi credevo, per il momento, autorizzato a fare qualsiasi passo presso il Governo bulgaro, e che intanto, giusta gli ordini ricevuti, avrei prima attirata l 'attenzione del mio Governo sulla disparità delle istruzioni circa il modus procedendi.

Stavo appunto per telegrafare quanto precede ali 'E. V, allorquando ricevetti la visita de li' incaricato d'affari austro-ungarico il quale premessa una dichiarazione identica a quella del signor Backmeteff a riguardo dell'appoggio che da me e dagli altri colleghi si desiderava fosse dato alla dichiarazione che egli e il signor Bakmeteff avevano ordine di fare, mi dette lettura del testo della dichiarazione medesima, testo che qui appresso riproduco: « L' Autriche-Hongrie et la Russi e persévèrent dans le programme qui a été approuvé par toutes !es Puissances. Les deux Monarchies sont fermement décidées de ne pas se départir de cette ligne de conduite, malgré !es difficultés que rencontre pour le moment la réalisation de leur programme».

Il conte Forgach mi disse poi che stante la differenza di tale testo con quello trasmesso al collega russo, entrambi avevano telegrafato ai loro Governi per chiedere nuove istruzioni. Dopo di aver messo il conte Forgach al corrente delle istruzioni mie, gli dissi che, prima di prendere gli ordini di V.E., mi pareva opportuno di aspettare la comunicazione, da parte sua e del collega russo, di quel testo che sarebbe stato definitivamente concordato fra i loro due Governi.

Tale comunicazione finora non mi è stata fatta, come del pari al momento in cui scrivo nessuna istruzione è peranco pervenuta ai colleghi di Francia e d'Inghilterra.

L'incaricato d'affari di Germania, di cui ricevetti anche la visita, domenica, mi informò che, in conformità degli ordini ricevuti, egli aveva già fatto, per conto proprio ed in termini molto energici, al generale Petroff, una dichiarazione nelle linee generali indicate nel telegramma di V.E.

Uniformandomi pertanto alle istruzioni impartitemi nel telegramma n. 1432 io mi asterrò dal fare qualsiasi passo presso questo Governo insino a tanto che istruzioni identiche non sieno pervenute al signor Elliot e al signor Bourgarel, riservandomi poi, non appena mi sarà stato comunicato il testo definitivamente concordato tra i Gabinetti di Vienna e di Pietroburgo di provocare dalla E.V., a mezzo del telegrafo, nuove istruzioni a riguardo della questione del modus procedendi.

Intanto continuerò, come me lo prescrive il telegramma n. 14552, a dare qui, in tono moderato ed in forma amichevole, consigli ed esortazioni in favore di un atteggiamento prudente e conciliante.

731 l Cfr. n. 651.

732 2 Cfr. n. 729.

733

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1872/29. Sofia, 23 settembre 1903, ore 15,50 (per. ore 18,15).

Mi riferisco telegramma n. 271. Commissario ottomano mi ha manifestato sua fiducia risultato pratiche intese verbali intervenute con Bulgaria. Nel prendere l'iniziativa d'accordo con Natchevich, egli ha avuto in mira procurare Governo principesco un modo di uscire dagli imbarazzi gravissimi interni, evitando così guerra cui si andava fatalmente incontro e da cui nessun vantaggio Turchia poteva trarre. Dichiarazioni leali fattegli da Petroff gli sembrano soddisfacenti: iradé imperiale nomina commissione mista comparirà prossimamente. Collega britannico ha telegrafato suo Governo insistendo circa opportunit! che pressioni salutari vengano esercitate sulla Sublime Porta, perché traduca sollecitamente, senza sotterfugi, in atto promesse misure pacificazione e profitti de li'occasione per stabilire una volta buona con Bulgaria intesa sincera, duratura, conformemente intenzione di quelle Potenze, cui sta veramente a cuore mantenimento pace statu quo.

734

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CARIGNANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. l 098/438. Londra, 23 settembre 1903 (per. il 28).

Ieri l'altro il marchese di Lansdowne, dopo aver preso gli ordini di S.M. il Re attualmente a Balmoral, inviò agli incaricati d'affari di Austria-Ungheria e di Russia la risposta al pro-memoria relativo alle concordi dichiarazioni da farsi dai rappresentanti delle Potenze a Costantinopoli ed a Sofia. La risposta è nel senso indicato nel mio telegramma n. 1101 e rapporto 17 corrente n. 4272. Il Governo

2 Non pubblicato.

541 inglese dichiara che intende mantenere il suo appoggio all'accordo austro-russo ma come già a suo tempo espresse i suoi dubbi sul risultato pratico del programma di riforme dello scorso febbraio, così esso pensa ora sia giunto il momento di dare a quelle riforme maggiore ampiezza e crede conveniente far sentire ciò alla Sublime Porta. Le deplorevoli condizioni nei Balcani attirano grandemente l'attenzione del Governo e della Nazione inglese e dimostrano che non sia possibile migliorare le sorti di quelle popolazioni cristiane mantenendo un governatore o ispettore generale musulmano. Il Governo britannico infine propone che gli addetti militari delle Potenze a Costantinopoli accompagnino le truppe ottomane per impedire che esse commettano eccessi. A quest'ultima parte non fece nessun accenno lord Lansdowne nella conversazione da me riferita con rapporto e telegramma sovramentovati.

Come V.E. vede si allude alla nomina di un governatore cristiano che, come dissi, è il desiderato di questo Governo. La proposta degli addetti militari fu già, com'è noto, fatta tempo addietro quale semplice suggerimento dali' ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli ed accolta favorevolmente da quelli d'Austria-Ungheria e di Russia.

Le ambasciate d'Austria-Ungheria e di Russia a Londra sembra vogliano dare poca importanza alla risposta inglese, dicendo che essa è destinata ad apparire in un Blue Book per dare soddisfazione all'opinione pubblica. Non so davvero quanto sia giustificato simile apprezzamento, massime dopo il desiderio fatto esprimere dal marchese di Lansdowne al signor Delcassé che fu oggetto del mio telegramma riservato n. 1113. In ordine a ciò posso informare che sino a stamane non era giunta all'incaricato d'affari di Francia alcuna risposta da Parigi. Ma mi si dice non esser probabile che il Governo francese acconsenta a prendere una qualsiasi iniziativa per allargare le riforme, tanto più che ora è noto qui che esso aderì subito alla proposta contenuta nel pro-memoria austrorusso4. Il signor Delcassé si trova quindi in delicata situazione, non potendo fare cosa sgradita a Pietroburgo e, d'altra parte, vorrebbe forse soddisfare al desiderio del Gabinetto di Londra ora che le relazioni anglo-francesi accennano a divenire sempre più cordiali. Egli prima di rispondere chiederà forse l'avviso del conte Lamsdorff.

La Sublime Porta, prima che la risposta inglese fosse pervenuta a questi incaricati d'affari di Austria-Ungheria e di Russia, ha avuto notizia delle nuove disposizioni del Governo britannico e l'ambasciatore di Turchia si è recato dal marchese di Lansdowne per manifestargli che il sultano vedrebbe con piacere l'Inghilterra non insistere nel proposito di allargare il progetto di riforme.

Come il sotto-segretario di Stato per gli affari esteri mi ha detto ieri i rappresentanti inglesi a Costantinopoli ed a Sofia non hanno ancora fatto le dichiarazioni delle quali è questione.

733 l T. confidenziale 1864/27 del 22 settembre del quale si pubblica la prima parte: "Presidente del Consiglio mi ha testé partecipato, in via privata e confidenziale, che, in seguito iniziativa turca, in questi ultimi giorni sono state iniziate col commissario ottomano e con speranza di riuscita, negoziati allo scopo di giungere intesa".

734 l T. 1817111 O del 16 settembre, non pubblicato in quanto la sostanza ne è riportata nel testo.

734 3 Cfr. n. 720. 4 In questo senso infatti Delcassé rispose a Lansdowne (R. Il 05/443 di Carignani del 25 settembre, non pubblicato).

735

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1876/101. Therapia, 24 settembre 1903, ore 0,45 (per. ore 5,30).

Ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia faranno oggi alla Sublime Porta dichiarazioni cui si riferisce da ultimo telegramma di V.E. n. 14361. Colleghi di Germania e di Francia sonò autorizzati fare identiche dichiarazioni. Ambasciatore di Inghilterra dichiara non avere ricevuto istruzioni. Prego V.E. telegrafare se debbo fare, dal canto mio, tale dichiarazione, senza attendere che ciò abbia fatto pure collega di Inghilterra2.

736

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA

T. 14661. Roma, 24 settembre 1903, ore 9,40.

Si unisca ai colleghi autorizzati per fare alla Sublime Porta le dichiarazioni concertate. Il fatto che l'ambasciatore di Inghilterra non ha ancora ricevuto istruzioni non sarebbe sufficiente per giustificare sua astensione.

737

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO

T. 1471. Roma, 24 settembre 1903, ore 19,15.

Interessa sapere con la maggiore anticipazione possibile quale data precisa S.M. l'Imperatore avrà fissato per il suo viaggio in Italia. La pregherei perciò di assumere,

2 Per la risposta di Morin cfr. n. 736. 736 l Risponde al n. 735.

appena le sarà possibile, opportune informazioni al riguardo. La prevengo che, trattandosi di viaggio ufficiale, V.E. dovrà recarsi a Roma per tale circostanza l.

735 l Cfr. n. 721.

738

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1885/50. Pietroburgo, 25 settembre 1903, ore 16,42.

Conte Lamsdorff partì iersera per raggiungere S.M. I 'Imperatore. Egli vedrà il suo sovrano probabilmente lunedì 28 e promise informarmi data arrivo Roma. Procurerò informarmi qui, ma sarà molto difficile avere notizie essendo assente oltreché il ministro degli affari esteri, anche il ministro Casa imperiale. Credo che la desiderata notizia può essere dalla E.V sollecitata presso ambasciata di Russia. L'anno passato fui io che di tutto informai Ministero degli affari esteri quando si trattò visita Pietroburgo. Ringrazio l'E.V. per la comunicazione riguardante mia venuta Romal: informerò, a suo tempo, VE. data mia partenza.

739

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1889/30. Sofia, 26 settembre 1903, ore 11,30 (per. ore 14, 05).

Per ordine suo Governo, incaricato d'affari austro-ungarico mi ha riferito ufficialmente che egli e agente diplomatico russo hanno fatto jeri dichiarazione conformemente testo austriaco, menzionato mio rapporto n. 271'. Ministro di Francia, per conto suo, ha tenuto, in questo senso, presidente del Consiglio linguaggio, ispirandosi primitivo testo russo. In questo senso dovrà pur parlare, oggi stesso, I' agente diplomatico inglese, il quale, però, deve aggiungere che il suo Governo, mentre esercita sulla Sublime Porta pressione per una più efficace applicazione note riforme, è in comunicazione con le altre Potenze circa opportunità di ulteriori misure. Ciò stante, prego VE. telegrafarmi urgenza istruzioni per norma di linguaggio2.

2 Per la risposta cfr. n. 740.

737 l Per la risposta cfr. n. 738.

738 l Cfr. n. 737.

739 l Cfr. n. 732.

740

IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, MORIN, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, IMPERIALI

T. 1485. Roma, 27 settembre 1903, ore 13,10.

Rispondo al suo telegramma di jeril, ritengo opportuno che, per ora, ella limiti il suo linguaggio a dichiarazioni conformi a quelle che sono state fatte dagli agenti d'Austria-Ungheria Russia e Francia2.

741

IL TENENTE CITERNI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORINI

R. 11. Harar, 29 settembre 1903.

Con animo riconoscente mi permetto anzi tutto di accusare ricevuta alla E.V. del telegramma riservato n. 14442. Prima ancora di giungere in Harar mi ero formato la convinzione che le truppe abissine destinate a cooperare con gli inglesi fossero tutt'altro che pronte.

Il Rochefort col quale feci il viaggio fin qui, non mi nascose che prima di tutto nulla era stato definito col negus a questo riguardo e che poi vi sarebbero state non poche diff:coltà da rimuovere quando il concorso fosse in massima decisq. Non ultima la questione del vettovagliamento delle stesse truppe abissine.

2 Del R. 903/276 del 29 settembre, con cui Imperiali riferiva sulle dichiarazioni fatte, si pubblica qui la parte finale: ".. .io vado sempre più convincendomi nella opinione già manifestata, che cioè il Governo bulgaro, per il momento almeno, non ha alcuna intenzione di assumersi la responsabilità di una guerra contro la Turchia. Anzi, esso farà fino all'ultimo il suo possibile per evitarla e non vi si deciderà se non quando si vedrà assolutamente preclusa ogni altra via di escita, quando, cioè, gli mancherà la forza necessaria per dominare la situazione c mantenere l'ordine all'interno. A tal punto fortunatamente non siamo ancora giunti. Conviene, però, non illudersi e non chiedere al Ministero quello che esso è oramai incapace di dare. Alla vigilia delle elezioni, con l'imponente numero di macedoni qui residenti, col fermento innegabile generato nel Paese dalla presenza dei numerosissimi rifugiati e dai racconti di quegli infelici testimoni c vittime delle atrocità turche, uno stringimento maggiore di freni, una serie di provvedimenti energici del genere di quelli reclamati dalla Porta c consigliati dalle Potenze contro i comitati, potrebbero avere risultati gravissimi, tali da turbare, non meno di una guerra, quel mantenimento dello status quo che tanto sta a cuore all'Europa. Da quanto son venuto fin qui esponendo all'E.V., consegue, a mio avviso, l'opportunità che quelle Potenze, le quali la pace e lo status quo seriamente caldeggiano, vogliano usare di tutta la loro influenza a Costantinopoli allo scopo di ottenere che questo tentativo d'intesa diretta tra la Bulgaria e la Turchia non vada fallito. Senza voler nutrire troppe illusioni sulla eventuale durata di cosiffatta intesa, sembrami incontestabile che la medesima, quando anche non dovesse avere altro risultato se non una tregua di qualche mese, presenterebbe sempre un vantaggio positivo a paragone della situazione odierna che non potrebbe essere peggiore. Non parlo poi della opportunità che, grazie a tale tregua, verrebbe offerta alle Potenze di studiare e concordare nuovi e più efficaci provvedimenti nello intento di ristabilire la tranquillità in Macedonia, assicurando così sempre più solidamente il mantenimento della pace nella penisola balcanica."

Anche Rochefort e C sono convinti che sulla linea assegnata, col nuovo piano, alla colonna abissina non si può operare senza avere i mezzi pel trasporto dell'acqua ed almeno due mesi di viveri al seguito. 11 Governo britannico ha già disposto che vengano spediti in Harar i recipienti pel trasporto dell'acqua, ma gli abissini daranno gli animali da carico e la carne in piedi? Circa 4000 cammelli e l 0000 buoi? Ammesso per un momento che gli inglesi possano contentare la venalità degli abissini, cosa facile e probabile del resto, non riusciranno, certo, a modificare l'andatura con cui sono regolate tutte le cose in Abissinia. Prima che tutto sia pronto passeranno molti giorni, forse uno o due mesi, la cooperazione si ridurrebbe al soccorso di Pisa: mentre le truppe inglesi saranno obbligate a sospendere le operazioni, gli abissini non saranno andati più avanti delle precedenti spedizioni. I soldati del ras vedono con poca simpatia questa impresa, dove non ci sarebbe da far bottino e dove invece molti sono i pericoli a cui vanno incontro. E ciò dicono apertamente i soldati che soltanto una diecina di giorni fa fecero ritorno dali 'Ogaden. Secondo il mio modesto giudizio per gli interessi coloniali della Nazione sarebbe assai bene che le truppe abissine non si spingessero fino a Mudug, per molte ragioni. La prima è quella a cui ho già accennato nei miei precedenti rapporti, e cioè, che in un modo e nell'altro i 2 Sultanati verrebbero a soffiirne. Poi il sospetto non privo di fondamento, che una volta là, gli abissini, date la loro politica e le loro abitudini, tornando loro conto, ci rimangano, nonostante le belle promesse della Inghilterra.

Falliti gli altri mezzi per una cooperazione efficace da parte dell'Italia, adesso tentano la concorrenza. Ed in ciò trovano buon giuoco nella situazione non definitiva dei confini italo-etiopici. E qualora tutto quanto ho accennato avesse da avvenire, gli inglesi non verrebbero meno ai patti stipulati col Governo italiano. Essi col negus -da loro imbeccato -sosterrebbero che quel territorio è nei dominì abissini. E fino ai dominì abissini soltanto si estende l'hinterland italiano.

Ma come ho già accennato è da augurarsi che gli abissini non abbandonino l'Uebi ed una volta di più, almeno per ora, abbiano essi la meglio sui raggiri della politica inglese.

Al ras, dal quale fui ricevuto con cortesia, sono in parte note le difficoltà dell'impresa; tuttavia, se parlando accennerà a richiedere il mio parere, come ho fatto con Rochefort esporrò lealmente il vero stato delle cose, dando alle mie risposte l'impronta di opinione personale estranea alla politica.

740 l Cfr. n. 739.

741 l Da Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito. 2 Del 18 settembre, non pubblicato, col quale Morin comunicava che Colli non sarebbe stato destinato al seguito delle truppe anglo-egiziane.

742

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, A MADERNO

T. RISERVATISSIMO PRECEDENZA ASSOLUTA S.N.I Roma, 10 ottobre 1903, ore 13,30.

Avant'ieri sera l 'ambasciatore Nelidoff, allora tornato a Roma, mi si mostrò preoccupato dell'eventualità che i tentativi di coloro che vorrebbero fischiare lo czar in parte riuscissero. Disse che avrebbe desiderato una dichiarazione esplicita della sicurezza del Governo italiano che lo czar non avrebbe avuto in Italia il mini

742 I Minuta autografa.

mo sfregio; che, se una tale assicurazione non si poteva dare nel modo più certo, egli riteneva che, nell'interesse delle buone relazioni tra l'Italia e la Russia, sarebbe opportuno trovare un pretesto per differire il viaggio. Questo discorso mi è sembrato un po' strano, ed effetto, più che d'altro, di timori personali d eli' ambasciatore. Ho risposto che le sue preoccupazioni mi sembravano grandemente esagerate, che, ad ogni modo, gli avrei dato una risposta dopo aver conferito col sottosegretario di Stato all'interno e telegrafato al presidente del Consiglio. Ho parlato lungamente con Ronchetti, il quale mi ha esposto, con ogni particolare, tutte le disposizioni preparate, e credo che non vi sia, in complesso, ragione per temere. D'altronde mi pare che l'eventualità di un differimento del viaggio già ufficialmente annunziato non potrebbe da noi, per ovvie ragioni, esser nemmeno presa in considerazione. Darei quindi al signor Nelidoff l'assicurazione formale che desidera, tosto che avrò un telegramma di V.E., che prego di mandarmi con la massima urgenza. Sua Maestà a cui ho ieri parlato di ciò vede la cosa sotto questo medesimo aspetto.

743

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, A MADERNO

T. RISERVATISSIMO URGENTE S.N.I Roma, 1° ottobre 1903, ore 20,25.

Ricevuto suo telegramma2. Domani vedrò Nelidoff e gli darò assicurazioni che dovrebbero togliere dall'animo suo ogni titubanza. Insisterò perché ci siano fatti conoscere al più presto il giorno dell'arrivo dello czar e il percorso. In seguito a desiderio manifestatomi da Gianotti, suggerirò che la data dell'arrivo sia possibilmente fissata verso la fine di ottobre, perché non riesca tanto prossima ali'arrivo del re da Parigi, e a Corte abbiano maggior tempo per gli opportuni preparativi.

744

IL MINISTRO A TOKIO, MELEGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1924. Tokio, 2 ottobre 1903, ore 9,40 (per. ore 13,10).

Questo ministro degli affari esteri mi ha detto che invio squadra russa in Corea, ed altri preparativi militari, in cui opinione pubblica ravvisa sintomi guerreschi, si riferisce esclusivamente prbssime manovre autunno. Mi assicurò situazione non variata. Non mi nascose tuttavia che questa avrebbe potuto alterarsi quando navi non evacuassero dopo l'otto ottobre. Prevale qui intanto sempre più opinione essere guerra probabile.

743 l Minuta autografa. 2 Non rinvenuto.

745

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

T. 15191. Roma, 2 ottobre 1903, ore 19,30.

Comandante corpo spedizione inglese Somaliland ha domandato al capitano Alberti su quale concorso potrà eventualmente contare da parte Sultanato Obbia durante future operazioni. Notizie ufficiali giunte da Mogadiscio recano che Mad Mullah ha occupato Ras el Kile presso Illig sulla costa italiana fortificandosi, facendo razzie e uccidendo gente possedimento italiano. Questa occupazione che riveste carattere di gravità per la posizione in cui ci troviamo in Somalia, sembra doversi ritenere atto di rappresaglia per la nostra cooperazione con l'Inghilterra. Le forze del Sultanato di Obbia essendo appena sufficienti alla difesa di Obbia, né essendo possibile aumentarle, non è il caso di pensare ad un concorso militare attivo da quella parte. Il R. Governo manderà al più presto una nave da guerra a Illig Obbia, e un'altra sulla costa migiurtina coadiuvata da tre sambuchi armati ed è disposto ad agevolare nel miglior modo le operazioni inglesi nei limiti del programma da noi fin da principio stabilito per la nostra cooperazione a condizione che il Mullah non fosse spinto nei nostri possedimenti. Prego l'E.V. di voler esporre queste considerazioni a codesto ministro degli affari esteri in relazione alla domanda del generale Egerton, facendo presente la necessità che le future operazioni anglo-etiopiche siano condotte in modo da liberare i possedimenti italiani dall'invasione del Mullah2.

746

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1931/115. Londra, 2 ottobre 1903, ore 23 (per. ore 6,50 del 3).

Mi viene riferito che il F oreign Office ha dato istruzioni ali'ambasciatore d'Inghilterra a Vienna di cogliere l'occasione della visita dell'imperatore di Russia per mettere innanzi, a titolo di suggerimento, idea di una estensione del progetto di riforme per la Macedonia, introducendo il principio della nomina di un governatore cristiano, non suddito ottomano. Essendo qui arrivato soltanto iersera, non ho veduto il marchese di Lansdowne, ma mi riservo di meglio verificare portata di questa nuova azione del Governo britannico!.

745 l Analogo telegramma fu inviato al capitano Alberti (T. 1524 del 4 ottobre). 2 Ulteriori notizie sulla questione nel T. 1529 di Morin a Pansa del 4 ottobre, non pubblicato. 746 l Pansa trasmise in proposito ulteriori notizie con T. 19371116 del 3 ottobre, non pubblicato.

747

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 901/376. Belgrado, 3 ottobre 1903 (per. 1'8).

Mi riferisco al mio rapporto del 27 settembre ora scorso n. 3691. Le voci di una possibile occupazione della Serbia da parte dell'Austria-Ungheria accennano a prendere maggiore consistenza.

Alcuni giornali viennesi avendo dato la notizia che l'i. e r. ministro in Belgrado aveva protestato presso il Governo serbo per ciò che è stato qui pubblicato riguardo al supposto progetto di occupazione, la Ustavna Srbija di ieri sera in proposito dice: "Noi dobbiamo anzitutto osservare che le voci intorno all'occupazione della Serbia per parte dell'Austria-Ungheria vennero riportate da una parte della nostra stampa togliendole dai giornali austro-ungarici, i quali, in questi ultimi tempi non solo fecero chiare allusioni a tale occupazione ma esposero inoltre le 'ragioni' per le quali l'occupazione dimostratasi necessaria e doveva essere consentita dalle altre Grandi Potenze". L'organo principale del partito radicale moderato aggiunge che, mentre appunto i giornali di Vienna e di Budapest stavano agitando siffatta questione, un deputato austriaco si vide indotto a presentare una interpellanza per sapere ciò che vi fosse di vero nelle intenzioni aggressive che la stampa attribuiva ali'Austria-Ungheria verso i Balcani in generale e verso la Serbia in particolare; e con chiude coll'osservare che, se vi fosse luogo a protestare, ogni protesta andrebbe rivolta non già alla stampa serba ma bensì a quella austro-ungarica la quale non cessa di lavorare per intorbidare le relazioni fra questo Regno ed il vicino Impero.

Lo stesso periodico, in precedente numero, facendosi eco di ciò che si va or dicendo nei più autorevoli circoli politici, ha sostenuto la tesi che il Governo austro-ungarico, qualora nutrisse realmente amichevoli intendimenti verso la Serbia, avrebbe avuto cura di far smentire su suoi organi ufficiosi le voci ostili e di dimostrare in qualche altro modo eh'esso è estraneo a tutto quel lavorio che si sta facendo in Vienna ed in Budapest per impedire alla Serbia di proseguire tranquillamente nella via del suo progresso e per distrurre il suo credito all'estero.

Altro giornale di Belgrado, la Stampa, dà la notizia che gli ii e rr. ufficiali, i quali si trovano nella Croazia, nella Slavonia, nel Sirmio, nella Batchka e nel Banato, hanno, l'altra sera, ricevuto l'ordine di fare i loro completi preparativi per tenersi pronti a partire, e che pure a tutta la riserva di quei territori è stato ordinato di essere pronta a partire al primo segnale.

Nel pomeriggio di ieri, nel fare un giro nei dintorni di questa capitale, ho notato un grande movimento di numerose truppe che si stavano concentrando nel vicino accampamento di Baniza.

747 I Non pubblicato.

Supponendo che vi potesse essere una qualche relazione tra la notizia data dalla Stampa e quel movimento straordinario di forze militari, ho chiesto degli schiarimenti al ministro degli affari esteri. Questi mi ha risposto: non aver ricevuto alcuna informazione riguardo a speciali misure d'ordine militare, che sarebbero state ultimamente prese dal Governo austro-ungarico e sapere soltanto che, dopo i fatti delli Il giugno, tutti i comandi militari dei territori ungheresi confinanti colla Serbia avrebbero ricevuto dal Ministero della guerra ordini speciali contenuti in plichi sigillati da aprirsi al ricevimento d'un avviso telegrafico. Quanto ai movimenti militari serbi intorno a Belgrado, egli mi ha detto trattarsi unicamente della formazione di una divisione dei riservisti, stati ora chiamati per un periodo d'istruzione. "Però, ha soggiunto il signor Kaljévitch, vi ha certo del buio sull'orizzonte; v'è a tener presente che l'Austria-Ungheria, ove anche non avesse, come speriamo, l'intenzione di addivenire ad una occupazione della Serbia ma solo di avanzarsi, in determinate eventualità, per raggiungere Mitrovitza, incontrerebbe sulla via del Sangiaccato di Novi-Bazar tali difficoltà da vedersi nella necessità di aprirsi altra via a traverso la Serbia o colla forza o mediante amichevole accordo col Governo serbo; senza parlar d'altro, il solo tenore del brindisi pronunciato dall'imperatore Francesco Giuseppe, il 30 settembre, alla colazione di Schonbrunn, basterebbe per giustificare serie inquietudini2; ed il nuovo Gabinetto, qualunque esso sia, e l'intera rappresentanza nazionale, dovranno, credo, considerare come loro supremo dovere del momento il non omettere di fare ogni possibile sforzo per porre e mantenere l'esercito in grado di far fronte a qualsiasi emergenza".

Non dissimili concetti, meco discorrendo sulla situazione, mi ha oggi manifestato il capo del partito radicale indipendente. Il signor Zivkovitch, nel corso della conversazione, mi ha poi pur detto che tutti i membri della Scupcina mostrano di rendersi esattamente conto delle attuali difficoltà, e che egli quindi era convinto, che l'intera rappresentanza nazionale, unanime, darà al re la propria cooperazione in tutto quanto sia richiesto per il bene della patria.

748

L'INCARICATO D'AFFARI A CARACAS, ALIOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1406/291. Caracas, 3 ottobre 1903 (per. il 27).

Questo ministro di Francia, signor Wiener, a cui ho esposto confidenzialmente alcune fra le considerazioni contenute nei miei rapporti 16 e 25 luglio u.s., n. 205 e 211 e 2 settembre u.s. n. 2641, si è completamente persuaso che l'unione di

550 tre o più Potenze europee decise a mettere ordine nelle cose del Venezuela costringerebbe gli Stati Uniti di porre loro medesimi una fine alle prepotenze ed ingiustizie perpetrate in questa Repubblica a danno degli stranieri.

La grande Repubblica del nord vorrebbe infatti, in una simile eventualità, evitare una coalizione fra Nazioni europee la quale spargerebbe l'allarme nell'opinione pubblica americana che interpreterebbe un tale accordo come una sfida alla dottrina di Monroe.

Il signor Wiener ne fece parte al suo Governo in un rapporto speciale; contando sulle relazioni ogni giorno migliorate fra l'Italia e la Francia, relazioni che sarebbero vieppiù cementate dalla visita di S.M. il Re a Parigi, egli ha suggerito al signor Delcassé di vedere se non fosse possibile il mettersi d'accordo coll'Inghilterra e l'Italia per agire presso il Gabinetto di Washington allo scopo di convincerlo ed obbligarlo ad intervenire nel Venezuela, facendo serie rimostranze e prendendo misure efficaci a tutela degli stranieri residenti in questa Repubblica.

Pur contento di vedere il mio collega di Francia entrare in questa via, mi sono mantenuto molto riservato sull'argomento, aspettando che V.E. mi dia eventualmente istruzioni2 se il signor Delcassé darà seguito ai suggerimenti del signor Wiener.

747 2 Nel brindisi l'imperatore aveva accennato ai "regrettables événements don! la presqu'ìle des Balkans est actuellement le théàtre" (R. 1262/624, Vienna, 13 settembre).

748 l Non pubblicati.

749

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. URGENTE. l Roma, 4 ottobre 1903, ore 11,45.

Dopo le dichiarazi~ni che gli ho fatte, Nelidoff mi è sembrato, per quanto ciò sia possibile in lui, completamente rassicurato. Mi disse che avrebbe immediatamente telegrafato per avere al più presto comunicazione della data precisa del viaggio dello czar e dell'itinerario che sarebbe stato seguito. Egli presumeva che questa data sarebbe stata all'incirca il 26, perché si evitava così qualunque preoccupazione relativamente al servizio religioso di rito ortodosso al quale l'imperatore avrebbe dovuto assistere in giorno festivo. lo, d'accordo con Gianotti, feci osservare che tale data sarebbe stata conveniente anche per parte nostra, perché non troppo prossima all'arrivo di Vostra Maestà da Parigi. Quando Nelidoff mi lasciò rimasi sotto l'impressione che egli oramai considerasse il viaggio nel mese di ottobre come un fatto certo e indeclinabile. Degnisi Vostra Maestà accogliere l'espressione del mio devoto ossequio.

749 l Minuta autografa.

748 2 Per la risposta cfr. n. 799.

750

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. CONFIDENZIALE 1948. Vienna, 5 ottobre 1903, ore 18,25 (per. ore 20).

Conte Goluchowski mi ha detto oggi che, secondo le intelligenze intervenute colla Russia, si stanno ora formulando le istruzioni agli ambasciatori austro-ungarico e russo a Costantinopoli che saranno comunicate alle altre Potenze e che conterranno le misure concertate tra i due ministri austro-ungarico e russo. Il promemoria inglese I, che deve essere noto a V.E. giunse ai due ministri predetti quando questi erano già d'accordo sul da farsi, ma il conte Goluchowski mi disse che quel documento concorda, in sostanza, colle intelligenze prese. Il punto principale del nuovo accordo è la nomina come capo della gendarmeria di un generale cristiano al servizio della Turchia; questi sarebbe coadiuvato e controllato da ufficiali esteri appartenenti alle Grandi Potenze, che sarebbero ripartiti nei varii distretti, ma questi ufficiali non sarebbero gli addetti militari. Il governatore generale sarebbe turco, ma sottomesso ad un controllo, sulle cui modalità conte Goluchowski non mi diede ragguagli. Una parte delle istruzioni conterrà le misure umanitarie per i soccorsi da darsi alle vittime degli eccessi, per il rimpatrio dei profughi etc., sulle quali il conte Goluchowski evitò ugualmente di entrare in particolari. Conte Goluchowski mi confermò la volontà precisa dei due Governi d'Austria-Ungheria e di Russia, di perseverare nello scopo di pacificazione imparziale e disinteressata da essi intrapresa nei Balcani.

751

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL COMANDANTE DELLA NAVE 'COATIT', CANETTI

T. 1547. Roma, 8 ottobre 1903, ore 12,25.

Non ho difficoltà nostra nave da guerra si rechi a momento opportuno Berbera secondo desiderio comandante superiore inglese. Resta inteso però che navi da guerra inglesi se si recano in costa italiana siano sempre accompagnate da nostre navi.

750 l Cfr. in proposito il n. 734.

752

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA

T. 1551. Roma, 8 ottobre 1903, ore 14,25.

L'ambasciatore di Inghilterra mi ha nuovamente intrattenuto, per istruzione avutane dal suo Governo, circa l'opportunità di meglio provvedere alla situazione in Macedonia, come utile complemento delle proposte austro-russe appoggiate da tutte le Potenze, mediante l 'invio, in quella regione, dei rispettivi addetti militari, la presenza dei quali gioverebbe probabilmente a frenare gli eccessi dell'una e dell'altra parte, ed, in ogni modo, metterebbe le Potenze in grado di conoscere il vero stato delle cose. Ho risposto all'ambasciatore confermando che il R. Governo, in quanto lo concerne, è disposto ad associarsi a siftàtto provvedimento. Avendomi l'ambasciatore chiesto se noi saremmo a ciò disposti anche qualora non si potesse ottenere l'adesione od il concorso di tutte le Grande Potenze, ho osservato che la cosa non mi parrebbe consigliabile in quanto che vi si potrebbe ravvisare il sintomo che sia per sfasciarsi l'indispensabile completo accordo fra tutte le Potenze!.

753

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1969. Vienna, 9 ottobre 1903, ore 11,20 (per. ore 12,55 ).

Ringrazio l'E.V. per il suo telegramma di jeril. La risposta da lei data all'ambasciatore d'Inghilterra mi sembra molto giudiziosa. Stimo indispensabile, nell'interesse della pace, che l'accordo tra le Potenze resti ben saldo. Vedendo conte Goluchowski prima di partire in congedo, gli farò conoscere, se ne vedrò l'opportunità, questo nostro modo di vedere.

754

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. CONFIDENZIALE 60118/387. Roma, 9 ottobre 1903.

Ho ricevuto, a suo tempo, il rapporto di V.E. del 28 luglio scorso n. 342 1 , e ho anche a voce con lei conferito dell'argomento che in quel rapporto è trattato,

752 !Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Parigi, Pietro

burga e Vienna e all'agenzia a Sofia con T. 1552, pari data.

753 I Cfr. n. 752, nota l.

754 I Cfr. n. 650.

degli accordi, cioè, con l'Inghilterra, circa l'Etiopia. Del suo rapporto e del colloquio con lei ho tenuto debito conto. Voglio ora esporre alcune considerazioni e inviarle sull'argomento stesso, in via confidenziale, gli ultimi documenti scambiati con questa ambasciata d'Inghilterra.

Per giudicare del valore degli accordi di cui il R. Governo ha preso l'iniziativa verso l'Inghilterra, bisogna tener presenti queste due importanti circostanze di fatto:

l) che, per necessità di cose, per la reciproca posizione, cioè, dei possedimenti italiani e britannici intorno ali 'Etiopia, gl'interessi dei due Paesi sono in Abissinia in inevitabile contrasto2;

2) che principalmente per questa ragione, l'azione da noi svolta in Etiopia in appoggio a quella de li 'Inghilterra in "conformità della nostra linea politica generale" se è riuscita di vantaggio per la Inghilterra, è stata scarsa di utili effetti per noi3.

Da ciò la necessità di circoscrivere, per quanto possibile l'azione inglese in Etiopia vincolandola a noi con una intesa franca e leale almeno nelle più vitali questioni che interessano lo sviluppo dei nostri possedimenti in Africa: da ciò il nostro diritto di chiedere compensi4.

Con questi criteri al memorandum inglese del 20 giugno scorsos (annesso I) è stato risposto col memorandum del 29 agosto6 (annesso II), nel quale, mentre si propone di guarentire reciprocamente l'avvenire, per possibili mutamenti dello statu quo in Etiopia anche in vista di una successione al trono in quell'Impero, si provvede, anche nel presente agli interessi commerciali e politici della Eritrea e del Benadir7.

Detto questo come implicita risposta alle considerazioni di ordine generale contenute nel suo rapporto credo opportuno far qui, inoltre, notare che oltre il nostro appoggio, per mezzo del r. rappresentante in Addis Abeba, noi potremmo offrire altri vantaggi 8 all'Inghilterra in eventuali particolari combinazioni di reciproco interesse nei territori di contatto in Somalia, al Benadir, in Eritrea;

che l'attività commerciale degli inglesi in Etiopia non può essere che dannosa alla Eritrea e al Benadir poiché tende naturalmente ad attirare i mercati etiopici verso il Sudan e verso l'East Africa Protectorate;

3 Annotazione di Pansa: "in che?".

4 A margine Pansa ha apposto un punto interrogativo.

s Cfr. n. 575.

6 Cfr. n. 698.

7 Morin inviò in pari data a Martini il D. confidenziale 60090/918 che fino a questo punto

ripete sostanzialmente quanto detto nel presente documento e così prosegue: "Da un colloquio che il

capo del! 'ufficio coloniale ebbe con sir Renne li Rodd dopo la consegna del memorandum del 29 ago

sto, pare potersi arguire che il secondo punto di esso incontrerà difficoltà presso il Governo britannico,

soprattutto per quanto riguarda i commerci tra Eritrea e Etiopia e il regime commerciale tra Eritrea e

Sudan, per la ritrosia innata in lord Cromer di ritornare sopra questioni di recente regolate. Sarebbe,

pertanto, utile che, sul modo pratico di chiarire siffatte facilitazioni commerciali, V.E. mi desse mag

giori indicazioni onde formulare occorrendo precise domande al Governo britannico".

g Annotazione di Pansa: "quali?"

che la questione della ferrovia di riallacciamento alla Eritrea per Cassala in sostituzione della linea Nilo-Suachin fu da noi proposta, non perché sperassimo riuscirvi9 ma per giungere più facilmente ad una intesa per un possibile riallacciamento alla nostra colonia nel caso che da noi si giungesse a costruire il tronco fino al Sabderat;

che l'azione della legazione italiana in Addis Abeba non è stata ostile alla Francia, ma essa si è giustamente inspirata ad un interesse preciso e ben determinato qual è stato quello di far cadere la clausola del monopolio nella concessione da Menelik data all'ingegner Ilg nel 1894; e che, in vista appunto della eventualità a noi non ignota che nell'affare della ferrovia Gibuti avvenga una transazione anglo-francese, essa azione ci dà maggiore probabilità di ottenere dal Governo britannico che l 'Italia non vi rimanga estranea.

Infine, prendo atto della assicurazione del marchese di Lansdowne che alla legazione britannica in Addis Abeba sono state impartite in modo positivo le opportune istruzioni in conformità delle dichiarazioni fatte da questa ambasciata britannica di procedere d'accordo con noi nei negoziati con l'Etiopia per la delimitazione dei confini meridionali dell'Abissinia e non addivenire senza nostro consenso ad alcun fatto implicante alterazione della linea determinata dal protocollo anglo-italiano del 24 marzo 1891.

754 2 Sull'originale pervenuto a Londra annotazione a margine di Pansa: "perché e in che?".

755

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA AL MINISTERO DEGLI ESTERI

MEMORANDUM. Roma, 9 ottobre 1903.

The memorandum of the 29th of August 19031 indicated three severa! points which, in the opinion of the Italian Government, should form the basis of an agreement between the British and Italian Governments as to their policy in East Africa.

With regard to the first point;

His Majesty's Government are willing to enter into an agreement with the Italian Government for consultation and joint diplomatic action in view of possible eventualities in Abyssinia.

With regard to the second point;

The Government of the Soudan are not a t present prepared to undertake the construction of a railway from Khartoum to Kassala and the question of a connection with the Eritrean line seems therefore to be premature; but in any scheme of railway development which may be adopted by the Egyptian and Soudanese authorities, His Majesty's Government will be ready to urge that as far as possible the convenience of

755 l Cfr. n. 698.

Italy shall be consulted. The Soudanese Govemment would be reluctant to reopen the question which ha ve recently been settled by the commercia l convention of 190l; but His Majesty's Govemment will give their best endeavours to obtain favourable consideration for any proposal for the improvement of commerciai relations which the Italian Govemment may wish to bring forward.

With regard to the third point;

His Majesty's Govemment are not yet in possession of the information which is necessary to enable them to examine the frontier question, and time has not yet permitted them to give the requisite study to the surveys carried out by expedition which has recently retumed from the spot: but the Italian Government may count on the endeavour of His Majesty's Government to come to such an arrangement with Menelek as will have due regard for the interests of Italy as well as those of Great Britain.

754 9 A margine Pansa ha apposto due punti esclamativi.

756

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. San Rossore, l0 ottobre 1903, ore 12 (per. ore 12,45).

Generale Ponzio Vaglia ha ricevuto seguente telegramma: "Ricevo dal ministro imperiale sorprendente notizia aggiornamento viaggio imperiale Roma'"· Voglio ancora sperare trattisi di un ritardo di qualche giorno e non di un rinvio che equivarrebbe alla non restituzione della mia visita. Le sarei grato se potesse tirare in chiaro la cosa da ambasciatore Russia a Roma. Se imperatore non viene sarà per noi un insuccesso non indifferente e ne verrà probabilmente danno al Ministero. Se la visita non ha luogo conviene studiare subito il miglior modo di presentare la cosa al pubblico2.

757

L'AMBASCIATORE DI RUSSIA A ROMA, NELIDOV, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

L. Roma, l0 ottobre 1903.

Je n'ai pas laissé ignorerà V.E. l'effet déplorable produit en Russie parla propagande hostile des socialistes à l'occasion du voyage projété de l'empereur et de l'impératrice de Russie en Italie. Je vous avais également fait connaìtre qu'o

bligé par ma position de veiller à la conservation des bons rapports entre nos deux Pays j'ai dù, à mon retour à Rome, chercher à bien me rendre compte des conditions au milieu desquelles ce voyage devait s'effectuer. Il était essentiel, en effet, que pour en atteindre le but principal et conserver le caractère éminemment cordial et amicai, aucun doute ne subsistàt sur la possibilité de manifestations qui eussent pu y jeter une note désagréable.

Les impressions que j'ai recueillies n'ont malheureusement pas manqué de m 'inspirer la crainte que l'agitation hostile suscitée par une parti e des socialistes, et qui a trouvé écho sur plusieurs points de l'Italie, ne provoque, malgré toutes les mesures de prévoyance possibles, des incidents fàcheux, capables d'impressionner d'une manière défavorable les augustes voyageurs. Ne pouvant sous ce rapport assumer ancune responsabilité, je me suis vu obligé, en suivant scrupuleusement la voix de ma conscience, de soumettre respectueusement mes impressions à mon auguste maìtre, et d'exprimer l'humble avis qu'il y aurait avantage à ce que le voyage impérial fùt ajoumé.

Se rendant aux considérations que j'avais cru devoir exposer S.M. l 'Empereur a daigné m'ordonner d'exprimer au roi et à la reine les vifs regrets que Leurs Majestés Impériales éprouvent de ne pouvoir effectuer actuellement leur visite à la Cour d'Italie, qui leur tient particulièrement à creur. Leurs Majestés sont persuadées, d'ailleurs, que cet ajournement ne saurait porter la moindre atteinte ni aux liens de cordiale amitié qui unissent les deux Augustes Maisons ni aux sympathies qui servent si heureusement à resserrer les bonnes relations entre les deux Pays.

L'empereur ne manquera pas d'adresser à ce sujet une lettre autographe au roi que l 'aide de camp général prince Dolgorouky sera chargé de remettre à Sa Majesté Royale à son retour de Paris.

En vous priant, M. le ministre, de vouloir bien, en attendant, porter ce qui précède à la connaissance de votre auguste souverain ...

756 1 La stessa notizia era stata comunicata il giorno precedente da Morra a Morin (T. riservato s.n., non pubblicato). 2 Per la risposta di Morin cfr. n. 760.

758

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE, E AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, A MADERNO

T. URGENTE l Roma, 10 ottobre 1903, ore 14,35.

In questo momento l'ambasciatore di Russia è venuto a rimettermi una sua lettera che qui sotto trascrivo testualmente tradotta. Dopo averla letta non ho dissimulato all'ambasciatore la mia sorpresa, e non gli ho taciuto che questo suo scritto era in perfetta contraddizione con le dichiarazioni che, circa il viaggio del

lo czar, egli mi aveva antecedentemente fatte, e che mi aveva ripetuto nel modo più formale in seguito alle mie precise assicurazioni. Ecco la traduzione della lettera:2

(Per Sua Maestà) Prego Vostra Maestà voler gradire l 'assicurazione del mio devoto ossequio. (Per Zanardelli) Cordiali saluti.

758 l Il telegramma inviato a Zanardelli reca l'indicazione "riservatissimo".

759

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, ZANARDELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. S.N. Maderno, 10 ottobre I903, ore I9,25 (per. ore 20).

Sono anch'io sommamente sorpreso per la nota dell'ambasciatore di Russia! dopo le precise assicurazioni dategli, e credo che abbiano pesato molto sulla bilancia le tendenze personali di esso ambasciatore che non mi parvero mai molto animate da benevolenza per l 'Italia. Ma purtroppo la comunicazione fatta le mi pare abbia tale un carattere di decisione definitiva dell'atto da non vedere come pensare a mutarla. Ella avrà già avuto campo di udire che ne pensa il nostro re; e le sarò grato di nuove informazioni telegrafiche2. Cordiali saluti.

760

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

Roma, 10 ottobre I903, ore I9,45.

Il telegramma di Vostra Maestà2 si è incrociato con quello3 col quale le ho comunicato la nota rimessami da Nelidoff. Da questa nota risulta che sospensione del viaggio dello czar è opera completamente sua, e la sua condotta è assolutamente inesplicabile, dopo le assicurazioni da lui chieste e la risposta da me datagli ufficialmente che il Governo italiano rispondeva in modo completo che l'imperatore sarebbe stato benissimo ricevuto. Poiché Vostra Maestà dovrà ricevere, dopo il ritorno da Parigi, una lettera autografa dello czar, sarei d'avviso che Vostra Maestà rispondesse che non le pare che Nelidoff fosse autorizzato a sostituire la sua responsabilità a quella del Governo italiano, il quale si era reso ufficial

2 Cfr. n. 764, nota 3.

2 Cfr. n. 756.

3 Cfr. n. 758.

mente garante della perfetta correttezza dell'accoglienza che il sovrano russo avrebbe ricevuto in Italia, e che aggiungesse che, se si tratta, come è sperabile, d'una semplice proroga, conviene che sia fissata con precisione una nuova data, sia pure, se si vuole distante di qualche mese. In questo senso telegraferei, fin d'ora, a Morra, se Vostra Maestà approva. L'incaricato d'affari di Francia mi ha rimesso il testo del brindisi che pronuncerebbe il presidente al pranzo all'Eliseo. Sarò a Pisa lunedì mattina, e lo recherò a Vostra Maestà insieme alla risposta che proporrei. Voglia Vostra Maestà accogliere l'espressione del mio devoto ossequio 4 .

758 2 Cfr. n. 757.

759 l Cfr. n. 757.

760 l Minuta autografa.

761

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA

D. RISERVATO 60474. Roma, 10 ottobre 1903.

Ho ricevuto, a suo tempo, l'interessante rapporto n. 129 in data del 10 giugno u.s.t.

761 I Di tale rapporto riservato si pubblicano i passi seguenti: « ... tutte le questioni che si raggruppavano intorno a quella della ferrovia francese di Gibuti hanno avuto lo scioglimento che codesto Governo desiderava. A conseguirlo cospiravano da tre anni gli sforzi riuniti delle legazioni inglese ed italiana ed esso si può riassumere così: caduta di ogni progetto franèese di esercitare un predominio in Etiopia a mezzo della ferrovia da Gibuti ad Harrar e delle diramazioni che secondo i piani concepiti dovevano completarla fino al Nilo bianco -uguaglianza di trattamento a tutti gli Stati nelle iniziative ferroviarie e nei tentativi di sfruttamento commerciale. Contro le eventuali rimostranze del Governo francese il negus si è premunito facendosi assicurare l'appoggio diplomatico dell'Inghilterra .... Per ciò che riguarda la situazione della legazione italiana in rapporto a questo affare, io non sono lontano dal credere che i signori Ilg e Lagarde, sapendo quante volte il negus si rivolga allo scrivente in via confidenziale e privata per consiglio, abbiano motivo di sospettare che la linea di condotta di Menelik gli sia stata da lui suggerita. Posso ad ogni modo assicurare l'E.V., giusta anche la richiesta che me ne fece nel suo dispaccio 12912 del 18 marzo u.s. [cfr. n. 407], che ufficialmente la legazione si è astenuta dall'intervenire nella questione e che nulla è seguito da cui possa dedursi che vi è stata una inframmettenza italiana nei consigli che l'imperatore ha seguito. Tutto ben considerato però, non può essere di lieve soddisfazione che proprio i due personaggi che suggerirono a Menelik l'interpretazione amarica dell'articolo 17 del Trattato di Uccialli, siano ora, a loro volta, vittime da parte di lui di analoga interpretazione a danno loro e degli interessi che rappresentavano. Non per nulla, si vede, Menelik ha tratto profitto della loro lezione ed ha elevato il cavillo filologico a spediente di politica nelle relazioni internazionali .... Credo da ultimo necessario non protrarre la subordinata considerazione che il momento è ora opportunissimo per un'azione sul Governo britannico tendente a raggiungere gli scopi delineati nel citato dispaccio di V.E. 12912 del 18 marzo u.s. relativi ad un possibile abbandono da parte delle autorità sudanesi del programma di costruzione di una linea ferroviaria da Berber a Suakin, ed al prolungamento invece della linea Cartum-Cassala con allacciamento all'Eritrea. Il successo che il Governo inglese ha raggiunto col sussidio dell'azione italiana (chiesto personalmente a Roma dal signor Harrington fin dallo scorso anno, come codesto ministero ricorderà) è troppo grande e significativo ed è ad esso troppo ben noto perché davanti a formali offici in via diplomatica da parte di codesto Governo, esso non rinunci a fare di Suakin a tutto danno di Massaua il porto del Sudan nel Mar Rosso. Sarebbe questa una ragionevole compensazione al servigio dall'Italia lealmente reso. Come V.E. mi prescrisse nel citato dispaccio 12912 ho tenuto parola al signor Harrington di questa questione: egli, pur convenendo nelle ragioni espostegli, mi ha dichiarato di non avere la competenza e la pienezza di poteri occorrenti perché potesse interessarsene e mi ha espresso parere che miglior riuscita avrebbero passi fatti direttamente a Londra».

Mi compiaccio con la S.V. per il risultato della sua azione, ed approvo il suo operato inteso ad ottenere la caduta del monopolio delle ferrovie etiopiche.

Con pari interesse ho letto la traduzione del memoriale consegnato da Menelik al ministro britannico, comunicato alla S.V. dal colonnello Harrington e dal quale appaiono i punti principali su cui si è fondato il negus per esigere il ritiro della concessione ferroviaria francese.

Ignoriamo finora quale accoglienza abbia avuto al Foreign Office il memoriale del negus, poiché, essendo l'argomento molto delicato per le nostre relazioni con la Francia, non abbiamo voluto finora fare alcun passo a Londra che, del resto, non sarebbe· stato neanche utile dopo l'azione spiegata colà dal rappresentante britannico assecondato dalla S.V.

Non abbiamo quindi elementi per giudicare se l'atteggiamento del Governo britannico nella questione della ferrovia di fronte alla Francia sia ora quello stesso che era quando il colonnello Harrington agì per condurre il negus alla protesta che lo stesso rappresentante inglese ha poi presentato al suo Governo.

Solamente ci sono giunte notizie dalle quali si argomenterebbe che si starebbe cercando sul terreno finanziario un modo di accordo tra i gruppi francesi ed inglesi detentori delle azioni delle ferrovie etiopiche, e la cosa presenta tanta maggiore probabilità in quanto è noto che l 'impresa delle dette ferrovie si trova finanziariamente in mano ad unico sindacato nel quale l'elemento inglese è preponderante.

Non le dissimulo che, come le ho in precedente dispaccio scritto, mi preoccupa la eventualità che nell'affare della ferrovia Gibuti Harar avvenga una intesa all'infuori di noi e anche in vista di ciò gioveranno gli accordi che si stanno ora trattando con l'Inghilterra, e dei quali le scrivo in separato dispaccio.

Della questione del lago Tsana scrivo anche in separato dispaccio.

760 4 Per la risposta del re cfr. n. 762.

762

IL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. San Rossore, 11 ottobre 1903, ore 10,25.

Grazie del suo telegramma!. Non so che cosa scrivere allo czar prima di aver ricevuto la sua lettera; ne parleremo domani. In ogni caso la posizione personale dell'ambasciatore di Russia a Roma si è resa incompatibile per il poco conto nel quale egli ha tenuto le formali assicurazioni del Governo. Più penso all'accaduto e più ne sono dispiacente, e non vedo come si possa uscire convenientemente dalla situazione fattaci. Non ho parlato con alcuno della mancata visita, e non ne parlerò finché il Governo non ne abbia dato comunicazione nel modo che crederà migliore. Cordiali saluti.

762 I Cfr. n. 760.

763

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL RE D'ITALIA, VITTORIO EMANUELE III, A SAN ROSSORE

T. Roma, 11 ottobre 1903, ore 15,30.

Ricevo il telegramma di Vostra Maestà!. Domani mattina, alle otto, sarò agli ordini della Maestà Vostra. Stamane ho riveduto l'ambasciatore Nelidoff. Dai documenti che questi mi mostrò ho rilevato che le mie formali ed esplicite assicurazioni furono fedelmente trasmesse al conte Lamsdorff, e dalla conversazione che tenne con me ho potuto capire che le sue posteriori preoccupazioni circa possibili incidenti furono sostanzialmente suscitate in lui dagli agenti della polizia russa venuti in Italia in vista del futuro viaggio imperiale. Intanto, sembrandomi della più grande importanza che la notizia giunga al pubblico in forma conveniente, ho insistito presso l'ambasciatore su questi punti: l) che la notizia ufficiale venga da fonte russa; 2) che essa accenni a semplice proroga; 3) che la motivazione non sia quella della nota2, sebbene si riferisca a circostanze indipendenti dalla volontà dell'imperatore. Circa quest'ultimo punto ho detto nettamente all'ambasciatore che, qualora la motivazione alludesse ad insufficiente guarantige contro possibili incidenti, io avrei dovuto recisamente smentire in base alle precise mie assicurazioni. L'ambasciatore mi promise di tosto telegrafare a Darmstadt per questo argomento della pubblicazione. Voglia Vostra Maestà gradire l'espressione del mio massimo ossequio3.

764

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL PRIMO AIUTANTE DI CAMPO DEL RE, BRUSATI, A SAN ROSSORE

T. RISERVATO PRECEDENZA ASSOLUTA S.N.I Roma, Il ottobre 1903, ore 17,15.

In seguito al colloquio con Nelidoff di cui ho reso conto direttamente a Sua Maestà2, avendo l'ambasciatore telegrafato sembrargli opportuno che possibilmente la lettera diretta dall'imperatore al re gli fosse presentata prima della sua partenza per Parigi, ebbe ora risposta che il principe Dolgorouki, latore della lettera, sarebbe partito questa sera da Darmstadt direttamente per Pisa. Essendo oramai il tempo molto ristretto, l 'E.V. giudicherà se, per evitare ogni ritardo, convenga far trovare alla stazione persona che dia al principe le indicazioni relative all'udienza

2 Cfr. n. 757.

3 Il contenuto di questo telegramma fu comunicato a Zanardelli, a Maderno con T. pari data, ore 16,45. Zanardelli rispose approvando (T. s.n. dell'Il ottobre, non pubblicato). 764 l Minuta autografa. 2 Cfr. n. 763.

che gli sarà concessa da Sua Maestà. L'ambasciatore non è in grado di precisare l'ora dell'arrivo, ma si potrebbero avere forse informazioni sufficienti dal capo stazione, avvertendolo preventivamente3.

763 l Cfr. n. 762.

765

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, A PISA

T. PRECEDENZA ASSOLUTA S.N. Roma, 12 ottobre 1903, ore 16,20.

Né dall'ambasciatore di Russia, né direttamente da altra fonte ufficiale russa è giunta finora comunicazione alcuna che ci metta in grado di pubblicare la notizia autorevolmente ed in termini convenienti. D'altra parte la notizia stessa giunge da ogni parte ed il pubblico non comprende più il silenzio del Governo. Prego

V. E. telegrafarmi immediata istruzione sul da farsi'· Forse l 'agenzia Stefani potrebbe intanto pubblicare un telegramma da Darmstadt che dica puramente e semplicemente "per circostanze indipendenti dalla sua volontà l'imperatore di Russia deve differire la sua visita alla Corte d'Italia".

766

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 1986/52. Pietroburgo, 12 ottobre 1903, ore 18,20.

Novoje Wremja oggi articolo di fondo, che invio per posta, annunzia che visita S.M. Imperatore al re è aggiornata. Dà come ragione agitazione dei socialisti in Italia ed aggiunge che tale decisione non deve però nuocere ai buoni rapporti esistenti tra i due Paesi.

767

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

T. S.N. Pisa, 12 ottobre 1903, ore 20.

Se, come egli è possibile, generale latore lettera dello czar al re giunge oggi, e sarà subito ricevuto, io penso che immediatamente dopo vedrò il re, e potrò te

765 ' Cfr. n. 767.

legrafarle di positivo. Ma, se la mia comunicazione dovesse tardare, conviene ormai, come ella propone', che l'agenzia Stefani pubblichi un telegramma da Darmstadt che, per ragioni indipendenti dalla sua volontà, l'imperatore deve differire la sua visita.

764 3 Il contenuto di questo telegramma fu comunicato a Zanardelli, a Maderno con T. riservato urgentissimo delle ore 17,55.

768

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

T. S.N. Pisa, 12 ottobre 1903, ore 23,25 (per. ore 6,35 del 13).

La prego comunicare al più presto alla agenzia Stefani questa informazione: "E' arrivato a Pisa, proveniente da Darmstadt, principe Dolgoruky latore di una lettera autografa dello czar al re d'Italia. Sarà ricevuto da Sua Maestà questa mattina alle 8 a San Rossore". Faccio comunicare anche qui questo telegramma alla agenzia per mezzo del prefetto. Alle 9 vedrò Sua Maestà e le telegraferò subito dopo l'udienza. Cordiali saluti.

769

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, A PISA

T. S.N. Roma, 12 ottobre 1903, ore 23,55.

Essendo mezzanotte e non avendo ricevuto, dopo il telegramma d'oggi', altra comunicazione di V.E. ho dato corso al telegramma Stefani da Darmstadt nei termini da lei approvati. Se la venuta e la missione del generale russo possono dar luogo a pubblicazione suscettibile di far buona impressione pregherei caldamente

V.E. di volermela telegrafare in chiaro acciocché io possa passarla alla agenzia Stefani2.

2 Cfr. n. 770.

767 l Cfr. n. 765.

769 l Cfr. n. 767.

770

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

T. S.N. Pisa, 13 ottobre 1903, ore 12,25 (per. ore 14).

Fui ricevuto da Sua Maestà dopo il principe Dolgoruky. In seguito al colloquio avuto ho fatto rimettere dal prefetto all'agenzia Stefani il seguente telegramma che può tosto comunicare anche all'agenzia Stefani di Roma: "L'aiutante di campo generale principe Dolgoruky ha rimesso questa mattina a S.M. il Re una lettera autografa de li'imperatore di Russia. S.M. l 'Imperatore manifesta il suo dispiacere di dovere differire la sua visita a Roma già stabilita per la fine del corrente mese"!.

771

IL CONSOLE A INNSBRUCK, BAROLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 2000/178. Innsbruck, 13 ottobre 1903 (per. il 17).

Ho l'onore di far pervenire alla E.V. un estratto dal giornale L'Alto Adige! dal quale rilevasi l'intenzione degli studenti italiani di promuovere una serie di conferenze e di fondare una specie di università libera, per creare un ambiente scientifico italiano nel quale possano formarsi le menti dei giovani che frequentano queste cattedre parallele italiane; più due articoli di giornali tedeschi che riferiscono la cosa commentandola.

L'attuazione di tale idea, per se stessa altamente lodevole e degna d'encomio, sarebbe anche opportuna e non intempestiva quando si trattasse (per le cattedre parallele) di uno stato di cose stabile e duraturo; ma dovendo esse, entro breve lasso di tempo, essere trasferite in altra città, non però ancora stabilita, della Monarchia; la cosa non farà che acuire inutilmente la divergenza fra le due nazionalità della provincia quando abbia a sortire esito se non favorevole almeno non del tutto nullo; ed avrà, quando non riesca affatto, inutilmente gettata un'ombra di ridicolo sui conati degli studenti italiani, come

564 già lo fece altra volta il tentativo fatto con tanta ostentazione ma poi non mantenuto e così miseramente abortito, quando malgrado l'intesa degli studenti che avevano pomposamente proclamato "tutti gli studenti italiani della Monarchia ad Innsbruck" si rilevò invece che il numero di essi era diminuito in confronto degli anni precedenti: ciò che permise al Governo di rispondere che erano poco seriamente dimostrativi i motivi addotti e che, data la creazione di una università italiana, numerosissimi studenti italiani avrebbero ancora continuato a frequentare le università tedesche, per apprendere così una lingua necessaria assolutamente per entrare in qualsiasi carriera governativa.

Se questi studenti italiani, i quali a mio avviso sono assai male consigliati, avessero atteso lo spirare del termine prefisso dal Governo pel trasferimento delle cattedre parallele italiane, e non ottenuto l'adempimento della promessa si fossero allora agitati per conseguire il loro intento, o per crearsi almeno un ambiente scientifico italiano nella città tedesca dove erano costretti a studiare; tutte le ragioni sarebbero state con loro, e le simpatie di tutti li avrebbero seguiti nella lotta acuitasi per la necessità di difendere la cultura nazionale; ma il volere far ora agitazioni quando è recente ancora la memoria dei disordini avvenuti in maggio, e non ancora dissipato il malcontento eccitato dalle pur troppo chiassose e continuate dimostrazioni studentesche in Italia, è veramente intempestivo ed è un voler deliberatamente provocare nuovi disordini, i quali purtroppo questa volta saranno di ben altra gravità di quelli precedentemente avveratisi.

Durante il lungo periodo delle agitazioni studentesche (o per meglio precisare socialiste) in Italia, il contegno degli studenti tedeschi è assolutamente doveroso il confessarlo, fu moderatissimo e lodevole; nessun insulto alla Casa Reale italiana, od alla bandiera nazionale, non chiassate o dimostrazioni avanti a rr. consolati, né ingiurie o vie di fatto, senza provocazione, contro sudditi italiani; ma appunto perché tale moderazione non può a meno di essere riconosciuta, sarebbe savio e prudente ora che non si riaccendesse una questione dolorosa, fomentando rivalità e diffidenze sempre più grandi, che dopo tutto non potranno che tornare a continuo danno dei trentini, ostacolando sempre più l'adempimento dei postulati per cui da tanto tempo essi inutilmente combattono: ciò che purtroppo non sembrano capire affatto alcune personalità del Regno2.

770 1 Si pubblica qui un passo di una lettera del 16 ottobre dell'an. Giovanelli a Giolitti (ACS, Carte Giolitti): «Mentre è viva nei giornali la polemica per la rifiutata visita dello czar io mi ricordava del pomeriggio del cinque giugno, quando tu entrando alla Camera in un momento in cui questa era un po' eccitata, mi chiedevi che cosa si facesse. Allora io ti rispondeva che sciaguratamente Baccelli rispondeva alla interrogazione di Morgari sulla venuta dello czar in Italia. Tu, dopo aver detto a me che si era deliberato di non rispondere, venivi al riguardo ad un diverbio un po' vivace con Cocco-Ortu. Alla sera poi mi dicevi il resto in via Venti Settembre 'quanti guai ha cagionato e cagionerà quella imprudenza del vanitosetto Baccellino'».

771 l L'allegato non si pubblica.

772

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, A PARIGI

T. S.N. Roma, 14 ottobre 1903, ore 20.

Essendo apparso in qualche giornale il dubbio che l'imperatore d'Austria-Ungheria avesse potuto influire sulla decisione dell'imperatore di Russia l'ambascia

tore Pasetti è venuto a protestare, in termini amichevoli, ma molto energicamente contro una simile supposizione. Fin da ieri avevo pregato Ronchetti di aiutarmi nel tagliar corto a simile leggenda che potrebbe, degenerando in polemica, procurarci nuove noje.

771 2 Questo rapporto fu comunicato al Ministero dell'interno con D. 61996/267 del 19 ottobre. Mal vano rispose a Baroli con D. 61866/149 del 19 ottobre: " .... approvo le sagge considerazioni che ella svolge in proposito".

773

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORINI, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI

D. SEGRETO 61127/1231. Roma, 14 ottobre 1903.

Ho letto con molta attenzione il rapporto della E.V. del 19 agosto scorso

n. 2739/10472, e ho considerato il delicato argomento che in esso è trattato.

La nostra azione in Etiopia, nei riguardi della questione della ferrovia, era ed è diretta appunto a tutela di un nostro interesse preciso e ben definito qual è quello di togliere alla concessione del 1894 fatta dal negus all'ingegner Ilg il carattere del monopolio su tutte le ferrovie etiopiche; e ciò si è ottenuto, facendo agire in prima linea il Governo britannico, tenendoci in seconda linea, e quindi senza assumere atteggiamento ostile alla Francia.

Non sarebbe stato possibile riuscire all'intento con un accordo con la Francia, dal momento che un interesse diametralmente opposto inspirava quest'ultima nell'agire presso il negus.

Non è da escludersi che anche con la Francia giunga il momento opportuno di una intesa per le cose etiopiche; ma, per ora, io debbo informarla in via confidenziale e per sola sua notizia, che, in questo momento, e prendendo le mosse dall'appoggio indiretto da noi dato alla Inghilterra per la questione delle ferrovie etiopiche, è in corso un importante segreto scambio di comunicazioni tra questo ministero e questa ambasciata britannica3 allo scopo di concretare una intesa tra l'Italia e l'Inghilterra nel comune interesse di regolare pel presente e per l'avvenire la situazione dell'una e dell'altra Potenza a tutela degli interessi reciproci in Etiopia e nei possedimenti italiani e britannici confinanti.

Se questo scambio di comunicazioni sarà, come spero, coronato dal successo di un utile accordo, mi affretterò a darne confidenziale notizia alla E.V.

La assicuro, intanto, che il r. ministro in Addis Abeba ha istruzioni di mantenersi nel più cauto riserbo in tutte quelle questioni che possano destare la suscettibilità della Francia.

773 I Questo dispaccio reca la firma di Morin che però il 14 ottobre era a Parigi. Cfr. n. 679.

2 Cfr. n. 679.

3 Cfr. nn. 698 e 755.

774

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, A PARIGI

T. 1588. Roma, 15 ottobre 1903, ore 19,30.

L'ambasciatore d'Inghilterra ha avuto da lord Lansdowne, con lettera privata, l'incarico di farle confidenzialmente conoscere che, a suo avviso, vi sarebbe grande vantaggio se, analogamente a quanto già fece l'Inghilterra, anche l'Italia e la Francia avessero modo di insistere presso l'Austria-Ungheria e la Russia per l'adozione di un programma di più larghe riforme in Macedonia e per la assegnazione di ufficiali europei, sei per ogni Potenza, trentasei in tutto, presso le truppe turche operanti in Macedonia. Lord Lansdowne fermamente confida nella adesione di lei. L'ambasciatore d'Inghilterra, ora a Napoli, verrà nella prossima settimana a sentire la risposta di lei. Ma intanto io mi affretto a telegrafarle quanto precede per il caso che V.E. creda di scandagliare in proposito le idee di codesto ministro degli affari esteri.

775

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

D. 61283/396. Roma, 15 ottobre 1903.

Dal maggiore Ciccodicola ricevo l'unito rapporto, nel quale egli riferisce circa le direttive che sarebbero state impartite dal Governo britannico al proprio agente in Addis Abeba a proposito della cooperazione etiopica nella campagna contro il Mad Mullah.

Il signor Clark ha detto al maggiore Ciccodicola di aver avuto ordine di comunicare al negus, che, in base all'accordo stabilito, dovrà ordinare a campagna ultimata alle sue truppe lo sgombro del territorio dei migiurtini nel caso le operazioni si svolgessero in quella zona.

Richiamo l'attenzione della E.V. su questo punto e sulle considerazioni che è tratto a fare in proposito il maggiore Ciccodicola, pregandola a voler fame oggetto di comunicazione a codesto Governo, nel caso lo credesse opportuno.

Il R. Governo quando ha stabilito, nella intesa col Governo britannico, la condizione dello sgombro delle truppe abissine, ha inteso naturalmente parlare di tutto il territorio di sfera d'influenza italiana quale è indicato nel memorandum del 29 giugno scorsoi comunicato a questa ambasciata d'Inghilterra.

ALLEGATO

IL MINISTRO AD ADDIS ABEBA, CICCODICOLA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 180. Addis Abeba, 24 agosto 1903.

Dal signor Clark, reggente interinale della locale agenzia britannica, mi è stato ieri riferito che le istruzioni da lui avute dal suo Governo in merito alla cooperazione delle truppe etiopiche nelle prossime operazioni contro il Mullah ed allo sgombero di esse dai territori italiani, portano soltanto l'ordine di comunicare a Menelik che dovrà, a campagna finita, far abbandonare il territorio dei migiurtini nel caso che le operazioni si svolgano in quella zona. Mi affretto a dare di ciò avviso a codesto ministero perché non mi sembra che questo sia precisamente lo spirito delle clausole concordate fra codesto Governo e quello britannico e che mi furono comunicate col telegramma 11752. Da una parte questa interpretazione data dal Governo inglese alla clausola relativa allo sgombero dei territori italiani semplificherebbe, per ora, la nostra situazione di fronte a Menelik per il fatto che sul territorio dei migiurtini non è intanto possibile alcuna contestazione ed il negus sa e riconosce che quella zona costiera costituisce un nostro protettorato ed è posta ad oriente di quel confine del 1897 che solo, come accenno in precedenti relazioni, può essere fonte di contrasti: inoltre è assai difficile che i 20 mila uomini chiesti dall'Inghilterra all'Etiopia per le prossime operazioni arrivino, dato pure che questa forza sia veramente mobilizzata, fino al territorio migiurtino, così lontano dall'altipiano etiopico e che così poco si presta alle esigenze di vita ed al metodo di guerreggiare delle colonne abissine. D'altra parte però questa istruzione data dal Governo britannico al suo rappresentante, contrasterebbe con lo spirito delle comunicazioni che codesto ministero fece a quel Governo nel promemoria 29 giugno u.s.3 ed ammetterebbe implicitamente che i territori ad occidente della zona migiurtina non sono soggetti alla clausola dello sgombro.

Mi riferisco su questo argomento alle mie precedenti comunicazioni e resto in attesa di eventuali ordini da parte di VE.

775 l Non pubblicato.

776

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1328/649. Vienna, 16 ottobre 1903 (per. il 20).

Nel suo numero di ieri l'altro il giornale ufficioso Fremdenblatt pubblica un articolo circa la visita delle LL. MM. il Re e la Regina a Parigi in cui rileva il significato pacifico di essa facendo notare che le aspirazioni di rivincita contro la Germania sono scomparse nella maggioranza del popolo francese, il quale dalla

775 2 Del 26 luglio, non pubblicato; per le clausole concordate cfr. n. 631. 3 Non pubblicato.

visita dei reali d'Italia non può trarre né trae conseguenze ostili ad altri popoli, il rinnovamento della Triplice Alleanza avendo convinti anche i più accaniti fautori della rivincita che l 'Italia nel proprio interesse considera come suo compito il mantenimento della pace in Europa.

Il giornale ripete quanto fu già detto altre volte che cioè gli alleati dell'Italia vedono con piacere il suo riavvicinamento alla Francia perché esso consolida la sua posizione e diminuisce gli attriti e perché, come il riavvicinamento tra la Russia e l'Austria-Ungheria relativamente alle questioni balcaniche, esso tende a rendere più sicura la pace. Esso smentisce categoricamente che l'assenza da Parigi dell'ambasciatore di Austria-Ungheria durante la visita dei sovrani d'Italia possa attribuirsi a ragioni politiche piuttosto che allo stato di salute del conte Wolkenstein già da parecchi mesi assente dal suo posto! e soggiunge che l'attenzione recentemente usata dall'imperatore Francesco Giuseppe verso S.M. il Re mandando un suo generale a salutarlo alle manovre basterebbe a far ritenere come infondata qualsiasi asserzione di giornali a questo proposito.

Nel suo numero di ieri il Fremdenblatt dopo avere riportato il brindisi pronunciato da S.M. il Re in risposta a quello indirizzatogli dal presidente della Repubblica francese, dice, che le sue parole mostrano precisamente l'indirizzo della politica italiana che contribuisce mediante la Triplice Alleanza ad assicurare la pace.

La Neue Freie Presse ed altri organi della stampa austriaca si associano a tale riguardo al modo di vedere del giornale ufficioso di sopra citato.

Il Neue Wiener Tagblatt in un articolo pubblicato oggi attribuisce poco valore alle espressioni pacifiche contenute ne' brindisi e rileva che in conclusione esistono rapporti più cordiali tra la Francia e l'Italia che non tra questa e l'Austria-Ungheria, sebbene la prima sia solamente amica e l 'ultima alleata dell'Italia.

777

IL PRIMO SEGRETARIO DELL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA, RODD, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO

L. CONFIDENZIALE. Roma, 16 ottobre 1903.

Le 9 octobrel sir Francis Bertie a communiqué a S.E. le Ministre la réponse de notre Gouvernement aux propositions soumises par le Gouvernement italien dans l'aide-memoire du 29 aoùt2 pour une action commune en Abyssinie.

Ayant reçu, depuis, les instructions dont il n'avait alors qu'un abrégé télégraphique, sir Francis désire ajouter à sa communication ce qui se trouve ci-inclus. Si le ministre n'était pas absent je crois que cette communication aurait été faite comme la précédente, verbalement, mais dans les circonstances actuelles je crois qu'il est mieux de vous transmettre textuellement une copie de ce que S.E. m'a chargé de dire.

ALLEGATO

16 ottobre 1903.

Sir Francis Bertie receveid on the 12th instant the instructions of which a summary had been forwarded to him by telegraph, which he had the honour to communicate to Admirai Morin on the 91h instant.

Sir Francis Bertie desires to add to that communication that His Britannic Majesty's Govemment fully appreciate the assistance which Colone! Harrington has recently received in his negotiations with the Emperor Menelek, and are equally with Italian Govemment desirous that the two representatives should continue to act together for the protection of the interests of the two Countries.

776 l La smentita era già stata comunicata da Nigra con T. confidenziale del 9 ottobre, non pubblicato. 777 l Cfr. n. 755. 2 Cfr. n. 698.

778

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, A PARIGI

T. S.N. Roma, 17 ottobre 1903, ore 23,25.

Il r. incaricato d'affari in Vienna telegrafai essergli stato detto da quel Ministero degli affari esteri che il nuovo progetto austro-russo di riforme doveva essere comunicato, probabilmente oggi stesso, sabato, alla Porta, e che la comunicazione alle altre Potenze ne sarà fatta prossimamente. Veramente da noi si riteneva che il nuovo progetto sarebbe stato comunicato alle altre Potenze, con richiesta di approvarlo, prima di essere presentato dai due ambasciatori alla Porta.

779

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, MALVANO, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, PANSA, E A PARIGI, TORNIELLI

D. CONFIDENZIALE 1. Roma, 18 ottobre 1903.

Dalla r. agenzia diplomatica in Cairo mi viene segnalato2 che quel ministro degli esteri, in una conversazione col nostro rappresentante, ha riconosciuto la

779 1 Il dispaccio fu inviato a Londra col n. 61855/401 e a Parigi col n. 61856/1241. 2 R. riservato 758/213 del IO ottobre, non pubblicato.

possibilità di un prossimo accordo anglo-francese circa l'Egitto, che potrebbe manifestarsi con una convenzione consolare, corrispondente, nella sostanza, a quella italo-francese del 1896 per la Tunisia. L'Inghilterra muterebbe, così, l 'attuale sua posizione politica di fatto in Egitto in una situazione di diritto, e, in un tempo non lungo, sempre secondo il suddetto ministro degli esteri, il nuovo stato di cose sarebbe certamente riconosciuto anche dalle altre Potenze.

Acchiudo copia del rapporto di quel r. agente, e le sarei grato se potesse, assumendo riservatamente opportune notizie, fornirmi, circa un argomento così grave, ed interessante per noi, il modo di discernere quanto possa essere di vero nelle informazioni trasmessemi dal nostro rappresentante in Cairo.

778 l T. 20 l O, pari data, non pubblicato.

780

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AGLI INCARICATI D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, E A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. 16101. Roma, 20 ottobre 1903, ore 20.

Il Governo britannico ci fa confidenzialmente conoscere avere insistito a Vienna ed a Pietroburgo per l'adozione di un programma più largo di riforme e per l'assegnazione di ufficiali europei, sei per ogni Potenza, trentasei in tutto, presso le truppe turche operanti in Macedonia2. Lord Lansdowne confida che anche l'Italia appoggi queste sue pratiche. Nostro desiderio è soprattutto che si mantenga, di fronte alla Sublime Porta, l'unanimità delle Potenze. Saremmo lieti se questa unanimità si potesse conseguire per i concetti messi innanzi dall'Inghilterra; concetti ai quali, per parte nostra, non esitiamo a dichiararci pienamente favorevoli. La prego di chiedere costì e di telegrafarmi se della proposta inglese è stato tenuto conto nello elaborare il testo definitivo che le due ambasciate, l'austroungarica e la russa, dovranno presentare alla Porta. Osservo, a questo riguardo, che secondo il tenore delle comunicazioni fattemi dalle due ambasciate qui, e segnatamente dal tenore della comunicazione scritta rivoltami il 4 ottobre dall'ambasciata di Austria-Ungheria, avrei ragione di credere che le istruzioni identiche per i due ambasciatori a Costantinopoli saranno comunicate alle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino, non appena definitivamente formulate, e quindi prima di essere comunicate alla Porta3.

780 t Questo telegramma fu comunicato alle ambasciate a Berlino, Costantinopoli, Londra e Pari

gi e ali' agenzia a Sofia con T. 1611, pari data.

2 Cfr. n. 774.

3 Per le risposte cfr. nn. 781 e 782.

781

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 20231. Vienna, 21 ottobre 1903, ore 14,30 (per. ore 18).

Il signor de Merey mi ha detto che la maggior parte delle proposte inglesi sono contenute nel progetto di riforme relative alla Macedonia concertate tra i Governi di Austria-Ungheria e di Russia, ma che esse vi erano già comprese prima che fossero fatte dal Governo britannico. Egli mi ha confermato che il progetto sarà comunicato alla Sublime Porta probabilmente domani, e, immediatamente dopo, alle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino. Il contenuto del progetto è già noto agli ambasciatori di Austria-Ungheria accreditati presso queste.

782

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2025/56'. Pietroburgo, 21 ottobre 1903, ore 19,30 (per. ore 20,25).

Il principe Obolensky mi ha detto che senza che la idea sia stata presa dalla Gran Bretagna nel fatto, qualche cosa di presso a poco equivalente si trova nelle proposte austro-russe per la Macedonia. Un numero degli ufficiali delle Grandi Potenze non fissato, ma secondo il bisogno, sarà incorporato alla gendarmeria che avrà a capo un generale turco-cristiano. Da ciò che ho potuto rilevare la proposta austro-russa richiede la nomina di un commissario turco con a lato due aggiunti l'uno russo e l'altro austriaco. Come ho avuto l'onore di telegrafare all'E.V. il 19 corrente n. 532, qui si è fermi nel proposito di comunicare il testo delle proposte alle Potenze firmatarie del Trattato di Berlino soltanto dopo che le note sono state presentate alla Sublime Porta sostenendo che le Potenze per le dichiarazioni fatte alle pratiche di un mese fa dalla Russia e dali'Austria hanno espresso la loro fiducia nell'azione delle due Potenze.

2 T. 2018/53, non pubblicato.

781 l Risponde al n. 780.

782 l Risponde al n. 780.

783

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2031/121. Londra, 21 ottobre 1903, ore 9,47.

Ho avuto occasione di intrattenere il marchese di Lansdowne nel senso dell'ultimo telegramma di V.E.l circa riforme Macedonia. Sua Signoria mi disse che dopo comunicazione austro-russa del 5 ottobre, egli più nulla aveva sentito dell'azione delle due Potenze e che solo dai giornali aveva rilevato notizia di qualche passo preliminare fatto a Costantinopoli da Calice e da Zinowieff. Egli si proponeva quindi di domandare qui all'incaricato d'affari austro-ungarico a quale punto stessero le cose.

(Confidenziale) Ho potuto accorgermi che questo prolungato silenzio dei due Gabinetti è notato con sorpresa al F oreign Office, o ve, anche dal lato della forma, esso produce in certo qual modo impressione come di una mancanza di riguardo.

784

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1900/888. Berlino, 21 ottobre 1903 (per. il 24).

Col rapporto n. 879 in data del 17 corrente! il r. incaricato d'affari ha reso conto deli 'attitudine osservata da questa stampa rispetto al viaggio delle Loro Maestà a Parigi, mettendo in speciale rilievo il silenzio de' giornali maggiori, degli ufficiosi, intorno a questo argomento. Quel silenzio dura tutt'ora. La rivista sulla «politica estera della settimana» che suoi pubblicare la Kreuzzeitung il mercoledì e che è dovuta alla penna di redattore ammesso a frequentare il Dipartimento di Stato, ignora completamente che i nostri augusti sovrani abbiano reso visita a Parigi. Anche le persone appartenenti a questi circoli ufficiali, primo tra esse lo stesso segretario di Stato per gli affari esteri, tacciono o cercano di tacere il più possibile.

Tutto questo premesso in linea di fatto io non esito a manifestare all'E.V. il mio apprezzamento circa l'impressione che qui può aver prodotto il viaggio di Parigi: apprezzamento, determinato sia da qualche parola giunta ai miei orecchi sia dalla mia conoscenza di questo ambiente. La fede dell'Italia ai patti stipulati non viene messa in dubbio; ma il viaggio di Parigi, specie nelle circostanze in cui esso si è svolto, qui non può avere gradevolmente impressionato. Ciò per motivi

784 l Non pubblicato.

che direi di forma e di sostanza. Di forma, perché le speciali espansioni verso il signor Loubet, il trattamento ufficiale, sullo stesso piede del sovrano e del presidente della Repubblica non hanno incontrato il gusto di questo ambiente in cui tutto respira il più profondo, devoto e sentito rispetto per il principio monarchico. Di sostanza, perché, pur non ponendosi in dubbio la nostra fede, quanto è accaduto a Parigi è stimato di natura da minacciare non l'esistenza ma il prestigio e l'efficacia dell'alleanza. Se e fino a qual punto questa non favorevole impressione sarà giustificata verrà dimostrato dai fatti, dalla azione che, per parte nostra, seguirà al viaggio di Parigi. E' appunto per non pregiudicare tale dimostrazione attesa dallo svolgersi degli avvenimenti che presentemente il viaggio di Parigi non è fatto oggetto di commento, né in pubblico né in privato, in luogo competente ed autorizzato.

Ho creduto mio dovere esporre a V.E. con franchezza la mia opinione -sicuro, per altro, che l 'attitudine futura del Governo del re sarà tale da dileguare qui ogni preoccupazione a nostro riguardo. Ciò, a mio modo di vedere, è di non lieve importanza in questo momento non solo per quanto concerne le nostre relazioni politiche ma anche per quanto si riferisce alle nostre relazioni commerciali colla Germania. Come risulta dai rapporti del r. incaricato d'affari, questo Governo travasi ora impegnato in negoziati commerciali con diverse Potenze. La necessità di provvedere a sistemare i rapporti commerciali itala-germanici può ben considerarsi come imminente. E per tale eventualità in vista è indispensabile nel nostro interesse che le relazioni tra Roma e Berlino poggino sopra una base di cordialità2.

783 l Cfr. n. 780, nota l.

785

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, E ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

D. T Roma, 23 ottobre 1903.

Mi affretto ad accusare ricevuta e ringraziare del rapporto di codesta ambasciata (Per Berlino) n. 879 del 17 corrente (Per Vienna) n. 649 del 16 corrente2.

Poiché l'opportunità me ne è fornita, mi giova mettere bene in sodo che il viaggio dei nostri sovrani a Parigi, atto di alta cortesia, ha bensì riconferrnato la reciproca amicizia tra l'Italia e la Francia, definitivamente eliminando anche ogni ricordo di malintesi che l'avevano turbata, ma ha lasciato immutata la situazione politica dell'uno e dell'altro Paese, situazione determinata dalle rispettive loro alleanze, e soltanto ha fornito l'occasione di accentuare il carattere pacifico e lo scopo di pace che è comune ad entrambe.

785 1 Il dispaccio fu inviato a Berlino col n. 62745/518 e a Vienna col n. 62746/542. 2 Cfr. n. 776; il rapporto da Berlino non è pubblicato.

784 2 Cfr. in proposito i nn. 785 c 796.

786

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE DI RUSSIA A ROMA, NELIDOV

L. Roma, 23 ottobre 1903.

Mon absence de Rome m'a jusqu'ici empèché de répondre à la note que V.E. m'avait fait l'honneur de me remettre, au sujet de la visite de Leurs Majestés l'Empereur et l'Impératrice de Russie à la Cour royale, le 10 de ce moisl, la veille du jour où j'allais rejoindre S.M. le Roi, mon auguste souverain, pour l'accompagner à Paris. Je n'ai cependant pas manqué, ainsi que j'ai eu l'occasion de le dire a V.E., de porter immédiatement à la connaissance de S.M. le Roi le message que votre note contenait de la part de Leurs Majestés Impériales.

V.E. -a bien voulu me faire connaìtre, par sa note, d'avoir recuelli, en vue du voyage, officiellement annoncé, de Leurs Majestés Impériales à Rome, des impressions d'après lesquelles, malgré toutes les mesures de prévoyance possibles, des incidents fàcheux auraient pu se produire, et qu'elle s'est trouvée par conséquent obligée de soumettre ses impressions à son auguste souverain en exprimant l'avis que le voyage impérial fùt ajoumé: sur les considérations exposées par V.E. l'ajoumement a été en effet décidé. V.E. -n'a sans doute pas oublié nos entretiens du 30 septembre et du 2 octobre2.

2 Cfr. in proposito i nn. 743 e 749. Si pubblicano qui due passi di una lettera di Rattazzi a Giolitti del 23 ottobre (ACS, Carte Giolitti, ed. in Dalle carte di Giovanni Giolitti, vol. II, cit., pp. 322-324): «So certo che qualunque sia il consiglio che verrà dato a Zanardelli, da Saracco (e questo certamente contrario), da Biancheri e da altri, il re seguendo la corrente della pubblica opinione, ha già fermamente deciso di affidare a te l'incarico della composizione del nuovo Gabinetto. E so pure, con non minore certezza, che il re ti richiederà con cortese imposizione la conservazione di Morin al Ministero degli esteri per due considerazioni: l o la convenienza di non fare mutazioni al ritorno da Parigi, ove il Morin ha avuto colloquii importanti con Delcassé, 2° per escludere, anzi smentire il dubbio diffuso nel pubblico che la dimissione di Zanardelli sia avvenuta per la mancata visita dello czar... .Io ritengo che sia un errore che tu non dcvi e non puoi subire; Morin è inetto, e soprattutto non può affrontare la grave questione dei trattati di commercio di cui la soluzione è urgente e peserà sull'avvenire del Paese. Aggiungi che anche nella vertenza della visita dello czar Morin ha commesso e continua a commettere spropositi, che ora sono conseguenza di puntigli di mente piccina. Non vi ha dubbio che tutto il torto è dalla parte della diplomazia russa, e specialmente del Nelidow. Ma anche il Morin nulla fece a tempo opportuno per accaparrarsi il Nelidow, che conosceva quale persona nervosa e impressionabile. E ora non rimane altro che metter calma; impedire, per quanto sia possibile, le discussioni in Parlamento e nei giornali, non solo per togliere alla mancata visita il carattere di offesa che non sappiamo né possiamo vendicare, ma anche per dar modo allo czar e alla sua diplomazia di pensare ad una riparazione. Invece il Morin pensa di pubblicare un libro verde sulla quistione visita; dà ad Arbib c ad altri giornalisti appunti per far attaccare il Nelidow; sogna e mira a costringere il Governo russo a richiamare il Nelidow. Si ripeterebbe la follia di Prinetti con la Svizzera, e se allora pagammo lo scotto del brutto incidente con la denunzia del trattato di commercio da parte della Svizzera, un malumore con la Russia avrebbe ora ben più gravi e durature conseguenze. Credi, caro amico, che traversiamo uno dei più tristi momenti della vita pubblica italiana per la politica estera. La Francia ci abbraccia, ma anche troppo e non ci affida; l'Austria è offesa, irritata per l'irredentismo, l'albanismo e tutte le quistioni adriatiche, e ci attende al varco per suonarci; la Germania diffida di noi per i nostri amoreggiamenti con la Francia; ora irritiamo anche la Russia -e che ci rimane? La piazza, le dimostrazioni, le pagliacciate. Con le quarantottate e coi colpi di testa si finisce al Trattato di Berlino e a Adua».

Rentrée à Rome, elle me manifestait des préoccupations auxquelles j'ai été en mesure d'opposer les affirmations les plus positives.

Après avoir interrogé le président du Conseil et conféré avec le sous-secrétaire à l'intérieur, j'ai pu, dans l'entretien du 2 octobre, donner à V.E. l'assurance absolue que nos populations feraient aux souverains russes le meilleur des accueils, et que toute crainte d'incidents fàcheux devait ètre écartée. V.E. m'a paru convaincue: elle m'avait dit qu'elle allait aussitòt télégraphier pour se mettre à mème de nous annoncer la date précise et l'itinéraire du voyage. J'ignore à quelles autres sources V.E. a puisé les renseignements qui l'ont amenée à déconseiller le voyage dans !es circonstances actuelles. Mais je dois, de mon còté, et à décharge de ma responsabilité, confirmer ici les déclarations officielles que j'ai eu l'honneur de faire à V.E., dans notre entretien du 2 octobre, à l'égard des conditions dans lesquelles la visit~ des souverains de Russie se serait accomplie.

786 l Cfr. n. 757.

787

IL MINISTRO A LISBONA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 390/192. Lisbona, 24 ottobre 1903 (per. il 30).

A norma del colloquio che ho avuto l'onore di avere con V.E. in Roma nel settembre u.s. io, dopo aver rimesso le mie lettere di richiamo a S.M. il Re don Carlos, menzionai a Sua Maestà che mi rincresceva terminare la mia missione presso il sovrano del Portogallo che sempre si era mostrato così benevolo per me, che speravo, in avvenire, rivederlo e presentargli i miei profondi ossequi forse a Parigi e forse anche in Roma.

Il re don Carlos subito, con aria sorridente e gentile, mi rispose: «credete pure che io andrei molto volentieri a Roma se la cosa potesse combinarsi».

Ringraziai Sua Maestà di questi sentimenti.

Avendo poi oggi visto il presidente del Consiglio, consigliere Hintze Ribeiro, io gli accennai che non essendo più ministro d'Italia a Lisbona rimanevo amico leale e sincero del Portogallo e dei portoghesi, di cui apprezzavo le belle doti osservate nel tempo della mia missione, e come tale credevo dovere accennare che una visita del re don Carlos in Roma sarebbe una ottima idea per rendere ognor più simpatici i rapporti itala-portoghesi.

Il consigliere Hintze Ribeiro mi rispose: «Credete pure che è un vivissimo desiderio e del re e del Governo portoghese di combinare in avvenire questa visita: studiamo la cosa ed aspettiamo di vedere cosa farà il presidente della Repubblica signor Loubet». Il ministro dell'estero consigliere Venceslau de Lima mi parlò, quasi, nello stesso senso: mi disse persino, «che dopo l'elezione del pontefice Pio X si era occupato di studiare un modus procedendi per combinare una visita del re del Portogallo a Roma a S. M. il Re d'Italia e che persino aveva pensato di prendere lui l 'iniziativa pei capi di Stato cattolici; ma poi visto la delicatezza dell'argomento aveva pensato che sarebbe meglio lasciare l'iniziativa al presidente della Repubblica signor Loubet. Ma che, senza verun dubbio, se la cosa poteva accomodarsi il re di Portogallo vorrebbe venire a Roma prima di tutti gli altri sovrani cattolici».

Sono stato felice di terminare la mia missione in Portogallo con queste dichiarazioni dei principali personaggi del Portogallo su una questione così delicata, ardua e difficile come quella della visita a Roma di S.M. Fedelissima.

788

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 1633. Roma, 25 ottobre 1903, ore 13,45.

Gli ambasciatori di Austria-Ungheria e di Russia mi hanno jeri consegnato copia delle istruzion, identiche impartite dai due Governi ai rispettivi loro ambasciatori in Costantinopoli e che questi, sotto forma di proposte, hanno presentato alla Sublime Porta. Mi astengo dal riprodurne qui il testo essendo stato ora pubblicato dalle agenzie. I due ambasciatori avendo manifestato, in nome dei loro Governi, il desiderio che il Governo del re appoggi quelle proposte presso la Sublime Porta, ho risposto che le avrei sollecitamente esaminate con la speranza che anche nella presente circostanza possa esplicarsi l 'azione concorde delle Grandi Potenze. Non ho taciuto, a questo riguardo, che uno scambio preliminare di idee circa quelle proposte avrebbe probabilmente reso possibile una simultanea azione di tutte le Potenze, mentre il procedimento ora seguito può lasciar supporre alla Porta che sia venuta meno, nell'opera delle Potenze, quella identità di atteggiamento che ne costituisce la maggior efficacia.

(Per Parigi, Londra e Berlino) Prego informarsi e telegrafarmi senza indugio in quale forma, ed eventualmente in quale misura, codesto Governo intende appoggiare a Costantinopoli le proposte dei due ambasciatori l.

(Per Costantinopoli) Mi riservo di impartirle ulteriori istruzioni. Se però i colleghi di Francia, di Germania e di Inghilterra sono autorizzati ad appoggiare le proposte dei colleghi di Austria-Ungheria e di Russia, l'E.V. vorrà, fin da ora, considerarsi del pari autorizzata, attenendosi, per la forma ed i termini dei suoi uffici, a quanto si proporrà di fare il collega d'Inghilterra.

788 l Per le risposte cfr. nn. 790, 791 e 795.

789

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, MALASPINA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2046/l I4. Therapia, 25 ottobre 1903, ore 18,10 (per. ore 20,25).

Una commissione ministeriale è stata convocata ieri a Palazzo per esaminare memorandum austro-russo relativo alla Macedonia e preparare progetto di risposta da sottoporsi al Consiglio dei ministri. Nelle sfere ufficiali ottomane memorandum ha prodotto penosa impressione, e prevale concetto spiccato non possa venire accettato perché lede diritti sovranità Turchia sopra parte Impero, e racchiude misure che praticamente non possono essere applicate. Non è forse escluso che, ove Turchia si induca ad opporsi alle proposte austro-russe, essa faccia al riguardo qualche comunicazione alle altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino t.

790

L'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2051/144. Berlino, 26 ottobre 1903, ore 15,50 (per. ore 17,05).

Risposta ai telegrammi 1633 e 16371. Ho avuto stamane una conversazione confidenziale a questo Dipartimento degli affari esteri sulle proposte austro-russe. Esse, anche presso questo Governo, non incontrano piena approvazione, perché ritenute di difficile attuazione pratica. Fedele, però, alla linea di condotta sua nelle cose di Oriente, il Gabinetto di Berlino ha dato ordini al suo ambasciatore a Costantinopoli di limitarsi a suggerire alla Sublime Porta di intendersi colle due Potenze proponenti e di astenersi dal pronunziarsi in qualsiasi modo sul merito delle proposte in questione.

791

L'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2053/123. Londra, 26 ottobre 1903, ore 17,30 (per. ore 20).

Marchese Lansdowne mi ha or ora ricevuto prima della visita dei rappresentanti austriaco e russo che verranno oggi a chiedergli appoggio alle note proposte

presso la Sublime Porta. Sua Signoria risponderà che egli si riserva di considerare con spirito amichevole quelle proposizioni le quali meritano un attento esame, mentre alcune di esse richiedono ulteriori chiarimenti; ma che frattanto il linguaggio dell'ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli sarà concepito in modo da evitare di produrre nella Sublime Porta impressione di una qualunque divergenza delle Potenze che potrebbe incoraggiarla a resistere contro il principio essenziale delle contemplate riforme.

789 l Questo telegramma fu ritrasmcsso con T. 1637, pari data, alle ambasciate a Berlino, Londra, Pietroburgo e Vienna e all'agenzia a Sofia.

790 l Cfr. nn. 788 e 789, nota l.

792

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 1230/496. Londra, 26 ottobre 1903 (per. il 2 novembre).

In seguito alle istruzioni impartitemi dall'E.V. nel dispaccio del 6 ottobre corrente (n. 382) 1 , avevo manifestato al marchese di Lansdowne (come ho già avuto l'onore di riferire nel mio rapporto del 15 corrente n. 476)2 il desiderio del R. Governo che, qualora le truppe abissine, impegnate nelle operazioni militari contro il Mullah in Somalia, dovessero impossessarsi di bestiame appartenente a tribù poste sotto il protettorato deli'Italia, gli ufficiali inglesi addetti a quelle truppe avessero a prendere nota di tali requisizioni allo scopo di poterle poi compensare ai proprietari. Mi è ora pervenuta in proposito una nota del Foreign Office della quale credo dover trascrivere qui appresso la traduzione:

«La comunicazione di V.E. si è incrociata con quella, inviatale dal Foreign Office il 13 corrente, contenente l'esposizione del piano di campagna contro il Mullah e dalla quale risulta che non vi è l 'intenzione di spingere le truppe abissine più ad oriente di Waldair e di Galadi, regioni nelle quali, a quanto consterebbe (as I understand), non esistono tribù che godano effettiva protezione italiana. In vero, l'incaricato di affari in Roma ebbe il 16 luglio u.s.3, dall'ammiraglio Morin l'assicurazione che questi ben si rendeva conto della inabilità del Governo britannico ad assumere responsabilità per i danni che potessero derivare dal passaggio di una colonna abissina attraverso territori non occupati effettivamente dali 'Italia e che le regioni ove il Governo italiano riteneva avere interessi reali, erano quelle lungo la costa e a una certa distanza nell'interno. È superfluo confermare che il Governo britannico tiene moltissimo, tanto nel suo interesse quanto in quello de li 'Italia, a che gli alleati abissini si astengano con ogni cura dal molestare o recar danno al alcuna tribù neutrale od amica. Il fatto che ufficiali britannici siano stati designati ad accompagnare il corpo di spedizione abissino e che assistenza viene data a questo pel rifornimento di viveri e trasporti indica

2 R. 1181/476, non pubblicato.

3 Cfr. n. 631.

come sia vivo il desiderio del Governo britannico di prevenire ogni irregolarità per quanto da esso possa dipendere: ma oltre a questo, esso non può assumere alcuna responsabilità in regioni ove non risulta che vi sia alcuna autorità costituita od organizzazione di tribù abbastanza forte per assicurarvi il mantenimento dell'ordine».

Mi pervennero frattanto i due dispacci di V.E. in data del 154 e 175 corrente, egualmente relativi alla prossima spedizione. Alla domanda fattami circa le istruzioni impartite dal Governo inglese per la cacciata del Mullah, risponde per ora la comunicazione del sovracitato piano di campagna trasmesso col mio rapporto del 15 ottobre (n. 476).

Il successo di queste operazioni sarebbe certamente agevolato se a noi fosse possibile di fare dal lato della costa qualche movimento che probabilmente riuscirebbe a rigettare il Mullah incontro all'una o all'altra delle colonne alleate nel loro avanzarsi dal nord e dal sud-ovest. Sono abbastanza edotto delle circostanze che distolgono il R. Governo da ogni simile azione. Ma d'altra parte sarebbe inutile il dissimularsi come la nostra astensione dal partecipare in modo effettivo al ristabilimento dell'ordine nei territori di quel protettorato, indebolisce alquanto la nostra situazione verso coloro che si trovano costretti a intervenirvi a tutela della propria sicurezza. Non devo tacere a V.E. che nelle diverse occasioni che ebbi di reclamare presso il F oreign Office per l'una o l'altra delle misure prese o da prendersi colà dalle autorità inglesi, mi fu più di una volta espressa la speranza di un qualche nostro concorso anche in terra ferma; al che io sempre dovetti rispondere coli' escluderne la possibilità.

Quanto alla informazione riferita nel rapporto da Addis Abeba annesso al dispaccio di V.E. del 15 ottobre, circa l'avvertenza fatta colà dal ministro inglese limitatamente allo sgombero del territorio dei migiurtini da parte delle truppe abissine che dovessero operarvi, tutto indica che il detto territorio fu espressamente specificato, come quello dove il protettorato italiano è già esplicitamente riconosciuto e dove riuscirebbe poi di maggior danno l'eventuale presenza di quelle truppe. Non mi sfugge il significato della riserva di massima implicato nelle istruzioni datemi da V.E., di qui ricordare cioè, nel caso che io lo credessi opportuno, che a campagna finita l'evacuazione degli abissini «dovrà applicarsi a tutto il territorio delle sfera d'influenza italiana indicato nel memorandum rimesso il 29 giugno6 all'ambasciata britannica in Roma». Noto però che quel memorandum limitandosi ad accennare che lo hinterland italiano verso l'Abissinia «si estende fino a incontrare i domini etiopici», constatava che il punto di codesto incontro non venne sin qui determinato. Ciò essendo, ed in presenza delle dateci assicurazioni (conformi pure alle previsioni del r. ministro in Addis Abeba) che l'avanzata degli abissini non giungerà oltre Galadi, non so se mi convenga usare della facoltà deferitami da V.E., per procedere qui ad un passo ufficiale il quale, se riferito per esempio a Waldair e Galadi, implicherebbe una formale notificazione dei nostri reclami su quelle regioni dove appunto il confine comincia ad essere contestabile.

s D. 61730/400, non pubblicato.

6 Non pubblicato.

Con questo non intendo entrare nella questione sostanziale, se cioè convenga

o meno all'Italia di cercare estensioni ulteriori di sfere d'influenza in territori dove essa non si trova in grado di assumere le correlative responsabilità: questione sulla quale V.E. conosce il mio parere personale, ma la cui decisione di massima non può appartenere che al R. Governo. Qui intendo soltanto sottoporle il dubbio che, per il caso attuale, mi è suggerito dalle istruzioni impartitemi a titolo facoltativo dal citato dispaccio di V.E.

792 l D. 59518/382, non pubblicato.

792 4 Cfr. n. 775.

793

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, MORRA DI LAVRIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE S.N. Viareggio, 26 ottobre 1903 (per. il 5 novembre).

Per quanto, oltre al carteggio ufficiale, con alcuni telegrammi riservatissimi e con lettere parimenti riservate personali ali' E. V., abbia procurato man mano di tenere il Governo al corrente deli'andamento delle pratiche relative al viaggio in Italia di S.M. l'Imperatore di Russia, doverosa restituzione alla visita fatta da

S.M. il nostro Augusto Sovrano alla Corte imperiale, non mi par un fuor d'opera riassumere succintamente le varie fasi della questione, fino all'infausto risultato dell'aggiornamento di detta visita.

Il giorno 27 luglio dell'anno scorso S.M. il Re partiva da Peterhoff salutato dall'imperatore colle parole: «a rivederci a Roma».

Si era dall'imperatore accennato alla possibilità di restituire la visita al maggio od all'autunno, lasciando imprecisata la scelta fra le due epoche, malgrado che il nostro re indicasse come preferibile il mese di maggio.

Il saluto dell'imperatore al momento della partenza corrispondeva pienamente alle assicurazioni datemi ripetutamente dal conte Lamsdorff, quando appunto io intraprendeva, con serio proposito di trame il maggior utile possibile per il Paese, la preparazione della visita del nostro augusto sovrano. In un colloquio avuto nell'aprile di quell'anno, la questione dello scambio delle visite era ampiamente sviscerata sotto ogni aspetto e naturalmente anche in riguardo alla visita al Vaticano. Eravamo in pieno accordo; il conte Lamsdorff non prevedeva nessuna difficoltà e prendeva formale impegno che avverandosi la visita di S.M. il Re d'Italia a Pietroburgo, la visita sarebbe restituita in Roma dall'imperatore ospite del Quirinale.

Il conte Lamsdorff fu sempre con me franco e leale: alieno dal prendere facilmente impegni, sa mantenere la parola data.

Di ciò convinto, venuto io allora in Italia, assunsi verso il nostro Governo tutta la responsabilità della restituzione alla visita del nostro re, solo facendo le mie riserve in quanto all'epoca. In Russia tutto si decide lentamente, e in cose così delicate conviene lasciare molta libertà d'azione onde non urtare in nessun sentimento ostile; e sapevo che velleità di opposizione non avrebbero mancato.

Così venne il nostro augusto sovrano a Peterhoff e a Pietroburgo, e vi ebbe le migliori accoglienze, famigliari e grandiose ad un tempo, improntate a sentimenti che, ripercuotendosi direttamente sull'intiera Nazione italiana, dovevano servire a vieppiù stringere i nodi d'amicizia non solo fra i due capi dello Stato, ma fra i popoli stessi. A rilevare l'importanza che dava a tal fatto, l'imperatore cominciava il suo brindisi ufficiale col manifestare la sua viva gratitudine all'augusto ospite, per aver principiato dalla Russia le sue visite ai sovrani esteri.

Nessun serio contrasto pareva pertanto doversi opporre alla prossima restituzione della visita. A mantenerne vivo il pensiero spesso, fin dal principio di quest'anno, io ne discorreva col conte Lamsdorff, e si accarezzava assieme la speranza che essa potesse aver luogo nella primavera. Di egual cosa si lusingava l'ambasciatore Nelidoff, quanto noi persuaso che più presto venisse la visita, più utile ne sarebbe stato l'effetto. Lamsdorff e Nelidoff si mostrarono sempre con me premurosi di questo viaggio, convinti di così tutelare il decoro del proprio sovrano.

Siffatto concorso doveva secondo me bastare a vincere le non molte opposizioni, fomentate specialmente da uomini di Corte e dell'alta società, personaggi abituati a considerare la personalità dell'imperatore come qualche cosa di eccezionale che sfugge ai doveri degli altri sovrani. Parevami d'altronde troppo strano che uomini di una certa levatura, posti in posizione tale da poter ben giudicare di ogni cosa, si lasciassero acciecare da vieti pregiudizi al punto da perdere la serena visione dell'imprescindibile dovere del loro sovrano. D'altra parte, essendo anche con loro in buoni rapporti, io non tralasciavo mai in ogni occasione dal combattere i loro insussistenti timori, e dali 'insistere sulla assoluta necessità della sollecita restituzione della visita.

Al principio del mese di marzo S.M. l'Imperatore incaricò il conte Lamsdorff di prevenirmi, perché io ne dessi avviso a Sua Maestà, che egli non poteva per affari di Stato allontanarsi in primavera da Pietroburgo, e che il suo viaggio avrebbe luogo in autunno. I

In Italia, al primo momento, quest'annunzio non fu considerato, quale effettivamente era, come una conferma della promessa verbalmente fatta al nostro re: si riteneva in generale che la visita fosse intesa pel maggio, e pare che il signor Nelidoff avesse contribuito col suo contegno, pel vivo desiderio che ne aveva, a mantenere viva questa illusione. Per conto mio non aveva nulla mai assicurato in proposito, ché anzi, come già dissi, fin da principio avevo fatte le mie riserve in quanto ali' epoca.

A tranquillare gli animi si sarebbe pertanto desiderata qualche pubblica affermazione della promessa per l'autunno2. Ma in Russia un atto qualsiasi dell'imperatore non viene mai annunziato preventivamente, e quindi il chiedere una dichiarazione non consentita dalle consuetudini, oltre che a riescire opera vana, poteva a mio parere essere interpretato come prova di una diffidenza ingiustificata3.

Il mio convincimento però era incrollabile e continuai ad assumere con sicura coscienza presso il Governo l'intiera responsabilità della restituzione della visita

2 Cfr. n. 395.

3 Cfr. n. 397.

in Roma. In una mia lettera del 14 marzo, personale riservata all'E.V.4, io affermava che l'opposizione sarebbe sconfitta, e che, salvo circostanze veramente imprevedibili, tutto si sarebbe passato con piena soddisfazione dei legittimi desideri dell'Italia. Fin d'allora io accennava alla cresciuta influenza del ministro dell'intemo signor Plehwe: faccio ciò notare perché, come si vedrà in seguito, non giudico tal fatto estraneo a quanto purtroppo è successo. Intanto io non mi ristava dal continuare a combattere le opposizioni e dal valermi di ogni circostanza per tener vivo il pensiero del viaggio dell'imperatore in Italia.

Verso la metà di maggio avendo avuto l'onore di trovarmi con le Loro Maestà Imperiali ad una colazione da S.A.I. la Granduchessa Maria Pavlova, l'imperatore ebbe la bontà di discorrere lungamente con me, parlandomi del gran piacere che avrebbe avuto venendo a Roma assieme all'imperatrice presso il nostro re, e, sapendo che io mi recavo in Italia, m'incaricò dei suoi cordiali saluti per i nostri sovram.

Io mi trovavo a Roma quando successe lo scandalo promosso dal deputato Morgari colla sua interrogazione sulla visita dello tzar. Ne rimasi grandemente impressionato. Avevo, non molto tempo prima, preso tutta la responsabilità della restituzione della visita, salvo circostanze veramente imprevedibili, ed ecco sorgere appunto all'improvviso un incidente altamente deplorevole che alla visita si riferiva.

Tuttavia non mi smarrii d'animo. Al mio ritorno a Pietroburgo insistetti nella campagna intrapresa onde non lasciare affievolire il sentimento della necessità della restituzione della visita. Il conte Lamsdorff non era per nulla mutato, gli oppositori non mi parvero aver aumentato di audacia, per quanto il doloroso incidente loro desse certamente valido argomento su cui appoggiarsi. Non si poteva invero meglio servire i loro interessi.

Il 30 luglio l'E.V. con dispaccio riservatissimo5 mi dava norma di linguaggio sul delicato soggetto.

Non si presentava apertamente nessuna ragione d'allarme. Volli tuttavia accennare alla cosa in una delle conversazioni avute in quei giorni col conte Lamsdorff, ma egli non ebbe l'aria di darvi importanza, onde dovetti conchiudere che le notizie ricevute dal signor Nelidoff, che ancora si trovava a Roma, erano pienamente rassicuranti. Ciò del resto non mi stupiva, poiché, durante il mio soggiorno in Italia, avendo avuto a quel proposito una conversazione col signor Goubastow ministro di Russia presso il Vaticano, non lo avevo trovato punto allarmato: eguale quindi doveva essere l'impressione sul signor Nelidoff.

A maggiormente rinfrancarmi nel mio giustificato ottimismo, valsero le assicurazioni date da un ufficiale, assai bene in Corte, che il viaggio si sarebbe effettuato verso la fine di ottobre, del che informai l'E.V. col mio telegramma riservatissimo del 31 luglio6.

Nei frequenti colloqui avuti col conte Lamsdorff non fu più questione della sconveniente chiassata; ché anzi si parlava del rincrescimento che doveva risentire

s Cfr. n. 651.

6 Cfr. n. 653.

l'imperatore di non aver potuto essere il primo fra i sovrani a restituire la visita al nostro re, e del desiderio suo di ciò fare almeno nell'anno. Giungeva intanto il signor Nelidoff. Nelle nostre conversazioni e al pranzo nel quale ci riuniva il conte Lamsdorff, mai egli ebbe a mostrarsi inquieto, per quanto continuamente si parlasse del viaggio. Onde è che, sebbene l'eccessivo parlare dei nostri giornali in ogni senso sul disgustoso incidente potesse essere pericoloso, la mia fiducia si manteneva intiera.

Così si giunse al 27 agosto. Premeva al conte Lamsdorff di sapere, prima che l'imperatore lasciasse i dintorni di Pietroburgo, se al nostro re sarebbe convenuta l'ultima decina di ottobre per ricevere l'imperatore. Telegrafai in proposito in Italia7 e intanto avendo avuto l'onore d'incontrarmi con S.M. Imperiale al varo di una nave da guerra, le parlai della cosa e la Maestà Sua vi prese vivo interesse.

Due giorni dopo, il 29, ad un altro varo potevo annunciare all'imperatore di aver avuto la desiderata risposta da Roma, con un programma in linee generali sull'impiego del tempo: Sua Maestà ne fu lietissima.

Tutto dunque camminava splendidamente verso la desiderata meta, talché al l o settembre il conte Lamsdorff mi comunicava ufficialmente che il viaggio avrebbe avuto luogo dal 23 al 30 ottobres, con soggiorno di tre giorni a Roma, trasmettendomi la lista delle persone del seguito delle Loro Maestà Imperiali. In un biglietto privato si mostrava ansioso che fosse presto fissato il giorno preciso dell'arrivo in Roma.

Tutto ciò conteneva indizii certi, positivi, indiscutibili della decisa volontà di mantenere l'impegno preso. Ne provavo grandissimo conforto vedendo avvicinarsi il momento di raggiungere il fine desiderato, malgrado il triste episodio suscitato dal deputato Morgari. Rimaneva a stabilirsi il giorno dell'arrivo a Roma e spesso io vi insisteva nei miei colloqui al ministero.

Il conte Lamsdorff doveva il 24 settembre partire da Pietroburgo per raggiungere l'imperatore a Darmstadt. Il 22 andai a salutarlo, e fu allora che per la prima volta egli mi parlò dello scandaloso incidente Morgari e della sconvenientissima dimostrazione promossa dal giornale Avanti, come ebbi a riferirne all'E.V. con telegramma riservatissimo lo stesso giorno9, e con lettera personale riservata il 9 ottobre!O, presentandosi l'occasione di persona fidatissima che si recava in Italia.

In quei due documenti procurai di lumeggiare la situazione quale a me si presentava, né dopo lo svolgersi degli avvenimenti il mio parere è mutato. L'allarme era dato al conte Lamsdorff in modo che profondamente lo addolorava; credo che egli fosse convinto che nulla di grave poteva succedere e che la promessa doveva assolutamente essere mantenuta.

Colle informazioni che dovevano pervenirgli dai due gruppi diplomatici russi a Roma (l'ambasciata presso il nostro re e la legazione presso il Vaticano) non che da altri agenti di ogni specie, e coli'eccessiva pubblicità che esiste in Italia, egli non poteva dubitare dell'efficace tutela che sarebbe prestata in quel!' occasio

s Cfr. n. 703.

9 Cfr. n. 731.

IO Non rinvenuta.

ne dal Governo italiano. Se egli non si fosse sentito pienamente rassicurato, mi avrebbe certamente interpellato prima di addivenire alla fissazione ufficiale dell'epoca del viaggio, e, dati i rapporti intimi e confidenziali esistenti fra noi, ciò gli riesciva assai agevole, senza sollevare pur l'ombra di una questione diplomatica. Non essendo ciò fatto, e nessun nuovo incidente essendo intervenuto, non poteva oggi mostrarsi sfiduciato. Ed infatti in lui non vi era vera preoccupazione, ma si addimostrava profondamente addolorato per le discussioni sollevate a quel proposito, non solo da tutti i giornali italiani di qualsiasi colore politico, ma, secondo egli mi diceva, anche dai giornali esteri, e specialmente da giornali della Polonia austriaca. Ciò gli veniva segnalato dal ministro dell'interno signor Plehwe; a questa circostanza egli accennava quasi di sfuggita, ma nell'influenza del Plehwe stava, a suo parere, il pericolo maggiore. La stella del conte Lamsdorff par volgere al tramonto, come già è tramontata quella del Witte, grande suo alleato nel Ministero, e come tramonterà probabilmente tra poco quella del generale Kouropatkine ministro della guerra, e uno degli artefici di questo lavorio insidioso è appunto il Plehwe, come già ebbi in altra circostanza a segnalare all'E.V. Ed è perciò che le precise assicurazioni che io mi arbitrai di dargli (per quanto non avessi più avuto nessuna comunicazione in proposito dal Governo dopo il 30 luglio) non solo sulla poca importanza del movimento di fronte alla grande opinione pubblica italiana, ansiosa di veder restituita la visita al nostro sovrano e pronta a vivamente acclamare gli augusti visitatori, ma anche sulle dichiarazioni dei maggiori uomini politici dei partiti più avanzati, che energicamente disapprovavano la sconveniente dimostrazione, non potevano completamente rassicurarlo. Credo che in fondo al suo cuore stesse la convinzione che il mettere in rilievo la possibilità di dimostrazioni ostili onde stornare l'imperatore dall'adempiere al debito suo, fosse un'arma rivolta non solo contro l'Italia, ma anche contro di lui, che tanto aveva lavorato allo scambio delle visite dei due sovrani. Egli sapeva d'altronde che il Plehwe trovava alleati in Corte e temeva che, durante la sua lontananza dal fianco dell'imperatore, si fosse agito sull'animo suo e che la questione già fosse pregiudicata.

Tuttavia di fronte alle mie esplicite e assolute dichiarazioni, egli si rasserenò alquanto, e alla stretta di mano finale del nostro lungo colloquio, egli mi disse con accento convinto: «Arrivederci a Roma».

Nel mio telegramma riservatissimo del 22 settembre su detto colloquio, annunciai ali'E.V. che a me d'ora in poi mancava ogni mezzo d'azione: partito il ministro degli esteri ed essendo anche assenti i principali uomini di Corte, non avrei più saputo con chi trattare questa delicata questione.

Al mio telegramma, probabilmente per quel motivo, non fu data nessuna risposta. Ma ebbi la soddisfazione di ricevere dal Ministero della Rea! Casa, che tenevo informato di tutto ciò che rifletteva il viaggio dell'imperatore, tali assicurazioni sul buon esito della campagna fatta ad iniziativa di uomini di ogni partito contro i malcreati turbolenti da poter rimanere convinto di non esser andato, nelle mie dichiarazioni, oltre il giusto segno.

Insistetti con ancor maggior lena in quei giorni sia coll'aggiunto al Ministero degli esteri principe Obolensky, sia, per iscritto, con alti personaggi di Corte, perché fosse al più presto fissato il giorno dell'arrivo a Roma.

Il 5 ottobre il ministro della Casa imperiale, avendo avuto a telegrafarmi per altre cose, mi diceva che la data dell'arrivo non era ancora definitivamente decisa; il 9 mi annunciava che il viaggio era pel momento aggiornatoli.

Il principe Obolensky reggente il Ministero degli esteri, il giorno 11 ottobre venne a cercarmi all'ambasciata, non avendomi trovato, mi scrisse un bigliettino privato e confidenziale, nel quale mi diceva avergli il conte Lamsdorff telegrafato che il viaggio era aggiornato.

Io non ebbi né dal Governo imperiale né, tanto meno, dalla Corte, nessuna comunicazione ufficiale della gravissima risoluzione presa. Probabilmente se non avessi insistito nelle mie richieste, nulla avrei saputo. E intanto ignoravo il pretesto peli 'aggiornamento: mi occorreva una spiegazione e, se mai, il modo di poter protestare.

Non era il caso di rivolgermi al ministro della Casa imperiale. La sua comunicazione non era che la risposta a una mia domanda, e, d'altra parte, avrei dovuto trattare la questione per iscritto e a me, ignaro di quanto erasi passato fra Darmstadt e Roma, ciò non poteva convenire.

Mi rivolsi pertanto al principe Obolensky. Il 12, l 'indomani cioè del giorno in cui egli mi aveva così laconicamente informato dell'aggiornamento, fui da lui a chiedergli quali spiegazioni poteva darmi di questa improvvisa determinazione, ed egli mi rispose che il conte Lamsdorff non era entrato in nessun particolare. Ma poiché il giornale Novoie Wremia di quel giorno stesso, come telegrafai all'E.V.l2, aveva un articolo (che le mandai in extenso) sull'aggiornamento con commenti sull'agitazione socialistica, pur ammettendo che tale disgustoso incidente non avrebbe per nulla turbato le ottime relazioni esistenti fra Russia e Italia, e fra le auguste dinastie, e che tale giornale ha voce di ufficioso, specialmente pel Ministero degli esteri, credetti opportuno di entrare francamente nell'argomento. Ed allora il principe Obolensky, tuttoché facendomi osservare che nel giornale non erano che alcuni commenti ad un telegramma di un giornale tedesco, mi ammetteva di aver visto un rapporto dell'ambasciata russa a Roma, in cui si dava grande importanza all'agitazione dei socialisti e, come di sfuggita, mi accennò come da detto rapporto apparisse che le assicurazioni date tanto dal Ministero degli esteri che da quello dell'interno, non erano forse state trovate abbastanza esaurienti.

Espressi allora in termini cortesi, ma assai vivacemente, tutto il pensier mio, che qui riassumo.

L'agitazione a cui si alludeva aveva la sua origine in una disgustosa seduta della Camera del principio del mese di giugno. Nel tempo io vi avevo accennato in uno dei miei colloqui col conte Lamsdorff, ma egli non vi aveva dato allora nessuna importanza, né più me ne aveva parlato prima del settembre. Il l o di detto mese veniva definitivamente stabilita l'epoca del viaggio. Prima di determinarla il conte Lamsdorff, non che mostrarsi perplesso, mi aveva ripetutamente fatto istanze onde gli procurassi tutti i dettagli possibili sul programma della visita, acciò non vi fosse ulteriore ritardo. L'imperatore stesso per ben due volte

793 Il Cfr. n. 756, nota l. 12 Cfr. n. 766.

nella seconda metà di agosto, mi aveva fatto l'onore di parlarmi del viaggio, mostrandosi grandemente premuroso di mantenere la parola data, restituendo in Roma la visita fattagli dal nostro re. A quell'epoca la questione commentata oggi dal giornale, era più che nota, avendone i giornali italiani parlato sempre in ogni senso, ed anche senza nessuna misura. A me non avrebbe sorpreso che, dopo l'interrogazione Morgari, il Governo imperiale mi avesse fatto comprendere che di fronte all'agitazione promossa da quella interrogazione, non poteva essere per allora il caso di nulla determinare, ferma restando la promessa fatta da mantenersi in epoca ulteriore.

L'occasione per una tale dichiarazione si era più volte presentata, non solo quando io parlai direttamente di tale agitazione, ma nei molti colloqui avuti a proposito del viaggio, nei quali il conte Lamsdorff, non che aver bisogno di spinta, si mostrava sempre premurosissimo del mantenimento della fatta promessa.

Al conte Lamsdorff non potevano mancare informazioni precise, non essendo presumibile che, sopra una questione così alta, così importante, così delicata, non si richiedano ai propri dipendenti le più minute, le più controllate notizie. Ciò è dovere di qualsiasi funzionario in qualsiasi Paese, ma nella Santa Russia, dove l'alta personalità dell'imperatore è tenuta quasi come un simbolo, il mancarvi diventerebbe una enormità.

Al l o settembre s'impegna, senza ombra di preoccupazione, in modo indeclinabile la parola del sovrano sopra l'epoca della visita. E dopo ciò, mentre non solo non esiste un fatto nuovo, ma le informazioni le più positive indicano che l'agitazione tende a gradatamente scomparire, talché al 22 settembre io posso con piena convinzione dare al conte Lamsdorff, a nome del mio Governo, le più formali assicurazioni, asserendo che nulla può succedere di anormale e che l'imperatore avrà splendide accoglienze, mi si viene a dire, con immenso mio stupore, che egli invece deve mancare alla parola data, perché non è abbastanza rassicurato dai suoi agenti.

Protestai poi per conto mio, contro l'insinuazione che il Governo italiano non avesse dato assicurazioni precise e categoriche: per quanto dopo il 30 luglio io non avessi avuto più istruzioni in proposito, credei poter asserire sotto la mia responsabilità, che nessun sfregio sarebbe stato fatto all'imperatore.

Così ci lasciammo col principe Obolensky. L'indomani 13 corrente io lasciai Pietroburgo e, giunto in Italia, chiesi il giorno 19 udienza ali 'E. V. che appunto in quel giorno rientrava a Roma.

Nello sconveniente aggiornamento della visita dell'imperatore trionfa il partito che ora predomina, e che tende a sbalzare il conte Lamsdorff. Egli, che aveva tutto concordato con me per le due visite, sperò di salvare la parola del suo sovrano, impegnandola in modo preciso, prima che egli si allontanasse da Pietroburga; ma la prevalenza del partito ostile trionfò durante l'allontanamento del conte Lamsdorff, malgrado l'impegno preso. La polizia russa, che da Roma denigrava l'Italia, dipendeva dal ministro Plehwe; il signor Nelidoff, carattere probabilmente debole, non ebbe il coraggio di resistervi, mantenendosi nelle convinzioni che avevano fatto decidere il viaggio; e fece così assai meschina figura, a quella associandosi.

Riassumendo il doloroso periodo, così si presentano i fatti.

Dal principio del giugno al l 0 settembre, per tre mesi consecutivi, non si fanno proteste o per lo meno si è pienamente rassicurati dalle dichiarazioni ottenute. Al l o settembre s'impegna la parola dell'imperatore. Da quel giorno, senza un fatto nuovo, mentre tutto tende a rassicurare, si diventa sospettosi, si dà corpo alle menome ombre, e si arriva al punto da convincere il capo dello Stato che deve, con esempio nuovo nei rapporti internazionali, mancare alla parola data, perché non si può aver fiducia nelle assicurazioni date dall'Italia!

Ignoro se a Roma, tra il 22 settembre e il 9 ottobre, si sia passato qualche cosa di straordinario tra i due Governi: devo ritenere di no, poiché il principe Obolensky, da me interrogato in proposito, non seppe appoggiarsi a nessun serio argomento, onde è che io non posso che altamente deplorare il modo col quale fu trattata l'Italia in questo ultimo periodo. La sospensione della visita era pur troppo giustificata dopo l'interrogazione Morgari, cessava di esserlo dopo che, a malgrado di essa, si era preso formale impegno. Quella fiducia che ebbe re Edoardo nella Nazione francese andando a Parigi, malgrado i minacciati fischi dei nazionalisti, doveva aversi dall'imperatore verso l'Italia, e, nello stesso modo che il re d'Inghilterra fu festosamente accolto nelle vie di Parigi, le Loro Maestà Imperiali sarebbero state entusiasticamente accolte in Roma. Momento migliore di questo non si poteva immaginare. Le trionfali accoglienze avute dai nostri sovrani in Francia, Nazione alleata della Russia, erano arra sicura di quelle che sarebbero state fatte in Roma alla coppia imperiale, e se un sol grido discordante si fosse fatto sentire, la popolazione intiera ne avrebbe fatto tale giustizia, da fare della restituzione della visita, un vero trionfo.

È sommamente deplorevole che si sia perduto una così bella occasione e che si sia trattato coli' Italia con tanta leggerezza, servendo al tempo stesso la causa degli agitatori socialisti.

L'Italia, è vero, forte del suo diritto, può aspettare con calma il trionfo èlella ragione sulla momentanea prevalenza di propositi improntati a passioni meschine e ad invidie personali, più ancora che a puerili paure. Ma è a sperare che questo momento non si faccia lungamente aspettare e che la grande cortesia del nostro augusto sovrano sia presto ricambiata dall'imperatore, evitando così che, per colpa non nostra, vengano ad essere turbati i rapporti che ogni giorno vanno maggiormente stringendosi fra i due popoli.

793 l Cfr. n. 393.

793 4 Non rinvenuta.

793 7 Cfr. n. 703, nota l.

794

IL CONSOLE A ZARA, CAMICIA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. RISERVATO 1306/184. Zara, 26 ottobre 1903 (per. il 30).

In una delle ultime sedute della locale Dieta dalmata, S.E. il governatore imperiale prendendo occasione dalle ripetute istanze fatte in questi scorsi anni dal partito croato per ottenere che la lingua serbo-croata fosse riconosciuta come lingua interna ufficiale in luogo della lingua italiana usata da secoli, presentò un nuovo progetto che per lo scopo a cui tenta e per la generale irritazione che ha suscitato può esser causa, forse non lontana, d'un serio cambiamento nell'orientazione dei differenti partiti politici della Dalmazia. Il progetto governativo presentato con larga copia di argomenti fra i quali quelli: «di non voler ignorare il processo storico della lingua del Paese, né i giustificati postulati negoziati e le esigenze dell'amministrazione» si riduce ad una sensibilissima riduzione della lingua italiana e si può compendiare come segue:

l) Nelle trattazioni ufficiose per l'evasione degli affari di parte, comprese le deliberazioni collegiali e la corrispondenza con le altre autorità provinciali, si dovrebbe seguire la lingua nella quale, secondo l'ordinanza ministeriale del 1872, deve seguire l'evasione alla parte; cioè si dovrebbe usare la stessa lingua nella quale fu redatta la istanza.

2) Nelle trattazioni invece che non riguardano affari di parte, all'italiano, dovrebbe sostituirsi esclusivamente l 'uso del serbo-croato e così pure in tutto il servizio di protocollazione, manipolazione, registratura ecc.

3) Nell'amministrazione politica, invece della lingua italiana, verrebbe adottata la lingua tedesca come lingua interna in tutti i rapporti con le differenti autorità ed in tutti gli affari presidiati compreso il servizio di cancelleria e la corrispondenza coi capitanati; con facoltà ai capi uffici di estendere l 'uso del tedesco in determinati casi massime in quelli destinati ad interessare autorità centrali o fuori provmcta.

4) In tedesco verrebbero redatti tutti i decreti e circolari, nonché tutto il servizio di contabilità ed occorrendo anche il servizio edile.

5) P el servizio postale e telegrafico eh'era fatto in lingua italiana, verrebbe statuito un termine di cinque anni per l'introduzione del serbo-croato come lingua interna.

6) Per quel che riguarda l'amministrazione della giustizia il progetto governativo per ora si limita a dichiarare che considera come ammissibile l'uso della lingua serbo-croata nel servizio interno.

Tale progetto ha molto irritato, e si comprende, il partito italiano autonomo che in esso vede la consacrazione ufficiale del totale tracollo della nostra lingua in Dalmazia; ma il partito croato da parte sua è più irritato ancora perché comprende benissimo che tali innovazioni sono intese a dare alla lingua tedesca (attualmente così poco usata) il futuro predominio nel Paese. E se in quarant'anni circa il croato ha potuto ridurre alla minima espressione la lingua italiana già debole e tanto combattuta dal Governo, non potrà certo battere nella stessa maniera la tedesca così invadente pel concorso e la protezione dell'autorità superiore.

Da questo stato di cose spontanea nasce l'idea d'un accordo fra gli autonomi ed i croati per combattere il progetto tanto esiziale ad entrambi. A quanto pare, malgrado il perenne antagonismo e le aspre lotte combattute, tale accordo è in via di formazione. E quel che più importa, esso potrà facilmente portare ben maggiori risultati, al di là forse dell'attuale comune opposizione al suddetto progetto governativo.

Intanto sono in grado di assicurare che parecchi capi del partito croato qui intervenuti per le sedute della Dieta hanno fatto delle esplicite e categoriche proposte di conciliazione ai capi del partito italiano; fra le altre, furono chieste alcune concessioni circa l'uso della lingua serbo-croata come lingua interna e fu promesso il ripristinamento delle scuole italiane nelle principali località del litorale dalmata; posso assicurare anche che i capi del partito autonomo, ai quali tali proposte furono fatte, sono perplessi e non hanno avuto ancora coraggio d'accettarle

o di respingerle, perché ben solenne ritengono il momento e ben grave la loro responsabilità: due di essi, cioè il dottor Ziliotto podestà di Zara e l'avvocato R. Ghiglianovich, partirono jeri l'altro sera per Trieste allo scopo di conferire e consigliarsi coll'avvocato Venezian e col dottor Bartoli, capi del partito italiano di Trieste e dell'Istria.

Tali proposte e tali progetti sono condotti con la massima prudenza e segretezza: almeno fino ad oggi essi sono ignorati dagli stessi sottocapi dei rispettivi partiti e si spera anche dalla locale autorità imperiale alla quale molto facile ora riuscirebbe di impedirne il conseguimento.

Sarà mia cura riferire a VE. quanto mi riescirà appurare, in esito al presente argomento che può riuscire di grande importanza per l'influenza e la cultura italiana in tutto il litorale austriaco l.

795

L'AMBASCIATORE A PARIGI, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2060/116. Parigi, 27 ottobre 1903, ore 18,50 (per. ore 21).

Delcassé ha avuto jeri soltanto la comunicazione delle ambasciate di Austria-Ungheria e Russia. Egli non ha ancora potuto parlarne al Consiglio dei ministri, né prendere una ferma deliberazione in proposito. Però egli inclina a dare incondizionato appoggio alla proposta dei due Imperi presso il sultano, pur prevedendo che questi possa aver l'idea di richiedere che il controllo sia di tutte le Potenze e non di due sole. Delcassé si dimostra sicurissimo dell'impossibilità che l'Austria-Ungheria e la Russia si intendano sopra questioni che altererebbero statu quo della Turchia europea, epperò inclina a non suscitare difficoltà alcuna azione loro, stimandola ristretta necessariamente a ricondurre la tranquillità ed a pacificare le popolazioni macedoni, ciò che è nell'interesse comune delle Potenze.

794 l Per la risposta cfr. n. 803.

796

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, LANZA

D. RISERVATO 63503/524. Roma, 27 ottobre 1903.

Mi affretto a ringraziare l 'E. V. per il rapporto n. 1900/888 in data 21 corrente' sul recente viaggio delle Loro Maestà in Parigi, e ne traggo opportunità per confermarle quanto già ebbi a dichiarare nel precedente dispaccio del 23 di questo mese, n. 5182, sul medesimo oggetto. La visita dei sovrani a Parigi lascia assolutamente immutata la situazione politica dell'Italia, quale è oramai costituita sulla base della Triplice Alleanza. Se mai un dubbio qualsiasi possa essersi insinuato nell'animo del Governo imperiale, a tale riguardo, non tarderanno i fatti a dimostrare quanto esso sia infondato.

V. E. deve, a questo riguardo, tenere, presentandosi l'occasione, un reciso linguaggiO.

797

IL MINISTRO A BELGRADO, MAGLIANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. CONFIDENZIALE 982/407. Belgrado, 29 ottobre 1903 (per. il 3 novembre).

L'insieme delle impressioni, che vo ricevendo da varie parti, mi fa apparire intensa davvero la preoccupazione accennata nel mio rapporto di ieri n. 406'.

Il convegno di Miirzsteg, preceduto dalla visita dell'imperatore Guglielmo a Vienna e seguito subito dal rinvio della visita dello tzar a Roma, l'esclusivo controllo delle riforme assunto dali' Austria e dalla Russia coll'espresso o tacito consenso delle altre Grandi Potenze, il costante insistente studio, già da lunga data, posto dall'Le R. Governo nel ricusare, od evitare, riguardo agli affari balcanici, ogni ingerenza delle altre Potenze e segnatamente quella dell'Italia, la missione del conte Lamsdorff a Parigi ed infine la prossima solenne visita dell'imperatore di Germania in Wiesbaden, tutto induce a dare ali'orizzonte una tinta plumbea, anche volendosi valutare quali meri dettagli accessori, o semplici indizi, l'attitudine della Russia verso la Bulgaria e la campagna ostile sì accanitamente mossa da Vienna e da Berlino contro il nuovo ordine di cose in Serbia. Mal poteasi del resto non avvertire il lento ma tenace avanzarsi della corrente degli interessi austro

2 Cfr. n. 785. 797 l Non pubblicato.

tedeschi verso l'Adriatico e verso l 'Egeo, mentre visibilmente pur andava indebolendosi e disgregandosi la diga degli interessi russo-slavi, che nei Balcani accennano ora ad un movimento di ritirata e di concentrazione verso il Mar Nero, se pur non trattasi che di un temps d'arret reso necessario da uno spostamento di attenzione verso l'Estremo Oriente. Né può giovare a gettar qui un raggio di luce rassicurante il mutato atteggiamento di talune rappresentanze diplomatiche, atteggiamento che lascia trasparire un non so che di nervoso e di imbarazzata riserva.

796 l Cfr. n. 784.

798

IL CAPITANO ALBERTI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2079. Massaua, 30 ottobre 1903, ore 9 (per. ore 9,55).

Generale mi informa suo Governo avere, con telegramma 3 corrente, autorizzato operare territorio italiano e dichiarato ignorare qualunque accordo riguardo condotta operazioni menzionate telegramma 1524, 4 corrente!. Prego confermare notizia. Insisto generale sia informato tutti accordi intervenuti fra due Govemi2.

799

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A CARACAS, ALIOTTI

D. 63898/221. Roma, 30 ottobre 1903.

Ringrazio la S.V. per il rapporto 3 corrente n. 2911 concernente i passi che Francia Italia ed Inghilterra dovrebbero fare a Washington per indurre quel Governo ad intervenire sul Venezuela onde metter fine alle prepotenze perpetratevi contro gli stranieri.

Dacchè il signor Delcassé è già stato informato di questo progetto da codesto ministro di Francia attenderemo le eventuali proposte che ci pervenissero da Parigi per decidere, se occorre, il da farsi, ed in tal caso saranno impartite opportune istruzioni alla S.V.

Intanto sarà bene che ella continui a tenersi in grande riserbo su questo de licato argomento.

2 Morin comunicò in pari data questo telegramma a Londra con T. 1675 aggiungendo: «... prego V.E. insistere perché Egerton conosca senza indugio intelligenze prese col R. Governo riguardo condotta operazioni».

798 l Cfr. n. 745, nota l.

799 l Cfr. n. 748.

800

L'AMBASCIATORE A LONDRA, P ANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

T. 2094/126. Londra, 31 ottobre 1903, ore 16, 17.

Conformandomi ai termini del telegramma di V.E. di ieri seral, faccio oggi raccomandazione al Foreign Office che per la condotta delle imminenti operazioni del generale Egerton, questi venga tosto informato «delle intelligenze stabilite al riguardo col R. Governo». Adopero questa espressione generica perché dal telegramma comunicatomi non risulta chiaramente a quale accordo esso alluda. Il precitato telegramma di V.E. constatava soltanto l'impossibilità di un concorso del sultano di Obbia e la necessità di pronte operazioni anglo-etiopiche per liberare possedimento italiano. Ora mi pare che le operazioni di cui si tratta mirino appunto a codesto scopo2.

801

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, FERRARA DENTICE

T. 1686. Roma, 1° novembre 1903, ore 13,35.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria mi ha chiesto se ero in grado di dargli una più precisa risposta circa le recenti proposte austro-russe. Gli ho detto che, come ministro dimissionario, non ero nella condizione di enunciare dichiarazione qualsiasi che potesse impegnare l'azione ulteriore del R. Governo. Aggiunsi però che il r. ambasciatore in Costantinopoli aveva avuto da me istruzione di evitare, nel suo linguaggio, tutto ciò che, lasciando supporre alla Porta una qualunque divergenza tra le Potenze, potesse incoraggiarla a resistere contro il principio delle contemplate riforme.

802

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, PANSA

T. 1688. Roma, JO novembre 1903, ore 13,35.

Somalia-Telegramma n. 1261. Approvo formola adoperata col Foreign Office. Il Governo britannico non ignora le intelligenze con noi prese circa la condot

2 Per la risposta cfr. n. 802.

ta dell'attuale campagna. Importa che tutte siano notificate al generale, soprattutto lo adoperarsi acciocché il Mullah non sia sospinto verso i nostri possedimenti.

800 l Cfr. n. 798, nota 2.

802 l Cfr. n. 800.

803

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN, AL CONSOLE A ZARA, CAMICIA

D. 64355/88. Roma, 2 novembre 1903.

Ringrazio in particolar modo la S.V. per l'interessante rapporto 26 corrente n. 1841 sulla questione della lingua in Dalmazia e sulle possibili variazioni nell'orientamento dei partiti politici locali che sarebbero provocate dal nuovo progetto presentato alla Dieta dalmata dal governatore imperiale.

Non ho d'uopo di raccomandarle, in tale argomento, di mantenersi scrupolosamente estraneo al movimento che queste novità hanno costì determinato e che potrebbe prendere proporzioni maggiori.

804

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, DEL VAGLIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, MORIN

R. 513/216. Pietroburgo, 2 novembre 1903 (per. il 7).

L'incontro del conte Lamsdorff con il signor Delcassé, che ha avuto luogo in questi giorni a Parigi, la visita dell'amico all'amico che si trovava a poche ore, era intesa ad affermare che l'alleanza tra la Russia e la Francia, !ungi dall'essere affievolita, come si cominciava a pretendere, rimaneva sempre concorde e strettissima. Era una risposta da dare a quelli che aveano voluto vedere nel riavvicinamento dell'Italia alla Francia, e nelle disposizioni migliori tra la Francia e l 'Inghilterra, un tracollo delle alleanze esistenti e financo un nuovo orientamento politico in Europa.

È questa la nota ufficiale dell'incontro dei due ministri, appoggiata dalla stampa dei due Paesi. La lettera dell'imperatore al presidente della Repubblica, di cui i giornali ci portano l'eco, è la conferma di quanto dicevo.

803 I Cfr. n. 794.

Fatta però la parte, che pur non bisogna tralasciare, del carattere che a questa visita si è voluto dare, non bisogna certamente trascurare l'importanza ch'essa può avere dal punto di vista degli interessi che più specialmente sono oggi in giuoco per la Russia.

Ed è perciò che qui si annette una importanza alla visita per quanto concerne la situazione della Russia nell'Estremo Oriente.

Benché le notizie da un pajo di settimane siano migliori e che una certa acalmia ha succeduto al primo bollore del Giappone, pur tuttavia il pericolo di una guerra, se ritardato, non è certamente scongiurato. Ed è quindi di tutta evidenza che il conte Lamsdorff trovandosi presso l'alleata abbia voluto, anche per eccessiva prudenza, intendersi e prevedere, per qualunque eventualità, quali siano le intenzioni della Francia e l'attitudine ch'essa potrebbe prendere in un conflitto, che per il momento non pare nemmeno probabile.

N el fare questi apprezzamenti, l'incontro dei due ministri dev'essere contemplato insieme e d'accordo con la visita che l'imperatore di Russia va a fare all'imperatore di Germania a Wiesbaden, della quale riferisco all'E.V. con altro mio rapporto. Mostrando che la Russia è in perfetto accordo con la Francia, in buona armonia con la Germania e con l'Inghilterra, si dà al Giappone il monito che realmente esso si troverebbe solo se si lasciasse trascinare da un colpo di testa.

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APPENDICI

APPENDICE I

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

(Situazione dal I o luglio I 902 al 2 novembre 1903)

MINISTRO PRINETTI Giulio, deputato al Parlamento, fino ali' 8 febbraio 1903; MoRIN Enrico Costantino, vice ammiraglio, senatore del Regno, ad interim dal 9 febbraio 1903, ministro dal 22 aprile 1903.

SOTTOSEGRETARIO DI STATO BACCELLI Alfredo, deputato.

SEGRETARIO GENERALE MALVANO Giacomo, senatore del Regno, consigliere di Stato.

SEGRETARIO PARTICOLARE DEL MINISTRO PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione di l a classe, fino ali' aprile 1903.

SEGRETARI PARTICOLARI DEL SOTTOSEGRETARIO DI STATO MAESTRI MoLINARI marchese Francesco, fino al maggio 1903; FILESI Pietro.

UFFICIO DIPLOMATICO Segretario: MAESTRI MoLINARI marchese Francesco, dal giugno 1903.

Addetti all'ufficio: BERTI Emanuele, consigliere di legazione, fino al l o luglio 1903; PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione, fino al giugno 1903; SACERDOTI DI CARROBIO conte Vittorio, segretario di legazione, dal l o marzo 1903; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, segretario (dal 28 luglio 1902 segretario di legazione), fino al 9 maggio 1903; TORLONIA Carlo, addetto di legazione, dal 17 marzo 1903.

Per la stampa: ARTOM Ernesto, addetto onorario (dal 28 giugno 1903 segretario di legazione); TKALAC Emerico, interprete.

Direttore della tipografia: ALFERAZZI Giacomo Antonio.

UFFICIO DELLA CIFRA E DEL TELEGRAFO

Capo sezione: VOLTATTORNI Gabriele.

Archivisti: NEGRI Rodolfo; GALLINGANI Augusto; PERRERO Camillo.

UFFICIO COLONIALE

Direttore: AGNESA Giacomo.

Capo sezione: DECIANI Vittorio Tiberio.

Segretari: CONTARINI Salvatore; MoRI UBALDINI conte Alberto, fino al settembre 1902.

Addetti all'ufficio: PRINETTI conte Emanuele, segretario di legazione, dal luglio 1903; BRAMBILLA Giuseppe, addetto di legazione, dal 15 marzo 1903; LAGO Mario, applicato volontario nella carriera consolare, dal 24 ottobre 1903; BoORERO Alessandro, capitano dei bersaglieri; MANTIA Giuseppe, ufficiale coloniale di 3a classe; MARCHISIO Ernesto, ufficiale coloniale di 4a classe; PORTA Giuseppe, commesso coloniale di la classe; FABOZZI Eugenio, commesso coloniale di 3a classe; BERTOLETTI Ernesto, commesso coloniale di 4a classe; CroPPI Bernardo, commesso coloniale di sa classe.

COMMISSARIATO DELL'EMIGRAZIONE

Commissario generale: BoDio prof. Luigi, consigliere di Stato, senatore del Regno (incaricato delle funzioni). ·

Commissari: BIANCHERI Cesare, console generale di 2a classe (incaricato delle funzioni), fino al 22 luglio 1903; Bosco Augusto, professore di statistica nella regia università di Roma (incaricato delle funzioni); Rossr Egisto; CAZZULINI Cesare, capitano di porto (incaricato delle funzioni), dal 23 luglio 1903.

Addetti all'ufficio: MOTTA Riccardo, console, dal 28 giugno 1903; MELI LUPI DI SORAGNA marchese Guido, vice console, dal 22 ottobre 1903.

Ragioniere: MARCONI Alfredo.

Archivista: Russo Giovanni.

ISPETTORATO GENERALE DELLE SCUOLE ITALIANE ALL'ESTERO Ispettore generale: ScALABRINI prof. Angelo, regio provveditore agli studi (in mis

sione). Segretario: BoccoNI Luigi. Segretari di ragioneria: FIORETTI Vittorio; SuGLIANI Augusto. Vice segretario di ragioneria: FRANZETTI Attilio.

DIVISIONE I

Affari commerciali

Direttore capo divisione: FASSATI DI BALZOLA Ferdinando.

SEZIONE I Capo sezione: KocH Ernesto. Segretari: ANIELLI Lorenzo; MAESTRI MOLINARI marchese Francesco, fino al mag

gio 1903. Vice segretario: RINELLA Sabino, dal 21 dicembre 1902. Addetti all'ufficio: DEPRETIS Agostino, addetto di legazione, dal 15 marzo 1903;

GrANNUZZI SAVELLI Fabrizio, addetto onorario di legazione, dal20 ottobre 1903.

SEZIONE Il

Capo sezione: PELUCCHI Carlo. Segretario: SARTORI Francesco.

DIVISIONE II

Affari privati e contenziosi

Direttore capo divisione: VACCAJ Giulio.

SEZIONE I Capo sezione: CHICCO Enrico. Segretari: RICCI BusATTI Arturo; LEVI Giorgio. Addetto all'ufficio: Rossi Lorenzo, console, dal 25 gennaio 1903.

SEZIONE Il Capo sezione: BARILARI Pompeo. Segretari: DURANO DE LA PENNE marchese Enrico; CANONICO Edoardo.

SEZIONE III Capo sezione: SERRA Carlo. Segretario: MORI UBALDINI conte Alberto, fino al 15 marzo 1903. Addetto all'ufficio: NIGRA conte Guido, addetto onorario di legazione, dal 5 giu

gno 1903. Archivista: SrLVANI LORENI Demetrio.

DIVISIONE III

Personale

Direttore capo divisione: BARILARI Federico, ispettore generale.

SEZIONE I

Personale

Capo sezione: LANDI VITTORJ Vittorio. Segretari: RANDACCIO Ignazio; SANDICCHI Pasquale. Archivista capo: ZAVEL DE LOUVIGNY Filippo Antonio. Archivista: PEROTTI Felice.

SEZIONE II

Cerimoniale

Capi sezione: BROFFERIO Tullio; VALENTINI Claudio.

Addetto all'ufficio: GATTONI Giulio, addetto onorario di legazione, dal l o luglio 1903.

DIVISIONE IV

Biblioteca, Registrazione e spedizione, Legalizzazioni, Economato

Direttore capo divisione: BERTOLLA Cesare.

BIBLIOTECA Capo sezione: PASQUALUCCI Loreto.

REGISTRAZIONE E SPEDIZIONE

Archivisti: BENETTI Carlo; MARCONE Gabriele Antonio (corriere di Gabinetto); PASANISI prof. Francesco; C!ACI Romolo.

LEGALIZZAZIONI Archivisti: DE GREGORIO Francesco; MORONE Vittorio.

ECONOMATO Economo: DE ANGIOLI Eugenio.

DIVISIONE V

Ragioneria

Direttore capo divisione: CALVARI Ludovico.

SEZIONE I Capo sezione: BoNAMICO Cesare. Segretario: D'AvANZO Carlo. Vice segretari: CRIVELLAR! Quirino; CASONI Enrico; DE SANTIS Paolo. Volontario: BONAVINO Arturo (dal 22 febbraio 1903 vice segretario).

SEZIONE Il Capo sezione: CASA DIO Carlo. Segretari: FANO Alberto; VINARDI Giuseppe, cassiere. Vice segretari: RINVERSI Romolo; VERDESI Ettore; CARDELLINI Lorenzo.

ARCHIVIO STORICO Direttore: Gorrini prof. Giacomo (con grado fisso di capo divisione).

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

PRESIDENTE PRINETTI Giulio, ministro degli affari esteri, fino ali' 8 febbraio 1903; MORIN Enrico Costantino, ministro ad interim degli affari esteri (dal 22 aprile 1903 ministro degli esteri), dal 9 febbraio 1903. VICE PRESIDENTE BIANCHERI Giuseppe, presidente della Camera dei deputati.

CoNSIGLIERI

BocCARDO Girolamo, senatore del Regno, consigliere di Stato.

CAPPELLI marchese Raffaele, deputato al Parlamento.

DAMIANI Abele, senatore del Regno.

FÉ o'OSTIANI conte Alessandro, senatore del Regno, inviato straordinario e mini

stro plenipotenziario a riposo.

FINALI Gaspare, senatore del Regno, presidente della Corte dei conti.

GABBA Carlo Francesco, professore di diritto civile nella regia università di Pisa.

lNGHILLERI Calcedonio, senatore del Regno, consigliere di Stato.

PAGANO GUARNASCHELLI Giambattista, senatore del Regno, primo presidente della Corte di cassazione di Roma. PIERANTONI Augusto, professore di diritto internazionale nella regia università di Roma, senatore del Regno. POMPILJ Guido, deputato al Parlamento. Pozzr Domenico, avvocato, deputato al Parlamento. SANMINIATELLI conte Fabio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorano. SAREDO Giuseppe, senatore del Regno, presidente del Consiglio di Stato, fino al 29 dicembre 1902. GREPPI conte Giuseppe, senatore del Regno, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, con credenziali di ambasciatore, a riposo, dal 25 agosto 1902. FIORE Pasquale, professore ordinario di diritto internazionale nella regia università di Napoli.

SEGRETARIO GENERALE

PuccroNI Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario onorario.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI ITALIANE ALL'ESTERO

(Situazione dal l 0 luglio 1902 al 2 novembre 1903)

ARGENTINA

Buenos Aires -BoTTARO CosTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ALIOTTI Carlo, segretario, fino al 22 dicembre 1902; CoBIANCHI Vittore, segretario, dal 15 luglio 1903; NANI MocENIGO conte Giovan Battista, addetto, fino al 9 gennaio 1903; MEDICI Giuseppe, addetto, dal 15 marzo 1903; GUICCIARDINI conte Carlo, addetto commerciale.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna -NIGRA conte Costantino, ambasciatore; FERRARA DENTICE Enrico, consigliere (dali'8 agosto 1902 inviato straordinario e ministro plenipotenziario ); FASCIOTTI barone Carlo, segretario; SERRA Attilio, addetto (dal 28 giugno 1903 segretario); TOMMASINI Francesco, addetto (dal 28 giugno 1903 segretario), fino al 23 luglio 1903; D'AYALA Francesco Saverio, addetto, dal 15 marzo 1903; TORLONIA Carlo, addetto onorario, fino al 14 marzo 1903; DE GRESTI Guido, addetto onorario; DEL MASTRO Cesare, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

BAVIERA

Monaco -DE FoRESTA Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ToMMASINI Francesco, segretario, dal 24 luglio 1903; GIANNUZZI SAVELLI Fabrizio, addetto onorario, dal 30 marzo al 28 ottobre 1903.

BELGIO

Bruxelles -CANTAGALLI Romeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 21 maggio 1903; GERBAIX DE SONNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 luglio 1903; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, duca di Calvello, segretario; ALLIATA DI VILLAFRANCA Giovanni, addetto, dal 15 marzo 1903; CHAPPERON ALESSIO, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -FRIOZZI marchese Lorenzo, principe di Cariati, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; Rossi-T o ESCA Vincenzo, segretario, fino al 14 luglio 1903; MANZON! Gaetano, segretario, dal 20 luglio 1903.

CILE Santiago -CucCHI BoAsso Fausto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CINA

Pechino -GALLINA conte Giovanni, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROMANO AvEZZANA barone Camillo, segretario, fino al 17 agosto 1903; SFORZA Carlo, segretario, dal 20 luglio 1903; VITALE Guido, interprete, col titolo onorario di segretario-interprete.

COLOMBIA Bogotà -N.N., ministro residente. COREA Seoul -MONACO Attilio, ministro residente, dal 28 luglio 1902.

COSTARICA ROGERI DI VILLANOVA Filippo, ministro residente, fino al 12 luglio 1903; NAGAR Carlo, ministro residente, dal 13 luglio 1903 (residenti a Guatemala). CUBA Avana -SAVINA Oreste, ministro residente, dal 28 luglio 1902. DANIMARCA Copenaghen -CALVI DI BERGOLO conte Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RANUZZI SEGNI conte Cesare, segretario.

EQUATORE

PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Lima).

ETIOPIA

Addis Abeba -CrccoDICOLA Federico, maggiore di artiglieria, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

FRANCIA

Parigi -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, ambasciatore; PAULUCCI DE' CALBOLI conte Raniero, segretario; CAHEN Teofilo, marchese di Torre Alfina, segretario, fino al 30 luglio 1902; CAPRARA conte Enrico, addetto (dal 9 agosto 1902 col titolo di segretario); MARTIN-FRANKLIN Alberto, addetto; GARBASSO Carlo, addetto; ALOISI Pompeo, addetto onorario, dal 27 agosto 1902; CHAPPERON Alessio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

GERMANIA

Berlino -LANZA conte Carlo, tenente generale, ambasciatore; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, consigliere, fino al 29 maggio 1903; MATTIOLI PASQUALINI Alessandro, consigliere, dal 30 maggio 1903; 0RSINI BARONI Luca, addetto (dall'8 agosto 1902 segretario); NEGROTTO CAMBIASO Lazzaro, addetto; FRESCHI DI CucANEA conte Carlo Giovanni, addetto, dal 15 marzo 1903; GASTALDELLO Annibale, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -MELEGARI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoBIANCHI Vittore, segretario, fino al 14 luglio 1903; Rossi ToESCA Vincenzo, segretario, dal 15 luglio 1903; CASATI LUIGI, interprete; GASCO Alfonso, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -PANSA Alberto, ambasciatore; CARIGNANI DI NovoLI Francesco, segretario; SACERDOTI DI CARROBIO conte Vittorio, segretario, fino al 28 febbraio 1903; CAETANI Livio, segretario, dall'8 gennaio 1903; CARACCIOLO DI CASTAGNETA duca Gaetano, addetto onorario; GIANNUZZI SAVELLI Fabrizio, addetto onorario, fino al 29 marzo 1903; GODIO Cesare Alberto, addetto, dall'aprile 1903; CHAPPERON Alessio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Parigi).

GRECIA

Atene -AVARNA DI GUALTIERI duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 13 agosto 1902; SILVESTRELLI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 14 agosto 1902; NoBILI Aldo, segretario (dal1'8 agosto 1902 consigliere); PATERNo' Antonio, addetto onorario; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da ZAMPOLLI Isidoro, capitano di Stato Maggiore, addetto militare (residenti a Costantinopoli).

GUATEMALA

ROGERI DI VILLANOVA Filippo, ministro residente, fino al 12 luglio 1903; NAGAR Carlo, ministro residente, dal 13 luglio 1903.

HAITI

SAVINA Oreste, ministro residente, dal 28 luglio 1902 (residente all'Avana).

HONDURAS

ROGERI DI VILLANOVA Filippo, ministro residente, fino al 12 luglio 1903; NAGAR Carlo, ministro residente, dal 13 luglio 1903 (residenti a Guatemala).

LUSSEMBURGO

TUGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a L'Aja).

MAROCCO

Tangeri -MALMUSI Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, interprete col titolo onorario di segretario-interprete.

MESSICO

Messico -VINCI conte Giulio Cesare, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; 0RLANDI CARDINI Antonio, addetto commerciale.

MONTENEGRO

Cettigne -BoLLATI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

NICARAGUA

ROGERI DI VILLANOVA Filippo, ministro residente, fino al 12 luglio 1903; NAGAR Carlo, ministro residente, dal 13 luglio 1903 (residenti a Guatemala).

PAESI BASSI

Aja -TUGINI Salvatore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE BoSDARI conte Alessandro, segretario; DEPRETIS Agostino, addetto onorario, fino al 14 marzo 1903.

PARAGUAY

BOTTARO CosTA conte Francesco, inviato strardinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

PERSIA

Teheran -MAISSA Felice, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERU'

Lima -PIRRONE Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PORTOGALLO

Lisbona -GERBAIX DE SoNNAZ conte Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 24 ottobre 1903; GuAsco DI BISIO Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 25 ottobre 1903; BAROLI conte Carlo, segretario (dal 28 giugno 1903 consigliere).

ROMANIA

Bucarest -BECCARIA INCISA Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RusPOLI MARIO, principe di Poggio Suasa, segretario, dal 30 settembre 1903; CATALANI Giuseppe, addetto; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Costantinopoli).

RUSSIA

Pietroburgo -MORRA DI LAVRIANO E DELLA MONTA' Roberto, tenente generale, ambasciatore; QuARTO DI BELGIOIOSO Antonio, conte del Vaglio, segretario; TOMASI DELLA TORRETTA Pietro, addetto; RUGGERI LADERCHI conte Paolo, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

SALVADOR

ROGERI DI VILLANOVA Filippo, ministro residente, fino al 12 luglio 1903; NAGAR Carlo, ministro residente, dal 13 luglio 1903 (residenti a Guatemala).

SANTO DOMINGO

SAVINA Oreste, ministro residente, dal 28 luglio 1902 (residente all'Avana).

SERBIA

Belgrado -MAGLIANO DI VILLAR SAN MARCO conte Roberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DELLA TORRE DI LAVAGNA conte Giulio, segretario, fino al 9 luglio 1902; CAETANI DI SERMONETA Livio, segretario, dal 12 luglio 1902 al 7 gennaio 1903; CoMPANS DI BRICHANTEAU marchese Alessandro, addetto, dal 15 marzo 1903; DEL MASTRO CESARE, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare (residente a Vienna); DE SARNO SAN GIORGIO Dionisio, interprete.

SIAM

Bangkok -MOTTA Riccardo, ministro residente, fino al 27 giugno 1903; RAYBAUDI MASSIGLIA Annibale, ministro residente, dal 28 giugno 1903.

SPAGNA

Madrid -AVOGADRO DI COLLOBIANO ARBORIO Luigi, ambasciatore; CELESIA DI VEGLIASCO barone Alessandro, segretario, dal 31 luglio 1902; ANCILLOTTO conte Giuseppe, segretario, fino al 19 luglio 1903; DI MoNTAGLIARI marchese Paolo, addetto (dall'8 agosto 1902 segretario); NIGRA conte Guido, addetto onorario, dall'8 luglio 1902 al 4 giugno 1903.

STATI UNITI

Washington -MAYOR DES PLANCHES Edmondo, ambasciatore; MACCHI DI CELLERE Vincenzo, segretario; MoNTAGNA Giulio Cesare, addetto; BORGHETTI Riccardo, addetto; NANI MocENIGO conte Giovan Battista, addetto, dal l O gennaio al 24 marzo 1903; DELLA GHERARDESCA conte Giuseppe, addetto onorario, dall'8 luglio 1902; RAVAJOLI Antonio, addetto commerciale.

SVEZIA E NORVEGIA

Stoccolma -GuAsco DI BISIO Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al l o luglio 1903; BERTI Emanuele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 2 luglio 1903; NANI MOCENIGO conte Giovan Battista, addetto, dal 25 marzo 1903; FIORAVANTI Carlo, addetto onorario, fino al 13 luglio 1902.

SVIZZERA

Berna -AVARNA DI GUALTIERI duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 25 agosto 1902; DE MARTINO Giacomo, segretario, incaricato d'affari dal 30 luglio al 24 agosto 1902; Rusrou Mario, segretario, fino al 29 settembre 1903; CAMBIAGIO Silvio, addetto, dal 26 settembre 1902; RINELLA Sabino, addetto; VIGANOTTI GIUSTI Gianfranco, addetto, dal 15 marzo 1903; RoPOLO Edoardo, capitano di Stato Maggiore, addetto militare.

TURCHIA

Costantinopoli -MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, ambasciatore; CARLOTTI marchese Andrea, segretario (dal 12 marzo 1903 consigliere); SFORZA Carlo, segretario, fino al 25 luglio 1903; ARRIVABENE VALENTI GONZAGA conte Carlo, addetto; CORINALDI Leopoldo, addetto, dal 24 marzo 1903; GATTONI Giulio, addetto onorario, dal 16 luglio 1902 al 30 giugno 1903; SIGNORILE Vittorio, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, sostituito da ZAMPOLLI Isidoro, capitano Stato Maggiore, addetto militare; MELIA Carmelo, addetto commerciale; CANGIA' Alfredo, primo interprete; CHABERT Alberto, interprete.

EGITTO

Cairo -SALVAGO RAGGI marchese Giuseppe, agente diplomatico e console generale; MANZONI Gaetano, segretario, fino al 19 luglio 1903; ANCILLOTTO Giuseppe, segretario, dal 20 luglio 1903; FIORAVANTI Carlo, addetto onorario, dal 22 luglio 1902 al 30 giugno 1903.

BULGARIA

Sofia -PoLACCO Giorgio, agente diplomatico e console generale, fino al 9 dicembre 1902; BoRGHESE Livio, vice console, reggente dal l O dicembre 1902 al 29 maggio 1903; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, agente diplomatico e console generale, dal 30 maggio 1903.

URUGUAY

Montevideo -BoTTARO CosTA conte Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Buenos Aires).

VENEZUELA

Caracas -RIVA Giovanni, ministro residente, fino al 22 dicembre 1902; ALIOTTI Carlo, incaricato d'affari ad interim dal 21 febbraio 1903.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(Situazione dal l o luglio 1902 al 2 novembre 1903)

Argentina: MORENO Enrique, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAVALIA Carlos, primo segretario; Rmz DE LOS LLANOS Mario, secondo segretario, dall'ottobre 1902; DE Rossr Eduardo, addetto; BEASCOCHEA Mariano, tenente di vascello, addetto navale, fino al lo settembre 1903; BESSON Beltrando, tenente di vascello, addetto navale, dall'ottobre 1903; MORENO Alberto, tenente di fregata, addetto navale, dall'agosto 1903.

Austria-Ungheria: PASETTI VON FRIEDENBURG barone Marius, ambasciatore; KUHN VON KUHNENFELD barone Otto, consigliere, fino al 17 marzo 1903; ScH6NBURG-HARTENSTEIN principe Johann, consigliere, dal 18 marzo 1903; RIEDL VON RIEDENAU barone Franz, segretario, fino al marzo 1903; GAsPARDY Geza, segretario (dall'aprile 1903 consigliere), dal 16 luglio 1902; SOMMSICH VON SAARD conte Josef, segretario, dal 16 agosto 1903; VON SzAPARY conte Friedrich, addetto; VON SZENT-JVANY Moritz, addetto; MARENZI VON TAGLIUNO UND TALGATE conte Franz, colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, fino all'ottobre 1902; ZucCULIN Heinrich, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare, dali'ottobre 1902; CosuucH VON PECINE Heinrich, capitano di fregata, addetto navale.

Baviera: TUCHER barone Heinrich, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al novembre 1902; VON TANN-RATHSAMHAUSEN barone Rudolf, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 18 gennaio 1903; VON RITTER barone Otto, consigliere, fino al 31 ottobre 1903; VON RECHBERG-ROTHENLOWEN conte Bemhard, addetto, dall'ottobre 1903.

Belgio: VAN Loo Auguste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al luglio 1903; DE GRELLE ROGIER Édouard, consigliere; SAINCTELETTE Maurice, consigliere, dal marzo 1903; RooMAN D'ERTBUER Maurice, primo segretario, fino al gennaio 1903; VAN YPERSELE DE STRIHOU Max, primo segretario, dal gennaio 1903; LE JEUNE Jules, segretario, fino al maggio 1903.

Brasile: REGIS DE OLIVEIRA Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino all'Il settembre 1902; DE BARROS MOREIRA Alfredo, primo segretario, incaricato d'affari dal 12 settembre 1902; DE SouzA DANTAS Luiz Martin, secondo segretario.

Bulgaria: MINTCHOVIC Dimitri, agente diplomatico, dal 29 settembre 1903; KoLUCHEV N., primo segretario, dal 29 settembre 1903.

Cile: SANCHEZ FONTECILLA Mariano, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GREZ Victor, primo segretario; SALDIAS Ross Martin, addetto, dall'ottobre 1902 al marzo 1903; ELGUIN Luis, addetto, dali'ottobre 1902 all'ottobre 1903; LYON Arturo, addetto, dal marzo 1903; QUINTAVALLA Pedro, colonnello, addetto militare, fino ali' ottobre 1902; BEZANILLA Eduardo, comandante, addetto militare, dali' ottobre 1903.

Cina: Hsu KIOH, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 18 dicembre 1902; LIN KwEI-FANG, incaricato d'affari, fino al 17 dicembre 1902; Lou Huo-MENG, addetto, fino al dicembre 1902; TCHAI TCHING-SOUNG, segretario interprete, dal dicembre 1902; TCHAO Hr-TcHou, addetto, dal dicembre 1902; CHENG S.J., addetto, dal dicembre 1902 al marzo 1903; Hsu MuH-JUNG, addetto, dal dicembre 1902; TsAo JuEN-SHEN, addetto, dal dicembre 1902; TAEN Tzo-JEN, addetto, dal dicembre 1902; SHANG HSI-TZEN, addetto, dal dicembre 1902.

Corea: MIN JUNG-ToN, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; A w DALJUNG, terzo segretario; Yr HAN-EUNG, terzo segretario; YEE KEY-HYUN, addetto; MIN Yu-SIK, addetto; KANG Kur-SIUNG, addetto. (La legazione aveva sede a Londra).

Danimarca: REVENTLOW conte Ferdinand, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al dicembre 1902; WEIDENHIELM Emest, capitano, addetto militare alla legazione di Svezia e Norvegia, incaricato d'affari dal dicembre 1902 al 22 aprile 1903; MoLTKE Karl, incaricato d'affari, dal 23 aprile 1903.

Francia: BARRÈRE Camille, ambasciatore; LEGRAND Albert, consigliere; DE FoNTARCE René, secondo segretario; LAROCHE Jules, terzo segretario; GATINE Lucien, terzo segretario; DE LA CROIX DE RAVIGNAN barone Marie-André-Jean, addetto; DE SAINT JAMES Edgard, tenente colonnello, addetto militare; DAVIN, capitano di vascello, addetto navale.

Germania: VON WEDEL conte Karl, generale, ambasciatore, fino al 18 dicembre 1902; MONTS VON MAZIN conte Anton, ambasciatore, dall'8 gennaio 1903; VON JAGOW Gottlieb, consigliere; VON DER LANCKEN-WAKENITZ barone Oskar, secondo segretario; VON HINDENBURG Herbert, terzo segretario; VON HocHBERG, conte, tenente, addetto; VON PUECKLER, tenente, addetto, dal gennaio 1903; MICHEL, addetto, dal luglio 1903; VON JOHNSTON, tenente, addetto, dall'ottobre 1903; VON CHELIUS Oskar, tenente colonnello, addetto militare; KocH R., capitano di corvetta, addetto navale.

Giappone: OHYAMA Tsunaské, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ICHIKU Massakata, primo segretario; MUTSU conte Hirokichi, secondo segretario, fino all'agosto 1902; KURADA Torasuké, colonnello, addetto militare.

Gran Bretagna: CuRRIE OF HAWLEY lord Philip, ambasciatore, fino al dicembre 1902; BERTIE sir Francis Leveson, ambasciatore, dal 5 febbraio 1903; RODD sir James Rennell, primo segretario; LEECH Stephen, secondo segretario; BARING Maurice, secondo segretario, fino al febbraio 1903; HAMILTON Ronald, secondo segretario, dal febbraio 1903; HOWARD Esme, secondo segretario, dal febbraio 1903; KENNARD H. William, addetto; CuvE R. Harry, addetto, dal febbraio 1903; LAMB Charles Anthony, tenente colonnello, addetto militare; WARTENSLEBEN EwART Arthur, comandante, addetto navale; KERR E.V., capitano, addetto navale, dal luglio 1903; 0TTLEY Charles L., capitano, addetto navale; CALTHORPE A.G., capitano, addetto navale; BENNET A. Percy, addetto commerciale.

Grecia: MIZZOPOULOS Kristos, incaricato d'affari.

Guatemala: MEDINA Crisanto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 4 dicembre 1902; TJBLE MACHADO José, segretario; MANZANO TORRES T., segretario. (La legazione aveva sede a Parigi).

Messico: ESTEVA Gonzalo A., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PACHECO Ramon, primo segretario, dall'agosto 1903; EsTEVA Y CUEVAS Eduardo A., secondo segretario; PEREZ José Maria, generale, addetto militare, dal maggio 1903.

Monaco: DUGUÉ DE MAc CARTHY Pierre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Paesi Bassi: WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SCHIMMELPENNINCK conte A.G, segretario, fino al settembre 1902; VAN DER GOES AERT, segretario, dal settembre 1902.

Persia: MALCOM khan, principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MIRZA Hussein, segretario; FREYDOUN khan, principe, addetto militare.

Portogallo: DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mathias, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MoNTEVERDE Alfredo Achille, primo segretario; LAMBERTINI PINTO José Maria, secondo segretario; NOGUEIRA PINTO José Leite, addetto.

Romania: FLEVA Nicolae, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ZAMFIRESCU Duilius, consigliere; GHIKA Dimitru, secondo segretario; ARGETOYANU, terzo segretario.

Russia: DE NELIDOV Aleksandr, ambasciatore; KRUPENSKIJ Anatolij, consigliere;KoRFF-SCHMIESING barone Modesto, primo segretario; KELLER Aleksandr, secondo segretario; DE HALPERT Karl, addetto, fino al 14 aprile 1903; PILAR DE PILHAU, barone, addetto; RUKAVICHNIKOV Vassilij, addetto, dal dicembre 1902; NARISCHKIN Aleksandr, addetto, dal luglio 1903; BERNOV Boris, capitano di cavalleria, addetto; LIKASCHEV Sergej, capitano, addetto, dall'agosto 1903; BARIATINSKIJ principe Aleksandr, capitano dei dragoni, addetto, dal febbraio 1903; KRESTIANOV, tenente di artiglieria, addetto, dal settembre 1903; DE MULLER, tenente colonnello di Stato Maggiore, addetto militare.

Serbia: VESNié Milenko, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al dicembre 1902; MILOVANOVIé Milovan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 19 febbraio 1903.

Siam: PHYA SURIYA NuvATR, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario; CORRAGIONI D'ORELLI Carlo, consigliere; LUANG MONTRI NIKARA KOSA, addetto; DE RYCKMAN Fernand, addetto, dal marzo 1903. (La legazione aveva sede a Parigi).

Spagna: DEL MAzo Y GHERARDI Cipriano, ambasciatore, fino al luglio 1903; GASSEND Y FRIAS Carlos, primo segretario, fino al 20 luglio 1903; SoLER Y GUARDIOLA Pablo, primo segretario, dal 21 luglio 1903; SORIANO Y NOGUERA José, secondo segretario; DE LA GANDARA Y PLAZAOLA José, marchese de la Gandara, addetto; FERNANDEZ DE VELAsco Guillermo, conte de Oropesa, capitano di cavalleria, addetto militare.

Stati Uniti: VON LENGERKE MEYER George, ambasciatore; IDDINGS Lewis Morris, primo segretario; PARSONS Richard Chappell, secondo segretario, fino al dicembre 1902; THOMAS Leonard Moorhead, secondo segretario, dal gennaio 1903; EDWARDS Frank, maggiore, addetto militare, dali'ottobre 1903; Porrs Templin M., comandante, addetto navale, dal l o ottobre 1902.

Svezia e Norvegia: DE BILDT Karel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 13 gennaio 1903; VON DITTEN Thor, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 28 maggio 1903; WEIDENHIELM Emest, capitano, addetto militare, fino al marzo 1903 (incaricato d'affari dal 14 gennaio al marzo 1903); MoLTKE Karl, incaricato d'affari di Danimarca, reggente la legazione dal marzo al 27 maggio 1903; DE WrRSEN Karel, addetto, dall'ottobre 1903; SPENS conte Harald, capitano, addetto militare, dall'ottobre 1903.

Svizzera: ProDA Jean Baptiste, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 4 dicembre 1902; DU MARTHERAY Fernand, primo segretario, incaricato d'affari dal 30 luglio al 3 dicembre 1902; PROBST Emst, secondo segretario, dal dicembre 1902 al marzo 1903; LARDY Charles L.E., segretario, dal marzo 1903.

Turchia: RECHID Mustafà bey, ambasciatore; PANGJRIS Costaki bey, consigliere; CouYOUMGJAN Ohannes bey, primo segretario; RECHAD bey, secondo segretario; BLACQUE bey, secondo segretario; ZIA Ibrahim bey, terzo segretario; ARIF Ismail bey, addetto; BASRY Hassan bey, addetto, dall'ottobre 1902; CHUKRI pascià, generale di brigata, addetto militare, fino all'agosto 1902; FAIK bey, maggiore di cavalleria, addetto militare aggiunto (dall'agosto 1902 addetto militare).

Uruguay: MUNOZ Daniel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al settembre 1902; CUESTAS Juan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 4 dicembre 1902; RovrRA Enrique, primo segretario; CASALIA José Agostino, addetto; DE LuccHI Roberto, ufficiale onorario, dal gennaio 1903; GARCIA DE ZUNIGA Eduardo, segretario onorario, dal luglio 1903.